La Rivista Popolare - anno I - n. 10 - 1 dicembre 1893

LA RIVISTA POPOLARE stesso tempo ohe è ben poco verosimile possa essere dai proprietarii accolta quale un sistema abbastanza utile di azienda nel loro interesse. Il capitalismo continua la sua evoluzione, che importa fatalmente l'abbassa1nento dei non abbienti. Non saranno le riforme dei patti colonici che arresteranno la proletarizzazione delle popolazioni agricole e le rialzeranno economican1en te. Il male non è in una clausola più o meno iniqua di un contratto, ma è nelle cause che producono e rendono necessari questi contratti. Si potrà pel n1omento alleviare una sofferenza, impedire una prepotenza, ma la causa di ciò che rende impotente la nostra società a qualunque opera di bene, non viene eliminata. Che cosa ne sarà di tutte quelle centinaia di migliaia, anzi milioni di braccianti pei quali è fortuna quando riescono a guadagnare in un anno L. 2 5o o 3oo al massimo? Che lavorano sei· mesi e per altri sei soffrono la fame? Che genere di contratto si vuole trovare per questi, il quale non turbi, / le assise su cui le nostre leggi hanno posto il diritto di proprietà? E quali provvedimenti che pure lascino inviolato questo diritto, si vogliono immaginare per quegli uomini salariati ad anno, boari, schiavandai, ecc., condannati a . sopportare in perpetuo la fame fisiologica? Noi -crediamo che la nostra società si trova in una via senza uscita, e che non è il caso di aspettarsi da questa o quella riforma~ da un qualsiasi temperamento anche in materia di contratti agrarii, per quanto eccellente possa essere l'intenzione, piena la buona fede in chi li promuove, non diciamo la salute, ma semplicemente un efficace sollievo. In tutti i paesi, preme ora il bisogno di dare un assetto al problema agricolo minaccioso quanto l' industriale: ma in Germania, in Austria e in Inghilterra· degli uomini che ora sono un partito, e non sono socialisti, hanrio dovuto riconoscere il vizio non sta in questo o quel contratto, ma è più profondo, è nella ·stessa costituzione ecòriomica che ha assunto la proprietà fondiaria attraverso i secoli. GIUSEPPE SALVIOLI. Biblioteca Gino Bianco

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