La Rivista Popolare - anno I - n. 10 - 1 dicembre 1893

• r . LARIVISTAPOPOLARE I POLITICA - ECONOMICA - SCIENTIFICA - LETTERARIA - RTISTICA ANNO I. 1° Dicembre 1893 FASC. X. NELL'ORDAELNAUFRAGIO Si odono dovunque grida co1ne di chi chiami soccorso, lamenti da tutte le parti e parole di sdegno: a quando il dies irae? mi diceva poco fa un moderato. Le cicogne passano, stridono, e--dietro loro la tempesta romba, stridono e ricoverano nei frontoni dei templi o negli attici delle reggie. Ricordo per l'appunto un articolo del De Voglié, pubblicato nella maggior rivista della Francia l'anno scorso;· e intitolato Le cicogne. E dopo, in casa nostra, altre cicogne hanno cantato. Il Bonghi con una conferenza sulla Fine del secolo, il Nitti con l'altra _su L'ora presente, il Villari testè chiedendosi: Dove andiamo? Da per tutto un senso _diterrore quasi con1e alla vigilia dell'anno Mille. Sen1brano grida di disperati, chiusi entro una casa che crolli, o di naufraghi che non veggano una sola stella, e pensino, nel1' ulti1no bagliore delle loro lusinghe, strani metodi di salvataggio. · , Chi ha ragione è l'uomo politico inglese, che . parlando col Villari si meravigliava dell'acquiescenza del nostro popolo. Da noi è il ~hiacchierio, il malcontento espresso qua e là in cento modi diversi, misto a speranze, la polemica più o meno vivace e run1orosa, ma non c'è stata, dopo la rivelazione di tante sozzure, la vera, seria, virile

LA RIVISTA POPOLARE agitazione di un popolo intero che s'imponga a coloro i quali sfacciati abusarono della sua buona fede in ogni guisa e risero della sua miseria. L'onorevole nostro amico Colajanni un dì ci disse che cotesta agitazione, per gli scandali bancarii, c'era stata e in alto grado; gli rispondemmo che era stata parziale, lenta, confusa: due o tre comizii in alcune città, Roma, Milano, Perugia. Avverso a simili brutture e iniquità, àovrebbe sorgere a protesta virile anche l'ultimo dei villaggi, su per i dorsi degli Appennini, invece che s'imprecasse al sistema entro le farmacie e i caffè. Non basta il rumore della marea, che si risolve in schiuma, ci vuole la ten1pesta ne' momenti solenni in cui la stessa coscienza della nazione è in giuoco. Ora il Ministero è caduto, e ha fatto giustamente un gran tonfo nella pozzanghera che gli stagnava d'intorno. La Relazione tanto attesa ha precisato alcuni fatti che già più o meno esattamente si conoscevano; ha rivelato in n1odo solenne buona parte dell'iniquità di un sistema già noto. Ma il problema non è sciolto: la questione è sempre quella: la battaglia è da tanto tempo impegnata. Quando finirà? e come? Bisognerebbe eli1ninare tutto ciò che esiste e che ha _partecipato, attivamente o ·passivamente, a cotesta gazzarra di coscienze turpi o vili. La finanza è in grave condizioni. Anche se si potesse chiedere Pit>rson all' Olanda. e von Plener all'Austria, sarebbe invano. Il male è cronico. Il cambio sale sempre. Il deficit aumenta. L'oro e l'argento en1igrano. Non c'è, in molte provincie, sicurezza alcuna. E c'è da per tutto l' ingiustizia. Si prepara una nuova Jacquerie: i contadini hanno fame, e l'inverno già li assidera. Ora, per mezzo del Villari, e nessuno protesta, i monarchici confessano che per le, classi operaie e agricole non fecero mai nulla. Lo disse già il Nitti, un avversario, in un Biblioteca Gino Bianco

..... LA RIVISTA POPOLARE articolo sul~a Legislazione del lavoro nella Nuova Rassegna; lo dice in questa Rivista il professor Salvioli, non un demagogo, ma un insegnante di Università. Non fecero mai nulla? No, anzi fecero molto, ma tutto a danno e scorno dei già negletti e traditi interessi delle classi lavoratrici. E contro le classi stesse - sacre alla povertà, alla sventura, alla morte - qua e là ergonsi le altre classi. Bisogna recarsi nelle provincie, in certi piccoli paesi, ove si va rinnovando in altre forme l'antico potere feudale. Sorreggono il signorotto gli agenti dell'autorità; gli stanno al fianco, numi tutélari, il parroco, il pretore, il maresciallo dei carabinieri. Se il signorotto è un clericale, tanto meglio; se ha fatto denari in ogni modo, anche con l'usura, meglio ancora. Il vero padrone immediato è lui. Se i contadini hanno delle pretese, in caso estremo v'è la forza pubblica; se vi sono qua e là antiche servitù di diritto civico, si tenta di disperderne le ultime tracce; dovunque si vieta la caccia, la pesca, tutto; si cerca di accaparrarsi r il magistrato: il codice civile serve assai e le nuove teorie sulla proprietà collettiva delle nostre terre sono, in gran parte, ignote, o appaiono come bagliore nelle -tenebre ancora fitte. della superstizione sociale. La borghesia si decompone moralmente, dice il Villari; si decompone in tutto, poteva dir benissimo. E l'illustre uomo, vo~ente o nolente, ha egli pure affrettata la decomposizione. L'abbiamo visto soventi al banco dei ministri fra chi rappresenta l'apostasia e chi rappresenta l'ibridismo clerico-monarchièo. Ora è tardi per rimpiangere i primi giorni di cotesta troncata e falsata nostra rivoluzione. È tardi; altri tempi ci vogliono, a.Itri istituti, ~altre dottrine, altri costumi. Altro genere di libertà; cotesta 1nezza libertà, sénza indirizzo, senza principio di educazione, senza norm-a, salvo l' inte• 8jbfioteca Gìno J3jaoeo ....

LA RIVISTA POPOLARE resse o la paura, è via di corruzione e fomite di rovine. Non è <lessa certa1nente la sognata libertà razionale. E vi lamentate se ora quelli che un dì sorsero come eroi, si ritraggono come egoisti? Non c'è a lamentarsi: hanno veduto che cosa si fa in Senato e ciò che si fa alla Ca1nera; hanno veduto appieno tutta cotesta politica vostra di jpocrisie e di iniquità, cotesto grande affare che ha ingrassato i liberatori soltanto, anche se giunti all'ultim'ora quando già si era alla ~rebbiatura. Il Villari prevede già la grande battaglia: il futuro can1po, ove si lotterà, sarà quello della proprietà. Egli riconosce che dovrebbe esserci un popolo solo, e invece oggi evvi una sola oligarchia. La borghesia sola, come già in Francia, all'epoca di Luigi Filippo e del secondo impero, si è fatta appaltatrice della società intera. Sua Eccellenza Rougon è un tipo conosciutissimo anche qui, in Ro1na, e nelle provincie. Il Villari continua, e strappa la 1naschera al sisten1a e a chi lo sorregge. Quel piccolo valentuo1no, sì erudito, che co1ne rninistro pareva debole e sommesso e sereno a quanto d'intorno accadeva, come scrittore di attualità è un ribelle. Già lo si conosceva dalle sue notissime Lettere 1neridionali. Egli condanna cotesto siste1na immorale che induce i politicanti e il Governo a sostenersi sulla canaglia, che li fa scendere a fare loro strumenti i ·peggiori arnesi del giornalismo venale, che eleva in alto i n1alandrini, che fa del potere un partito, che vincola al potere sempre gli stessi individui, e questi e quelli e tutti seguono il Machiavelli della leggenda e ne fanno il loro dio in politica, come fanno della Fortuna la loro dea in . econo1111a. Ora il Villari vorrebbe che si ponesse una diga alla torbida corrente. Una politica onesta, schietta, sincera; Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE una franchezza e lealtà degna de' cavalieri antichi; un mutamento nelle idee, negli uomini, nelle cose. Un pentimento generale. Ecco quello eh' egli vorrebbe. E grida: badate, che tutto abbiamo fatto sempre a nostro vantaggio ! Abbiamo condotto la povera gente al delirio della fame. L'abbiamo ingannata sempre. Guardate al famoso sventramento di Napoli: quanti milioni spesi a nostro speciale vantaggio I Così afferma l'illustre uomo. Bisogna riformare tutto, egli aggiunge, cominciando da noi stessi ; scegliere altra via. E quale? Un bel dì il granduca Leopoldo II si recò in Toscana, nella Maren1ma, e nel salire su per l'erta che conduce a un paesello, traversando l'impervia costa, il suo cavallo si sprofondò nella 1nelma. Invano prima d' allora si era chies~ una strada; ma da quel giorno la volle il granduca stesso, e tutti i cortigiani e i dipendenti dimostrarono la grande necessità di una strada .specialn1ente in quel punto fatale. Così ora. Nè giovano i mutamenti parziali e superficiali : a poco o a nulla addurrebbe lo scioglimento della Camera, come dopo il magnifico articolo accennato consigliava il De Voglié per la sua terra, la Fi·ancia. Il pericolo minaccia. Il Villari stesso si chiede ·impensierito che cosa accadrebbe se i carusi, i cafoni, i gabellotti insorgessero. Il nostro paese non è come l'America o la Svizzera. Egli teme: noi dician10 che peggio di quello che accade in oggi non può accadere. E si chiede: forse la salvezza sarebbe in una guerra? E risponde d~ no. È ben naturale che un patriota risponda così. Una gue~ra, senza scopo, forse? Sarebbe orrenda. È una follìa pensarci. Un disastro è un lutto per lunghi anni. Una vittoria non porterebbe ·nè la ricchezza, nè la g101a, nè la quiete: la Germania lo sa. Porterebbe per · Biblioteca Gino Biçincò

310 LA RIVISTA POPOLARE un'ora l'effimera gloria militaresca, e la conseguente boria eh' è la peggiore educazione possibile. Una riforma religiosa ? Nella nostra terra, ove si è portato lo scetticismo più gelido e si è riso anche de' più alti ideali che dall'antica Grecia sino a noi furono la fiamma perenne e il sospiro eterno de' sapienti? Qui dove si è portata la sola religione della Banca? Qui dove si fa professione anche di ateismo e poi si tresca di soppiatto colla Chiesa e con il Papa? Una nuova letteratura? Ma se non c' è più letteratura; vi sono de' letterati eccelsi, ma che vanno e vengono senza aver dinanzi a sè una mèta e in sè una coscienza. Hanno perduto la bussola: non credono in nulla, nemmeno nel re sebbene quasi tutti lo seguano o lo servano. Se1nbrano esiliati dal vago eliso delle arti, e sospi'rano lontano dalla terra, sotto il buio cielo, vogando sopra esili schifi nel mare incerto. Avessero almeno uno sprazzo di luce siderea nel fondo dell'anima! Dovrebbero essere alla testa del popolo, educatori e profeti, e se ne stanno da parte a cantare le loro nenie inutilmente a pochi. Dunque, a giudizio dell'on. senatore, non e' è via di scampo. Da un momento all'altro, a suo avviso, il Quarto Stato toglierà di mano il potere al Terzo. Quindi, unico rimedio, suggerito dalla necessità e dalla disperazione, unirsi senza partito d'intorno a Casa Savoia. Ecco il consiglio che egli dà agli italiani. È consiglio umiliante. Noi lo dician10 senza offendere il re. Ed è consiglio che fra le linee cela un concetto già da molti interpretato, e dall' on. senatore non smentito, il concetto delittuoso di un colpo di Stato e della dittatura. Non parliamo del re; noi parleremmo egual1nente, se invece di un gentiluomo fosse sul trono un uomo volgare, tristo o feroce, come se ci fosse uno stoico, BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 311 un Marco Aurelio. I tempi piegano alla democrazia: un popolo che abbia dignità non cerca protezioni e ricoveri; ei si pròtegge da sè, e in sè fida. Ma se anche il re avesse la fibra potente e la coscienza austerissima del dittatore, e alto l'intelletto e acuto l'occhio, ci parrebbe sempre delitto tale consiglio. Perchè questo povero popolo è stato ingannato, in mille modi, bistrattato, abusato, spre1nuto, perchè esso, paziente come un frate, si è lasciato spogliare e schiaffeggiare, ah! si deve avere il diritto di togliergli anche cotesta mezza larvata libertà che gli si concede? E da chi? Da quelli stessi, in gran parte, che l' hanno tosato e calpesto . . Sln qu1. E se anche il re fosse il primo per onestà fra tutti i cittadini del regno, bisogna considerare alquanto che cosa (. sia la corte. Bisognerebbe portarlo via dall'ambiente ammorbato, lontano dal contag.io. È nella reggia da tempo penetrata la corruzione; vi sono dei. soci di Chauvet, vi sono affaristi enormi (udrete fra tante una interpellanza del Cavalletti sul ministro Rattazzi), e vi sono dei preti vestiti a coda di rondine. Medici e Pasi morirono, col sa- .cerdote all' origliere della loro agonia, e non fu loro colpa: unica colpa loro quella d' esser penetrati là dentro. La ' corruzione va a braccetto col gesuitis1no, per le sale dorate, e la superstizione benedice entrambi. È di là, onorevole Villari, che deve venir la salute morale d' Italia? e anche la politica e l'economica pure? E una domanda ancora: come ideare un governo di nessun partito? Ma se· tutti abbiamo nel sangue il parteggiamento 1 E poi dalla tarda e semplice ~onclusione dell'on. Villari ben si capisce che l'indirizzo sarebbe eminentemente conservatore. E i tempi, egli stesso in _alcuni punti dell'articolo lo dice, conducono in senso opposto -al Biblioteca Gtne BianGo ' -

3 I 2 LA RIVISTA POPOLARE suo. È bella, sorridente, lusinghiera cotesta lega degli onesti, ma l'attueremo quando verranno altri tempi, in altre ore, nella pace. Oggi ci vorrebbe l' iniziativa degli audaci, fra gli onesti, che non cercano di far baluardo alle reggie, 1nà che fidano nelle masse popolari e le elevano mercè alti concetti e sensi di civili virti1. Ah, quando quelle masse correvano a!la testa degli eserciti liberatori, allora eran degne di libertà, allora solo eran popolo! E sono tuttora adulate quando applaudono al re. Di recente, all'arrivo del re, senza pensare eh' egli è irresponsabile legalmente delle altrui colpe, fu povera e fredda l'accoglienza della scarsa n1oltitudine. Quando non applaude, il popolo diventa folla o volgo. Non è davvero un confortante inizio per la proposta Villari. Noi fidiamo nel popolo; nel popolo soltanto. Chi lo rappresenta non può non aver partito; l'abbia e sia desso ardito e segua il moto dei tempi, senza repentini balzi, ma senza veruno indugio. Chi lo rappresenta, o meglio chi lo rappresenterà, deve conoscere e sentire, nell'ampiezza sua, l' indirizzo de' progressi sociali, il concetto della civiltà nuova. Debbonsi sciogliere man mano, libero il campo da vieti istituti e pregiudizi e inciampi di qualsiasi genere, debbonsi sciogliere i pro ble1ni sociali che urgono ; e ne potrebbe forse iniziare lo scioglimento chi temerario o timido ricoveri alla reggia, appunto perchè sente l'avvicinarsi della marea? Se il male è come lo ha descritto il Villari (mentre in realtà è assai maggiore) non e' è altro che un rimedio. A mali estremi, estremi rimedii. E quali? La storia insegna a che si attenga un popolo deluso e tradito, quando suonano le ore della sua agonia. Allora egli drizza il capo e si scuote. Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE E allora è ben noto che il campo si divide in due parti: da un lato la reazione, dall'altro la rivoluzione. In quale parte piglierà posto il senatore Villari ? V' hanno uomini che nella critica sono terribili. Ma poi, il dì appresso, non ve li vedete al fianco, n1a di contro. Non sono tristi, no, sono semplice1nente illogici. In questi giorni, scriver così, così giustamente e così bene, ammettere che la questione sociale ingigantisce ogni dì, combattere privilegi ed egoismi, senza timore di perdere i favori dall'alto, riconoscere l' in1mensa 1niseria de' lavoratori e maledire chi li abbandona e loro sugge il sangue, poi fare quasi un appello alla dittatura, cioè all'assolutismo più o men passeggero e mascherato, significa semplicemente contraddirsi. Sarebbe n1eglio fare una critica più rapida, più breve, più mite anche (sono sì noti i mali e i dolori delle plebi, e d'altronde sono sì fulgide le iniquità de' governanti), ma poi, in cotesta immane lotta che già si delinea, aver la forza di proclamare, come l'ebbero tanti sofi ed apostoli, che si milita dalla parte dei sofferenti e si preferisce non la reggia, ma il tugurio. ANTONIO FRATTI. MISERIAE SCUOLA I . I. Quando nel 1888 il Governo promulgò il Regolamento Unico\ sulle scuole elementari, che riordinava e discipli- . 1 Ringraziamo il valentissimo prof. Fanti (Guido Ferrandi) della sua collaborazione. L'egregio e colto letterato forlivese proseguirà ~el numero prossimo questo suo lavoro, semplice e vero, scritto con fine eleganza. · ( N. d. D.) ·Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE nava le antecedenti disposizioni sulla istruzione pritnaria e specialn1ente sulla istruzione obbligatoria, un comunello della provincia di lVIodena volle verificare in modo sicuro e preciso quanti giovinetti di quel territorio avevano raggiunta l'età stabilita dalla legge per cadere nella coscrizione scolastica; volle insomma eseguire un censimento scolastico apposta; cosa che se tutti i Co1nuni avessero fatto - e segnata1nente quelli di maggiore importanza - gl' impedimenti naturali e civili, di cui la legge non tenne conto, sarebbero venuti a galla con muta, ma terribile eloquenza. Il sindaco del comunello in discorso (io non lo nomino, per non offendere la sua n1odestia) era un mugnaio .... Sì, un n1ugnaio, pieno di buon senso e d'acume, non guasto dall'abuso della dialettica, che ragionava sui fatti, meglio di un filosofo positivista. « Venite, mi scriveva il buon sindaco, venite a vedere, e a darci consiglio » • - E io andai in una giornata di luglio, mentre sotto la sferza di un sole ardente biondeggiava il fru1nento, e i contadini trafelati dal sudore riunivano in fasci le spighe falciate, trasportandole sulle spalle o sui birocci lungo le arnpie carreggiate, che guidavano alle case coloniche. Le cicale cantavano, sulle r~me alte degli olmi e delle quercie, i trionfi del Messidoro. . . . . « Come vanno le vostre scuole? -· d1manda1 subito al sindaco, appena fui sceso alla stazione ferroviaria. « Nè bene, nè male - rispose il mugnaio - vanno come possono andare. Le nostre famiglie cercano prima il pane, e poi la scuola » • In questa risposta c'era tutta una monografia sulle condizioni delle nostre plebi rurali ; e' era una statistica del Bodio, e una pagina del Villari, di quelle precisamente dei suoi studii sulla questione sociale in Italia. « Perchè si muova una volta il Governo, scriveva il Villari, bisogna che la classe agiata e intelligente cominci a sentire fortemente che il suo primo dovere è di dare non solo· l'alfabeto ed il pallottoliere al lazzarone ed al contadino, ma un tetto, ma l'aria pura e la luce, un tozzo di pane bianco e un mestiere sicuro. E, più di tutto, bisogna che dimostri di voler con amore occuparsi di loro e li sollevi da Biblioteca Gino Bianco

' . LA RIVISTA POPOLARE -quella afflizione che più li opprime; ·-da quel pensiero di "cui parlava· la povera vedova di Nuova York - ». . . . . . Arrivati al Comune, esaminati alcuni registri, scambiate alcune idee sul· modo di raccogliere e ordinare le , notizie -della popolazione scolastica, il maestro della quarta elementare, giovane di vivace ingegno, di buoni studii, valente quanto modesto, a cui era affidato anche l'incarico di sorvegliare come direttore, le cinque o sei scuole comunali (due in città e tre o quattro in campagna), mi propose di accon1pagµarmi a lui, giacchè egli era sulle mosse per visitare una delle scuole foresi - la più lontana, la più disagiata - e per raccogliere nel tempo stesso qual- .che informazione sui fanciulli di que' posti, che dovevano frequentare la scuola. Accettai, sebbene il caldo della giornata e dell'ora ci bruciasse, ·direi quasi, le vesti addosso. Lungo la strada, stretta, lunga, monotona, tortuosa, fiancheggiata da campi di frun1ento e di trifoglio, frastagliata da regolari piantate d'olmi, ai quali si attaccavano i festoni della vite dai pampini verdi e rossi, e spesso giallognoli, dai grappoli qua e là cenerognoli e nericci, perchè ammalati di· peronospora, il direttore mi diceva: « La scuola che noi visiteremo è posta nella parte più lontana del Comune; il territorio scende pian piano in. declivio verso il Panare, che l1attraversa laggiù, e che, tre anni or sono, uscendo impetuoso dagli .argini; scavò un piccolo letto all'estremità del Comune.· Adesso, ·ogniqualvolta il Panare è in piena, la corrente si apre da questa parte il suo sfogo, talchè i terrèni, che si trovano al suo contatto,- sono esposti .quasi ogni a-nno ai guasti della inondazione. Bisogna colmare lo scavo, e ricoridurre il Panare a' suoi confini ; ma finora danaro non èe n' è. - Si figuri intanto che cosa avviene della scuola I Quasi sempre, o nel n1arzo o nell'ottobre, e -specialmente in ottobre, in cui le pioggie sono più generali ·e. più insistenti, la scuola rimane divisa dagli abitanti del luogo, la maestra imprigionata. Bisogna far uso di una zattera per .tenere in comunicazione coll'altra parte del . territoriò le poche case esposte alla inondazione periodica. Cosi per ' ·Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE due o tre 1nesi i ragazzi se ne stanno senza alcuna istruzione. Ma c'è di peggio! L'acqua che scompare lentamente, ristagna in grandi pozze, produce esalazioni mefitiche. E quasi ogni anno la primavera e l'autunno portano a questi poveri abitanti le febbri d'infezione. Il Comune fa il possibile per soccorrerli, regala le medicine, paga, quando, il medico lo esiga, un nutri1nento riparatore .... Ma che vuole? ... gli organis1ni sono guasti e deboli, causa il nutrimento ordinario, insufficiente alle giornaliere riparazioni fisiologiche. E così la guarigione si fa aspettare lungo tempo». Mi sovvennero allora le parole dell' Albertoni nel suo discorso alla Uni versi tà di Bologna : La .fisiologia e la quistione sociale: « L'uomo, egli dice, che eseguisce un lavoro moderato, di norma, deve introdurre generalmente IJO gr. di albu1nina, 84 di grasso e 450 di sostanze amidacee e zuccherine per n1antenere il proprio corpo in equilibrio del peso. Se mangia meno, o deve lavorar meno o sacrificare una parte del proprio corpo. Una famiglia di 1 o braccianti rurali, composta di 1 o persone, che spenda pel vitto 948 lire (l'esempio è tolto dagli Annali di statistica del Bodio, 187 9) non può assoluta1nente procurarsi un vitto sufficiente ai bisogni fisiologici. Mangiando anche, sen1pre, soltanto polenta e formaggio, quella fan1iglia dovrebbe spendere all' incirca L. 1 4 I 3 » . Così il prof. Albertoni. Eh sì che si tratta semplicemente di formaggio e polenta o d'altro nutri1nento sin1ile ! Che direbbe il filosofo dell'umanesimo, Feuerbach? Der Jlfensch ist was er isst? L'uomo è ciò che egli mangia? Dopo due ore di viaggio sopra un calesse solido, sì, n1a tenace co1ne un macigno, tirato da un cavallo che fiutava la biada da per tutto, senza averne mai assaggiato, il" direttore esclamò finalmente: Ecco gli argini del Panare, ecco la scuola laggiù su quel terreno sabbioso, in mezzo a que' pioppi. Io respirai più liberamente. Affrettammo il trotto e giungemmo in 1 5 minuti. La maestra, che ci aveva scorto di lontano, alta, pallida, sui 3 o anni di età, dagli occhi neri infossati, dalle guancie sparute, era già sulla porta d'ingresso ad aspettarci. Biblioteca Gino Biahco

LA RIVISTA POPOLARE Entrammo subito nella scuola. Quale squallore! Poco spazio, poca luce, 1 o o 1 2 banchi da quattro posti l'uno, addossati l'uno all'altro; alcuni cartelloni di nomenclatura ingialliti dal tempo e dalla polvere appesi alle pareti ; un tavolino greggio di abete per la maestra, e 11nasedia. Sui banchi sedevano 9 bambine in tutto, poveran1ente vestite. Due erano scalze. L'occhio speri1nentato del direttore scoperse subito il piede proibito, e disse alla maestra: « Perchè scalze quelle due ragazze? Ella non doveva riceverle così senza scarpe. « Parlai colla loro mam1na, rispose la 1naestra, 1na inutilmente. Scarpe non ne hanno di sorta: i loro genitori stentano a guadagnarsi tanto da provvedere ogni giorno un pezzo di pan giallo. Già tutte e .due stettero a casa un m~se malaticcie, poi ci stettero altrettanto e più al tempo dell'acqua. È una compassione! Non imparano quasi nulla. Si figuri poi s'e non si ricevessero scalze! Mancherebbero all~ lezioni tutto l'anno ». ( La voce della maestra così parlando trovava certe inflessioni di tenerezza e di pietà, che mi scesero all'animo. Povera donna! insegnava già da 12 anni in quella scoluccia, là, così lontana dal mondo civile, così priva d'ogni agiatezza e d'ogni conforto morale;- insegnava, umile, rassegnata, attenta a' suoi doveri, sollecita pe' suoi alunni, sostenendo la sua fatica costante e le continue disillusioni della vita scolasticà, per 4 7 lire n1ensili. E con queste doveva pensare al sostentamento suo e a quello del padre vecchio, malato di anemia, e di due sorelle minori, una di 14 anni, l'altra di 12, le quali l'aiutavano nelle faccende della casa e nella preparazione dei lavori scolastici delle alunne. La scuola era mista; al mattinò andavano i maschi, al pomeriggio le femmine. E quando la 1naggior parte la frequentavano (il· che accadeva solo in due mesi dell'inverno, se la stagione non era troppo- rigida), vi so dir io che la povera donna doveva affannarsi dal mattino alla sera, e sentirséne "J>oifiacca per tutto il - corpo, col respiro che usciva a stento e col cervello annebbiato! E cibo abbondante e nutritivo J>erristorarsi mancava costanteme·nte ! Ma non un lamento era mai uscito dalla bocca di quella martire del dovere e della ingiustizia sociale. BibliotecaGinoBianco

LA RIVISTA POPOLARE « Nove alunne soltanto, oggi, dissi io. Sempre così? « Quasi, sempre così, rispose la maestra sospirando. Durante le giornate più rigide dell' inverno, bambini e bambine, che tremano di freddo e non hanno legn'a da bruciare, si riducono nelle stalle. Le donne filano, gli uo1nini o fumano o giuocano alle carte, o rassettano qualche arnese della campagna. I ragazzi o dormono o ruzzano sulla paglia o sul fieno. Alla primavera, specialmente le ba1nbine, vanno attorno per erba o per stecchi ; i più grandicelli, e così anche nella estate, fanno i piccoli servigi ai contadini. I figli dei così detti cameranti invece si cacciano tra le siepi, sbucano sui ca1npi e van.no a rubacchiare quello che capita sotto mano. Insomma, un po' una cosa, un po' l'altra, frequenza non c' è quasi mai. E i frutti del1' insegna1nento riescono così scarsi, che me ne piange il cuore. 1 « È inutile, soggiunge il direttore, queste diffi~oltà sono così radicate nella vita di queste popolazioni, che la scuola non riuscirà a bene, finchè dureranno 1niseria e superstizione. Voglia1no passare alla abitazione di Luigi Fiore? È distante 1 oo passi di qui.,. Due ba1nbini del Fiore dovrebbero frequentare la scuola, ma Lei non li ha inscritti, è vero, maestra? « Sì, non si presentarono. E noti che domenica scorsa li vidi lungo la strada, laggiù, presso la fontana! ... Ma purtroppo è una famiglia di disgraziati, quella! » Disgraziati, diceva la buona maestra. E poteva dire scioperati. Ma quando la scioperataggine è una conseguenza dell 'ambiente sociale e delle eredità di famiglia, può chiamarsi veramente più disgrazia che vizio. A me non uscirà n1aidalla mente l'aspetto dello stambugio ove si rannicchiava la famiglia del Fiore. La casupola era addossata ad una specie d'androne, nero, affumicato e umido, ove un tempo (quando senza la strada ferrata che percorre oggi diago1 Uno studio coscienzioso ed arguto sulla nostre scuole rurali pubblicava a questi giorni uno dei nostri più egregi ispettori scolastici sotto il pseudomino di Cav. C. Sempronio. L'elegante volume fu stampato a Rocca S. Casciano. G. F. Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE nalmente questo territorio, poco distante sorgeva una locanda a cui si fermavano i birocciai di passaggio) si riparavano i veicoli e i muli che facevano sosta per breve tempo. Una piccola porta sgretolata, coll'architrave sgangherato, con due battenti logori e sforacchiati che lasciavano adito per di sotto alle topaccie affamate di una vicina chiavica, metteva nella stanza a terreno, senza ammattonato, dalle pareti nere di caligine, imbrattate di macchie gialle. Un grande camino, più nero delle pareti, dal focolare spento, un paiuolo attaccato alla catena, con entro un intruglio .giallognolo che aspettava - pare - il benefizio di un po' di fuoco. Nel 1nezzo, una luriqa tavola, e due scranne spagliate; sulla tavola, due piatti rotti, una falce, un coltello arrugginito, una brocca, una mezza cipolla, un pezzo di pan giallo. Una sola :finestruccia su in alto dalle impannate rancide diffondeva attorno una luce debole e scialba, e rischiarava a stento un cantuccio del bugigattolo, ove vaneggiavava la faccia scarna e segaligna di una ) vecchia, sdraiata sopra un pagliericcio e coperta di pochi cenci. Lo spettacolo era ben triste I Più triste ancora, quando gli occhi, avvezzandosi a quella semioscurità, scopersero a piedi dello stesso pagliericcio, ravvolto in un panno vecchio e bucato, un ragazzo che sembrava dormente, sebbene di quando in quando socchiudesse gli occhi, emettendo un gemito lieve prolungato. Mentre tutto sorpreso io guardava la vecchia e il ragazzo, sentii il rumore di un passo lento ed incerto che dava una scala di legno. La scaletta di cui non mi era prima accorto, sorgeva quasi perpendicolare dal pian terreno al soffitto, sino a un'apertura superiore, da cui si entrava in un piccolo e oscuro solaio. La donna che lentamente scendeva la scaletta, attaccandosi ad un~ corda. che faceva da bracciuolo/ _si avvicinò a noi un po' sconcertata in apparenza; ma ripreso animo, presentandoci le due scranne, ci pregò di sedere. Era una donna ancor giovanissima, di simpatica fisonomia e d'aspetto abbastanza florido, quantunque un po' sformata, giacchè portava i segni evidentissimi di dover presto esser madre. .., "Biblio\eca Gino Bianco

320 LA RIVISTA POPOLARE Il dialogo che seguì fra noi e quelle due donne fu di una tacitiana terribilità. Lo riproduco genuinamente e schiettamente. Disse il direttore, rivolgendosi alla vecchia : - Voi avete due ragazzi che dovrebbero frequentare la scuola. Perchè non la frequentano? - Uno - rispose la vecchia voltandosi con fatica sul fianco e portando un braccio scarno scarno sotto la nuca - è qui ammalato di dissenteria. L'altro è con suo padre. - Che cosa fa suo padre ? - Il bracciante. - E lavora? - Quando trova lavoro, e quando ne ha voglia. - Lavora adesso? - No; beve dell'acquavite alla bottega; quando non lavora beve l'acquavite. - Povera gente! - dissi io - voi siete in grande miseria, lo veggo. - Una volta non era così l - interruppe la giovane sospirando. -· E chi vi ha ridotti in questo stato? - Le cattive annate, i padroni avari e cattivi, e quel1' infame ... - (e qui la vecchia disse un nome). - Egli, l'usuraio che avrebbe cavato sangue dalle cipolle, ci condusse all'ultima rovina. Eravamo, pri1na, mezzadri; le cose andarono male; passammo boari. L'usuraio ci anticipava il formentone, il lardo, e qualche altra cosa necessaria. E noi lo rimborsavamo con grande stento, a poco, a poco, pagando il doppio di quello che si doveva! Finalmente le cose vennero al punto, che ci furono sequestrati i pochi mobili di casa, e perfino il letto ... Io rimasi vedova . . . Dopo un anno morì anche la nuora . . . Allora coi due figli e coi nipoti ci riducemmo a vivere da braccianti; mio figlio si dette al bere, i nipoti . . . O Signore Iddio, fateci morire, fateci morir tutti, che è 1neglio ! La vecchia piangeva dolorosamente, la giovane abbassava gli occhi arrossendo. ,,,_, - Ma voi - dissi io rivolgendomi a lei - che cosa fate pei vostri due ·figliuoli? Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE 321 Essa non rispose: si levò su di scatto, si coperse gli occhi con tutte e due le mani, e scappò sulla strada. - Oibò - disse il direttore sottovoce. - La madre dei due ragazzi è morta già da tre anni. Quella non è dunque la madre, è la sorella del padre... Sarà madre anch'essa presto, ma senza marito ... Un muratore di Toscana, che si trovava a lavorare in questa parrocchia, la innamorò, la sedusse ... E poi l'abbandonò! La famiglia intanto è spettatrice necessaria del proprio disonore ... Ma con1e riparare degnamente? La ragazza raggiunge ormai i 2 2 anni; la legge se ne lava le mani. Mandarla altrove? E dove? e con quai mezzi? Qui nella stessa sua famiglia ebbe principio il dramma che la contrista; qui avrà il suo scioglimento doloroso . . . Essa diverrà madre; e al mondo ci sarà un esposto di più ... Purtroppo, nelle campagne, questa è storia vecchia. . . La miseria distrugge il senso n1orale e. impedisce la sorveglianza dei genitori ... Così l'amore libero degenera in licenza, e i tristi frutti / amareggiano e avvelenano l'atmosfera don1estica ... Cosi era purtroppo, e le parole del direttore rispecchiavano fedelmente lo stato di que' disgraziati. Deponemmo poche monete sulla tavola, e uscimmo. Io sentivo qualche cosa che mi opprimeva e mi impediva di respirare liberamente. Appena fuori, guardai in faccia il mio con1pagno trattenendo a stento una lagrima. - Ed è a questa povera gente - dissi - che si offre il così detto benefizio della istruzione? a questa gente si parla dell'obbligo scolastico? GIOVANNI FANTI. LA RIFORMA DEI CONTRATTAIGRARI (Continuazione e fine). La mezzadria - un contratto che gli economisti delle buone dottrine classiche denunziarono quale avanzo di economia preistorica - ora è decantata come la panacea di tutt Biblioteca Gino Biànco

322 LA RIVISTA POPOLARE i n1ali sociali e la si vuole non solo conservata dove esiste, ma anche introdotta, come già riferimmo, dove è ignota. Va anzitutto notato che la vera n1ezzadria è ormai divenuta una forma sporadica che trovasi qua e là nell'Emilia e in Toscana specialmente, presso alcuni grandi proprietarii di tendenze conservatrici. I patti accessorii, che seguono non la fertilità dei terreni, ma si conformano alle consuetudini locali o all'avarizia o alla liberalità del proprietario, l'hanno sostanzialmente modificata. L1 Inchiesta agraria non potè chiudere gli occhi davanti alla tendenza da parte dei proprietarii di gravare ogni giorno più la mano sui coloni. Appena che un genere rialza di prezzo sul mercato, ecco la quota del mezzadro ridotta notevolmente. Ciò è avvenuto per le uve, dove la parte del mezzadro è stata ridotta al terzo, al quarto e anche al quinto; anche generalmente al quarto è stata ridotta la sua parte nel prodotto delle castagne. In alcuni luoghi il così detto mezzadro deve vendere al proprietario la parte che gli tocca, dedotto quanto serve ai bisogni della sua famiglia, a un prezzo preventivamente stabilito, sempre inferiore al corrente. E sarebbe lungo riferire, sui dati dell1Inchiesta, tutto ciò che I1avidità di lucri ha immaginato per accrescere anche nel contratto di mezzadria la rendita del proprietario a danno del coltivatore. Si aggiunga che è nella natura stessa del contratto che il mezzadro si trovi sen1pre in uno stato di soggezione e di dipendenza dal proprietario, quale era ammissibile per i tempi in cui siffatto contratto sorse e prosperò, che può anche piacere ai conservatori e dev'esser caro ai sostenitori del presente ordinamento capitalistico, n1a non può essere favorito da noi. La verità è che la n1ezzadria è piuttosto quasi scomparsa trasformandosi in colonia parziaria, dalla quale gli interessi del proprietario so110 assai avvantaggiati. È fatta ad anno, nessun obbligo di rinnovazione, la distribuzione dei prodotti può variarsi ogni anno ed è variata secondo che il proprietario spera da questa o quella coltura n1aggiori profitti: in ultimo il frutto del lavoro del colono resta sempre avocato al padrone. Per dare un'idea di quest_ocontratto, che è quasi il normale in tutta l'Italia meridionale Biblioteca Gino Bianco

• .I LA RIVISTA POPOLARE e nella Sicilia, ci valian10 dei calcoli istituiti dal prof. Caruso nel suo scritto sull'Industria dei cereali 'in Sicilia. Nella colonia a terratico si stabilì in media la produzione del suolo a 1 1 sementi. Si mantenga ora la stessa norma e come media del canone per l'affitto di una salma superficiale si ammettano 3 salme (ettolitri 8. 2 5. 2 .6 7). Vale a dire che il proprietario preparando la terra e somministrando il se1ne, deve percepire ettolitri 16.59.5.33, più litri 34 per sorveglianza ed estimo, più la metà della massa restante. Si calcoli l'affitto di una salina di terreno a L. 76. 5o La spesa per maggesar la. . . . 1 2 7. 5o Ettolitri 4. i 2 di sementi apprestate aì colono . 76. 5o L'interesse annuo 5 % sul capitale maggese e sen1enti . . 7.6 5 Così le spese del proprietario ascendono a L. 2 88. 1 5 / Compiuto il raccolto delle 11 sementi, pari a salme 11 (ettolitri 30,25.9.77), si defalchino prima 6 salme e poi 2 tumoli: resteranno salme 4 e tumoli 14, da cui togliendo la metà, restano al colono salme 2 e tumoli 7 (ettolitri 6.70.5.29). Al padrone spetteranno in tutto salme 8 e tumoli 9, cioè ettolitri 2 3. 55, che valgono 4 5o lire circa. Detratte le 288.15 di spese, ha un residuo netto di L. 161.85 per ogni salma di terra, considerevole guadagno che appena rendono le migliori, più intense e dirette colture. Il colono, invece; che deve inoltre pagare diritti di cacèia, diritto dei maccheroni, di guardia, ed altre angherie al campiere e al padrone, è bazza .se riesce a portar via 7 ettolitri di grano quale compenso dei lavori e delle cure prodigate sul suolo dalla semina alla trebbiatura, alla quale dovrà impiegare il suo cavallo che ne uscirà avariato. E guai se egli è in debito col proprietario; chè allora, ·computando le usure che si pagano in natura al 12 e 15 °/ 0 , dovrà tutto abbandonargli, anche perchè il grano è a suo danno sempre valutato 1neno di quanto vale sul mercato. Ora questo colono per se1ninare~ aprire i solchi, sarchiare, · Biblioteca Gino Bfanco

• LA RIVISTA POPOLARE 1nietere, trebbiare, ha speso giornate di lavoro per L. 160; ne percepisce 140, quindi nulla gli resta della sua indu• stria, ma angoscie e dolori gli attossicano la vita e costituiscono il suo pane quotidiano. E non si è fatto il conto coi raccolti scarsi, perchè è frequente che questa terra spremuta, non concimata neghi le undici sementi; e allora il colono dovendo restituire la sementa al doppio, corre rischio di non avere nen11neno a portare a casa la spazzatura dell'aia. Sopra siffatta iniquità si basa il contratto di colonia parziaria: è una spogliazione legale del frutto del lavoro, perchè è evidente che il proprietario dovrebbe ben più spendere, oltre tutte le cure necessarie, se avesse a far coltivare direttamente la terra. Quale riforn1a è possibile in questo contratto? Basterà lasciare a tutto profitto del colono la se1nenza, o soltanto prelevarla dalla massa, oppure prelevarla solo quando le n1aggese vengono fatte dal proprietario? Basterà vietare le colonie annue e prolungarne il periodo di durata? Basterà ridurre la quota del proprietario nella ripartizione dei prodotti? La colonia parziaria ha rovinato i piccoli proprietarii che la praticavano, e lo provano le vendite continue dei piccoli appezzamenti, i protesti delle piccole ca1nbiali, le domande di omologazione per vendita di beni dotali, le espropriazioni forzate nelle Puglie e in Sicilia. La colonia parziaria ha affamato il proletariato agricolo, aumentata l'emigrazione, isterilita la terra, immiserito il paese. Tutto ciò è ben noto: ma nemmeno floride sono le condizioni dei mezzadri. Chi ha studiato il contratto di mezzadria, uon1ini d'ordine non sospetti, affermano che, colla ripartizione a metà dei prodotti, il proprietario pattuisce a suo favore più di ciò che gli spetterebbe, esige, oltre alla rendita della terra, una parte del salario del coltivatore. Che così debba essere è provato dal fatto che anche i mezzadri dell'Emilia generalmente chiudono il loro bilancio in debito verso il padrone, che più generalmente passano in ca1nera, cioè divengono braccianti, giornalieri, invece di elevare o mantenere la loro posizione. La mezzeria non può essere dunque una soluzione, non può dare ai coltivatori il benessere, nello BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE stesso tempo ohe è ben poco verosimile possa essere dai proprietarii accolta quale un sistema abbastanza utile di azienda nel loro interesse. Il capitalismo continua la sua evoluzione, che importa fatalmente l'abbassa1nento dei non abbienti. Non saranno le riforme dei patti colonici che arresteranno la proletarizzazione delle popolazioni agricole e le rialzeranno economican1en te. Il male non è in una clausola più o meno iniqua di un contratto, ma è nelle cause che producono e rendono necessari questi contratti. Si potrà pel n1omento alleviare una sofferenza, impedire una prepotenza, ma la causa di ciò che rende impotente la nostra società a qualunque opera di bene, non viene eliminata. Che cosa ne sarà di tutte quelle centinaia di migliaia, anzi milioni di braccianti pei quali è fortuna quando riescono a guadagnare in un anno L. 2 5o o 3oo al massimo? Che lavorano sei· mesi e per altri sei soffrono la fame? Che genere di contratto si vuole trovare per questi, il quale non turbi, / le assise su cui le nostre leggi hanno posto il diritto di proprietà? E quali provvedimenti che pure lascino inviolato questo diritto, si vogliono immaginare per quegli uomini salariati ad anno, boari, schiavandai, ecc., condannati a . sopportare in perpetuo la fame fisiologica? Noi -crediamo che la nostra società si trova in una via senza uscita, e che non è il caso di aspettarsi da questa o quella riforma~ da un qualsiasi temperamento anche in materia di contratti agrarii, per quanto eccellente possa essere l'intenzione, piena la buona fede in chi li promuove, non diciamo la salute, ma semplicemente un efficace sollievo. In tutti i paesi, preme ora il bisogno di dare un assetto al problema agricolo minaccioso quanto l' industriale: ma in Germania, in Austria e in Inghilterra· degli uomini che ora sono un partito, e non sono socialisti, hanrio dovuto riconoscere il vizio non sta in questo o quel contratto, ma è più profondo, è nella ·stessa costituzione ecòriomica che ha assunto la proprietà fondiaria attraverso i secoli. GIUSEPPE SALVIOLI. Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE LOSCIOPERODEI TELEGRAFISTI È la prima volta in Italia che un servizio dello Stato ricorre ad un 1nezzo così violento di protesta, quale è quello dello sciopero. A tutta prima si poteva credere che paralizzare· in tal modo la vita della nazione togliendole quei mezzi di continuata comunicazione, resi oramai indispensabili per un popolo civile, fosse pressochè inconcepibile o che, seppure accadendo, si sarebbe solleYata tale indignazione in ogni classe di cittadini da condannare senz'altro questo nuovo genere di scioperanti. Ma così non è avvenuto, e lo sciopero incominciato in Ron1a ed irradiatosi con velocità elettrica in tutte le parti della penisola, se ha recato uno stupore generale in tutta Italia, ha avuto dalla sua parte le generali sin1patie. Tutti hanno capito subito che si trattava di una classe di cittadini che aveva sempre dato prova di abnegazione e disciplina nel disimpegno delle. delicatissime 1nansioni a lei affidate e che ora, vedendosi burlata nelle rispettose, serene e ad un te1npo ragionate domande rivolte all1on. Ministro per impedire la maleaugurata fusione dei servizi postali e telegrafici, era stata trascinata, suo malgrado, a cercare giustizia, all' infuori della legge, ricorrendo allo sciopero. Ma l'opinione pubblica non sa che questa reazione violenta non è scoppiata improvvisamente come in generale si è pensato : essa covava già da lungo tempo. Il malcontento serpeggiava nel personale telegrafico fino da quando si· manifestò 1' idea di fondere in un unico ruolo il personale delle poste e dei telegrafi, volendo far credere al paese che si sarebbero raggiunte notevoli economie e migliorati in pari tempo i due servizi. Per conto mio ritenendo che dalla progettata fusione ne sarebbe derivato danno certo per la telegrafia, mi misi a studiare la quistione un po' da vicino, ed agevolmente Biblioteca Gino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE mi persuasi che le vantate economie si riducevano a zero, mentre la telegrafia ne sarebbe uscita del tutto rovinata. Fino dal giugno decorso quando alla Ca1nera ed al Senato fu presentato il nuovo progetto dell'unione dei due servizi, il telegrafico ed il postale, io di1nostrai in giornali tecnici e con opuscoli il grave disastro che ai telegrafisti ed alla telegrafia· in generale si veniva a recare col nuovo ordinamento. I miei scritti d'allora, all'infuori di avere trovato benevola accoglienza nella Commissione di finanza del Senato, la quale in un ordine del giorno « invitava il Governo a provvedere perchè la conservazione e lo svolgimento della parte scienti.fica e tecnica del servizio telegrafico venissero assicurati con una · costituzione stabile » , ed all'infuori di avere ottenuto il plauso di tutti i telegrafisti d'Italia, non fecero retrocedere .l'on. Ministro dai suoi propositi, e, calmati i primi bollori suscitati dalle mie pubblicazioni, egli tentava di metter tosto in esecuzione le sue idee. ,,,,,- Ma anche questa campagna che, in omaggio alla ragione ed alla scienza, io avevo iniziato a beneficio della telegrafia italiana, ha avuto il suo processo evolutivo come tùtte le battaglie della vita umana: dapprima dibattuta nei periodici tecnici, ha poi appassionato la pubblica opinione e la stampa quotidiana, si è allargata ed acerbamente inasprita. Oramai terminato lo sciopero, gli animi sono ritornati alla éalma, e noi vogliamo ricondurre la quistione nel campo degli studi per esaminarla e discuterla. Ma per bene esaminarla e discuterla conviene notare che solo dal 1889 l'Amministrazione telegrafica e quella postale, che antecedentemente costituivano due Direzioni generali autonnme, furono riunite per creare l'attuale Mi-_ nistero delle poste e dei telegrafi. Prima di quell' ibrido connubio i telegrafi italiani, se ·non si trovavano in éondizioni da essere ritenuti come i migliori di Europa~ conservavano certo' gelosamente la gloriosa tradizione che "da uomini illustri era stata· guadagnata; possedevano un personale tecnico, tecnicamente rispettabile, rinvigorito da ingegni giovani da poco entrati nell'Amministrazione; avevano impiantato il meraviglioso sistema delle dira1nazioni BibHoteca Gino Bianco I

LA RIVISTA POPOLARE \Vheatstone; avevano di recente introdotto negli uffici il nuovo e mirabile apparato Baudot; insomn1a i telegrafi italiani si trovavano in tali condizioni, non solo da potere vantare una organizzazione perfetta per lo stato della scienza in allora, ma da avere una solida preparazione per seguire il vertiginoso ca1nmino che dall' 89 ad oggi banno percorso i nuovi trovati e le nuove applicazioni della scienza elettrica. Ma invece di questo brillantissimo avvenire che era preparato alla nostra Amministrazione telegrafica, quale n1ai è stata la china che ha disceso dopo l'istituzione di un Ministero! È facile rendersene ragione, quando si pensi che al direttore generale, persona ordinariamente tecnica, e direttamente impegnata a tenere alto il prestigio della propria amministrazione, subentrarono ministri, ordinariamente avvocati, ed esclusivamente intenti a mantenere a Montecitorio quelle tali combinazioni di politica e di partito che loro avevano procurato il portafoglio. Il personale tecnico anziano dopo il 1889 si diradò fino a venire affatto a mancare; quello giovane fu tenuto in disparte; nessuna importante innovazione venne ideata; furono disprezzati ed impediti a mettersi in opera tutti quei piccoli trovati proposti dai tecnici e dai meccanici e <:he, se apprezzati ed incoraggiati, avrebbero tanto incitato allo studio ed al1' emulazione nel personale. Furono perdute perfino le traccie di un ufficio tecnico, e quello esistente a Firenze si abbandonò fino a ridurlo un semplice magazzino contenente del materiale e qualche apparecchio preistorico di fisica. Quando poi si pensò a costruire il palazzo per un nuovo ufficio tecnico a Roma, si spese quasi mezzo milione con criteri molto magazzinieri e poco scientifici, collocando l'edificio accanto ad una ferrovia, ove le misurazioni elettriche diventano, per la massin1a parte, inattendibili ed irrisorie; inoltre quest'edificio, per quanto elegante, pare costruito per tutt'altro scopo, avendo una tale distribuzione di locali che neppure lontanamente corrisponde alle esigenze di un ordinario laboratorio scientifico. La telegrafia italiana fu ridotta così ad essere rappresentata esclusivamente ed unicamente dagli impiegati che stanno agli apparati. Se ora questi impiegati, i quali BibliotecaGino Bianco

LA RIVISTA POPOLARE soli conoscono le manipolazioni dei delicat:ssimi apparecchi celeri, e si vedono mali apprezzati e peggio ·trattati, e hanno ragione di non stimare nessuno dei loro superiori ,, burocratici che viceversa e per la tecnica e per la scienza sono di molto a loro inferiori, e fanno rivolta; non dobbiamo tanto incolpare loro dell'atto audace, quanto condannare ed eliminare per l'avvenire le tristi cause che condussero a questo deplorevole risultato. E prima di condannare, quasi non bastasse l'enumerazione ora fatta degli errori commessi dopo l' istituzione del Ministero delle poste e dei telegrafi, aggiungerò succintamente che la fusione in un ruolo unico di tutto il personale dipendente da quel Ministero non era motivato nè da ragioni di affinità di servizio, nè da economie, nè dall'esempio delle altre nazioni. Affinità di servizio no, perchè l'uno eminentemente tecnico, l'altro eminentemente amministrativo, l'uno si svolge con mezzi meccanici, l'altro con mezzi manuali ; ecoy.omie neppure, perchè è una magra economia ed ingiusta quella che farebbe lo Stato .riducendo i già meschini salari dei suoi bassi funzionari ed elevando in pari tempo, come è accaduto nel nuovo organico telegrafico postale, gli stipendi degli alti funzionari; ese1npio delle altre nazioni nen1n1eno, giacchè quelle appunto che hanno i due servizi riuniti spendono della loro entrata un percento più grande delle altre che li hanno separati, e di quest'ultime si trovano più indietro nel progresso della telegrafia. Non voglio entrare in più minute argomentazioni, per non ripetere qui ciò che altra volta ho pubblicato. Potrei indicare piuttosto quali sono i mezzi da adottarsi in avvenire per riparare agli errori commessi, ma io non voglio andare avanti· a chi avrà l'onore di ricondurre sull'antica via gloriosa la telegrafia italiana; per ottenere quest'intento io penso basti seguire questo consiglio: fare l'opposto di quanto dal 1889 si è fatto fino ad ora. Dott. A. BANTI. r Bibf ioteca Gino Bianco.

33° LA RIVISTA POPOLARE UNDRAMMANELL'OCEANO IV. La catastrofe. La notte era cupa e fredda. I marinai sembravano pensosi: il pilota guardava d'intorno. Il capitano chiamò alcuni marinai, e parlò loro all'orecchio, poi ne richiamò altri. Un vecchio barcaiuolo diceva ridendo ad alcune fanciulle liete: - Questa notte si balla! - Tanto meglio, esse risposero, anticipiamo il carnevale. Il vento mandava sibili come fosse una serpe enorme. L'aria pareva d'inchiostro. Cominciava in tutti il brividìo del timor panico, era da per tutto quel cupo silenzio che è come il presentimento della catastrofe. Non c'è cosa più misteriosamente e solennemente orribile che una tempesta di mare. L'ignoto vi sta innanzi nella sua caligine. Poi sopraggiunge il caos degli elementi. Non si possono riprodurre in musica simili strani e spaventosi effetti: le tempeste descritte dal Rossini, dal Verdi, dal vV agner, sono come pallidi episod'i delle grandi epopee del mare. Queste sono la vera tregenda degli elementi, una gazzarra di mostri ciechi. Il Byron, nel suo Don Giovanni, appena appena ne tenta la descrizione. E infatti è -impossibile descrivere una scena che non ha confini, ove milioni di attori ignoti o misteriosi urlano, ove allo schianto del fulmìne si unisce la maledizione del dannato. Il bastimento talora saliva in alto come su una liquida rupe, talora precipitava come in abisso. E quello che pericoloso era, di quando in quando s'avventava ai suoi fianchi una contraria corrente che lo faceva traballare e fremere come fosse schiaffeggiato. I passeggieri erano metà sopra coperta, metà nelle cabine; quelli che eran sopra, se ne stavano legati da cigne di cuoio ai sedili, per non balzar via, e tutti eran coperti di grossi pastrani impermeabili; quelli che se ne stavano di sotto nelle cabine o nelle sale eran presi dal mal di mare e dallo spavento. I marinai attraversavano il bastimento a salti, a slanci, come agili saltatori briachi. Uno di essi andò in mare: BibliotecaGino Bianco

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