LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMIC- ASCIENTIFIC-ALETTERARIA- ARTISTICA ANNO I. 1° Ottobre 1893 FASC. VI. LACACCIALL'ITALIANO I Nello scrivere queste poche pagine, che dedico ai lavoratori ed agli uo1nini di buona fede, non intendo di fare tutta la storia della concorrenza de! lavoro, chè ci vorrebbe un libro e non un breve scritto di occasione, ne 11'intendimento onesto di spiegare i dolorosi fatti di AiguesMortes, di attenuarne la dolorosa impressione, di evitare che gente malvagia si faccia arn1e della ignoranza delle masse. e l'adoperi per conseguire fini biechi, partigiani, antisociali. Scrivo perchè mestamente convinto che i fatti di Aigues-Mortes sono la ripetizione di altre analoghe scene svoltesi in Francia e altrove; scrivo perchè per triste esperienza so che se altrove avvengono le scene sono soltanto dolorose e deplorevoli, ma se più di spesso e· se a breve distanza si rinnoveranno in Francia sara-nno deplorevoli e grandemente pericolose. Oggi un grave perico_lo - quello di una guerra - sen1bra scongiurato o rinviato a scadenza indeterminata, ed è il meglio che si possa sperare in questa 1naledetta situazione europea. Ma nessuno può garantire che la guerra sarà evitata un'altra volta, non ostante si sappia che le manifestazioni gall0fobe abbiano una ong1ne o· misteriosa o pure troppo nota e interessata~ 1 Intitoliamo così questo capitolo che ci permettiamo di stralciare dall'interessantissimo· opuscolo scritto appositamente per la nostra B,iblioteca dall' onor. Colajanni, col titolo UNA QUESTIONE ARDENTE (La conrorrenza del lavoro). Questo opuscolo, scritto coll'aperta franchezza e coll' imparzi~le e precisa erudizione del sociologo, vedrà la luce il 10 ottobre (V. avviso sulla copertina). (N. d._ D.) B"bliotec_aGino Bi~nco . ,.
I 162 LA RIVISTA POPOLARE E in una guerra, vincitori o vinti, i lavoratori pagheranno le spese e risentiranno tutto il danno. I dati 1niei sono incompleti? le mie indagini sbailiate? i proposti rimedi inefficaci? Ebbene! Gli uomini di buona fede, che an1ano il popolo come me, mi correggano, rettifichino, completino le inie osservazioni. 1 I. Nessuna parola di scusa per la strage di Aigues-Mortes; non ·mi proverò· ad attenuare le esagerazioni divulgate in Italia, specialn1ente in quanto al numero dei morti; non ricorderò che nei precedenti dolorosi e analoghi avvenimenti - compresi· quelli fan1osi di Marsiglia - il numero dei morti e dei ferì ti fu maggiore tra i Francesi ; non interloquirò sulla condotta del Gov~rno italiano, come sempre, fiacèa e so1nmessa verso i Governi stranieri un poco forti, e prepotente, liberticida, feroce all'interno. -Osserverò soltanto questo: oggi sociologi e criminalisti non assolvono i ladri e gli omicidi, non li difendono, anzi li puniscono più o 1neno severamente, ma studiano le cause · che inducono l' uomo a rubare, ad uccidere; non giustificano il fatto, ma cercano di spiegarselo sia coi fattori antropologici, sia coi fattori sociali. Il_ 1netodo che gli scienziati adoperano verso i delinquenti seguiamolo per gli assassini di Aigues-Mortes e facendo adottare alla politica i procedimenti della scienza fare1no ad un te1npo cosa utile ed onesta. Anzitutto· co1ninciamo dal constatare, che la caccia 1 La spiegazione che dei fatti di Aigues-Mortes hanno dato l' inchiesta del Figaro e il comunicato ufficioso della Stifani sulla relazione della inchiesta del console italiano in Marsiglia, sig. Durando, vorrebbe far intendere che non si sia trattato di concorrenza del lavoro. Le due inchieste, tardive e sospette, non tolgono opportunità a questo qualsiasi scritto, poichè la causa del risentimento in genere contro gl' Italiani, che si esplicò ad Aigues-Mortes per altri moventi, rimarrebbe sempre quella. Il fatto com'è spiegato dalle due inchieste, mostrerebbe del resto che ad Aigues-Mortes gl' Italiani non sarebbero odiati. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE all'italiano - con1e si chiama tra noi .e come non si dovrebbe chiamare - non è di data recente. Episodi analoghi a quelli di Aigues-Mortes si vèrificarono in passato; · e pur troppo dobbiamo ten1ere che altri se ne verificheranno per lo _avvenire. Ma in Francia si dà solamente la caccia all'italiano ? No. Cito solo i casi più recenti di Lens e di Lievi11nei dipartimenti del Passo di Calais e del Nord contro gli operai del Belgio. I quali destarono té!,nto risentimento nel li1nitrofo regno, che al congresso internazionale dei minatori in Bruxelles i Belgi se ne vendicarono maltrattando i due deputati socialisti Basly e Lan1endin, che rappresentavano i minatori francesi. Dunque i11 Francia c'è anche la caccia al belga. Si rioti : tra Belgi e Francesi c'è affinità_ di razza, di lingua, di religione, di coltura: un cittadino di Bruxelles si sente in casa propria a Parigi e viceversa; manca tra loro ogni ragione di antipatia politica, anzi la simpatia è n1arcatissi1na non ostante il pericolo messo innanzi più volte di un possibile assorbimento del ·Belgio da parte della Francia. Dunque Belgi e Italiani nella vicina repubblica nelle quistioni relative al lavoro sono trattati alla stessa stregua, sebbene si trovino in condizioni politiche essenzialmente ·diverse. Accanto alla caccia all' italiano col belga i11 Francia si osserva un altro stranissimo fenomeno : si rispetta il tedesco. Per quanto si voglia essere ingiustamente paradossali, nessuno penserà che i Francesi odiiiio di più i Belgi e gli Italiani, che i Tedeschi. È conosciutissima la preoccupazione, la passione vera della revanclze contro i vincitori di Sedan; ed è del pari conosciuto che se i Francesi hanno risentimento politico contro gli Italiani lo nutrono perchè ci sanno amici ·ed alleati dei Tedeschi, loro irre• conciliabili nemici. Si dirà forse che se non amano i Tedeschi li temono. Questi calcoli, queste riflessioni hanno influenza sui governanti e sulle classi colte; non ne hanno alcuna sulle masse incolte e irriflessive tr~ le quali gli o~ì e i rancori Biblioteca Gino Bianço , • r
I LA RIVISTA POPOLARE esplodono in n1aggiore o 1ninore proporzione, 1na esplodono inesorabiln1ente. E giornali francesi e italiani ci hanno parlato precisarnente del furore cieco da cui era invasa la plebaglia di Aigues-Mortes, quando si diede alla caccia contro gl' Italiani. La causa del diverso trattamento è diversa e la vedren10. Ma in Francia si dà sempre la caccia all'italiano? Neppur qnesto è vero. Altra volta viçino a Parigi in una raffineria di zucchero si deploravano continui attriti e risse sa11guinose tra operai francesi e operai italiani. Cessarono e non si ripeterono più dopo che gli Italiani s'inserissero nei locali sindacati operai e non fecero più concorrenza nel prezzo del lavoro agli operai francesi. Anche attualtnente nella cava di pietra di Dramont Francesi, Italiani e Belgi lavorano nella massi1na armonia ed hanno aperto un Circolo della industria nel quale essi banno fraternizzato nel n1odo più cordiale e con grande entusiasmo. Mentre scrivo i giornali italiani riferiscono le liete accoglienze che i guantai italiani hanno ricevuto a Grenoble, e la stessa Agenzia Stefani, in data. 8 settembre, cioè a pochi giorni di distanza dalla strage che ha sollevato tanta indignazione, annunzia che gli operai francesi e italiani hanno fatta una dimostrazione entusiastican1ente fraterna al grido di Viva la Francia, Viva l'Italia! A Parigi vive una colonia di 3 5 mila italiani, alla quale il Journal des Débats rivolge i più grandi elogi; e non solleva odii, non solleva querele, non dà da fare o ben poco alla polizia. Or ora il francofobo corrispondente del Corriere di Napoli (n. 2 60) ha riconosciuto che a Parigi gli operai italiani vivono in perfetto accordo con z" francesi e· vi sono anzati; e ciò. scrive a proposito delle voci esagerate sparse in Italia sulla pretesa caccia data agli italiani che lavorano al Ponte Mirabeau. A Parigi, dunque, nel cuore e nel cervello della Francia, in. generale non si dà la caccia all'italiano. E non la si dà in certi altri luoghi dove lavorano gli Italiani; e per convincersene basta riflettere che ben trecentomila nostri connazionali lavorano atdi BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE là delle Alpi e i conflitti si deplorano 111 luoghi dove stanno poche decine o poche centinaia. La caccia come regola poi si dà in Francia all' operaio italiano della più bassa categoria: ai muratori, ai terrazzieri, a coloro che vivono del più tfn1ile lavoro manuale, giorno per giorno, e che sono i più incolti e -i più . . n11sen. ,,, Si sa invece che pittori, scultori, cantanti, giornalisti vanno in Francia ed anche 1nediocri vi fanno fortuna, vi trovano quel benessere che indarno cercano in Italia; e vi sono tanto poco odiati che non vogliono più abbandonare la loro , nuova patria. Goldoni non trovò la sua felicità che a Parigi. Rossini non volle nemn1eno essere seppell_ito in Italia e se le sue ceneri riposano oggi in Santa Croce lo si deve alla squisita cortesia della vedova suaj una francese. Giuseppe Ferrari, povero e sconosciuto in Italia, era popolarissimo e agiato in Francia; i suoi migliori libri per venderli dovette_ pubblicarli in francese. Ricordo di volo le oneste affettuose accoglienze che in ogni tempo - ecc~tto quando q_u3,lchedespota s' imponeva alla Francia con1e ai suoi visitatori_ - vi trovarono gli esuli nostri da Crispi, a Friscia, a Manin - la cui sposa francese generosa e piena di abnegazione mori testè, 111erita1nente onorata, in Venezia. E di sfuggita ran1mento pure che con1e alcuni giornalisti italiani - ad esempio Eandi del s~colo e Caponi della Tribuna - non se la sentono più di lasciare la Francia, del pari i rappresentanti della più alta nostra aristocrazia - e in Sicilia sono not1ss1m1 1 nomi dei Villafranca, dei Manganelli, dei Valsavoia - non si seppero più decidere a lasciare P~rigi. Ora se odio e risentimento politico esistesse profondo e generale in Francia, esso ·si esplicherebbe sopratutto contro le nostre classi colte. Abbian10 invece ese1npi nurnerosi che ci provano l' accoglienza ·benevola che esse vi trovano e che invano cer cheren1rrio a Vienna ed a Berlino. Comprendo che n1i si citeranno libri e giornali non pochi· che scrivono calunnie e insolenze contro l'Italia e contro gl' Italiani; ma potrei contrapporne centinaia e auBibliotecaGino 8janco ;,
166 LA RIVISTA POPOLARE torevolissimi, che dell'una e degli altri si i-nostrano entu siasti, sebbene le attuali vicende politiche - nelle quali non è il momento di esa1ninare da qual parte stia la ragione - non siano le più adatte per farci apprezzar bene _ e con equanin1ità dai nostri vicini. lVIi permetto soltanto di accennare, che oltre l'autorevolissimo Journal des Débats, di cui feci menzione e le cui lodi mi sono sospette per 1notivi econonzici, delle stesse nostre classi inferiori si è occupato con parole molto lusinghiere il Bazin nella Revue des Deux lJiondes, cioè nella massima rivista francese. lVIi pare lecito concludere da questi fatti che l' odio politico e il risenti111ento nazionale non ci hanno che vedere - aln1eno co1ne.111oventipi-incipali - nei tristi avvenimenti di Aigues-Mortes. Non n1i sono occupato del risenti1nento religioso; mi •parve che non ce ne fosse il bisogno dopo il fiasco fatto da Sua Santità Leone XIII nelle ulti1ne elezioni generali. D.r NAPOLEONE COLAJANNI. BENEDETTO MALON L'ulti111a sua parola fu un saluto filiale all'Italia. Egli l'an1ava davvero, nel suo cielo e nella sua storia, in tutto. Quan~o si hanno concetti larghi e senti1nenti grandi, non esiston frontiere tra le nazioni. Le Alpi s'ergono solo a din1ostrare la nera profondità degli abissi e la sublime 111aestà delle vette nevose. L' anin10 di uomini, con1e Malon, le supera. Egli amava la nostra terra quanto il suo ca111pestre nido del Forez. Non ho mai udito dal suo labbro nè letto in alcuno de' suoi scritti una parola sola di avversione a tutti 1101, Biblioteca Gino Bianco
"I LA RIVISTA POPOLARE repubblicani. Non egli mai ci chiamò borghesi. Le lievi o anche le gravi differenze, quando si ha ani1no buono e gentile, quale deve averlo il cittadino della città ideale, quale egli lo aveva, svaniscono come palustri vapori al dardeggiar del sole. Non al capriccio della fuggevole 1noda attinse egli il pensiero. Lo attinse al dolore e alla scienza. Se non ebbe l'aguzzo occhio dell'aquila, visse fra gli uon1ini con operoso intelletto a1nando .e educando. L' aquila talora si libra troppo in alto: ella tutto vede, 111ada ben pochi è vista. Egli visse fra le polen1iche e le lotte, fra gli studi e i dolori. Nato in un umile abituro nella povertà, crebbe, semplic·e pastorello, guidando il gregge, conobbe nella realtà, come facchino o tintore, la vita de' n1iseri, e adulto s' istruì con cura assidua, sino a divenire il rispettato e amn1ira to direttore della Revue Socialiste. E che c' importa che uno studioso e coscienzioso cercator del vero s'innamori anche del vecchio sognò di Platone, rinnovantesi sempre attraverso alle età, o pure altre e diverse utopie fantastichi e plasmi, quando la 1nente del sognatore è retta, quando la sua onestà è nitida e la sua fede è grande? Se talvolta ei dubitàva, il suo dubbio non era quello di Mon taigne, origli ere su cui posa tranquillo il ·capo l'uomo prudente, o quello di Pascal, vero letto di tortura, ma il dubbio di Bayle, cioè la religiosa ricerca della verità fra le oscillazioni dell'intelletto. Era socialista soltanto? o soltanto repubblicano? Era l'uno e l'altro. Tentava di sintetizzare il pensiero antico - e il moderno. Il suo Socialismo integrale, ch'egli lasciò a mezzo, ammaestra e amn1onisce. Non combatteva per poche riforme, ritocchi d' imbianchino al prospetto di una vecchia casa cadente, nè per un solo lembo della bandiera BibliotecaGinoBianco.,-
168 LA RIVISTA POPOLARE sociale. Non materializzava il socialismo. Anzi lo ampliava ed elevava, e con una fonna sì eletta e calma che faceva parer troppo mite, a chi cerca le frasi . sonore, l' ampio suo concetto. In tal n1odo·· i partiti si fanno autorevoli e potenti, e. questo vale assai più dell'aura popolare che gonfia le cosidette individualità. Sentiva la son1ma i1nportanza della questione politica: invano le altre tentansi risolvere se non è sciolto il nodo gordiano e il campo non è libero. Non s'atteneva solo a forn1ule; alle parziali divise preferiva le larghe concezioni dello spirito. Non avrebbe egli discusso un solo istante intorno all'opportunità anzi al dovere - specialmente quando la necessità urge e da per tutto è un gemito di sofferenti - di allearsi ai parti ti affini, e di allearsi ad essi con la men te soltanto desiderosa di toccar presto la rp.eta. La stessa Critica Sociale scrive eh' ella e i suoi « a lui parvero troppo assoluti ed esclusivi ». Lo udimn10 sovente sdegnarsi pensando che alcuno de' suoi con1pagni, come alcuno de' nostri, aveva 1nutato in dogma indiscutibile il n1etodo. Lo udimmo adirarsi di contro all'intolleranza che talora chiude le porte del ten1pio in faccia ai volonterosi, ai forti; ai vecchi fedeli amici della libertà, e le apre talora anche al prin10 incosciente che a caso levi µn grido qualsiasi e ripeta un qualsiasi 1notto. Non gridava ogni di la rivoluzione ai quattro punti cardinali; 1na era in fondo all' anin1a rivoluzionario nell'alto con1prensivo.senso della parola. Un·'energia forte n1a non irrigidita, una gagliarda ten1pra sotto parvenze n1iti, con modi onesti e• an1.orevoli, una bontà squisita. Un'antica fierezza, e nella ferrea tenacia dello scienziato la coscienza di una fanciulla. Sotto le rughe che increspavano quella fronte pensosa, quanta bontà I Fra quella barba già grigia e rude, quanti sorrisi! BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Egli appartenne alla Con1une, 1na fu della· n1inoranza, insieme al Vallès, fra coloro .che ribellatisi all'onta sovrastante pensavano solo allo straziato onore della patria e alla commovente miseria del proletario. Uomini come Malon combattono, e in caso muoiono eroica1nente come n1ori Flourens o Delescluze, ma non fucilano ostaggi nè incendiano biblioteche. Essi che amano la luce odiano la devastazi_one che porta le tenebre. Essi che adorano la giustizia aborrono tutte le iniquità. Ma il nemico_ forse non sa la loro bontà, o per essa li teme. E in caso li danna a· morte, come già in Francia, o li espelle, quali zingari appestati e ladri, come già da noi. Egli da Cannes, nei giorni mesti del suo tormento, mandava spesso baci e sorrisi verso l'orizzonte italico di cui era inna1norato, egli che si chiamava nostro « concittad_ino », e come mandò dal suo origliere di n1orte al1' Italia_ il suo saluto e una parola d'a1nore .in un recente giorno lugubre e maledetto, così noi, insieme ai repubblicani e ai socialisti d' Itali·a, mandiamo una parola d'amore al suo tun1ulo, eh' espri1na tutti i migliori sensi e i propositi del nostro animo. Oh potessimo aln1eno sentirci uniti nelle cornuni sventure e nei_ lutti, come lo dovren1mo essere ne' sacrifici e nelle battaglie ! LA DIREZIONE. Biblioteca, Gtqo Bianco
... 170 LA RIVISTA POPOLARE IL CONGRESSSOOCIALISTADI REGGIO Era appena sopita l'eco del Congresso di Zurigo che si aprì il Congresso di Reggio; Fra breve ne avrà luogo uno .simile a Colonia, e un altro di studenti a Ginevra. E a mezzo ottobre si terrà a Bologna il XIX Congresso operaio, . che può chiamarsi repubblicano-socialista . • Non possian10 che esser lieti per questo risveglio di attività. Meglio anche i tumultuosi torrenti che gli stagni putridi . .A.v. r{'mmo potuto sottoscrivere parecchi fra gli ordini del giorno del Congresso dì Zurigo, senza contraddire alle nostre idee generali. Ce1:te pretese differenze enormi fra partito e partito sono effetto di troppo usate iperboli, più che di spassionato e misurato giudizio della realtà. Le proposte approvate a Zurigo, sull'organizzazione intern~zionale che rispetti i caratteri tipici delle singole . . nazionalità, l'importanza data agli studi della questione agraria, la proposta sulla giornata di lavoro, quella sul 1 ° m·aggio, la necessità son1ma della lotta politica, l' ordine del giorno Wandervelde sulle alleanze coi partiti affini, votato non ostante l'opposizione del Turati che tentò restringerne il significato, il voto a favore del referendu1n e della rappresentanza delle minoranze, la proposta sul lavoro delle donne e dei fanciulli, quella intesa a lin1itare i danni della concorrenza del lavoro·, ed altre simili, furono più o meno savie e pratiche, e accettabili, io credo, da chi milita nel ca1npo repubblicano, eccetto forse lievi modificazioni, e alcune anzi già da tempo accettate.· Bibliote :a <SinoBianco
LA RIVISTA POPOLARE I principii della democrazia repubblicana non attraversano punto la via alla realizzazione di quelle proposte. Imaginate un,assemblea popolare in uno Stato libero: noi tutti alzeren1mo le mani approvando, applaudendo a simili proposte, tentando in caso di render questa più pratica o quella più a1npia. Lavoratori! Voi sembrate piccini perchè state in ginocchio: Alzatevi! Cotesto il n1otto stan1pato in fondo alla sala del Congresso di Reggio. È il motto della dignità u1nana. Ma pure altro n1otto avrebbe dovuto essere stampato nell'aula, ove molti operai e loro a1nici adunavansi, altro motto accennante alla concordia che deve addurre la democrazia alla redenzione delle classi asservite. Invece pensarono a isolarsi. Nessuna alleanza coi partiti affini. E proclamarono ciò mentre poco prima avevano telegrafato al Guesde, deputato socialista, accla1nando ai trionfi elettorali dei· fratelli di Francia, i quali avevano vinto mercè l'alleanza con i partiti affini. Il relatore on. Prampolini non trattò di ciò che riguardava gli scioperi, le Società di resistenza, 1~ cooperazione, la colonizzazione, l'emigrazione - importantissin1i temi ai quali tutti noi dobbiamo dare la 111entee l'animo - ma 'trattò ·solo dell'azione politica. Guglieln10 Ferrero, presente al Congresso, scrive nella Nitova Rasse~na (17 sett. '93, N. 95), in un suo brillante articolo : « Il Congresso hà discusso, per esempio, questioni oziose per molte ore, sbrigando in pochi n.inuti, con un'alzata e seduta, questioni importantissin1e : ha qualche volta sbadigliato sopra argomenti vitali, mentre attendeva ansioso i colpi di scena, i quadri plastici - direi quasi - della discussione >> • Prampolini, oratore simpatico, lesse, i:na invano, una bella lettera conciliantìssima · della Federazione socialista BjbliotecaGinoBianco
172 LA RIVISTA POPOLARE dell'Acciaieria di Terni. Poveri voti di valorosi operai! Egli finì col concludere che· non vi deve essere veruno accordo coi partiti. borghesi. Cabrini, di Parma_, riaffermò lo stesso concetto. I repubblicani, disse, sono pochi, incerti, intransigenti. Nessuna alleanza. Il partito socialista è il solo che sia rivoluzionario. E pure noi stessi udimmo a Parma parole ben diverse da egregi socialisti, dall' on. Berenini, ad esempio, oratore elegante e fine, e non si può sospettare che il valent' uomo parli diversamente ne' conviti fraterni, fra i brindisi. Zirardini fu conciliante, come sen1pre: Balducci, con1e sempre, acerbo e pungente. Dell' Avalle, terribile. Lungi dal partito repubblicano, come dal colera : Voilà l'enne1ni ! Esclan1a Pizzalunga: - tutti contro_ gli sfruttatori I 0 antichi amici nostri, quanti di voi son tali, quanti che da molti anni han vissuto modestamente del loro lavoro fra le privazioni d'ogni genere, e almeno hanno pensato al bene delle classi povere qualche tempo prima che questi nuovi partiti nascessero? Però, per la verità, Prampolini e Cabrini tentaron_ lasciare aperto uno spiraglio per l'accesso dei partiti affini. Marenghi fiero rispose : si chiuda anche lo spiraglio! Anzi si lotti contr'essi, co1ne contro il Governo; forse più ancora, co1ne contro i padroni. Isola naturahnente è per r isolamento, ma nota con dolore che al Congresso erano scarsi gli operai. Scartapanti (?) chia1na n1alfattori tutti (Dio scelga· i suoi !) salvi , i socialisti, dal moderato al repubblicano. Il Congresso applaude. Così si è detto, ma non vogliamo crederlo. Se Ì1ei nostri Congressi operai uno osasse dir così de' socialisti o degli anarchici, gli si toglierebbe la parola o sarebbe espulso. O a che eleggonsi i presidenti? E che diritto BibliotecaGino_Bianc'o
LA RIVISTA POPOLARE 1 73 allora si ha di biasimare tanto gli attacchi degli anarchici? Altri dice che i repubblicani sono piccoli proprietari che aspirano a diventar grossi proprietari. Però talora, in fatti, accade il contrario. :rv.Ia è duopo convenire, pur troppo, che degli aspiranti ad arricchire ce n'è in tutti i partiti. JVIonticelli s'augura l'alleanza. De Felice tenta una parola di conciliazione, almeno coi collettivisti, 1na la sua yoce si perde fra i rumori. A Napoli, a Palermo lo aven1n10ai nostri Congressi e fu ascoltato. L'on. Ferri in~ano tenta simili parole : la Francia, la Gern1ania, il Belgio dànno buoni esempi: Cannaux è una vittoria del socialis1no alleato alla democrazia: Bebel raccomanda l'alleanza, ecc. Tutto invano. Turati lo combatte. Curtini, Ludovico, Costa gli fanno eco. Ed è votato il seguente ordine del giorno, proposto da Croce ed altri: Il Congresso, considerando che il programma tattico del Partito dei lavoratori ha lo scopo d'assicurare in tutta Italia la diffusiane e la conoscenza dei principì socialisti, i quali mediante la lotta di classe devono risolvere la questione sociale; afferma che la propaganda e l'organizzazione del Partito dei lavoratori devono costantemente essere dirette a sostenere contro la classe capitalista i diritti e gli interessi della classe lavoratrice internazionalmente organizzata in partito di classe, approfittando delle condizioni di vita e di lavoro nelle singole regioni; e dichiara: che l'azione politica per la conquista dei pubblici poteri deve rappresentare la volontà del Partito di agire indipendentemente dagli altri partiti, sostenendo nelle occasioni elettorali, tanto politiche che amministrative, candidature proprie che abbiano accettato senza riserve il programma ed appartengano al Partito, ripudiando quelle combinazioni e compromessi che, pur tenendo conto delle condizioni locali, dovessero menomare i principì e la linea di condotta del Partito stesso o essere in contraddizione col medesimo. 6ibHoteca, Q no Bianco ...
1 74 LA RIVISTA POPOLARE 1 o 3 intransigenti votano in favore, 6 r intransigentissin1i contro. Questo è stato il voto più lungamente discusso nel Congresso. Voto inutile: don1ani la necessità della lotta o il buon senso può consigliare altra tattica, e allora addio deliberazione! Intorno alla condotta de' socialisti alla Camera, non v: è nulla da osservare. Se il partito repubblicano ha avuto ed ha i suoi Maffei, deploriamoli co1ne i socialisti deplo- . . rano 1 propn. In quanto all'illusione di durevoli e sostanziali rifornze è un solo pensiero fra noi, borghesi, ed essi. È una sola la definizione di codesto stato che ci vincola, ci smunge, ci oppri1ne, ci umilia: è strano l'eguale giudizio ! E non è giudizio .dell' ultin1' ora: . aborriamo sen1pre l' opportu- . n1smo. Intorno alle cooperative agricole fra piccoli proprietari, alla tutela degli emigranti, all'abolizione dei dazi di consun10, agli scioperi e al 1 ° Maggio, noi, borghesi, accetteremmo tutto quello che il Congressò di Reggio in fretta stabilì. È strano ! E non ci fu altro, se non erriamo, salvo 1nodificazioni allo Statuto del Partito e saluti e voti di solidarietà, o sin1patiche e solenni manifestazioni in favore della emancipazione degli operai, che non è nè deve essere l'ideale e la n1eta di un solo partito, ma di tutti i buoni, i liberi, i forti, ma di una classe intera, anzi di un popolo, se sia possibile, che estenda il gran moto sociale non entro 111asovra i sistemi stessi, stretti o larghi che siano. Notavo testè la differenza fra questo Congresso ed uno, sebbene modestissimo, tenuto testè a Perugia dai repubblicani dell'Umbria. Questi non conoscevano in 1nodo esatto i resultati di quel Congresso, e fecero voti che i BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 175 partiti affini, nelle continue prove e nelle lotte, fossero uniti. Non uno solo de' convenuti fu aspro o intollerante. Il loro linguaggio era ardito e fermo, e i lor. propositi e voti andavan molto innanzi e in alto, più anche di quanto possa andare con l' arg~ta mente e la brillante parola l' on. Ferri, neofita. ~a noi siamo una quantità trascurabile. I piccoli o i creduti piccoli e pochi non si calcolano da chi si crede potente perchè ha raccolto e immedesimato in sè una teoria o più teorie sociali. Noi invece crediamo che tutti i partiti, quando siano onesti e sinceri e operosi e a te1npo arditi, quando siai10 leali e franchi avversari di un cattivo sistema, co·stituiscono una forza morale immensa per il paese e per la civiltà. Se vanno lenti, si spronino col continuo assillo della fraterna parola che chiama al dovere e al sacrificio. Se dispersi,_si raccolgano. Mirino a larghi orizzonti. Non siano intolleranti;- collettivisti o no, tutti sono _nei nostri sodalizi. Al Congresso di Palermo, Napoleone Colajanni fu acclamato presidente. A che il sospetto, la diffidenza, l' ingiuria reciproca? Non il mes~hino calcolo del maggiore o minor vantaggio delle alleanze, come farebbe un bottegaio contabile. Non il _parteggian1ento che lega i polsi. Noi guardiamo soventi più alla fazione che al paese. ·Corria1no dietro più ai molti, che al vero, nelle sue schiette fonti. Però è certo che la parte repubblicana non cura, come dovrebbe, le questioni sociali. Consacrarsi ai nuovi studi e al 1novimento sociale non è fare atto di diserzione. È semplicemente camminare coi tempi, come altri cammina; mentre ieri se ne stava fenno. Alle tradizioni antiche e nuove, alle vane manifestazioni del pensiero ne' molteplici suoi aspetti e rapporti, dal morale all' artistico, al Biblioteca Gino Bianco ....
LA RIVISTA POPOLARE puro amor della patria (anche se audacemente o· stoltamente irriso), inanellare tutti i concetti possibili del moderno progresso sociale. Ecco l' imn1ensa sintesi feconda. È necessario che gli artigiani d'Italia, più. ancora che in addietro, dicano serian1ente, senza reticenze od esitanze, quali siano i lor bisogni, le loi-o aspirazioni e i pensati rimedi ai n1ali che li tonnentano. È necessario che si organizzino più salda1nente e rinnovellino la propria vita. E vadano innanzi senza tema d' esser chiamati eretici, senza debolezza nè rigidità, che, come Mazzini scriveva ad un suo an1ico, non si d~ve far del partito una SaùzteVélzéJne. Non chiese, nè cenacoli. Non diciamo ciò per ripeter quello che ingiustamente fogli ufficiosi dissero del Congresso di Reggio. O debbono essi lagnarsi? Lo dician10 per noi: ne abbiamo un certo diritto: non servimn10 mai a' Governi. Non n1endicbiamo quindi alleanze, nè meno le vorremn10 se non fossero spontanee. Ma diciamo che la de1nocrazia popolare sarà forte davvero, e potrà vincere il comune ne1nico uno e triplice, soltanto quando coopererà amicamente a combatterlo, invece di rincorrersi e rabbuffarsi a vicenda, e quando sovra la parte porrà, come un' iddia, l' un1anità. ANTONIO FRATTI. SENZACAPONÈCODA Senza capo nè coda! Un articolo, come questo titolo, rispecchia stupendamente lo stato dell'Europa nei tempi felice1nente civili nei quali viviamo. Senza capò nè coda i Governi, i partiti, la politica tutta. Domina ovunque sovrana, assai più della confusione, BibliotecaGino Bianco
,,,I LA RIVISTA POPOLARE 177 a contraddizione. La fine di un secolo che pure ha veduto tanti miracoli della scienza, che può vantarsi dell'applicazione del vapore e dell'elettricità, del taglio dell'istmo di Suez e del foro del Moncenisio, minaccia di essere la più brutta, la più grottesca e, auguriamoci di non dqverlo dire, la più laida fine di tutti i secoli che furono. L'ideale gabellato dai sedicenti positivisti come una n1orbosità, ha generato la scuola del tornaconto; alla politica dalle grandi linee, dagli eroici ardimenti, dagli slanci generosi, è succeduta una politica gretta, da bottegai, derota solo agli interessi n1ateriali, orgogliosa di prendere a proprio emblen1a la lesina, pronta a _subordinare tutto - J>erfino la dignità - al vantaggio 1non1entaneo .. Se i pensatori più illustri, i filantropi più valorosi di tutti paesi, che tanto lavorarono e tanto fecero al principio del secolo, per risolvere i faticosi problemf della civiltà, riaprissero gli occhi crederebbero di sognare. La repubblica francese alleata· colla Russia, auspice il papa! Chi lo avrebbe mai detto? Da una parte il sillabo, dall'altro lo knout, ed in mezzo il berretto frigio! O santi ideali di Danton e di Robespierre l quante infamie si con1- ·mettono nel vostro nome! come ha saputo e voluto trascinarvi nel fango la borghesia dominante! Perchè prima e sola causa dell'attuale disordine è la borghesia dominante. Immaginino i lettori, che cosa sarebbe oggi la Francia, che cosà sarebbe ora l'Europa, se, dopo i disastri del 187 o, l'AssembJea di Versailles, invece di raccogliere armi ed armati, e 'di profondere miliardi nel bilancio della guerra e della marina, avesse dato l'esémpio del disarmo. Chi avrebbe attaccata, in quel momento, la Francia? Chi l'avrebbe potuta accusare di aver licenziato_ un esercito che era passato di sconfitta in sconfitta? E chi non -comprende che una nazione, così ricca, così intelligente, così attiva e così benemerita dell'umanità, avrebbe con una politica veramente repubblicana a quest'ora conquistata moralmente tutta l'Europa e gli Stati Uniti Europei non sarebbero più un pio desiderio? BibUoteoa Gmp Bianco
LA RIVISTA POPOLARE La Repubblica non si può comprendere, se non ispi- •rata ai più alti ideali di civiltà, allo spirito di fratellanza e di .solidarietà umana. I popoli anelano pace e giustizia - nè ia pace, nè la giustizia si possono ottenere spendendo mezzo 1niliardo l'anno nell' esercito. Dal r 87o ad oggi sono r r 111iliardi,undici miliardi spremuti al lavoro, all'ingegno .dei produttori veri, dai Filistei che hanno regalato alla Francia il Panama come i loro fra.telli d'Italia ci hanno regalato gli ultimi edificantissimi scandali della Banca Romana! Tutti eguali i borghesi do1ninan ti ! Nella loro logica si può essere onesti come uom1111 privati e corruttori come uomini di Stato; ci si può can1uffare da apostoli di pace, atteggiandosi a nemici giurati delle guerre che sono un vero fratricidio, e si può sostenere il protezionismo che affama i popoli vicini, magari alleati. Siamo sempre nella scuola della contraddizione eretta a siste1na, della lotta a coltello a ogni fede; E si precipita di 1nale in peggio. Ruit hora, bisogna esclamare col poeta. E i nostri ministri, dopo averne fatte di quelle di pelle di becco, dopo il sangue sparso a Caltavuturo e nelle strade di Napoli, dopo essersi infangati, fin sopra i capelli, nell'affare delle Banche, per bocca del loro principale Giolitti sciorineranno al paese un program1na di le• gislazione sociale! Risum teneatis, amici! Si parlerà della necessità della colonizzazione interna e delle bonifiche, e si prometteranno mari e monti, tanto per 1nenare il can per l'aia e per aver qualche voto ... Ma come si può promettere così a cuore leggiero, quando si ha la coscienza di non poter licenziare l'esercito nè resecare le spese militari e si ha pure la coscienza della magrezza dei nostri bilanci? Ma quanto annunzierà, a suon di gran cassa, il presidente del Consiglio, fu detto, or non ha guari, essere d'impossibile attuazione, a causa delle nostre ristrettezze : siamo noi dunque, per virtù magica, da ieri a oggi, diventati ricchi? No, questo non è il modo di governare e molto meno di educare le moltitudini. La verità deve rifulgere sempre BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE I 79 come un bel raggio di sole di primavera, e, se gli uo1n1n1 di buona volontà - se pur ne sono in tempo - non si uniscono tutti per rin1ettere in carreggiata le cose, tristi ben tristi saranno davvero gli ultimi giorni della fine del secolo! Forse nel 199 9 saranno al potere i legalitari l Vedren10 anche questa e la burletta s:1rà- allora completa l Anche essi per ora sono senza capo nè coda; quando troveranno il capo, è sperabile, che metteranno alla luce del sole anche la coda. E sarà tanto di guadagnato; ci sarà un equivoco di 1neno, e ci sarà pure un gruppo di 1neno - costituito da valentuomini - 111asconclusionato .... sconclusionato quas1 come ques~o mio articolo . . . . ed è tutto dire l ETTORE Soccr. I NUOVI TEMPI Nacquer gli umani,· un genio si pose loro a' fianchi, e con vigor spronandoli, quando pareano stanchi: Orsù, gridava, il termine de , l viaggio è assai lontan. Varcar dobbiamo oceani in mezzo a le tempeste, profonde solitudini di vergini foreste, per entro dense tenebre con brando è /ace in 1na~. Sgomenti allora i mutoli' custodi de le selve là fra l'alto silenzi·o sentzro urlar le belve, che a sè dinanzi intrepido fugava il cacciator. ~Biblioteca Gino Biancò. - • • ,. I . \ . \
180 LA RIVISTA POPOLARE Sentir l'allegro fremito de' cedri e de gli abeti, spinti ne 'l grembo ondifero de la_ superba lèti, e ratti si celarono dentro i natali orror. Dopo che avvenne J A' secol!, -poeta, lo domanda,- essi diran che ogn' angolo, ogni rornita landa è un tempio sacro a' fulgicli voli che l'uomo osò. Essi diran che l'aquila, de lo spazio regina, fendendo i campi eterei veloce pellegrina, mai non ascese ai culmini che l'uomo sol toccò. Fuggite, dileguatevi, o larve de 'l passato I l'ignoto è vinto, il fulmine n' ha il trono rovesciato,- su gl'incomposti ruderi' brilla il novo destin. Oltre le stelle ajjìsino, i più, lo sguardo incerto,- sterili voci ina!zino, son voci de 'l deserto .... Chi, chi vi bada? O popoli, ecco il vostro cammin. Altri, cui febbre è il cerebro, da furor sacro invasi, sognin de 'l vecchio Tevere l' epi'che storie e i casi, il fòro, il Campidoglio, de' Bruti la virtù. BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE Ingenui anch'essi J- A l'esili fiJa d'un' arpa amica l'illusi"on confidino de la grandezza antica ... Avvolti ne la porpora quei dì non tornan più. i\/o, non catene a i liberi, non ire di tiranni, non tra.fficati oracoli non di profeti inganni; disperse come polvere l' are nemiche al ver. O tempi I A voi da l'anima salgono gl' inni e i voti, che indarno maledicono di _Geova i sacerdoti; si drizza a voi la fervida ala de 'l mio pensier. P. FERRO.· Genova, settembre 1893. UNDRAMMANELL'OCEANO I. L'esule. 181 Era tutto un'armonia di suoni e un luccichio di lumi nel bel palazzo del duca di ***, che s' inalza come enorme massa grigia, a metà della stupenda via delle Cannebières iri Marsiglia. La duchessa Bianca in quella splendida serà di maggio. sembrav·a una vera sovrana nella propria reggia. Non si era mai vista in Marsiglia una festa così sontuosa. Tutti eran d' intorno alla bellissima padrona di casa, e le auguravano ogni bene. E davvero ella, benefica fata,. meritava sì grande accoglienza tanto era buona e pietosa. Bib1otecaGino Bianco.....
182 LA RIVISTA POPOLARE Quella folla semovente vestita di nero, fra cui talora passava rapida qualche flessuosa figura d~ fanciulla o incedeva grave qualche matrona, quella folla che in altre sere se ne stava apparentemente pensosa e in rèaltà svogliata, in quella sera era espansiva, lieta e gioconda. Era il compleanno della duchessa Bianca. Si brindeggiava alla sua salute: anche i vecchi prosaici e tediosi toccavano in quella sera beata le corde della lira; i giovani sentivansi più giovani ancora. Era una festa intima e cara: quanti baci su quelle_ belle gote rosee imprimevan le dame, quanti inchini le facevano i cavalieri! E notate che tutto era senza convenzione; non pareva di viver fra aristocratici, cioè fra gente che si alleva e vegeta nell'ozio; paga di quello che i loro incerti antenati fecero un tempo di bene o di male, paga di .antiche oscure tradizioni che la leggenda abbellisce o crea. Ma in mezzo a que' vari ricchi costumi, adorni di gioielli scintillanti, talvolta si notava qualche fanciulla in semplice contegno e abbigliamento; in mezzo a quei giovani nobili, ma ignoranti e fatui, si scorgeva qualche superbo profilo di poeta dagli occhi pieni d'intelletto e di fuoco e dalla parola commovente e modesta. Fra questi notavasi Cesare N., giovine tutto i_ngegno, nato m un umile paesello umbro, fra le alte montagne. Egli aveva la libera e viva fantasia del poeta, e uno di qu~gli animi ~<lamantini che non si muta nè si piega secondo l'opportunità del momento. Non aveva egli studiato a metà uomini e tempi; non aveva gittato lungi dal suo labbro nè il calice della scienza, nè _il calice del dolore. Esule, piangeva sul misero stato del suo paese e del mondo in_ tero: ovunque sono aperti o secreti tormenti, ovunque la miseria intristisce animi e corpi, ivi è sempre la patria per il giusto : egli dava all'umanità la sua vita negli anni fiorenti. E accettava con cupa voluttà il dolore. Da lontane gli giungeva talora la parola di sua madre, piccola vecchia bianca e tremante, che aveva sempre assorto il pensiero nel figliuol suo, e che malediceva· preti e tiranni con tanto odio quant'era il fervore onde pregava Dio per lui. Ella soltanto l'aveva educato all'amore; ed egli a lei sola affidava tutti gl' intimi secreti dell'anima sua appassionata. Egli si era dato tutto a quell'alta politica, non insozzata da partigianeria, che si solleva: da ogni volgarità. Giovine ancora,. era stato provato da amare e tristi delusioni. Una donna falsa e bugiarda, una Biblioteca'GinoBianco
LA RIVISTA POPOLARE di quelle donne che hanno soltanto di bello la maschera del volto, e nel posto del cuore hanno un muscolo inerte - e gelido, l'aveva reso scettico. Le forti fibre talora si rilevano subito, dop0 la caduta, anche piì1 gagliarde di prima, ma egli era tuttora abbattuto e mesto. Scacciato dal Governo dei preti emigrò ed ebbe per ventura da un suo giovine amico, già valerite medico, una lettera di raccomandazione per la famiglia della duchessa Bianca di S***, oriunda italiana, che il bravo dottore curava. Questi lo presentò alla nobile dama, che già era considèrata come un Mecenate muliebre, tanto era buona, come piì1 su dicemmo, tanto era cortese e pietosa protettrice degli emigrati e, in genere, degl' infelici. L'esule poeta ebbe da lei una schietta e delicata ospitalità, e gentilezze infinite. Ma nè tante gentilezze, nè l'intravisto splendore di un avvenire brillante, tutto onore se non tutta gloria, guadagnato soltanto col suo merito e i suoi sforzi, non toglievano dalla sua bella fronte il velo di tristezza che appannava ogni sorriso, e questa proveniya dalla mancanza di fede nell'amore. Perchè in quella sera il suo volto si trasformò? Chi può seguire le impei:cettibili, ma profonde metamorfosi del suo sguardo eh' era la limpida e schietta espressione della sua anima stessa? La pallida ed esile duchessa Bianca a sedici anni sposa, per comando paterno ad un vecchio libertino, ch'ebbe solo in mira di aver possibilmente un erede del proprio nome e delle proprie immense ricçhezze, lei che giovinetta era tutto un poema di bellezza di bontà di grazia, si era mutata in breve tempo nella malinconica figura di una donna disillusa e spenta. O perchè quei due esseri, incontrandosi, conobbero scambievolmente in men che .non balena l'intimo stato delle anime loro, quasi perdute e p11re sì anelanti alle più potenti ·idealità della vita? Perchè Cesare N., che se ne stava sempre appartato e solingo, che non voleva conoscer nobili (troppo sdegnava la loro superbia o la lor finta umiltà) volle esserle presentato? Perchè un senso di soave benessere, come prova chi dallo stato algido torna _al tepor della vita, gli si diffuse in tutta la persona al solo suono di quella voce dolce come la voce di ·un innocente? E lui, sempre taciturno, perchè divenne eloquente? Egli non patteggiava mai con la cosci~nza e con la verità: e a lei disse tutto. Le disse eh' era un esule povero, oscuro, solo, _colcuore affranto, già vinto dalla malìa di una donna indegna e appieno deluso, BibliotecaGino Bianco r
LA RIVISTA POPOLARE ma perchè nel descriver ciò egli sentiva vivissimo il desiderio di piacere alla dama bellissima, e perchè essa, gis tanta riservata e altera, già sì disprezzatrice delle tante lodi e degli inchini che cento e cento belli e ricchi giovani signori le facevan sempre, perchè ella che pareva sempre avvolta nella nube del proprio dolore, gli stese la mano nel lasciarlo, dicendogli: - Ci rivedremo ? A. F. ( Continua). IL TRASPORTDOELL'ENERGIEALETTRICA ·nA TIVOLI A ROMA 1 Il nostro egregio amico, dott. Angelo Banti, ristabilitosi <la una recente malattia che ]o aveva colpito, nel prossimo numero incomincierà di nuovo a trattare argomenti scientifici con quella forma piana e geniale che lo distingue fra i moderni scrittori. Ci è grato di fare oggi un cenno di una pubblicazione che egli ha fatto sul trasporto elettrico dell' energia da Tivoli a Roma ed addi tarla come uno dei vari lavori che uscendo dalle mani di uno scienziato riesca a farsi' leggere con interesse e compiacimento anche dai . profani del tecnicismo. La pubblicazione dell'amico nostro si divide in cinque capitoli, che, per quanto ci sarà concesso, procureremo riassumere in poche parole. A Tivoli, alla gaia cittadella che si stende sul colle tiburtino, l'antico A.niene precipitando da un'altezza di oltre 100 metri forma qua e là delle superbe ed incantevoli cascate e cascatelle che furono sogno di poeti: di Catullo, di Virgilio, di Orazio. I moderni scienziati scorgendo. in quelle cadute tanti generatori naturali della forza, senza deturpare il loro aspetto artistico, cercarono · di utilizzarle nello svolgimento delle nuove industrie, per recare vantaggi all.' umanità. E di vero tante piccole diramazioni di quelle acque, che servivano ài modesti opifici di Tivoli, riunite in un unico collet1 Dott. ANGELO BANTI, Il trasporto dell'energia elettrica da Tivoli a Roma. (Tip. Elzev., Roma. L. 1). BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE tore vengono oggi a formare quella grande cascata che s1 vede nella figura qui annessa. In questa figura, che ridotta m piccolo, è una delle molte splendide illustrazioni che adornano il libro del dottor Banti, si vede il prospetto artistico del canale collettore Y e la sottostante officina elettrica X che serve per illuminare Roma. Il canale collettore .è una costruzione eseguita sulle arcate dell' antica Villa di tbfiotecaG'no Bianco
- 186 LA RIVISTA POPOLARE Mecenate. Chiudendo all' acqua la libera uscita, come è in figura, essa si <lirige verso il torrino, da cui scende verticalmente per un tubo di ferro del diametro di m. 1.60, che la porta con un dislivello di circa 50 metri· alle macchine dell'officina. Quest'acqua, .che determina lo sforzo di 2000 cavalli, si distribuisce a sei grandi turbine di circa 3 50 cavalli ciascuna, e ad altre tre minori. Ogni turbina è accoppiata direttamente ad una macchina dinamo che genera la corr~nte elettrica: le tre piccole servon·o per eccitare le grandi, la corrente prodotta dalle grandi dinamo viene lanciata su quattro corde di rame che la conducono a Porta Pia. Queste quattro corde riposano su isolatori di porcellana sostenuti da robusti pali di legno e di ferro, posti ad una distanza di 3 5 metri l'uno dal1' altro per un percorso di 2 5 chilometri. « La linea, come ben scrive l'autore, si slancia gigantesca nella campagna romana formando un tutto armomco tra le tinte scure dei campi incolti ed il bruno lucente degli isolatori; in qualche posizione del suolo ondulato, nei dintorni di Tivoli e di Roma, l' insieme riesce gaio; in pianura l'effetto è stranamente pittoresco: la terra è aspra, des~rta, quasi selvaggia; la linea, che per contrasto rappresenta uno degli ultimi portati della civiltà, la percorre perdendosi di vista nell' orizzon~ .... » A Porta Pia la corrente micidiale, generata a Tivoli - 5000 volts di tensione - è lanciata entro certi apparecchi detti trasfonnatori, i quali riducono la sua tensione della met'à ed in compenso restituiscono una quantità di corrente doppia di quella che essi ricevono. 1:,a corrente così trasformata serve per più scopi: per alimentare le altre 200 lampade ad arco municipali che illuminano la città, e per alimentare cinque grossi canapi, dai quali sono fatte le diverse prese per l'illuminazione dei privati. Ma v' è da osservare che la corrente derivata dai canapi stradali non· potrebbe alimentare, per la sua (!.ncora eccessiva pressione, le lampadine ad incandescenza che sono ~nstallate nei negozi e nelle abitazioni. Perciò questa corrente è condotta ad altri trasformatori che si trovano sparsi in diversi punti della ~ittà, ed ivi ridotta ad una tensione I 8 volte minore, e cioè a circa ' 11 oo volte, affine di renderla innocua alla vita dell'uomo. La forza I poderosa di una caduta d'acqua somministrata ad una serie complessa di organi meccanici si manifesta dunque mirabilmente nello splendore di una miriade di centri luminosi: è una vittoria della scienza moderna. Questa che abbiamo descritto è, per così dire, la tela del lavoro che il dott. Banti ha trattato con vera maestria. Egli che coadiuvò BibliotecaGino Bianco •
.. .. LA RIVISTA POPOLARE nel condurre a termine quest'impresa, ha saputo descrivere, spiegare, sintetizzare, la grandiosa opera, come un buon capitano sa narrare dolcemente le battaglie che ha combattute e vinte. A. C. NOTE SCIENTIFICHE Motore elettrico microscopico. Il signor J. R. Kennedy a New York ha costruito un. piccolo motore elettrico che visto di fronte misura I~ per 23 millimetri e ha lo spessore di pochi millimetri. Esso porta ornarr:enti d'oro· e d'argento e può essere attaccato come ciondolo alla· catena dell' orologio. Si mette in moto mediante un piccolo elemento di pila al cloruro d'argento, di dimensioni doppie del motore e che può stare comodamente nella tasca del gilet. Motorino e pila costano L. I 5. Bottiglie di carta. La càrta serve a tutto a' nostri giorni, persino, com'è noto, a farne ruote da vagoni e a costruire case. Può servire anche a fare bottiglie. Si prenda una miscela composta di I o parti di pasta di cenci ; di 40 di pasta· di paglia e 50 di pasta di legno. Si facciano delle foglie ; ed ogni foglia s'imbeva $Ulle sue faccie d'un miscuglio composto di 60 parti di sangue fresco, defibrinato, 3 5 parti di calce rn polvere e 5 parti di solfato d' alluminio. Si lasci essiccare; si prendano dei fogli e si comprimano a caldo m modo da formare la Jnetà di una. bottiglia; e si riuniscano quindi le due metà sempre a caldo e sotto pressione. Queste bottiglie non sono intaccate nè dal vino, nè dall'alcool, nè dalla massima parte dei liquidi, e non s1 rompono facilmente come le bottiglie di vetro. BibliotecaGino Bjanco - I
188 LA RIVISTA POPOLARE Amuleti innestati sotto la pelle. Facendosi ultimamente l'autopsia di un birmano, si trovarono sotto la pelle, distribuiti per tutto il corpo, ma specialmente nelle membra - superiori e nel tronco, circa 60 corpi stranieri. Erano piccoli dischi metallici, d'oro e d'argento; di 3 mm. di diametro per mezzo mm. di spessore: rubini, topazzi, smeraldi, zaffiri ; tutti .amuleti ai quali si attribuisce la virtt1 di preservare il corpo dalle ferite e dalla decapitazione. Ache Marco Polo racconta come i prigionieri della battaglia di Lepanga, vinta dai Tartari nel I 269, non poterono esser decapitati perchè portavano fra carne e pelle pietre sacre o amuleti. Essi vennero uccisi a colpi di mazza e si levarono poi loro le pietre, che erano di grandissimo valore. Gli uomini cornuti dell'Africa. Non è ignoto agli antropologi che nell'Africa vivono individui che portano sul capo delle appendici cornee. Gli scienziati in generale credono che queste deformità sieno ottenute artificialmente come quelle dei tatuaggi. Noi1 così però crede il prof. Macalister, che proprio in questi giorni pubblica la fotografia di un negro con un' escrescenza naturale ossea doppia, che va dal diritto delle palpebre inferiori fino al mascellare. Il peso dei nobili inglesi durante le tre ultime generazioni. Nel celebre caffè Berry a Londra, a St. James' Street 3, i nobili inglesi da pili di un secolo si son fatti pesare annualmente. Il signor Galton, valendosi di questo curiosissimo costume, ha potuto calcolare che dal r 740 in poi il peso medio indi vidnale dei lords è andato diminuendo per rispetto all'età virile e aumentando invece per l'età senile; il che, secondo l'illustre Morselli, indicherebbe una progressiva, ma evidente degradazione del tipo aristocratico. La pezzuola da naso presso Romani e Greci. Chiediamo venia ai lettori della Rivista se ci occupiamo di questo - argomento; ma l'erudizione ora penetra da per tutto e no1 non posBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE siamo imitare i Greci antichi, che non si sa se usassero pezzuola, o se non ne parlassero nelle loro opere per soverchia delicatezza. I Roma~i però non la pensavano come i Greci, e dagli scrittori latini abbiamo moltissime prove che i discendenti di Romolo usavano la pezzuola da naso, chiamata sudarium, muccinlum ed anche emunctorium. Quintiliano ammonisce l'oratore di non far troppo frequente uso della pezzuola per tergersi il sudore o per soffiarsi il naso (XI, 3). Questa regola era seguita ùagli istrioni e Nerone stesso vi si atteneva allorchè si presentava sulla scena (Tacito, Ann., XVI, 4). Non man cavano certo, però, nell'antica Roma, i malcreati che preferivano far uso del gomito anzichè della pezzuola e ce lo apprende un nemico di Orazio, che anzi ne trae ragione per rimproverare al poeta la bassezza d~lla sua nascita: « Quoties ego vidi patrem tuum cubito se emungentem ». (Svetonio,- ln vita Horatii). L'unghiofobia. Secondo una recente pubblicazione del dott. Berillon, l'unghiofobia ossia l'abitudinè dei ragazzi, e anche degli uomini, di rodersi le unghie - sarebbe un fenomeno grave di degenerazione. L'illustre dottore ha osservato in diverse sue esperienze che tale abitudine è quasi sempre associata a incontinenze d'orina, terrori notturni, eccitazioni nervose. Gli unghiofobi sono un vero esercito. In una scuola comunale di Parigi su 26 5 allievi furono osservati 63 roditori d'unghie, ossia I su 5. In una scuola mista su 29 maschi furono contati 6 roditori d'unghie ( 20 °/ 0 ) e su 2 I femmine I I roditri~i (5 2 °/ 0 ). Vi sono anche i roditori di porta penne, e in questa varietà hanno la prèvalenza assoluta le femmine. In una scuola di 207 allieve, ne furono contate nientemeno che 59. iblioteéaGino Bianco .... f
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