LARIVISTAPOPOLARE POLITICA-ECONOMICSAC- IENTIFICAL-ETTERARIAA- RTISTICA ANNO I. 1° Settembre 1893 FASC. IV. ITALIA E FRANCIA Ricordiamo ora più che mai il discorso che Cavallotti pronunciò in Campidoglio ai rappresentanti della Francia con~enuti in Roma per le onoranze funebri a Garibaldi. Egli descrisse l'amor dell'Eroe per la Francia~ Quando nel '7 o fu tradita e vinta ( in mezzo all'immenso ·abbandono fu udita una voce, la sua: - È tuo, o_Francia, ciò che· resta di me » • Egli, confrontando le ~ne nazioni ai due legni che portavano i Mille per il n1ar Tirreno, e narrandone la leggenda dell'incontro_ temuto, disse che così « Francia e Italia viaggiano il mare dei secoli, avvinte a un patto di · sangue e d'amore, e ~ell'ombra che le divide, nell'on1bra in cui stavano per incontrarsi nemiche, come un giorno dalla tolda della sua nave, così oggi dalla sua tomba, è ancora Garibaldi che dà· ai due popoli il richiamo ... ». I~ popolo romano applaudi con entusiasmo. ~icordiamo pure le promettenti solenni feste di Nizza e di Genova. E il popolo dovui1que applaudiva. Ora la notizia delle ferocissime stragi se~bra che infranga quella ridente speranza. È orribile il pensar solo che 'vi sian~ cento. o più lavoratori i quali sfracellino le membra de' lavoratori fratelli, che han comune 1~ razza ed hanno co1nuni la miseria e i dolori e ·che dovrebbero aver· comune il fine I ..,, - Bil)liotec~ Gjno Bianco r
LA RIVISTA POPOLARE Ma devesi retrocedere? Dobbiamo, per la perfidia o la sete di lucro di cento operai, invidi ed egoisti, dimentichi di quella parola che insieme alle note degli inni mille volte avran gittata all'aria, della parola fraternità, dobbiam rinnegar la noi come la rinnegano essi, e chiedere a mille doppi sangue per sangue? Dobbiamo risalire in eterno su per la storia, sino .a Carlo Magno o scendere sino a Carlo d'Angiò, e da Francesco I a Bonaparte, invasori tutti e spogliatori del bel paese? . L'eccidio di Provenza, per quanto mai possa eccitare giusti sdegni, non deve eccitare nuovo odio fra due popoli. Non si debbono imputar le nazioni dell'aberrazione o del maleficio di mille operai, che dimentica1:ono in un orrendo momento d'esser uomini, e gittarono il lutto in cento case di fratelli e nelle proprie case l' infan1ia. È però strano che mentre vie più fra i popoli civili apronsi il varco i più generosi pensieri, simili atroci delitti debbano turbar la pace fra le nazioni I È orribile. La guerra è barbarie degna di selvaggi, ma codeste stragi, innanzi alle officine, di l~voratori ospiti che dovrebbero esser sacri, è crudeltà da iene. E. duolci che ciò si compia da lavoratori di Francia. Noi amammo e amiamo la lor nazione, non solo per af-- finità di razza, ma perchè vediamo quanta luce ell' ha portato nel mondo. Sino da fanciulli ricordammo i suoi eroismi gloriosi e l' immortale . demolizione della Bast~glia. L'amammo nelle sue sventure, quando molti, già servitori suoi nelrora della fortuna arridente, eran beati del suo dibattersi nell'agonia. Noi odiammo e odiamo i suoi traditori e gli apostati, come i nostri. Noi vorremmo vederla in alto, del tutto rilevata, insien1e a noi a capo della liberti. u1nana : non è un:i. sola la causa delle nazioni? Biblioteéa Girio Bianco
.. LA RIVISTA POPOLARE 99 Noi ammiriamo e amian10 i suoi grandi poeti, Vittore Hugo su tutti. Quando l' imperatore mandò i suoi reggi1nenti a scannare i nostri fratelli sui colli di Mentana, un'elegiaca voce, epicedio e insieme inno alato, echeggiò dall'isola di Guernesey, im1nedesjmandosi nell'anima del mondo civile. O quanti in Italia allora bruciarono gli stemn1i delle ambasciate, quando noi come pezzenti eravamo scacciati dall'agro ron1ano? O che disse allora il poeta, quando aveva ancora l'estro gagliardo e libero? Scelleraggini come Mentana sono ancor peggio che gli atroci misfatti di Aigues-Mortes. Ma a ciascuno la propria responsabilità. Se domani gli operai italiani a Torino trucidassero dieci o cento operai francesi, non grideremn10 mai abbasso Torino ! e ci rivolteremmo contro coloro che gridassero abbasso l'Italia! Le nazioni non sono rappresentate nè da un pugno di avari speculatori nè da intere legioni di invidiosi opei:ai che per un istante l'egois1no o la miseria rende ciechi sì che ignorano il gran_ male che fanno. Le nazioni, per noi, sono quali le descrive e le inalza la loro storia nell'eletta de' loro figli. Quando noi pensiamo all' Italia non la consideriamo n~lle colpe de' suoi governanti o nelle follie delle sue fazioni, 1na nel pensiero .. de' sommi che la sentirono~ 1na n_elle gesta de' suoi prodi figli che la difesero e la. illustrano. Noi vediamo la Francia ne' poeti, ne' filosofi, negli storici, ne' roman_zieri; da lv1ichelet a Qtiinet, da Renan a Bourget, che anche testè con simpatia grande scriveva le sue Sensations d'Italie. Noi la vedemmo testè nelle commo_ventiparole di Malon, scritte • • • • Jr. dal suo letto di dolore. Ma nessuno, quanto chi c' insegnò, dopo, aver ritnproVèrata àcer.bamente P Europa perchè, invece di affrettatd~ Bibli9teca "'Gino Bianco •
100 LA RIVISTA POPOLARE coll'abolizionedelle dinastie, la confederazione repubblicana dei popoli e un'istituzione internazionale d'arbitri in tutte contese, a sopprz·mernele cagioni, dice eh' ella è condannata a gitaire inerte e z·mpotentesui mali che ne derivano ... , 1 nessu110 ha ammonito sì severamente la Francia, e condannato il suo orgoglio, il suo culto de' materiali interessi, il suo continuo perseguire la politica dell'opportunità, il suo tacito assenso a delitti che ledevano l'integrità di questa o quella . nazione. Però nessuno può dimenticare i grandi servigi ch'ella ha reso ali' Europa. E speciahnente quando in m_odo splendido ha tentato l'applicazione pratica del lavoro intellettuale di due epoche: Conosciamo i difetti della grande nazione, ma, fra i pregi e le glorie, qual è la nazione che non abbia colpe o falli? Siamo esenti noi da .delitti e da errori? Se i fratelli d'oltralpe han colpe ·o dife.tti, dobbiamo odiarli noi? Se alcuni fra loro si son bruttati di sangue, dobbiamo gittare le due nazioni l'una di contro all'altra per una carneficina, ed esse che la sventura rese sacre e la civiltà chiama a ben altre prove, per il lavoro e per la scienza, veder nemiche e odiarsi anche quando nel mondo i nuovi ten1pi di pace e di fraternità arridono alle genti? Io che scrivo e maledico a tante stragi, rinnovo voti schietti e profondi per l'alleanza di tutti i popoli, inalzo al cielo il ritornello di Béranger : Peuples, formons la sainte-alliance, Et nous donnons la main. Sembra che simili delitti siano compiuti da mani più che nemiche. Fra gli operai aggressori serpeggiò lo spirito 1 MAZZINI, La guerra franco-germanica, Dalla Roma riel popolo, anno I, n. 1. Bibljoteca Gino Bianco
......... LA RIVISTA POPOLARE 101 infernale della provocazione straniera. Certo il Governo austriaco ride; ride il tedesco. I popoli piangono. La pace armata è la miseria; la guerra è la faine. Di più la guerra _è l'enorme e perenne seminatrice di odì. E ·chi vince perde; gli allori della vittoria non portan di certo sorrisi, specialmente nelle case de' poveri. Si chiede riparazione, e si è, in parte, avuta. In parte, perchè è impossibile riparar l'enorme sventura. Chi ripara il. pianto di una n1adre, dato che per ventura abbia ozio di piangere? Chi ripara. la vedovanza eternamente n1esta di una giovine sposa, che vedrà perennemente innanzi a sè l' i1nagine del povero con1pagno sfracellato? Non ç' è riparazione possibile. Date anche a n1ille le lire, affinchè gli orfani degli assassinati non muoiano di fame, e avrete fatto poco, ben poco. La riparazione verrà dal tempo, e non certo per ragion di vendetta o di odio ! Dopo Mentana, ove le truppe in1periali scesero al basso livello delle 1nercenarie, Garibaldi, nell'ora del dolore dedicò la sua spada e la vita alla Francia, quando tutti l'abbandonavano e da tutti si salutava la Germania nascente al ferreo onor deH' impero nel no1ne della propria unità. Chi ha principi e conscienza non muta i suoi affetti per le nazioni, anche se esse covino in seno delle vipere. Non mutere1nmo pensiero e sensi, pure se nuove stragi disonorassero gli operai francesi. Non mutiamo pensiero, anche fra noi, quando vedian10 ostili l'una all'altra provincie, città, borgate, famiglie, quando v~dian10 nella stessa terra i partiti diversi graffiarsi il viso per lunghi giorni ìndegnamen te. Non ~ più il ten1po del Misogallo. Non è più l'ora in cui una citazione gallofoba del Botta o del Foscolo si ridice· con1e una massima dell' Evangelo. Cotesti odi iniqui e ciechi, che tutto .accomunano alla stessa stregua e che Bìblip a Gino Bianco ... ..,,
102 LA RIVISTA POPOLARE contraddicono a ciò che ognuno oggi predica, alla frater~ nità delle nazioni, all'instaurazione della gran famiglia europea, sono ancora il lievito residuo d'altri tempi. Ricordo, quando ero fanciullo, che il nome di Vienna, d'Austria e di Radestky si confondevano; oggi non più. Nè è questione di teorie socialiste, ma semplicemente di civiltà. È questione di sentimenti umani. E li i1nparan11110da Saint-Pierre e da Hugo, come da Cattaneo e da Mazzini. Leggemmo ne' poeti - ne' poeti che l'umanità ·ado·rano - co1n'ella debba avere un cuor solo. Deploriamo la cecità di chi non vede, sovra cotesti ultimi delitti, passar lo spirito della civiltà 1noderna. I veri nemici li abbiamo in casa, negli egoisti imbelli che rido.no del platonis1no repubblicano e chia1uano col no1ue di sogni le aspirazioni più sante. Co1ubattete il male nelle sue radici. Fondate la legislazione internazionale del lavoro, o affrettate l'ora in ctii possa davvero fondarsi. Non credete mai a iniziative imperiali o reali: il dì dopo l'ultima di tali iniziative furon più ancora le parate, le caccie, le feste, unica cura di tanti sovrani. I popoli talora applaudono a ciò che sfavilla. Fidano essi perfino nel papa, atteggiatosi a socialista, e che · lascierà per la via le solite lusinghe e le leggendarie promesse di una vita oltre le stelle. Il galileo non si rinnova più. E se si rinnovasse, la 1niseria permarrebbe, e· l' inferno sociale non muterebbe di una linea sola. Trasformare l'attuale ordinan1ento della industria, ecco l'ufficio di tutti, e sarà più feconda tale trasformazione assai più che tutte le proteste tumultuose o le possibili vittorie. I mali economici non si curano con la spada. Impedire le provocazioni de' Governi. Quando gli alleati ci provocano, e a Trieste arrestano anche donne e Bibliote '1 3ino Bianco
I / LA RIVISTA POPOLARE 103 fanciulli rei di parlare il soave nostro idion1a, allora si tace. Se1nbra che l'Austria abbia acquistato il diritto all' impunità. Quando Lamartine temeva la Prussia del mezzogiorno, quando temeva di veder nostra alleata l'Inghilterra, quando predicava per noi la confederazione non l'unità, e Thiers spaventato prevedeva che la nostra unità sarebbe stata « la mère de l'unité de l'Allemagne », era certamente il pauroso egoismo che parlava. Quando l'Italia permette che il principe_ ereditario si rechi a Metz, è lo spirito provocatore del Governo, reso forte dalla nostra noncuranza, che si manifesta. Abolire i privilegi di stirpe o di casta, sopprimere i monopolì della ricchezza, bonificar le nostre terre incolte, cominciando dai brulli campi de~erti e fatali che cingono la solitaria €1,nticabellezza di Roma, rovesciare le barriere doganali mercè l'evolversi ~i ben diversa politica, non . . esser mai servili, nè provocanti, nè egoisti. E tener più alta la bandiera dell'umanità. Non si alza la voce della moralità quanto più ella è calpesta? Non si ama più an_cora la patria ne' giorni tetri della sventura? E così, non si· deve parlar più altamente di fraternità quando v' ha chi ne dimentica il santo nome? . . Non dobbiamo tendere a fondare gli Stati Uniti d'Europa, la stretta forte fedele alleanza de' popoli, contro alle dinastiche leghe ? ANTONIO FRATTI. ,, J Biblioteca Gino 81anco ,.
104 -LA· RIVISTA POPOLARE LANAZIONAERMATA II. Da qualche ten1po il concetto univoco, per lo passato, di nazione arniata, è divenuto equivoco da che viene caldeggiato da militari di professione. Invero c'è già un libro, meritamente apprezzato, di uno dei migliori scrittori militari della Germania, il colonnello Von der Goltz, sulla · Nazione arniata, nel quale chi lo legge, attratto dal titolo ed animato da sentimenti democratici ed anti-1nilitari, non trova quel conforto alle proprie idee, che vi cercava. Non ve lo trova, infatti, poichè il Von der Goltz vi espone la necessità al giorno di oggi per uno Stato che vuol provvedere alla propria difesa facendo uso di tutte le sue forze, d'inquadrarle tutte nell'esercito, di militarizzare insom1na ,tutta la nazione e renderne possibile la mobilizzazione di tutti gli uomini atti a portare le armi nel più breve tempo possibile e col massimo utile possi- ·bile. Ma il Von der Goltz non· si preoccupa di altro e se non trascura il criterio economico - con tanta leggerezza dimenticato dagli statisti e dai militari italiani - ·si dimentica affatto del concetto politico e morale; sicchè nè vagheggia, nè propugna l'abolizione dei presenti eserciti stanziali; e più che alla vera nazione armata secondo il concetto democratico, attuato completamente (ed è in corso di attuazione nei maggiori Stati di Europa, che fan parte della triplice alleanza Germania, Austria-Ungheria e BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 105 Italia - e della duplice alleanza - Francia e Russia) riuscirebbe -a darci la nazione accasermata. Senza rimontare ad epoche assai remote, il genuino concetto della nazione armata si trova bene delineato da Machiavelli nella- lettera dedicatoria a Lorenzo Strozzi del libro sull'Arte della guerra, in cui deplora che in Italia, dimenticando le tradizioni romane~ che non conoscevano differenza tra cittadino e soldato, si sia separata la vita civile dalla militare facendo di questa un mestiere. In tempi a noi più vicini, celebri e conclusivi per la tesi che sostiene la democrazia repubblicana socialista, il vecchio moschettiere Dubois Crancé, ispirato al saggio suggerimento di Gian Giacomo Rousseau, che voleva tutti i cittadini soldati per dovere e nessuno per mestiere, sostenne e fece prevalere alla tribuna francese I_?.el179 3 il crherio della nazione armata, che fece miracoli contro i nemici interni della rivoluzione e contro l'Europa tutta coalizzata ai suoi danni . .Ma chi formulò nel 1nodo più semplice e- chiaro il concetto della nazione armata fu il grande Carlo Cattaneo, chiedendo che i cittadini fossero tu/ti militi, nessuno soldato. Ciò alla vigilia delle Cinque giornate, le quali dovevano luminosamente provare la forza invincibile dei cittadini trasformati in militi, anche combattendo contro i soldati meglio disciplinati e meglio armati di Europa. L'idea ispiratrice della nazione armata non dev'essere, insomma, quella di condurre normalmente i11·;caserma il massimo numero possibile di uomini e di mante·nerveli per un periodo più o meno lungo ; n1a di educare alle armi il massi1no numero possibile di cittadini, senza mai accasermarli, per trasformarli in militi effet~ivi soltanto nel momento solenne in cui la patria ha di loro bisogno. •Biblioteça Gino Bianco i
106 LA RIVISTA POPOLARE Superfluo avvertire, chè questo fu l'ideale di Giuseppe Mazzini e di Giuseppe Garibaldi, eh' ebbe a realizzarlo splendida1nente ed a vederne ripetute le meraviglie sul ca1npo di battaglia. La nazione arnzata in Italia ebbe a sostenitori teorici, tra coloro dei cui. nomi mi ricordo, il colonnello Amadei, Ernesto Teodoro 11 Ioneta direttore del Secolo e più di recente un bravo ex-militare, che la propugnò sotto lo pseudonimo di « Squilletta » nel Giornale degli Economisti dello scorso anno, sebbene mi prema aggiungere che quest'ultimo nella esposizione dettagliata e tecnica del nuovo ordinamento miri ad ottenere un risultato che si avvi- ,., cinerebbe alquanto alla nazione ~ccasermata del Von der Goltz. Che però il vero concetto della nazione arnzata non sia quello dello scrittore tedesco ebbi il piacere di sentirlo proclamare da un egregio ufficiale del nostro esercito, il deputato generale Luchino Dal Verme, il quale altresì nella discussione del b_i)ancio della guerra nella Camera italiana - giugno 1893 - non esitò ad affennare, che la vera nazione armata, quale la intende la democrazia sociale, presto o tardi, è destinata a prevalere. T'engano conto di questa insperata dichiara~ione gli uo1nùzi serz, che volessero deriderci come utopisti ! Intanto non è male avvertire che i propugnatori della nazione arnzata sostengono, oltre varie altre riforme intese ad ottenere sensibili economie, la riduzione della fern1a ad un anno o a due e il reclutamento territoriale, che ci avvicineranno - una volta conseguite - alla nazione armata. 'fali riforme, quando in Italia le domandò soltanto la democrazia sociale, vennero, al solito, derise come uto- "' pie; ma oggi ne siamo a questo: che la ferma è già ridotta realmente . a diciotto mesi e il reclutamento territoriale - che avrebbe un grande significato politico e morale Biblioteca Gino Bianco
• LA RIVISTA POPOLARE 107 - sostenuto un t~mpo dal gen·erale Sirtori e da altri valorosi-, oggi nella Camera italiana ha difensori tra i militari di professjone, tra i quali è giusto menzionare per l'ardore, la perseveranza e la intelligenza colla quale difende la bu~na causa, il maggiore Fortunato Marazzi. Il reclutamento territoriale è alla vigilia di trionfare; se ne giudichi da queste parole pronunziate dal ministro della guerra generale Pelloux nella tornata del r 2 giugno r 893 : ( ·L'onorevole Marazzi ha fatto una nuova e brillante carica a favore del sisten1a territoriale di reclutamento. Io debbo dichiarare subito che cosa ne penso. - L'ho detto più volte, il sistf;1na territoriale è il sistema dell'avvenire; è inevitabile. - Ma vi sono delle ragioni di opportunità ... Bisogna aspettare il momento opportuno». Il trionfo del reclutamento territoriale sarà trionfo di un'altra parziale utopia, che segnerà un ·altro passo innanzi sulla via, che ci condurrà alla nazione armata. III. Nella nazione armata si disse che si devono educare i cittadini a divenire, occorrendo, militi utili. La educazione va intesa in vario senso. Ci dev'essere una educazione fisica, che deve mirare ad ottenere cittadini sani e robusti. Questo risultato non ha -un valore esclusivamente n1il-itare; ne ha uno antropologico ed economico, che dovrebbe indurre i governanti a farlo curare per lo avvenire n1eglio che pel passato. Di quanta importanza sia -dal pùnto di vista n1ilitare, che g_ui s'impone a preferenza, 1~ educazione fisica, raccomandata da tutti i pedagogisti - - con alla t~sta Herbert Spencer - se non fosse il timore di allungare ·di troppo questi articoli,_ lo dimostrerei con un brano del programma . - Bibli0teGa...,Gìno~ Bianco
• • 108 LA RIVI STA POPOLARE del generale Pelloux ai su0i elettori di Livorno nel 1890, nel quale assicuraya che la buona educazione fisica rendeva possibile ulteriore riduzione della durata del servizio sotto le armi. • Base della educazione fisica sono la ginnastica e giuochi adatti, dai quali non iscompagnerei mai i bagni. Ciò che su questo riguardo f~cevano ed ottenevano Greci e Ron1ani, uno scrittore :finlandese, il Kiollberg, lo ha esposto altra volta in maniera veramente magistrale. Qualche cosa .si è fatto adesso nelle scuole n1unicipali di Parigi ; molto in !svizzera; nulla, assolutamente nulla, in· Italia. Dobbiamo aprire il cuore alla speranza della recentissi1na notizia che l'on. Martini ha nominato una Commissione per istudiare la importantissima questione? In Italia giustamente le nomine della Comn1issioni lasciano scettici; per ·questa ulti1na se non altro un barlume di speranza che approdi a qualche cosa c'è, per~hè ne fa parte l'amico carissimo deputato Celli, che sopra tutte le altre predilige la questione in discorso. Ed è bene se ne sia interessato il ministro della pubblica istruzione, perchè la educazione fisica ha pure una in1portanza grande intellettuale essendo il solo efficace rin1edio preconizzato contro la malattia del secolo: la nevroastenia cerebrale. Per preparare ed attuare la nazione armata occorre una generale educazione tecnica che deve consistere nella frequentazione dei tiri a segno e nelle esercitazioni settimanali, 111ensili ed annuali dei gruppi di cittadini, che devono divenire le unità militari in caso di bisogno. La necessità di questa educazione è talmente evidente, che non occorre insistervi. Una parola infine sulla educazione nzorale. Questa, dal punto di vista che si ha in esame, deve far parte di· quella buona educazione politica colla ·quale BibliotecaGino BianGo
LA RIVISTA POPOLARE si devono ottenere buoni e veri cittadini, che prendano vivo interesse alla cosa pubblica e i quali, scomparse le tracce di quella, che Spencer. chiama. cooperazioneforza~a, agiscano e corrano in difesa della patria sotto l' in1pulso della cooperazione volontaria, che dev'essere il fondamento vero della nazione armata. Questa educazione dà la forza morale, cioè il primo elen1ento della vittoria anche seco~do il parere dei più grandi capitani, non teneri della libertà, nè della demoèrazia. È Federico II che riconobbe che per vincere è mestieri sollevare il morale del proprio esercito. Nè meno esplicito fu Napoleone I. Egli disse: Nella guerra la morale e l'opinione sono metà della realtà; la quistione della tattica è poc/zissima cosa; la quistione morale è tutto. A San t' Elena confessava che le sue armate meccaniche non erano affatto -valse· quanto i corpi dei soldati cittadini, con i quali aveva combattute le sue prime e piì1 gloriose campagne. Questa forza morale, la quale talvolta è il prodotto non di una lunga e meditata educazione, ma d' improvviso esalta1nento di nobili passioni, as$icurò la. vittoria ai Pezzenti nei Paesi Bassi, agli eserciti della rivoluzione francese, ai giovani della Tugenbund sotto Brunswich-Oehls contro gli eserciti imperiali, ai volontari di Garibaldi in America e in Europa, ai Dorobanzi della Rumenia contro gli eserciti ottomani, che avevano scompaginate le falangi moscovite .... Ciò che si fa da popoli liberi per conseguire l'educazione e la forza morale, non è il caso di esporre ora per non dilungarci. Ricordo solo che in Italia si lavora a distruggere quella che ci avevano tra~àndata i soldati della rivoluzione e dell'eroe di Caprera. E questa n9n è retto-. rica; tanto vero, che quando l~amico .Fratti nella Ca1nera italiana - la più scettica e la più beffarda assemblea che Bibli0teca Gino Bianco
IIO LA RIVISTA POPOLARE ci sia - con par9la inspirata deplorò il fatto, ebbe gli applausi anche dagli avversari irreconciliabili ; poichè la verità s'impone a tutti, pure a c~loro, che colle loro opere cercano cancellar la l D.r NAPOLEONE COLAJANNI. IL CONGRESSOSOCIALISTADI ZURIGO Da qualche te1npo comincia a prevalere l'abitudine di mettere in canzonatura i Congressi e i congressisti; noi dichiariamo subito, che ne riconosciamo in generale l'utilità quando si occupano di questioni veramente importanti e non si riuniscono a breve distanza l'uno dall'altro per discutere sullo stesso argoment_o. Con ciò abbiamo detto che il Congresso socialista di Zurigo ha avuto le nostre simpatie, quantunque riunitosi poco dopo quello di Bruxelles. E ci rallegriamo che in ultimo si •sia deciso - a proposta di Singer - la riunione del futuro Congresso da qui a tre anni in Londra. . In attesa che speciali collaboratori della Rivista discutano alcune tra le più importanti quistioni trattate a Zurigo e che furono oggetto di votazione, ci li1nitiamo oggi a farne, per così dire, la cronaca e ad aggiungere poche nostre considerazioni. Anzitutto a proposito di questa riunione d'indole veran1ente internazionale, con una certa compiacenza si è constatato da certuni che il carattere delle singole nazionalità ha spiccato nello svolgimento delle varie proposte. E che perciò? Noi crediamo che s' illudano coloro che in una probabile, 1na ren1ota organizzazione internazionale, affermano possano scomparire del tutto le note particolari di ciascun popolo. In !svizzera tre nazioni vivono e agiscono armonicamente da qualche secolo, costituendo un piccolo campione di organismo internazionale; eppure non è diffiBibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE I I I cile scorgere ancora le differenze tra Italiani, 'fedeschi e Francesi. Ciò che si spera dalla crescente internazionalizzazione si è la scomparsa dell'esiziale chauvinisme e la cooperazione volontaria per raggiungere certi fini con1uni. La meraviglia, dunque, per le tendenze diverse manifestatesi a Zurigo 11011 è punto giustificata; e molto meno la compiacenza consecutiva. Le varie quistioni sorte durante il Congresso o ch'erano state poste antecedentemente al1' ordine del giorno furono le seguenti: r O Espulsione degli anarchici ; 2 ° Misure per la realizzazione internazionale della giornata di otto ore; 3 ° Manifestazione del r O maggio; 4 ° Tattica del partito socialista; 5 ° Atteggiamento della democrazia sociale in caso. di guerra ; 6 ° Lavoro delle donne; 7° Sindacati nazionali e internazionali; 8° Quistione agraria. Quest'ultima non faceva parte dell'ordine del giorno co1npilato dagli organizzatori. Ciò che fu giustamente deplorato, attesa la sua grande importanza e prevalenza presso talune nazioni: ad esempio l'Italia, l'Ungheria, la Romania. E l'attenzione sulla n1edesin1a fu richiamata dal rappresentante dell'ulti111a; dopo di che il Congresso acclamò il seguente ordine del giorno: Il Congresso afferma il diritto della comunità sul suolo e sul sot- .tosu.910. Il Congresso -dichiara che uno dei doveri più imperiosi della democrazia socialista, in tutti i paesi, è di organizzare i lavoratori dei campi così come ~ lavoratori delle officine e di incorporarli nei ranghi del grande esercito del socialismo universale. Il Congresso decide che tutte le nazionalità presentino al prossimo Congresso un rapporto sui progressi della propaganda nelle campagne ed in generale sulla situazione agraria dei loro rispettivi paesi. I rapporti indicheranno specialmente quale attitudine, quali mezzi e qual metodo di propaganda i socialisti considerino come i più adatti alla situazione agraria nel loro paese, riguardo alle differenti categorie dei lqvoratori agricoli, salariati, piccoli proprietari, mezzadd, ecc. _ Il Congresso decide che la questione agrari"a, vista la sua importanza capitale e la insufficiente considerazione in cui è stata tenuta ~nora dai Congressi internazionali, figurerà a capo dell'ordine del giorno nel prossimo Congresso. C'è qui la solita affennazione assoluta e recisa in favore della proprietà collettiva; ma a noi se1nbra che, nello interesse della efficacia della propaganda socialista, non si farebbe male se di fronte .alla piccola proprietà: si prendesse Bibli6teGa Gjno Bianco . . \
112 LA RIVISTA POPOLARE quell'atteggia1nento prudente assunto altravolta da un Congresso nazionale francese al quale prese parte il Lafargue. * * * E da un argo1nento, che non. era all'ordine del giorno, passian10 alla capitale quistione della espulsione degli anarchici, che fu trattata in principio a proposito dell'articolo 1 del regolamento, che suona così: « Saranno ammessi al Congresso soltanto quei delegati di Società, che riconoscono l'organizzazione e l'azione politica >) • Questo articolo è lodevole per precisi,one. Esso escludeva esplicitamente gli anarchici. Così a Zurigo la scissione fu voluta e pren1editata e non fu un accidente in1previsto determinato dalla intransigenza degli anarchici, come a Genova. Bebel, dicono i resoconti dei giornali, fu reciso e tagliente. Egli nella animatissima e disordinata discussione del giorno 7 arrivò a dire agli anarchici : « La discussione è inutile fra di noi, impossibile la fusione ; noi vi conoscian10 da molti anni, eterni provocatori ; voi non avete ragione di esser qui, voi negatori della organizzazione e della rappresentanza; fareste bene a ritornare da chi' vi ha inviato fra di noi col mandato di turbare il nostro Congresso. Ritornate dalla polizia che vi sopporta e riferite ciò che avete visto e udito, che cioè i socialisti non te1nono nè i 111andatari, nè i mandanti » • L'illustre oratore tedesco certo avrebbe potuto essere più temperato nella forma; la quale per violenza supera di gran lunga quella che certi socialisti rimproverarono altra · volta alla vile de1nocràz1:a; ma nella sostanza aveva ragione. Accordo non è possibile tra socialisti e anarchici, nè sul terreno scientifico, nè su quello pratico come sostenne nel giugno 1890 il nostro amico dott. Napoleone Colajanni nella conferenza sul socialismoscientifico tenuta nella grande aula della Università di Palermo, colla quale segui una vivace polemica coll'avv. Saverio Merlino. La esclusione degli anarchici, votata a maggioranza, certo avrà degli strascichi e rinfocolerà le ire dei primi ioteca Gino Bianco
\ LA RIVISTA POPOLARE 113 contro i socialisti. Abbiamo già la lettera del Cipriani, che, senza dichiararsi espliéitamente anarchico, ha protestato contro la esclusione che gli è sembrata una sopraffazione; abbiamo avuto la riunione degli indipendenti a Berlino, nella quale il Werner ha vomitato fuoco e fiamme contro la tirannia della democrazia sociale; e non dobbiamo tacere della dimostrazione di Milano, eh' è terminata coll'arresto ·di alcuni anarchici. La polizia verrebbe involontariamente in aiuto del partito operaio italiano? Ad ogni modo noi crediamo fermamente che il partito socialista guadagnerà alquanto coll'essersi separato ufficialmente dagli anarchici. * * * Il. vero 1° articolo dell'ordine del giorno verteva sulla giornata delle otto ore. La proposta dei delegati inglesi, alla quale associassi il deputato berlinese Bebel, chiedente una conferenza inter- r nazionale governativa per stabilire legalmente questo limite, fu votata dal Congresso. Esso respinge invece, con una maggioranza di dodici nazioni contro sei, la proposta dei francesi, cui eransi _associati i delegati italiani, con una aggiunta che chiedeva si stabilisse un minimum nei salari e l'abolizione del lavoro a cottimo. CÌ occuperemo di proposito di questa grave quistione, che tornerà chi sa quante volte sul tappeto, perchè giusta in teoria presenta innumerevoli ostacoli nella pratica. Ammirian10 lo· spirito pratico del Congresso, che respinse la proposta degli italiani sul minimum del salario. Non si metta troppa carne al fuoco in una volta sola I Sulla manifestazione del 1 ° maggio prevalsero le proposte francesi sostenute in gran parte da Bebel, il cui senno pratico ci sembra, che emerga chiaro da queste dichiarazioni: « non accetta la generale astensione dal lavoro perchè l'astensione determinerebbe un conflitto generale con la polizia, con l'esercito: conflitto che i socialisti accetteranno, anzi provocheranno, quando loro parrà opportuno, senza preavv1s1 che favoriscano la borghesia». Biblioteca Gjno Bianco .
114 LA RIVISTA POPOLARE Inoltre pei contratti vigenti in. Germania, i padroni getterebbero sul lastrico gli operai che scioperassero il 1 ° 1naggio. Fu votato il seguente ordine del giorno : 1 ° Il Congresso conferma la decisione del Congresso di Bruxelles; 2° Approva l' emendament~ seguente: La democrazia socialista di ciascun paese ha il dovere di fare quanto può per giungere alla realizzazione della sospensione del lavoro al 1° maggio, ed incoraggiare qualsiasi tentativo fatto in questo senso dalle varie organizzazioni locali. · 3° La dimostrazione del 1° maggio per la giornata normale di otto ore di lavoro deve nello stesso tempo affermare in ogni paese l' en~rgica volontà delle classi operaie, e porre fine, mediante la rivoluzione sociale, alle differenze di classe e ·provare cost essere la sola via conducente alla pace interna di ogni nazione e alla pace internaz-ionale. * * * Ha particolare i1nportanza. per noi· la discussione sulla tattic~ del partito socialista. Non solo fu affermata la necessità della lotta politica, ma fu ammessa anche la utilità dei n1ezzi parlan1entari per l'efficacia della propaganda e per affrettare la conquista del potere e ci fu anche chi sostenne l'alleanza con altri partiti. Ci duole che su quest'ultima proposta, il Turati e gl' italiani siano stati i più intransigenti. Il partito socialista ita-• liano è il più giovane e il più debole; in tali condizioni - sue è buona tattica mostrarsi il più intransigente? La tattica potrà essere coraggiosa, ma non ci sembra utile: e la nota dell'utilità prevalse a Zurigo.- Comunque fu accettato l'ordine del giorno della Commissione formulato dal belga Wandervelde e eh' è questo: I. Considerando che l'azione politica non è che un mezzo per arrivare all'emancipazione economica del proletariato ; · Il Congresso, ricordando le decisioni del Congresso di Bruxelles a proposito della lotta di classe ; Dichiara: \ I O E necessario che gli operai di tutti i paesi si organ1zzmo, nazionalmente ed internazionalmente, in associazioni sindacali, ecc., per lottare contro i loro sfruttatori; 2° L'azione polifica è necessaria, tanto dal punto di vista della agitazione e dell'affermazione integrale dei principì socialisti, quanto BibliotecaGino Bianco
., LA RIVISTA POPOLARE 115 dal punto di vista della realizzazione delle riforme d'interesse immediato: raccomanda, per conseguenza, agli operai di tutti i paesi di conquistare i loro diritti politici e di servirsene in tutti i corpi legislativi ed amministrativi, per realizzare le rivendicazioni del proletariato e per imp~dronirsi dei pubblici poteri, che oggi non sono che degli istrumenti di dominazione capitalista - per trasformarli in mezzo di emancipazione del proletariato ; 3° La forma della lotta economica e politica deve essere determinata, secondo le circostanze, dalle diverse nazionalità. Ma in tutti i casi occorre di mettere in prima linea lo scopo rivoluzionario del movimento socialista, che tende alla trasformazione integrale della attuale società dal punto ài vista morale e politico. In alcun caso l'azione politica può servire di pretesto a compromessi o alleanze che intaccherebbero i principì o l'indipendenza dei partiti socialisti. II. Considerando che nello stato attuale 1 corpi rappresentativi non riflettono esattamente le tendenze dei loro mandanti; Considerando che nella maggior parte dei paesi il sistema attuale delle circoscrizioni ed il regime delle maggioranze aumentano ancora la disunione esistente tra la volontà del popolo ed i voti dei suoi rappresentanti; Il Congresso, per assicurare più completa la realizzazione del principio della sovranità popolare, si pronuncia in favore del diritto di ini- .,, ziativa, del referendum popolare e della rappresentanza delle minoranze. * * * Della discussione e della votazione nell' insieme abbian10 motivo di rallegrarci. Fu vivace con1e nel Congresso di Bruxelles la lotta tra Domela Nieuwenhuis e gli olandesi da· un -lato, e Liebknecht e i tedeschi dall'altro, sul con~gno che dovrebbe tenere il partito socialista in caso- di guerra. Il primo sosteneva i _mezzidiretti e immediati, cioè lo sciopero generale ed all'occorrenza la rivoluzione. Prevalse il secondo, che propugnò i mezzi indiretti, e cioè il dovere nella democrazia socialista di combattere lo chauvinisme delle classi dominanti, di rafforzare i vincoli di so-. lidarietà fra gli operai delle varie nazioni e di adoperàrsi incessantemente per abbattere il monopolio capitalistico, caduto il quale la ·guerra sarebbe stata impossibile. Il dott. Adler, il valoroso capo dei socialisti austriaci, giustamente osservò che la proposta del Ùomela supponeva una . 8jbliot ca Gin0 Bian00 ,.
116 LA RIVISTA POPOLARE rivoluzione o una evoluzione già compiuta. Liebknecht difese con eloquenza la nobile condotta sua e di Bebel nel 187 o, quando levarono in Germania una fiera protesta contro l'annessione dell'Alsazia e della Lorena. E tanto coraggio procacciò loro una severa condanna. * * * Sul lavoro delle donne parlò bene la l(ulichioff e si ammise che dev'essere meglio protetto, e, se uguale a quello degli uomini, ugualmente retribuito. > La organizzazione nazionale e internazionale dei sindacati ammessa secondo le proposte della Commissione dette agio 'all'egregio prof. Labriola ed agli italiani di fare una proposta aggiuntiva che ha un triste valore di attualità per gl' italiani, che vanno a fare concorrenza ai lavoratori degli altri paesi facendosi odiare e dando occasione a scene sanguinose e dolorose, co1ne quelle recentissime di Berna e di Aigues-Mortes. La Commissione propose e il Congresso accettò un ordine del giorno secondo il quale: ~1antenendo le risoluzioni relati ve all'organizzazione sindacale adottata dal Congresso di Bruxelles ed affermando il dovere della classe lavoratrice di organizzarsi in gruppi di mestiere · dichiara che gli operai dell' industria, dell'agricoltura e della marineria sono obbligati: I O di· rnggrupparsi in associazioni di mestiere, onde poter difendere i loro interessi professionali, aumentando i loro salari e resistendo a1lo sfruttamento capitalista; 2° di riunirsi,' dovunque sia possibile, in federazioni nazionali i sindacati degli stessi mestieri che hanno gli stessi interessi; · 3° di formare, con· l'accordo delle Federazioni nazionali, una Federazione internazionale delle professioni organizzate, onde unire in un solo fascio le organizzazioni dei differenti paesi; 4° di òrganizzare regionalmente, nazionalmente, internazionalmente, dovunque sia possibile, le associazioni sindacali di tutte le pro~ fessioni onde avere, nella lotta sui salari, la coesione e l'accordo fra i lavoratori di tutte le corporazioni; SO di comunicare da paese a paese, coi segretariati del lavoro e con i segretariati internazionali ; 6° di stabilire dovunque, ove non esistano ancora, per l'iniziativa dei lavoratori e per l'intervento dei pubblici poteri delle Borse o Camere del lavoro; BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 117 7° di organizzare Congressi internazionali per ciascuna professione; 8° di riunire tutti i lavoratori del mondo in una massa com-_ patta per avere una forza sufficiente all'azione politica. La proposta aggiuntiva del prof. Labriola fu discussa preliminarn1ente coi capi socialisti piL1noti: dott. Adler, Liebknecht, Wassilieff, noto per la parte presa nei recenti tumulti di Berna, Sceusa, ecc. ecc. ed era così formulata: I delegati italiani, consci delle difficoltà che gli operai italiani emigranti recano alle organizzazioni op'eraie dei paesi stranieri, sia per la concorrenza diretta che rinvilisce i salari, sia per l'esempio moralmente deprimente di una massa sempre a disposizione degli intraprenditori ; preoccupati degli impedimenti che tale concorrenza reca all'azione dei socialisti stranieri, invita i rappresentanti delle organizzazioni delle nazioni in cui tali danni specialmente si accertano, a studiare i mezzi più adatti per estendere la propaganda socialistica, o almeno lo. spirito della resistenza operaia fra i lavoratori italiani, perchè questi, anzichè essere elementi ostili, contribuiscano allo sviluppo del proletariato militante. I delegati italiani promettono di aiutare, per quanto è in poter loro, l'opera delle 01 ganizzazioni straniere, sia con informazioni, sia con la propaganda in quei centri dai quali principalmente parte l' emigraz10ne. Fu votata questa opportunissi1na mozione, 1na n1odi- .ficata in modo che la quistione particolare degli italiani venne eliminata e tradotta in una formula più generale che riguarda la concorrenza nel lavoro di tutti gli ·operai stranieri. E fu tanto di guadagnato. E con questa proposta poniamo termine al resoconto, che nel modo più imparziale abbiamo cercato di compilare su vari giornali. Vi potrà essere qualche inesattezza; ma non sostanziale. Prima di terminare rileviamo tale particolarità degna di nota, che al Congresso, per la prima volta, fu rappresentata e beJ?.e l'Australia dal siciliano Sceusa, cacciato dall'Italia nel 187 6 dalla prepotenza dell'on. Nicòtera; e che all'ultima seduta intervenne acclamatissimo Engels, l'amico fedelissimo di Marx, l'illustre divulgatore del soèialismo scientifico, . La importanza del Congresso di Zurigo rion può essere disconosciuta da alcuno, anche se non acc~tti tutto quanto 'Biblioteca Gino Bianéo
rr8 LA RIVISTA POPOLARE vi fu deliberato e ne dissenta più che noi; ed essa fu aun1entata e sottolineata dalla relativa temperanza, eh' è indizio vero della forza cosciente del partito socialista. X. MARTIRFIANCIULLI Un povero bi1nbo traversa il quadrivio T'iqueton a Parigi, nel giorno fatale del due dicembre. È bello, co1ne un fiore che. sboccia, è l'unico amore della vecchia sua nonna, biondo co~ne un serafino, agile come una rondinella. I soldati di Napoleone III l'uccidono a schioppettate - il massacro ha le sue voluttà e sono le più barbare - il cadaverino è riportato alla vecchia. Ha se1npre la trottola in tasca; la vecchia se lo prende sulle ginocchia, lo culla, co1ne quando era lattante, e ne11a s1nania di un dolore infrenabile dice a sè stessa ed agli altri : - Eppure questo bimbo non aveva gridato: viva la repubblica! Victor Hugo nei suoi Chatiments dipinge la lugubre scena nel modo più sen1plice, e non vi è - uomo di cuore che non abbia pianto innanzi al quadro del grande poeta. L' 8 febbraio r 889, in Roma, una turba di operai, acciecati dalla fame, furibondi per la mancata parola del Governo e per la mancata fede dei loro padroni, dai prati di Castello, rotti i cordoni dei soldati, come valanga irron1pe per le vie della città, devastando tutto quello che trova. La città è in preda al terrore; le autorità sono incapaci a prendere un provvedimento qualsiasi; il tun1ulto continua, aun1enta di ora in ora: pare di assistere ad uno· dei più tristi episodi che precedettero in Francia la rivoluzione famosa. Un fanciullo quindicenne, un tal Varino, era venuto, scarpa scarpa, da Susa fino a Roma per trovare un'occupazione, attratto da quel fascino strano che la capitale esercita su chi ne vive tanto distante. Non lo avevano 8jblioteoaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE 119 impaurito le· incertezze del lungo viaggio, i disagi cui sarebbe andato incontro in un paese a lui ignoto. Una voce interna dicevagli: va'! ed egli andava, chiedendo a unacasa di un contadino un ricovero, accattando un pezzo di pane, dormendo talvolta sui sassi della strada maestra, tal'altra in un pagliaio in co1npagnia del cane che mostravasi per lui assai più pietoso degli. uo1nini. La meta del triste pellegrinaggio era ormai toccata; il disgraziato Varino arriva in Ron1a proprio l' 8 febbraio; vede la 1noltitudine schiamazzante, ascolta quei gridi, s' inebria in mezzo a quell'agitazione febbrile; a un tratto è colto dalla paura, retrocede, si dà alla corsa, s'imbatte in un gruppo di gente chiassosa· che saccheggia una bottega di fornaio, piglia un pane anche lui, ha fame ! e con lo spavento in cuore, si appoggia ad una cantonata, cercando coll'occhio un barlume di speranza. Due carabinieri lo acchiappano, lo an1manettano, lo trascinano in carcere. Si gabella subito per un ribelle, per un anarchico, e, insieme agli altri arrestati, lo s'include in uno di quelli spettacolosi processi che, di tanto in tanto, si fanno in Italia per mostrare che vi è un'autorità la quale, è vero, arriva sen1pre tardi, ma quando arriva picchia senza misericordia. Il Varino non sa che cosa ha fatto: le mura· del carcere duro sono micidiali per lui, nato a vivere in mezzo allè estese pianure delle verdeggianti campagne, avvezzo a respirare l'aria pura, imbalsamata dall'odoi:e delle piante. Deperisce, di_giorno in giorno: il processo va per le lunghe ed egli si consun1a co1ne face al mancar dell'alimento e la vigilia, proprio la vigilia del giorno nel quale avranno principio i dibattimenti, n1uore abbandonato da tutti, non vivificato· nemmeno da un ultimo raggio di .sole, muore ricordando la sua mamma lontana, i suoi campi, il suo cielo bello· come è bello il cielo d'Italia. Il procuratore generale nella sua requisitoria dichiara, come galantuomo, come padre di famiglia, che egli avrebbe ritirata l'accusa al Varino, il cui nome non si è fatto ~ai nel processo, non appare in nessun elenco di società, ed è ad~ dirittura sconosciuto agli imputati, ai testimoni e ai poliziotti . .... I BibliotecaGìnÒ Sian ...
120 LA RIVISTA POPOLARE Ieri l'altro a Napoli un'orda di guardie, briaca d'odio, dissennata addirittura, dalle :finestre di una caserma tira fucilate sul popolo. Un giovinetto di nove anni cade colpito a morte dal piombo di uno di questi selvaggi che gli esplode a bruciapelo. Un popolano ne raccoglie il cadavere, lo pone in una cesta, lo inalza a portata di 1nano ; in men che si dice, trentamila persone si affollano dietro questo tremendo vessillo. La n1amma del piccino, scarmigliata, piangente, segue il corteo, imprecando contro Dio, contro il mondo. Quel bimbo era la sua fede, la sua speranza, il suo tutto: quel bimbo non faceva male a nessuno, non aveva gridato: abbasso il Governo! era buono .... l'amava più della luce, più di sè stessa e glielo hanno assassinato l Ma se avevano bisogno di una vittima, perchè non hanno ucciso me che son vecchia? .. : Così gridava la infelice e il popolo ruggiva, ruggiva .... Sembra fatale l ...- In tutti gli eccidì che si perpetrano dai dominatori del mondo vi ha da esser sempre la vittima immacolata, il fanciullo. Si direbbe che una potenza superiore, a mostrare tutta la immane mostruosità dei prepotenti, che non si cambiano nè per cambiare di ten1pi nè per cambiare di istituzioni, vuole che, come primo resultato delle prepotenze loro, vi sia qualchecosa di così atroce, di così brutale, di così inumano da spingere tutte le coscienze oneste ad unirsi in una sola maledizione. Poveri fanciulli ! Poveri martiri ignoti, nessuno deporrà un fiore sulle vostre ton1be, o :fiorellini così barbara1nente strappati alla vita e all'avvenire l Il vostro ricordo ci commuove, ma ·non ci rende malvagi nemmeno contro i vostri carnefici. Quando la legge di amore sarà unica legge della società, quando non vi saranno più nè oppressori nè oppressi, nè prepotenti nè deboli, qualche anin1a buona, pensando ai tristi tempi che oggi attraversiamo, avrà un pensiero pietoso per questi bin1bi, resi martiri senza saperlo, e classificherà, tra i 1nostri, i carnefici. Le n1adri d'Italia intanto, pensando a questi fatti, ci dicano se questa era l'Italia che i loro cari aveano vagheggiata. ETTORE Soccr BibliotecaGino Bianco
LA RIVISTA POPOLARE NABUC0 1 P_OEMA DRi\MMA TIC.O IN 4. ;\ TTI ( CONCORSO SICCARDI) IL PROLOGO. Io sono il vecchio Prologo) ma vecchio Così per dir/ poic!tè l' Arti non lzanno) ( Ed il Teatro) 11iiopadron, con esse) Un' dà. - Ben lo so: la moda e il gergo Dei critici, talor) sembrano imporre All' Arti Belle col!'età un costume ... 111" a ridon l' Arti di critici e mode I Figlie d'un Vero, che Finzion si cltiama) Piace ad esse vestir gli idoli e l' are In vari'e foggie. Ad ogni nova foggia I critici invasati afferman « quella « Esser la sola che accettar si debba ». Ma ancor finito d'affermar non hanno Che i. devoti s' annojano esclam_ando: « O classici, o· romantici, o veristi, « Siete uguali per noi ! . . . Se mutar . f9ggia « Vi garba, . . . meglio! . . . A noi basta del Nume « La presenza sentir ». Ond' è) signori, Che il buon pubblico ancor del pari ammira . . Goldoni e Shakespear, Ibsen e Labiche) Nè, forse gli dorrà che sia poema 121 1 Dice la Bibbia: Nabuco il Grande re di Babilonia, figlio di Nabopolassar, assediò due volte Gerusalemme e conquistò la terra. Orgoglioso delle sue vittorie, osò credersi superiore a Dio, che lo punì rendendolo pazzo; sicchè egli andò c!rando come bruto nelle foreste. Non ricuperò la ra~ione che poco tempo prima di morire, . BibliotecaGinoBjanco
122 LA RIVISTA ·POPOLARE Questo spettacol scenico, per l'alto Concetto suo. Lagrime e sangue grondano Della Storia le pagine; e di tante Vittùne e tante, che immolò la guerra, Ignoto è il nome,· sol vive il ricordo Dei più truci carnefici. - Felici Furon costoro almen? - No I - Dell'umana Letizia fecondar non può le ajuole La rugiada del sangue. - Da quei campi Ove sepolti i cadaveri a mille A fior di terra stanno, o abbandonati Tra solchi imniondz', un vibrion s' aderg·e A vendicarli I - E te, forse, alla gola Ghermì a Sedan, o Federico, o biondo hnperator, che pur mite nascesti,· E te, o Nabuco, al cerebro glurmìa. Or dunque, o genti, perchè ancor vorreste .Esser vittime voi, se neppur dànno Felicità ai carnejfri quel sangue Che per lor voi versate, e quelle lagrùne Che versano per voi le vostre donne? Qui Nabuco evochiamo, ed egli stesso, Egli l'orrendo s.acerdote antico Di questa orrenda relz'gion del!'armi, Urli e ripeta colle labbra sue: ,< Anaihna alla guerra I ». Del poeta Questo il pensiero. - A lui siate cortesi. F. FONTANA. I 1 Noi ringraziamo il nostro valentissimo collaboratore per averci offerto questa primizia del suo umanitario poema, col quale egli concorre al premio Siccardi. (N. ·d. D.) BibliotecaGino Bianco '
LA RIVISTA POPOLARE 123 NOTE SCIENTIFICHE Il numero sessanta pres~o i Babilonesi. I Babilonesi dividevano il circolo in 60 gradi e il grado in 60 minuti. Dai frammenti- della storia babilonese del Beroso, risulta che la loro cronologia politica e mitica era fondata sopra un sistema sessagesimale. Essi contavano per sossi e sari ,- il sossos rappresentando 60 anni, il saros 60 moltiplicato per 601 ossia 3600 anni. Il neros è ricordato da Beroso come rappresentante I o moltiplicato per 601 ossia 600 anni. Le nuove scoperte fatte a Babilonia ed a Ninive confermano questo sistema di contare per sessanta. Il dott. Hincks (in un articolo sopra la mitologia assira, pubblicato nelle Transactions of the Royal Irislt Acadtmy), osserva che il dio Anu si rappresenta congiunto col numero 60. Il Rawlinson nota la presenza del 60 in iscrizioni_ cuneiformi, ed il dott. Brandis poi, in un' importante sua opera; arrivò alle mede.: sime conclusioni, dimostrando di poi che la numerazione per 60 si applicava indistintamente a tutti i pesi e misure. Odontologia antica e moderna. Il signor Raymond pubblica nella North American Rcview un interessante ~rticolo sulla odontologia presso gli antichi. Osserva che fin dall'antico fu data ai denti molta importanza, e a prova di ciò riporta anche alcuni passi della Bibbia. Gli Egiziani avevano, secondo Erodoto (500 anni a. C.), degli studiosi che si applicavano a vari rami della medicina, e fra essi si notavano anche coloro che si occupavano dei denti. Infatti, dei denti riempiti d'oro sono stati trovati nella bocca di alcune mummie. Ippocrate, Galeno ed anche Aristotele fecero degli studi in odontologia, e un medico arabo, Albacatis, dette delle regole, 100 anni a. C., per sostituire i denti perduti con ossa d'animale o con avorio. Nel museo di Papa Giulio si vedono delle bellissime dentiere etrusche, lavorate in oro. Anche il medio evo ebbe degli specialisti, e nel settimo secolo furono pubblicate delle opere in proposito in Francia e in Inghilterra. La reputazione dei dentisti americani è ora divenuta mondiale. Negli Stati Uniti IÒ sviluppo dell'arte dentaria è enorme. In uno degli stabilimenti n~i quali si fabbricano dei meccanismi e materiali relativi, lavorano nientemeno che milleduecento operai. In tutta la Confederazione s1 fabbricano annualmente circa 40 milioni di denti di porcellana. 8jbliotèca ·$ioQ Btanco
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