La Rivista Popolare - anno I - n. 1 - 15 luglio 1893

6 LA RIVISTA POPOLARE Ma che preme. . . il n1inuto è tutto I Mentre scrivo mi si legge la conclusione di un articolo dell'Adriatico contro me. Ricorda il motto di Federico il Grande che per punire una provincia avrebbe n1andato un :filosofo a governarla. Ma che :filosofo ! Avvocati hanno ad essere a governare gli Stati. Le pandette sono l'universo. Quattro pandettisti, in fatti, piegavano l'Italia ad un altro Federico, mentre i :filosofi hanno avuto sempre la n1elanconia di liberarla t Ma che cosa dice poi questo programma di un secolo? Vedia1nolo. GIOVANNI Bovio. ME PCENITET ! Il giorno 20 dicen1bre 1892 il Parlamento italiano offriva lo spettacolo interessante delle grandi occasioni. L'aspetto dell'aula di Montecitorio appena aperta la seduta era solenne. Nun1erosissin1i - oltre quattrocento: cifra vera1nente, eccezionaln1ente insolita - erano i deputati presenti; e nervosi, agitati, impazienti, ru1norosi 1nentre si leggeva il processo verbale della seduta precedente, n1entre parlava il primo oratore iscritto sulla quistione all'ordine del giorno: la doinanda di proroga per tre mesi del diritto di en1issione alle Banche che già la esercitavano. Quando il presidente, on. Zanardelli, venuto il mio turno, pronunziò la solita fornn1la: La parola è all'onorevole Colajanni Napoleone, per alcuni minuti successe uno strano rumorìo fatto da gente che si affrettava a prendere BibliotecaGino Bianco

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