La Rivista Popolare - anno I - n. 1 - 15 luglio 1893

LA RIVISTA POPOLARE 2 I alla scelleraggine della matrigna. Ma non cedè mai anche al più semplice del suoi inviti, nemmeno col pensiero, anzi ne sentiva umiliazione ed aborrimento, come di viltà o di delitto. Col dolore nell'anima, improvvisamente, per incarico di una gran Casa industriale, fu costretto di recarsi a Londra. E prima di partire potè appena salutare la fidanzata dell'anima sua. Ma in quel saluto era una santa promessa. rel non breve periodo della sua assenza ella subì ogni specie di tortura, e in un orribile dì fu cacciata di casa come una rea, come un'infame. Ella se n'andò esule, colla fronte china, senza aver commessa la minima colpa. Quanta pietà destava quella fanciulla nella miseria, rifugiata in un' U·· mile casupola isolata in mezzo all'arida campagna, nel silenzio continuo, al conspetto di Roma, che di là pareva ancora più antica e desolata! Al suo fianco era una vecchia gentildonna, povera essa pure, che la confortava. Ma la fa11ciulla no11 malediceva alct1no. Il s110 a11imo cercava ansiosamente un essere solo, lontano. Lo chiamava nel silenzio, con amoroso ritmo, interrogando il cielo. « Tutto mi manca, diceva, ma pure sono ricca di tutto, poichè ho l'amor suo e sento la grandezza del mio amore ». Così diceva, e scriveva belle e spontanee poesie che parevano gorgheggi; ma tale era la sua modestia eh' ella non permetteva ad alcuno di leggerle. E non era egoista. Sentiva nella loro profondità i dolori sociali : vissuta in seno alla ricchezza ella non aveva sdegnato di scendere nei tuguri a interrogar le smorte labbra de' fanciulli febbricitanti. In lei non alcuna traccia di odio. Ella viveva nel modo piÌl semplice. Andava vestita di mussolina. Pranzava con poche erbe, con poche frutta e con un po' di pane. Scrivendo al suo fidanzato, si firmava: la tua piccola trappista. La sua matrigna le negava anche una tenue somma per vivere. Già invano le aveva fatto promettere di ripigliarla se rinunziava alle nozze con quel disperato. E la fanciulla, nel ricamo valentissima, viveva lavorando. Ella diceva alla vecchia sua compagna: « Verranno i giorni lieti, i bei giorni di primavera! Verrà la libertà! Meglio viver qui sola con te che nelle stanze dorate di un palazzo, come una schiava sprezzata! Meglio questo tranquillo esilio I La vera ricchezza io la posseggo nell'anima: sento che sono buona e sento che amo immensamente. Ecco la grande, la sola, la vera ricchezza mia ! » E ricercava l'amato, chiamandolo come in soave delirio: « Perchè, fratel mio, hai tanta tristezza negli occhi profondi? Cerchi tu forse la BibliotecaGino Bianco

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