La Rivista Popolare - anno I - n. 1 - 15 luglio 1893

20 LA RIVISTA POPOLARE cortigiana. Si crede bellissima, e sente la gelosia come puntura di vipera. Si crede un genio, e invidia malignamente i buoni e i dotti, ferendo con lo stilo avvelenato della calunnia. E con la propria iniquità sfacciata si vendica della bontà, dell' onestà, del pudore altrui. Ben lo sa la fanciulla eh' ella osava chiamar col nome di figlia. Un dì a questa sorrise con onesto sguardo e parlò con parola onesta un giovine che, sceso d'alto lignaggio, porla un nome caro alla storia del patriottismo italiano. Egli non era bello, non educato leggermente secondo il costume di molti patrizi d'oggi, che del passato han solo il vano nome, che nel presente cercano solo le gioie fugaci e le vie del vizio, che del futuro non hanno neppure un vago presentimento. Non bello, ma pieno di vita; non vestito all'ultima moda, ma semplice in questo come in tutto e dolcemente austero, aborrente dal linguaggio convenzionale; studiosissimo, operoso, credente nell'intimo sublime senso della parola. Gli occhi azzurrini della fanciulla comunicarono cogli occhi nerissimi del giovine: si conobbero, si sentirono, si intesero. Ella mai non aveva guardato così in volto ad alcun giovine signore, egli mai così ad una fanciulla. D'allora in poi, per due _anni, ne germogliò un amore che parve tessuto dalle mani di angeli invisibili; ed ogni dì, ogni ora si aggiungeva un anello a quella spiritual catena di fiori. :Ma la mamma, cioè la matrigna, tentava di spezzarla. Impossibile descrivere, in due o tre pagine, la scellerata trama. Vorrei essere un romanziere per dirne tutta l'iniquità. Ella adduceva il pretesto della povertà del giovine. « L'ingegno non basta, diceva, nè lo studio, nè il lavoro ... ci vogliono dei boni da mille! Ecco il vero ·ideale! Io debbo, io voglio assicurare la felicità alla mia figliuola! » ~ . E intanto, con tutte le più sottili arti di Taide, tentava, in mille modi, di togliere a quella eh' essa chiamava figliuola il fidanzato, cioè l'avvenire, la speranza, la vita, l'essenza dell'anima sua. Egli però aveva promesso a sè medesimo, alla memoria de' suoi cari estinti, al cielo, che sarebbe stato soltanto di quella bianca esile creatura, di quel buonissimo unico angelo, che pareva un essere smarrito e straniero in mezzo alla società falsa e bugiarda. E la matrigna continuava l'opera sua di malizie e di malìe: tentare di sedurre il giovine, e rubarlo ai rosei sogni della buona fanciulla, ecco il perfido intento. Gli diceva spesso: « Codesta sua modestia, codesto suo pudore sono veli e maschere della virtù finta, della virtt1 forse già offesa ». E quel gagliardo si ribellava all'insinuazione calunniosa, sebbene, ingenuo, non credesse BibliotecaGino Bianco

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