La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 37 - 18 ottobre 1925

IL BARETTI Quindicinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA A. G. CAGNA .Abhonau\.lnùlanm,,o L. IO - Eskro L. Jb Un rtWtntra L. 0.50 ABBONAMENTO: Por il 1926 L. 20 • Semestre L. 10 • Estero L. 30 • Sostenitore L. 100 . Un numero L 0 .50 - C. C. PCST /;.. E ,!,lpini,;tl daoéJU(JI i y; i'li',11<i-•fofini1'va. Anno IV - N. 37 - 18 Ottobre 1925 .)1 .rrf/1.iv, {Tllr-t'/J t/i 'f/fll/, a rJ.1 t, Il~ ftJ:7ha d, J.,. ?, fJU'«l'lrl'f'- f,'r~l.i - 1,:nm., SOM.M.ARIO. l'· g.· Lctlcrn a Parigi. - lii. Lambcrti: La nuova Auslria. - S. Vitale: Lo spil'ilo aiclliano. - p. g.: Lettera a Misslroli. - :Il vialla: I danni del pr•olo,ior·, mc. - Ward Perch: Politici d'oggi: Studio su Caillaux. - I. La famiglia. LETTERA APARIGI Caro amico, J'or,e il tuo giornale non mette il problema italia1to nei suoi giusti termini. Lascianio da parte il caso specifico dei fatti di Firenze: non ti potrei dire nulla più di quello che sai. Invece può interessarti e illuniinarti la mia esperi.en.za e iZ mio pensiero sul problema centrale che voi sollevate: i dubbi sulla civiltà italiana. [,' autorità della mia risposta viene soltanto dalla mia posizione di antifMcista intransigente, antifascista dal 191'9 cu.l oggi e finchè vivrò, antifascista che non ha aeduto si potes,e liquidare il movimento del Mussolini come u.n problema di polizia, ma l'ha giudicato sin da principio il segno deci- •ivo di u.na crisi secolare dello spirito italiano, antifascista, come antigiolittiano, quan. do gli ,wmini dei ministeri Giolitti, Bonomi, Facta, scherzavano col fasci.snio per corromperlo e corronipersi, lo arrn.avano, cercavano di utilizzarlo ai loro fini persino nel settembre 1922 con pubblici discorsi. Ti confesso che dal 1919 ad oggi ho sempre pen,ato al problema dell'unità italiana e della sua funzione europea con commossa trepidazione: Ì' Italia è una nazione troppo gÌ-0· vane e troppo vecchia e la crisi di tutta l' Europa non manca di essere sentita qui con delicatissima sensibilità. La superficiale retorica dominante' dei nostri destini imperiali non giova ad allontanare queste mie preoccupazioni come due anni fa le rudi pre,tese qella politica di Poincaré non giovavano a dissi~~-/. pare i miei dubbi "sul futuro dell'Europa. Bisogna amare l'Italia con orgoglio di europei e con l'austera passione dell'esule in patria per capire con quale serena tristezza e inesorabile volontà di sacrificio noi viviamo nella presente realtà fascista sicuri di non. cedere e indifferenti a qu.alunqu.e speci,, di consolazione. Ma certé crisi totali non sono senipre un ,egno di decadenza: la Francia ha avu.to'con Napoleone li[ u.n ventennio analogo a quello che per rioi si è iniziato e ne è uscita. na• zione moderna per sempre. Napoleone III aveva una statura diversa, almeno in politica e3tera, da Mussolini, ma la Francia politicante ed intellettuale dopo il coup d'Etat non ,embrava valere molto più dell'Italia di oggi. Voglio dire che Benedetto Croce potrebbe scrivere con uguale autorità Napoléon le petit come Sturzo riecheggia Montalem- . bért, mentre il duca di Cesarò è riuscito solo per un anno a fare la parte di Odilon Barrot in 32", meno fortunato di Casertano, Marrast dell'Aventino. Abbiamo anche noi Ledru Rollin, il disarmato capo della Montagna che abbandona l' au.la parlamentare e non osa fare l' Antiparlarnento e parla di difendere una costituzione che è una larva. Ledru Rollin ha dei momenti comici benchè, più logico di Amendola, sappia fare l'll giugno 184-9, "" atto d'accusa in piena regola senza sperare in Badoglio-Chargarnier, o in Delcroix orleanista, << col suo seguito di avvocati, di professori, e di eleganti parlatori"· E'per parlare di cose anche più serie, la Fiat è un.a Comune in piccolo. Come vedi io non ho rosee spera.nze: ho detto nel 1922 e ho ripetuto dopo il delitto Matteotti che il fascismo è forte, che non ,i abbatte con le astuzie parlamentari nè con i colpi di mano. Quando i signori dell'Op· posizione per ridere speravano l'anno scorso una crisi facile, denunciai quanto fosse igno• bile per dei sedicenti democratici giocare s«lle soluzi{mi Delcroix, dittatura militare, dis$idio fra fascismo e monqrchia. Da quel $Ìorno era facile capire che anche l' AventiTlo 41/CVt;J i suoi traditori, la gente del compromesso, del lasciar fare, delle' soluzioni comode. L'Aventino nacque come una cosa se• ri11, come il nostro processo Dreyfu.s: ma cr,rlde s1tbito in mano della Massoneria che lavorava per il compromesso, per la ,oluzi.one totalitaria. Poichè è inutile nascondere la v!lr-ità; l'Aventino fu allora contro la questione morale, cercò di impedire con tutti i mezzi la denuncia Donati. Mentre noi facevamo l'opposizione sul serio, altri giocando sul nostro riserbo nel criticarli m,anovrava e faceva l'opposizione a nietà; non si rendeva alcun conto della situazione inesorabile. Siccome costoro continuano a millantare la loro buona fede, essi hatuio una sola via pc; ri• guadagnare o guadagnare la nostra st11na: tornare in Parlam.cnto - poichè così hanno deciso - per fare ogni giomo il loro 11 giugno 1849. L' Aventfoo che torna in Parlamento per fare della critica tecnica è la più disgustosa e ignobile beffa alla no,tra buona fede di oppositori non machiavellici. Se a tutto questo io ti aggiungo che come europeo moderno mi rifiuto e mi rifiuterò· per combattere il fascismo, di accettare ;l terreno delle congiure, delle sètte e degli attentati, e Ghe voglio conquistare la libertà di combatterlo apertaniente, senza tregue e senza co1npromessi, tu avrai compre.so senza equivoco la natura della mia opposizione. Ed eccoti ora gli argomenti che mi fanno sperare che l'Italia non sia finita come paese moderno e civile. Esiste in Italia, nel Nord,· specialmente _nel triangolo Genova-Tori.no-Milano, un proletarÌato moderno. Negli anni del bolscevismo questo proletariato non pensava alle scomposte rivolte, pensa.va di creare un ordine nuovo. Oggi rifiuta i vantaggi materiali e la vita tranquilla che gli offrono le corporazioni fasciste, n0n cede, non si sottrae alle sue responsabilità e ai suoi pericoli. B-isogna ve.dere da vicino, come io vedo qui, alla Fiat, la tenacia di questo proletariato. Bisogna rendergli onore. Con la sua intra.nsigenza esso ha conquistato i suoi diritti civili, è degno degli altri proletariati eu.ropei; le su.e batfaglie e i su.oi sacrifici gli segnano il suo posto di dignità nell'Europa lavoratrice di domani. • Invece le • classi medie intellettuali hanno r;ipetuto l'esempio di uiconsistenza e di mediocre fronda fiancheggiatrice che diedero nella Francia de[ secondo Impero. Non ti M nomi perchè i noni i sano tutti meschini: che cosa sapresti di più se ti dicessi per es. che il Cagge,e è il più mediocre e,empio di questi semi-anonimi tran,fughi illu,tri? ! Ma esiste in Italia u.n gruppo di uomini nei partiti e fuori dei partiti, gente che non ha ceduto e non cederà. Albertini dice che rirnarrenio in duecento, Sforza e Donati che rimarremo in venti. Comunque, tLnche se pochi, rimarranno coni.e un esempio per la classe politica dì domani. Se tu. scorri gli elenchi degli abbonati a Rivoluzione Liberale li trovi tutti. La loro rettilinea protesta salvo. i quadri dell'Italia politica futura. Nesmno di e,si diventerà ministro o grande burocrate, ma la dignità con cui si rifiutano di essere congiurati èome di essere fascisti, salva in, tutta una nazione il costume moderno. Negano qualunque concezione paternalistica o totalitaria, resisto1UJal coniodo provincialismo; non accettano pace. Sono minoranza, nuniericamente poverissi• ma, ma incutono rispetto anche al più ag• guerrito neniico. Tra le illusioni universa.li il cervello di questi uomini funziona, la folla e il successo non hanno prestigio sulla loro volontà di dirittura, sul loro animo non servile. Se tra' gli antifascisti ci saranno dei disertori, se molti oppositori troveranno più comodo combacttere il fascismo aderendovi, l'an tifa.scisnio che qui ti ho descritto non ne sarà mininianien.te sorpreso. All'estero noi chiediamo soltanto che l'esistenza di questa fermezza di lotta sia intesa come una garanzia che gli italiani s~nno pensare da sè al loro futuro e alla loro civiltà. Nella nostra lotta lasciate che rifiutiamo • ogni alleanza straniera: le nostre malattie e le nostre crisi di coscienza non possiamo curarle che noi. Dobbiamo trovare , da soli la nostro giustizia. fJ questa è la nostra dignità di antifascisti: per essere europei dobbiamo ,u questo argomento sembrare, comunque la parola (j disgusti, nazionalisti. p. g. La nuova Austria L'eredità degli A bsburgo e la funzione di Vienna. L' ered:iità di sentimenti che a noi italiani hanno i.asciato le guerre del Risorgimento " la simpatia per i « popoli oppressi ", non e.i debbono far dimenticare la grandezza dell'opera che l'Austria ha compiuto negli• ultim, tre secoli, come apportatrice di ordine e di civiltà in tutta l'Europa centro-meridionale, La lotta contro i turchi, le guerre di successione, le guerre napoleoniche avevano ere.alo sul Danubio una forte capacità statale in una perfetta organizzazione amministra• liv.a. Se le irruenti e irrefrenabili correnti dii na• zion.alità, che hanno salvato nell'ultimo secolo la vita interna dell'Impero, ue hanno chiesta e prodotta La scomparsa, noi vedremo in questo una riprova della importanza di questo Imper?, Se il centralismo burocratico e il clericalesimo saranno indizio dell'arresto della forza espansiva che partiva da Vienna, la funzione di c,viltà non si era arrestata alle frontiere che 1a monarchia danubiana aveva raggiunto nelle secolari guerre. Dai profughi serbi emigrati in Voivodina partirà la prima voce che ricorderà il doVere di riscossa ai serbi rimasti nella servitù della gleba sotto il dominio dei feudatari e dei gr~ndi proprietari turchil. Per lungo tempo il piccolo Stato serbo troverà nell'Austria socco,rso e conforto contro La predatrice signoria turca. La monarchia absburgica sapeva intanto mantenersi al disopra delle lotte di n.azion.alità (anche dopo, i ten• tativi du tedeschizzazione da parte dei principi illuministi) ed essere centro organizzatore di un forte Stato plurinazionale. La debolezza d, questa organizzazione sarà rivelata solo quando, chiusa J.a v.ia di Sailonicco, fallirà il tentativo di conquista di tutta l'eredità turca. La scomparsa dell'Impero ottomano doveva segnare, quasi per fatale coincidenza storica, la scomparsa della dinastia che ne aveva arrestato sotto le mura di Vienna l'im• peto furibondo e che di territori ad esso tolti si era accresciuta. Quando, con ]e guerre di indipendenza balcaniche, in vi'.rlù dei popoli _b.alcanici stessi, l'Impero ottomano veniva a poco a poco cacciato d'Europa, l'Impero austriaco parve perdere la sua ragione di •vita, e quella che era stata La sua alta fll)lzione storica sii camuffava in grottesca maSchera reazionaria. La monarchia absburgica apparirà di « popoli oppressi », erede dell'odiato predominio turco. Le lotte di nazionalità, ravvivate anche dall'infelice espediente dell'Au.sgleich tedesco-magiaro, germoglieranno con t.ale veemenza, soccorse dai nuovi Stati formatisi fuori dei confini dell'Impero, che la secolare :impalcatura monarchica - irrigiditasi nella lotta di difesa, ma pur ancora capace di sviluppi - sarà travolta in una irresistibile affermaziope di libertà. Ma anche di fronte a queste forze disgre• gatri,ci rirnangono pur sempre elementi unitari, e questi appaiono ormai legati al noine di Vienna. Quello che di limpida sicurezza, di forza, di ordine è stato nella dinastia degli Absburgo - se non nelle persone, nell'opera storica - appare al visitatore dallo stesso .aspetto di quella che fu La loro capitale. Le ragioni che spingevano la monarchia danubiana ad aprirsi il varco verso il Sud e verso l'Oriente ( anche quando questa meta era agli attori stessi imprecisa e il Drang nach Osten non si imponeva ancora sotto la costrizione italiana come politica necessità) trovavano La loro rispondenza nella situazione geografico-economica della capitale. Chiusa verso nord, verso i rimanenti po• poli germanici,, dai monti di Baviera e di Boemia, aperta verso sud, verso oriente e verso occidente, per l'ampia pianura danubiana, per i facili colli di Moravia e per i passi che tra Sava e Drava conducono al mare e all'Italia. Come Vienna era stata il forte baluardo che aveva infranto l'impeto turco, Vienna sarà il punto d'appoggio da cui partirà 1a nuova conq1ùsta, sarà il centro della nuova organizzazione. Un carattere regale e •ereno sarà la caratterist:ì,:a dell.a capitale. La Vienna odiata cl.ai nostri patriotti ii rivela città moderna e piena di vita e d'av• venire. Attorno all'antica cerchia di mura, mutate in amp'i, viali e sede di grandi palazzi, segno esterio,·e di- una aulica or 9ogliosa dinastia e di una salda volontà e capacità d'impero, si eatenderà la nuuva c1tta: i gr.andi quartieri popolari se non hanno iJ tumulLo febbri.le che caratterizza altre metropoli, ne hanno bene La for,..a, Città vigorosa di industrie e piena di commerci, pulsante di un'unica vita. Lo stile ne sarà severo e grandi.oso: al barocco e alla magnificenza settecentesca si riallaccerà il nuovo stile che abbellirà La città di grandi costruzioni, in una armonia indizio di. forza. l..a popolazione si accresceva intanto a diamisura - popolazione di tutte le razze, ma fuse per nn meravigli.oso dono di assimilazione - e quando - dopo una tragica e sanguinosa agonia di due anni (o di settanta) - in torbide giornate d'autunno, crollerà l'antica dinasti.a e l'Impero, sarà la grande massa della popolazione, sarà sopratutto il proletariato educato dalle grandi organizzazioni e dalla fabbr~, che apparirà al Governo tra i resti sconvolti dell'antico Stato e prenderà l'amministrazione della città. Miseri resti, confusa ed equivoca volontà e terribile situazione, su cui rironia ha facile e direi necessaria presa. Ma questo constatato continuare di una fiducia statale ci dovrebbe salvare da troppo leggero scetticismo. I _giornalisti alleati, che dopo la guerra si sono precipitati nella vinta capitale, hanno fatto gara a considerarne, con incredibile superficialità. le sole dissonanze esteriori e a descrivere questa città, affamata, balìa del primo OC• cupante, e parevano soffermarsi solo nell'ap• pariscente contrasto tra una ricca, artificiale vita in alcuni luoghi di lusso sfacciato e la miseria generale del popolo per conto suo facile all'oblio. I tedeschi del Nord parlano con disprezw burbanzoso della indifferenza viennese. Ma· la vita di Vienna rn lentamente, sicuramente, riprendendo attraverso le durissime prove subìte, la chiusura di tutti i mercati d'acquisto e di smercio, il tracollo monetario. Le difficoltà in cui si dibattono i nuovi Stari sorti cl.auna più o meno arbitraria delimitazione dei reciproci confini nazionali sono la vendetta postuma della monarchia scomparsa. Vienna ne porta anch'essa le dc lo rose tracce, ma pare che qualcosa dell'antico potere unitario sia in essa rimasto; forse è destinata ad essere qualcosa più che un semplice punto d'incontro, come è ora l'altra grande capitale decaduta: Costantinopoli. I nazionalisti tedeschi, profetando un'annessicne alla Germania, la chiamano l'Amburgo dell'Oriente. La storia ha pure i suoi diritti; certe situazioni, .inche se rovesciate dalle armi e dalle nuove contingenze, ace.ade che si ripresentino. Esse paiono plasmare il suolo stesso: lo straniero che ha percorso rapido le alte v.alli del Tirolo, la sognante poesia dei laghi salisburghesi, e sul Danubio - chiuso tra l'ampia pianura e le colline del Wienenvald - vede profilarsi lontana La città, non può non provarne una grande impressione. Quell'impressione che forse non dànno i luoghi in cui la storia è passata e che ora giacciono abbandon.ati. Qui la storia si è fermata e tesse ancora le sue fila. Se si scende dal West• bahnhof e veloci si percorrono le lunghe vie della città e poi l'ampio Ring e la Burg, e per il vecchio centro, severo e nohilet si scende al solenne canale del Danubio, ecco, questa impressione si rinforza. Non un retorico sogno imperiale, ma un'armonica costruzione statale ha trovato nelle mura di questa città, dalla linea severa e grandiosa, la sua sede. Porta dell'Occidente sui Balcani, questa estrema meridionale città germanica ha saputo crearsi una sua st9ria e una sua fìsonomia. È La storia di una grande dinastia. è la fisonomia d, un Impero. In foi;ido il problema p-0litico dell'Austria è il problema di Vienna; i problemi singoli dei vari « Stati successori " - pur così pieni di propria vita e di esasperante e brutale volontà autonoma - sono un poco il problema di Vienna. Negai.,, per una miope e pavida politica, l'annessione alla Germania, impossibile il risorgere, sotto qualsiasi forma, dell'antico S~to danubiano, il problema rimane aperto. La creazione del nuovo Stato, nelle difficoltà del dopo-guerra. Dalla distruzione clell 'Impero era sorta, e si imponeva al nuovo piccolo Stato - creato dalla volontà dei vincitori sulla base degli

bi 150 antichi residui tradizionali - la terriLiJP urgcuza di precisi e immediati còmpiti. Il problema austriaco -- inteso in questo senso minore - si ritrova tutto nclJe or·igini appunto del nuovo Staio: non sorto per volontà autonoma, ma per .artificiale imposjzione altrui. Il primo atto del proletariato viennese e austriaco era stato la pcoclamazione dell'annessione alla sorella - ancl,'essa nuovo-naia - repubblica germanica. Insieme si assumeva La rappresentanza cli tutti i tedeschi dell'antica duplice monarchia. Il sentimento nazionale anrora una volta Lrovavn nel proletariato jJ più valido assertore. Era la soluzione logica c neccsaria. Le idealità per cui gli Stati <leJl'Intesa dichiaravano ,li co1ubattcre, seminate su terreno arato dalla morte e dallo spellro della fame, avevano portato il loro frullo abbondante. Ora le promesse er.ano naturalmente dichi.arnle essere statp solo {< strumento di guerra » e 11 nuovo Stato, che aveva nel trattato di San Germano la propria fede di n.ascita e insieme l'unica ragione di vita, si presentava su queste insidiosissiine basi un primo còmpito. E tralasciamo il problema di nazionalità sollevato in ogni frontiera e in ogni Stato confinante dalle minoranze tedesche, e pm· problema grave per la pace europea, ma ritrovante la sua eco più nel seno della co1nunc patria germanica che non in quello della minore patria ausiriaca. Bisognava dunque far scaturire dalla 1nediocre soluzione di <lue opposti proble1ni (problema dell'unità gernianica, che ora si presentava, per la prima volta. nella storia, ad un.a possibile integra.le soluzione; problema dell'unità danubiana, che ora la più violent•a negazione di tulla una plurisecolare comunanza voleva d.'un colpo annullare) far' scaturire da queste insidiosissiu1e basi, una volontà statale. Quale conforto spiritua]e ,a chi si accingeva all'opera si presenLavano: la più assoluta incertezza nel pur i.mmediiato avvenire, l 'incubo della disoccupazione e della fame, la catastrofe .finanziaria. Dopo che il manifesto imperiale del 16 oltobre 1918 ebbe data facoltà ai « fedeli •> popoli di costituirsi in « Consigli nazionali » (e questo prima ancora che ìe anm italiane a Vit1orio dessero il colpo decisivo alla ormai esaurita compagine statale, ma dopo che la vittoria italiana del giugno su] Piave aveva segnalo il lugubri, annuncio di' morte) parve passare per tutta la monarchi.a un 'unica parola d'ordine: via 'da Vie1ma ! Il centralismo yiennese aveva lontane origini e una profonda ragione di essere; ma ad , esso si opponeva; rif.acendosi a tradizione ancora più .remota e a più precise, limitate necessità, la volontà autonoma delle provincie. (Facciamo qui astrazione dalle lotte di nazionalità, pur fondamentali nella vita g nella caduta dello Stato austro-ungarico). Di uno Stato danubiano, nel senso moderno del termine, si-•può infatti parlare solo dopo il 1806, per non volere scendere addirittura al '66. ,Le « terre della Corona » godevano di statuti propri e l'imperatore era j) signore feudale della terra, quasi feudatario di se stesso. Si formerà cosi una forte tradizione locale-conservatrice, cementata dalla fedeltà dinastica. Il centralismo giuseppino sarà fortemente eguagliatore, ma solo Napoleone potrà segnare la moi;te di questa concezione medioevale, a cui si rifacevano volontà e capacità autonome più che altro delle terre tedesche, come quelle appunto che rivendicavano a sè la qu.alità di membri separati della comune effimera organizzazione che si richiamava al sacro nome di Roma e che si ritenevano ancora ieri legate alla din.astia solo da trattati particolari e dalla libera accettazione della prammatica &enzione. Il legame effettivo era dato poi, oltre che dal fortissimo sentimento dinastico, dalla aristocrazLa, classe di:r~igente. Aristocrazia, e questo è caratteristico per la vita politica, dcli' Austria, più civile che militare, capace quindi, anche in tempi moderni,. di essere classe dirigente. Se ess.a, a capo delle Diete provinciali, rivendicava capacità autonome, per essa il centralismo dinastico si riaffe1·- mava, e poteva così aversi in Austria ( come d'altronde in Germania, sin dopo Bismarck) un governo conservatore-aristocratico, ma non reazionario. Scomparsa dinastia e classe di:rigente nei giorni oscuri di novembre - nei giorni del ribal/;on, come dovrà chiamarli il sarcasmo istriano - rÌìmarranno solo le velleità separatiste. Contro queste, contro l'incapacità di una piccola borghesia, nazionalista a p.arole, piena di chiacchiere, si leverà - . inconscia erede di una tradizione di secoli - fa volontà unitari.a del proletariato. Questo si era andato educando nelle grandi organizzazioni che coprivano ormai tutta la duplice monarchia, anche se più esperte in una addomesticata lotLa economica che nella aff ermazione politica, e questo spiega come le giornate di nove1nbr,e lo abbiano trovato ancora impreparato; e come oggi si possa parlare in un certo senso di fallimento. Ma quello che riesce pur sempre meraviglioso ,i è come le uniche vere .affermazioni nazionali tedesche (non nazionaliste) vengano dal proletariato. Prima la dich:iarazi011e di anncsLA RIVOLUZIONE LIBERALE sione alla Germania; impedii.a questa, la ferina vo]ontà di mantenr-rc, almeno, la unità austro-viennese. Non sono certo circoli sorialisti quelli che prnf!<'llavano di 1111 Voralherg annesso alla Svizzera, di un Tirolo Stato cuscinetto tra ft.alia, sia pun· col confine a Salorno, e G,~rmania. T II Carinzia &i fantasticava .addirittura di u11a unjone con l'Italia, salvatrice da colpi di mano jugoslavi sn KJagenfurt (o sperala tutrice dallo spettro dei Consigli degli operai di Vienna?). 1 rapprcscnlanti conserv.alori drJ Tirolo non s, vergognarono <li far pubbliche le loro riserve nella assemblea costituente <li Vienna. Se il nuovo Stato sorgeva con chiar.a linea redera1c, non ntancava .a Viennu un.a voJontà uuilaria. Lo Staio austriaco poggerà sulle organizzazioni operaie (soci.,lisL<•) e su quelle contadine ( cristiano-sociali), piè, centra liste le une, federaliste le altre, ma egualmente Ll.nit.arie. La base economico-organiz1...ativa, e quindi concreta, di questi partili ha fallo •Ì che, anche non rinunziando ai loro i<leali (i soc·ialisti sopratutto chie<lono l'annessione alla Germ,ani.a) o ai loro rimpianti, non ne facessero un impedimento per inizi.are un tentativo statale. In un 'atmosfera cli mediocrità forse, ma con qualità solide e tenaci. La responsabilità <li governo è stata nei primi tempi quasi tutta dei socialisti, poi è passata ai cristiano-sociali. Questi uhimi in periodo criticissin10, sino .aU'anno scorso, sotto la guida cli monsignor Seipcl « il salvatore dell'Austri.a ». Il dissidio tra le province (credi delle antiche « terre della Corona ») e il governo fe. derale, da dissidio· còslituzionale qual' era, diventa problema amministrativo. Merito di aver superato il problema costòtuzionale è merito socialisLa; il vanto di .avere, pur tra compromessi reazionari, se non vinto, attutita .la cri&i amministrativo-:fì. uanziaria è vanto del partito cristi.ano-sociale. Era necessario il profondo sentimento unitario del proletariato per impedire che ìa disfatta politica fosse ancor.a pili grave ~ perchè si salvas&ero le speranze di av.veu.ire tedesco, nei paesi danubiani, 1na ora non si può negare che una parola d'ordine federalista trovasse nelle cose una profonda rispondenza. Le province non erano solo ripartimenti amministrativi come da noi, ma, come abbiamo visto, unità storico-po,)itiche. E questa divisione pare trovi una rispondenza nella varietà stessa della natnr.a. Piccole terre che sentono profondamente la loro individualità, infinitamente più di quello che da noi non si abbia iJ. senso regionale. E maggiore intimità: i Liinder austriaci sono ben più paragonabili .ai cantoni svizzeri che non alle grandi regioni storiche italiane o francesi. Caratteristico in questo è l'atteggian1ento del Tirolo che si può considerare un poco la Baviera dell'Austria. Ma sul problema federale gravava la crisi finanziari.a, la qua]e aveva costretto la giovane repubblica - dopo vani tentativi da tutte le parti ( si era progettata persino una unione economica con l'Italia) - a ricon:ere alla Lega delle nazioni.. Prestito internazionale e insedian1ento di un controllore gene• raie a Viena. Sorgeva come necessità di vita l'obbligo .alle più grandi economie. Solo queste arrestando iJ processo in/i.azionista, avrebbero impedito la caduta ulteriore della corona, arrestata per un momento, ad un livello già così basso, dal prestito internazionale; e solo la stabilizzazione della corona avrebbe potuto far sperare in un avvenire econoin.ico e politico meno oscuro. Su questa fragile economia pes.ava con tutto il suo enorme peso di antica capitale di un Impero. Enorme numerai di impiegati, enormi spese. Le province potevano così additare ln Vienna la sfruttatrice delle loro risorse, mentre già solo uno sguardo alla diversa economia poteva •far vedere la gravità della crisi. Vienna: tutta industria; le rimanenti province: agricole. La naturale compensazione, nella crisi politico-finanziaria, non aveva più luogo; lo spettro russo si profilava. In queste condizioni, se amministrativamente era possibile desiderare ed applicare la più 1arga autonomia, un centralismo finanziario si imponeva. Contraddizione che sarà tutta la vita politica austriaca e che ci farà assistere persino ad un.a quasi-rivolta del comune di Vienna. Sarebbe interessante studiare tutle le fasi per cui, è passata la tutel.a finanziaria internazionale - ora d'altronde qnasi-.abolita (e quas·i-mantenula) - attraverso l'opera del comrn-issario Zimmermann, già così cordi.aln1ente odiato dalla stampa ausl r.i.aca; fra cui quella nazionalista, natur.ahnente, si clistinguev.a per la voce grossa e le tracotanti minacce. Le accuse uazionaliste sono, al solito, molto retoriche e poco dimostrale: demagogia di destra che parla di una liberazione del popolo. Certo qui alla cri.si finanziariastatale si sovrapponeva più forte la crisi econon1ica. È stato ahbondantemente ripetuto che - come .cl '.altronde tutte le altre manifestazioni di vita - l'industria e il commercio austriaci (specialmente viennesi) erano sorti per i bisogni dj una grande <1oità er,0noto;ca. Ora questo campo economico era ridotto qnasi a zero. Da un lato l'industria viennese - industria essenzialmente di lusso: metallurgia, ,automobili, ''.onfezloni, mobili, ecc. - si trovava ad averf', anche 6C non fo~sero aorte barriere doganali, un mercato enormemente impoverito e l'antica aristocrazia acquirente ridolla ali.a miseria o emigrata; le nuùve barriere doganali poi. finirono per annullare del tutto (o quasi) qncslo mercato. Dall'altro lato Vienna cesqava <li roJpo d.aJJ'csc;erel'antico centro finanziario di prima; tutta la vita finanziaria dell'antico territorio è fatta gravitare oggi verso a] tri centri sottoposti {Ji ù facilmente, nonostante le volontà autonome, ali 'influsso straniero. Le diverse filiali bancarie si staccano <laH'.antica casa madre e si costituiscono in nuove Banche indipendenti. Praga si a!f accia come un pericoloso concorrente. Non è detto che qu.eslo sia un danno per l'economia generale, ma per quella viennese è un colpo forte. Le Banche a Vienna ebbero uoa spettacolosa epoca iJlusoria di fortuna nei tempi gravi dell'inflazione; grandi ricchezze si accumularono, ma altreltanlo facilmente sono scomparse e dopo la situazione rimase più. grave. Ora il punto n1orto pare in w1 certo modo superato. La coron.a si è stabilizzata e convertita in scernni; le finanze statali (avvenuto un equilibrio tra organizzazione finanziaria federale e provinciale) hanno ragg-iunto il pareggio; le industri.e non vedono più un così nero avvenire dinanzi a loro; la disoccupazione, anche se aumentata in questo ultimo anno, non è eccessi.va, salvo ( almeno • sino all'anno scorso, jn seguito sopratutto ai grandi licenziamenti d'impiegati statali e ai fallimenti lanieri) quella impiegatizi.a; e<l infine ia nuova amministrazione appare stabilmente organizzata intorno alla parola d'ordine: (< lo Slato agisce attraverso i Liinder », anche se da.Ile province sorgono accuse di troppo centralismo. 1\1a coxnunque, ei vive ancora nell'incerto. U tempo san.a molte cose, ma le ferite erano troppo gravi. E sarà intanto interessante vedere c9me la perdurante incertezza e la crisi economica si ripercuotano sulla politica. I socialisti da un pezzo non sono al potere anche se hanno saputo mantenersi all'Amministrazione di Vienna, e non dovrebbe essere facile indicarli come i colpevoli di tutti i mali di 'cui -soffre la giovane repubblica. . E i ,cristiano-sociali, anche se per loro non mancano accuse di « demagogia >), si tengono pur sempre sul terreno della conservazione. Nè al Consiglio Nazionale, attraverso un parlan1entarismo molto burocratico, hanno luogo scene « disgustose ». Ma la « ragionevolezza » degli avversari pa1·e ormai non basti pilJ a disaru1are lo spettro reazionario. Alle piuttosto disordinate sfilate dei difensori della repubblica si oppongono le militaresche parate dei nazionali, mentre gli Hakenkreuzer anti-semiti, in questo spalleggiati dai cristiani, iniziano le loro brillanti imprese al Praterstern e nei caffè viennesi del centro. Questo pericolo reazionario non sovrasta certamente in forma p~ricolosa, e le organizzazioni operaie sono ancora abbastanza forti per rintuzzarlo. Tuttavia se la vita unitaria, attraverso il federalismo pare rifiorire, se Vienna riprende il ruolo di capitale anche di fronte al suo piccolo Stato, e l'influsso e la vita ~iennese si. ripropagano per tutto il paese, egualmente qualcosa d'incerto permane. Non bisogna dimenticare che siamo di fronte non ad una libera creazione come la Svizzera, svoltasi e .accresciutasi in una lunga tradizione secolare, ma ad una soluzione obbligata, costruita su elementi tradizionali disparati. La tradizione danubiana e I.a tradizione e l'influsso germanico, invece di consolidare, minano la compagine statale. Su questo, dissidio si esercitano le capacità drammatiche e liriche dei circoli nazionalisti tedeschi che amano far app~rire l'Austria navicella abbandonata in balìa dei venti e del~e correnti avverse, e che solo potrà essere salvata se si saprà saldamente attaccare alla solida nave germanica. Gli austriaci si accontentano di ripetere, in tono minore, ragioni economiche, offesi spesso dalla « mancanza di tatto » dei loro fratelli settentrio- • nali. L'Austria non crede che poco a!Ja saldezza del proprio avvenire. Sentian10 gli argomenti che si ripetono. A soccorrere l'economia austriac..:'1vi è necessità di qualcosa di più che l'abolizione dei dazi proibitivi da parte degli .altri << Stati successori >>. Abolizione di dazi, d 'altl'onde, di cui i nazionalisti Stati vicini, nonostante i platonici consigli della Lega delle Nazioni, non vogliono assolutamente sentir parlare, già restii ad una pur minima riduzione delle tariffe nella loro volontà di crearsi w1a propria, anche se artificiale, economia di guerra: E rimarrebbe pur sempre a danno dell'Austria nn fortissiino protezionismo amministrativo a cui nessuno Stato, anche aboliti i dazi, vorrà rinunziare. Vienna non potrà n1,ai in ogni caso tornare il cenlro fin.r1nzlario di pl'Ìma. Vi,ene prospettalo come necessario che l'Au stria diventi di nuovo parte di un.a grande unità economica, per la quale essa è or~rucamentc cresciuta e nella qnale solo potrà adempiere le funzioni alle quali la eh.i.amano la natura, la civiltà e l.a storia. L'indll8tria austriaca è oggi tutta industria d'esportazione; per vivere ha bisogno di un vasto mercato interno che la faccia solida a ,;ost.enere pericolose concorrenze. k ridicolo peru<are che dopo un.a gj lunga gu<:rra e dopo lo sforzo <lei popoli si ritomi tranquillamente all'Amtria di prima. Solo la Germania può dare all'industria au.,triaca quel mercato interno che le è neceaaario. ac,1uirenle con la su.a ricca borghesia dei prot!olli della Qualitiit-gewerbe viennese. Ma sopratutto, come prima la Boemia aveva il suo cenlro, eommercia]e.finanziario in Vien• na, eosì 1'industria germanica troverà in Vienn.a il suo centro d'esportazione orientale. Vienn.a tornerà ad e,sere il punto d'incontro Ira i popoli balcanici e le grandi nazioni occidentali. La situazione non è da drammatiz:r..are; Je ragjoni economiche possono convincere sino a un certo punto e sono state infatti, in parte, sfatate dagli • esperti " di Ginevra. Ma il problema non è economico e la crisi e la delicatezza della situazione austriaca sono innegaLili anche se, pur allraverso il denunciato dissidio, non possiamo non Dù· Ulre una consolidazione, sia pure provvisoria, del.la costituzione statale amtriaca. Già Seipel parla di distinzione tra Stato e èi'azione: due Stati divisi, austriaco e tede.Eco, e una sola nazione, germanica; i confini tra Au• atria e Germania non so-no una creazione di oggi, ma una deljmitazione antica, food.ata su ragioni non superficiali. Ben più artificiose costruzioni statali hanno saputo resistere e trovare una· loro ragione di vita. Ma a quale prezzo? La Germania e i BaLcani. Una vera soluzione del problema au.striaco non si avrebbe che attraverso una totale revisione di tutta la politica estera europea. L'annessione dell'Austria alla Germania aveva per sè tutte le promesse di guerra e di pace dell'Intesa e nella maniera più assoluta rispondeva a quel principio di autodecisione dei popoli per il quale si era detto, da parte dell'Intesa, di combattere; per essa si sarebbe compiuta l'unificazione dei popoli tedeschi, che è, con quello italiano, il più grande movimento di libertà delle nazioni moderne; ma alla domanda dell'Austria tedesca di unirsi alla repubblica germanica fu opposta, con ipocrita formula, 1..rna negazione; ed oggi questa proibizione si riconferma. La Germania sconfitta e disarmata, pare faccia più paura ai suoi ·vincitori di quando. armata e combattente, stava loro dinanzi in campo. E il tragico della situazione europea è qui. Nessuno pensa ad uscire da questa situazione, nella quale le oppressioni più ingiuste pare trovino un'apparenza di giustizia. Cosl per la questione austriaca. La scomparsa della monarchia absbnrgica è un fatto da mettersi iu relazione alla situazione gerruauico non meno che a quella italiana e balcanica e la sua successic,ne spetta logicamente ai popoli liberati e a Italia e a Germania. Lo Stato .austriaco, costretto ad una volontà di vita .autonoma dalla opposizione specialmente di Italia e Cecoslovacch:ia ad ogni pensiero di unione con la Germania, troverà forse un suo equilibrio in cui rivivano le antiche traàizioni attraverso le solide qualità del suo popolo. ]\fa nei Balcani, il disordine e la prepotenza dei piccoli Stati vincitori e gli .intrighi rimarranno senza freno, fomite di dissidi e di guerre. li senatore Sforza in un chiaro articolo ( Corriere della Sera del 12 settembre) in cui valuta le capacità autonome dello Stato austriaco, che egli ritiene << utile avere, per uu pezzo ancora, vicino di frontiera >,, ha accennato al pericolo di una ricostituzione danubiaua. La su.a opera di Stato nell'Europa centrale era infatti indirizzata contro quel pericolo. Una Germania al Brennero, anche se poi venga ad avere ll'na popolazione maggiore di quella ante-guerra (intelligente preoccupazione nazionalista), è, io spero, molto minore pericolo per l'Italia di quello che non lo sia uua Europa centrale divisa e balcanizzata o, peggio, unita contro di uoi. Anche senza -annessione, la Germania pare già quasi si affacci sul Danubio•, a Vienna, anche dopo la sconfitta e in una volontà di rivincita che .appare giustizia, a orgogliosamente riaffermare che molto di quello che e civile nell'Europa balcanica è tedesco; mentre la fw1zione dell'Austria monarchica potrebbe essere ripresa, in via pacifica, dalla Germania repubblicana. E questo app.are un pericolo per chi teme una volontà gt1Prriera tedesca e non pensa che possano e::;istere funzioni civili e pacifiche nella storia e che ai popoli (tutti) La libertà e la pace siano care. Creando il mito d.i un ccpericolo tedesco >> si crea veramente una volontà e necessità di guerra, mentre uu.a illuminata politica, togliendo le cause del dissidi'O violento, apre il mondo alle pacifiche gare. Vienna, ottobre. MARIO LAMBERTI.

b spirito Il destino storico della Sicilia è stato se• gn.ato, fin d.alle origini del mondo, dalla sua atessa natura insulare e dalla sua configura• zione geografica. Ultima sporgenza tent.aco• lare dell'Europa verso l'Africa, ponte gettato fra due continenti sul Mediterraneo, essa oi è trovata all'incrocio delle granch direttrici •toriche che segnano, dal Sud al Nord e dall'Est all'Ovest, la marcia delJa civiltà. Il suo fato, così, era :fissato dalla sua slessa posizione: O dominare o essere dominata, o costituire il nucleo d'un Impero o essere schiava; ma post.a, agli albori della storia, al centro d'un triangolo .ai cui vertici stavano A lene, Cartagine e Roma, fu travolta nelle lotte di questi formidabili competitori, e di• venne, successivamente, il campo di lotta e il luogo di convegno obbligato dei vari po• poli che svolgevano pel Mediterraneo i loro itinerari di conquista. Questo lungo e ininterrotto servaggio ha avuto conseguenze di molto rilievo per la formazione dello spirito siciliano, e, sopratutto, per la sua concezione dello Stato. Il potere sovrano è &t.ato sempre, in Sicilia, molto lontano, avulso completamente da quelli che sono gli elementi costitutiv·i della sovranità, il territorio cioè, ed il consenso del popolo. La Sicilia ha visto sempre il potere dello Stato sotto la forma concreta del soldato straniero che devasta e saccheggia, del gabelliere che estorce i tributi, del magistrato che i:-i avvale della carica per angariare ed arri<> chirsi. Da ciò l'odio istintivo contro l'autorità costituita; ma nello stesso tempo, ciò che sembra un paradosso e non è, la concezione astratta dello St,ato lontano, che, appunto perchè lontano, acquista valore qu.asi' mitico ed ideale, e da cui si attende quella che è ]a speranza piì1 viva e indistruttibile di tutti gli oppressi, la giustizia. È m.;}ncata, inso-mma, in SiciHa, quel1a elaborazione spirituale per cui si è giunti alla concezione immanentistica dello Stato moderno, e perciò si è conservato più forte il senso, anzi la gelos~a, della libertà individuale; quel &enso della libertà che nei 1·egimi moderni, basati •ul concetto della sovranità popolare, .6Ì è 'venuto affievolendo per la convinzione che il potere politico deriva dalla volontà &tessa del popolo, che non ha, ·quindi, bisogno di -essere difeso contro se stesso. • Nello stesso tempo la di~tinzione fo11damentale fra lo Stato, ente ideale e trascendente, e i suoi organi, nemici p~r defi~. zione, dei quali il tipo è io sbirro, questa distinzione, essenziale per la mentalità sici. liana, ha valorizzato grandemente il concetto della legge. Questa viene concepita anche essa in maniera trascendente, come qualche cosa dl superiore alla volontà degli stessi or• gani del potere pubblico, come qualche cosa nella quale le esigenze della libertà devono trovare la loro più sicura garanzia e la loro più alta difesa. , Concetti; questi, che .possono spiegare il curioso fenomeno di tutte le sommosse sici. liane, anche le più recenti, quelle· del 1894, per esempio, durante le quah si bruciavano - i Municipi, si abbattevano i casotti del dazio, e si assassinavano i galantuoniini più abbor• riti, portando in trionfo, il ritratto del Re. È lo stesso fenomeno, del resto, delle mani• fcstazioni anti-fasciste del cosiddetto soldino; ma non c'è bisogno di scendere ai dettagli ed alle esemplificazioni più o meno 1·ecenti, perchè è tutta la storia politica della Sicilia, la "tradizione nobilissima dei suoi Parlamenti, la difesa tenace della costituzione contro i Borboni, che ci rivelano l'armonica coesistenza •nello spirito siciliano del senso geloso delle libertà individuali e della ooncezione trascendente deUa legge, ereditata, insieme col gusto_ della dialettica, dallo spi• rito greco. Se è mancata nello spirito siciliano la concezione dello Stato moderno, vi sono anche altre lacune nella _sua esperienza e tradi. zione, che h.anno avuto ed hanno, tuttora, conBeguenze di non poco momento. Anzi tutto la mancanza di quel periodo storico dei Comuni, che tanta e così grande importanZa ha rivestito in altre parti d'Italia; di fronte al regime feudale si sono avute, soltanto, in Sicilia, le città di Denw.nio regio, ed è mancato,, così, quel termine medio fra lo Stato e l'individuo che venfie realizzato precisamente dal Comune. • Da ciò l'importanza assunta nella nieùta]ità siciliana dal concetto dell'individuo, posto con1e unico e solo antagonista dello Stato tiranno, difeso contro di esso da quelle leggi elementari, le leggi non scritte di Antigone, che trov·ano il loro fondamento nei rapporti di Natura, e che il siciliano è portato a considerare come più_ alle e più valide delle leggi formali-. Insieme colla fase storica comunale è man• cata anche, in Sicilia, quella fase dell'economia mercantile, che rappresenta il neces• sario periodo di transizione verso l'attuale forma di economia industriale. L'isola è riLA RIVOLUZIONE LIBERALE siciliano m.asla, per questo riguardo, fino a ieri, a1la vecchia fase dell'economia terriera, aggravata dal permanere e dal prolungarsi del regime feudale, e questa lacuna nello aviluppo storico ed economico della Sicilia oi riflette ancora oggi nella costituzione delJ.e cosiddette classi dirigenti, nelle condizioni spirituali delle popolazioni dell'isola e nelle loro stesse caralleristiche cu!Lurali. È a <JUC• sta lacuna, infaui, che si deve riferire, ne] campo econou1ico e sociale, lo scarso sviluppo dello spirito di organizzazione, e, nei campo politico, il prevalere della borghesia accademica e professionale, a cnltura di tipo prevalentemente giuridico ed umanistico. Un'ultima lacuna, infine, è da notare nella formazione storica dello spirito siciliano. Se in Itali,, la Riforma è mancala e non ha avuto effetti sensibili, in Sicilia essa è si.ala completamente ignorata. Il popolo siciliano, in fatto di religione, è rimasi.o fermo ad un cattolicismo puramente formale, contaminato di elernenli paganeggianti; feticismo in basso, scellicismo ed indifferenza in alto. Il con• cctlo dell'individuo risulta, così, nelle classi colte, avulso anche dal legame religioso, pri• vo di quel con tenuto di interiorità che è, appunto, un prodotto della Riforma, e subordinato esclusivamente ad una morale del tutto formale, e perciò tanto più rigida, ma non sufficiente a correggere gli istinti egocentrici della razza. Nelle masse, poi, l'individuo, o resta strettamenle legato alla tr-;1dizione e incapace di liberarsene, o si mette, addirittura, in loua aperta e violenta con essa nella forma tipica della rivolta antisociale, trovandone qualche ,·olta la spinta proprio nello stesso sentimento ·i-eligioso, falsato o erroneamente concepito e interpretato. Lo spirito siciliano circola, così, intorno a due concetti fondamentali: quello dello Stato ooncepito come qualche cosa di trascendente, distinto dai suoi organi- particolari e contingenti, agenti nel tempo, e quello, dell 'individuo, concepito come solo elemento attivo opposto al 1n-epotere ed al trasmodare di questi organi, come principio; .autonomo, anzi·, di organizzaz~one sociale nel campo dove non arriva e non deve an·ivare l'azione dello Stato. Da ciò l'indole individualista della razza, quale si può rilevare da molti elementi tipici del carattere siciliano. Vale a dire 1 0 spirito di· insofferenza, e, qualche volta, d-i prepotenza, il senso eccessivo della dignità personale e del punto d'onore, la riluttanza ad ogni disciplina coa tt.a e i.l senso di disprez. zo verso la legge formale e le sue sanzioni. Sono questi caratteri che spiegano l'omertà,, L, mafia, il brig~ntaggio e le forme speciali di delinquenza della Sicilia; ma senza en• h·are nella sfera del!' anormale e dell'amorale, è assolutamente necessario che di questi elementi si tenga conto q_uando si voglia esa• minare la colorazione speciale che prende in Sicilia l'azione politica. • Sono proprio questi caratteri psicologici, infatti, che ci spiegano l'impossibilità di una disciplina rigida di partito in Sicilia, più ancora l'impossib,ilità della costituzione di par• titi veri e propri, dacchè -la vita po\jtica finisce per polarizzarsi quasi esclusivamente attorno alle figure di maggior rilievo, ed aglj uomini più rappresentativi, intonandosi ai particolari caratteri, alle doti ed ai difetti di questi. È, insomma, una concezione della vita politica fatta a base di individualità preminenti per forza d,ingegno, ma più ancora per violenza di carattere o per energia di volontà, attorno a ,cui non tardano a formarsi le cosiddette cr'icche, cioè le camarille e le piccole consorterie. Questo per le classi cosiddette dirigenti, chè per le masse la con• cezione •della vita politica è fatta, addu:it• tura, a b,ase di eroi. E questo spiega 1nolti fenomeni_ di facile infatuazione per alcuni .,1..1ominic,he altrove devono i-iuscire quasi assolutamente inesplicabih: il mito De Felice, per es., all'epoca dei Fasci, e più tardi an• cora, a Catania, malgrado l'evoluzione politica dello stesso De Felice, divenuto, negli ultimi anni, addi.;:ittura un giolittiano; il mito Palizzolo a. Palermo, ai tempi del processo Notarbartolo, ma più di tutti il mito Nasi, nel quale le n1asse siciliane parvero, per un momento, sintetizzare la loro coscienza re-, gion.ale. Raccogliendo, adesso, le fila del nostro di• scorso possiamo dire che l'individualismo appare, senza dubbio, in Sicilia, come il car.atte,·e più saliente ed espressÌvo dello spirito della razza. Ma questo si è formato anche .attraverso le varie dominazioni che si sono succedute nell'isola, .attraverso la seco1ue con1mistione con .allre razze, che gli hanno ]asciata:, volta .a volta, a guisa di stratifica• zioni geologiche successive, il sedimento delle loro p.articolari caratteristiche: lo spirito mercantile dei Fenici, la cupa violenza della razza Punica, il gusto estetico e dialettico dei Greci., il genio costruttivo e giuridico di Roma, il fatalismo dei Musulmani, la spi• rito d'avventura dei Nonnanni, il concetto monarchioo degli Svevi, il donchisciottismo degli Spagnuoli ... Elementi tradizionali moltcpli.ci, fw;i ad uniti, dal travaglio dei ~ecoli, che fanno, oggi, della Sicilia una delle più ricche e sorprendenti riserve spirituali deJl'ha.lia e dell'Europa: il tipo insomma, più completo ed espressivo cli quello Spirito Mediterraneo, complesso, molteplice, e pure unitario, che ha avuta, sinora, scarsa infl.u.,;nz.a ndJa sloria rnodcrn.a cli fronte al prevalere di altre razze piè, evolute, ma che, poalo a contatto più immediato colla civiltà, e forgiato al fuoco della crisi economica e spirituale che il mondo moderno attraversa, potrà, clomaro, cosli.tuire un faltore nuovo e decisivo nello sviluppo avvenire ,Jella civiltà europea. SALVATORE VITALE. Lettera a Missiroli Torino~ 10 9ttobre. Caro Missiroli, Ho ricevuto il tuo articolo, che non pubblico. Tu sui che Rivoluzione Liberale non è l'Epoca. lo devo rispettare i miei lettori. Vedi poi l'ironia della tua tesi mussoliniana: in Torino sabauda il tuo articolo « Fascismo e Monarcliia )) sarebbe sequestrato! Della tua « conversione ,, naturalmente non sono stupito: mi pare anzi che il commento moralistico del Mondo sia fuori di tono. Le tue tesi non mi hanno mai scanda. lizzuto. Anche questa volta tu hai sbagliato di poco la niisura. È verissùno che Mussolini s.ia senipre rimast:o, non diciamo socialista, diciamo ... « blanquista )>; è verissimo che il fascismo è uno cc schietto " fenomeno popo• laresço. Tu hai sempre letto più Oriani che Marx: è giusto che tu scambi il cc po polo » col proletariato. Ti si può augurare che le tue arti di teorico <ip licate a un movimento di plebe ti riescano anche più brillanti? Spe• riamo che il fascismo non ti tratti come So/• fici: che non ti faccia sacrificare la lirica pura sull'altare della patria. Sarebbe un. peccato: io non ho mai ere-. duto alla tua serietà politica, 1na sono sempre pronto a giurare sulle tue risorse di scrittore. Non giocarmi qJ1.est'altro tiro di farmi ricredere! Non te lo perdonerei e mi troveresti più arcigno e più moralista del Mondo. Cordialmente. PrnRo GoBETTJ. PIERO·GOBETTI - Editore Torino - Via XX Settembre, 60 B. RIGUZZI-R. PORCARI La· cooperazione operaia •500 pagine - L. Hi. Una vera e propria en~iclopedi.a della. cooperazione lodata dagli uomini di tutti i partiti. Giudizi della sfampa: Gli autori hanno assolto degnamente il compito pu.bblicartdo <Juesto libro nel quale il problema è esaurientemente esaminato. « La Giustizia )), 10 agosto. La parte storica è specialmente interessante. r.c La Sera)), 1 29 giugno. Esposizione piana, analitica. In taluni punti è critico e di giudizi acerbi su certi atleggiament-i della cooperazione itp.liana. « Battaglie sindacali ,,, 25 giugno. Esposizione serena e obbiettiva, senza intenti polemici o partigiani. <1. Rivista della Cooperazione -,,, giugno. Revisione del movimento cooperativo italiano ~n generale. «Avanti!>>, 25 giugno. È uria difesa della cooperazione italiana che però ha il merito di non nasconderne i difetti e di non risparmiarle le critiche. È concepita e suddivisa con chiarezza. G. PnEZZOLINI « Il Leonardo )), giugno 1925. Gli autori dimostrano una ·buona conoscenza dell'argomento. <( Civitas >), 19 luglio. Si occupmio di lutti i tentativi che da qualsiasi, gru.ppo di cooperatori siano stati fatti. « Italia del Popolo», agosto. Utilissimo libro. « La Giustizia )) <li Reggio Emilia, 9 .::i:gosto. Libro di vasta mole. ' « Il Lavoro ,, di Genova, 5 luglio. È straordinariamente utile e interessante. Informa• tissimo. Obbiettivo. N. M. FovEL, nella « Voce Repubblicana, 20 giugno Libro di due valenti cooperatori. « Lavoro ,,, Biella, 12 giugno. Una lrat_lazione completa di tutte le materie che alla cooperazione mettono capo. « Giustizia », 11 luglio. La letteratura cooperativa italiana è in rialzo. « Cooperazione italiana ,,, 23 maggio. 151 I danndi elprotezionismo Il rincrudire del protezionismo n0-n è J;. mitato all'Italia. Tatte Je o.azioni vanno ora• mai vers,o ,ruesto sistema dj governo economico ed anche gli Stati di recente fonn.azione - anche i più piccoli - si sono barricali dietro tarjJie ferocemente protezioniste. La tariffa i laliana del 1921 è un episodio di un vasto movimento mondiale che carat• terizzò la politica commerciale daJ 1920 al )922. Anche l'Inghilterra ed il Bel,;io che prima cieli.a hruerra sehruivano una politica doganale con jmpronta Jiberlsta o per lù meno prevalentemente liberale, si sono lasci.ate fuorviare dalle nuove dottrine economiche. L'Inghilterra, il paese classico della economia ljherista, va scontando la rua r:rnova poi ilir:.a predicata da J oe Chamberlain ed applic.at.a sino alla esagerazione dagli attuali governi sia dell'Jnghj]terra che degli altri paesi. Una gravissima e,-riai, tanto più preoe,. cupante in quanto che acmsce un male che dura da annj, minaccia seriamente l'economia cli quella nazione: è la crisi dell'industria che nel numero dei disoccupati - più di 2 mllioni e m.ezw - rivela una situazione di non dahhia ed eccezionale gravità. La situazione si può riassumere così: aumento dei consumi e del costo della vita; aumento dei disoccupati; iliminuzione delle esportazioni e quindi diminuzione delle ore di lavoro e della produzione. L'Inghilterra è orga-nizzala da un secolo per i] commen .-.i.o di esportazione: esea acquista attualmente all'estero i due terzi dei viveri che consuma e paga queste importazioni col ricavato delle sue esportarioni. Ora, da qualche tempo l'Inghilterra aumenta sempre pjù le sue compere e diminuisce le sne vendite non potendo competere con i prezzi del mercato straniero. Le importazioni vanno sempre più crescendo~ mentre le esportazioni non sono aumentate in modo corrispondente e la bilancia commerciale precipita sempre più nel passivo. Le difficoltà delle esportazioni derivano dall'alto costo dei prodotti, conseguenza dell'enorme rincaro della vita. Di. qui la disoc• cupazione specialmente nel ramo industriale. Entrata nelia via del libero scamhio durante il Ministero Canniog e Huskfason nel 1823 e 1824 col preval.ere della dottrina liberale, 1'Ingh.iJ terra costruì su questo sistema eco• nomico la sua potenza economica ed· imperiale. Cadnta ora nel nrotezionismo ad oltranza, sconta la fallacia delle nuove teorie. Come appare dai dati che pubblichiamo più avanti e che segnano l'importazione e Pespo-rtazione dei maggiori paesi d'Europa e degli Stati Uniti d'America (1), due sole nazioni, la Francia e la Ceco Slovacchia hanno l'esportazione superiore all'importazione: la Francia in virtù della conquista dei bacini minerari, tedeschi che le forniscono le mate• rie· prime necessarie alle sue industrie; e la Ceco Slovacchia, che nel 1920 aveva una esportazione di oltre 4 miliardi supériore al. l'importazione, ma ha ridotto questa cifra a poco più di 1 miliardo ed andrà man mano scomparendo, secondo quello che si può dedurre dai recenti bollettini doganali di quel paese. Risultato della protezione doganale, che ha effetto contrario, come appunto volevamo dimostrare. Le importazioni Inghilterra, 1892 superano le esportazioni per L. 2000 milioni )) 1913 "3348 )) )) 1924 "8608 )) Svizzera, (al cambio di L. 25) 1913 Frs. 543 milioni )) 1924 )) 434 )l Danimarca, 1913 Kr. 140 )) 1924 )) 209 )) Germania, 1913 Marchi 672 )) )) 1924 M. oro 2603 ;) Belgio, 1913 Frs. 83 )) )) 1924 )) 3687 )) Spagna, 1913 Pesetas 248 )) )) 1924 )) 1468 )) Stati Uniti, 1913 dollari 673 » )) 1924 )) 960 )) Francia, 1913 Frs. 128 )) Le esportazioni superano le importazioni per Francia, 1924 Frs. 1321 milioni Ceco Slov., 1920 Kr. 4185 » " 1924 ,, 1104 ,, Appare dunque evidente che in tutti i paesi le tariffe dogan~li aumentano il costo di pro• duz1one dei prodotti manufatti che troYano difficoltà nello smercio all'estero. Nessun pae. se sfugge a questa inesorabile legO'e economica. Dalle cifre sopra esposte balz; evidente la tragedia economica dei paesi produttori: eccettuata la Svizzera che ha diminuito rl.i un quinto lo sbilancio fra l'importazione e l'esportazione, lutti gli altri paesi hanno aumentato questo sbilancio, alcuni in modo veramente impressionante. La stessa Gern1ania che da Stato agricolo si è trasformata in Stato industriale, fino al 1875 - prima dell'avve• nuta trasformazione - esportava prodotti agricoli; alla vigilìa della guerra un terzo della sua popolazione, che si avvicinava ;,i 70 milioni di abitanti, dipendeva dall'estero per il suo nutrin1ento. Con la tariffa del 1921 in Italia si aumen• uirono i dazi mediante i coefficienti di mag-

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