La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 35 - 4 ottobre 1925

L.Aììt, 4.H v.ue , l 'ff VA LIDtn IL BARETTI Qulndlcinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITA DELLA SETTIMANA V.CENTO .,.W.0..in,flto a.nnuo L. 10 - E•Wo L. 16 Un numero L. 0,60 ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20 - Semestro L. 10 - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numero L 0,50 - C. C. POSTALE loe Me- AllaricercadiCristo ll M.iz. accr~n.ta. Anno IV • N. 35 - 4 Ottobre 1925 Si .,,,Awu fra,vA di y,rltJ a ~i ~ c;agw.J 4i ,(;. 6 cill' ,dli«, G"""' • ToriM SOMMARIO. - S. Caramella: I mistici della politica. - G. Bruguier: Inchiesta sulla lira. - G. Dorso: Vita ,nerirliona!e: Due congreasL - c. p.: Risorgimenl<,: Il Sud. - C. Paglionisi: Balbo - C. Bonavia: La Ginevra Itnlinnn. - G. Cappa: Letiere al Direttore: Idee sull'uomo <li Stato. I n1istici della politica Può essere che noi, abbiamo bisogno an- -cora una volta d1 inventariare la nostra cultura politica. Cll!Ì scrive ne sente il bisogno di momento in momento, di fronte al pullulare di nuovi n1ovin1enti, di nuove correnti, di nuove riviste. Ma non c'è cosa più difficile, perchè l'idea che tu vorresti afferrare e chiarire e valuta.re ti sfugge per volontà stessa di coloro che la professano: ad ogni tua richiesta, diretta o indiretta, di sapere precisamente di che cosa si tratta, trovi che i fautori dell'idea si stringono nelle spalle e trovano che tu non capisci. Un'a volta, in tempi di 1naggior semplicità, o se volete, di maggiore ingenuità, si usava spiegare, chlarire, dimostrare: e l'oscuro, il nebuloso era il peggior nemico della fortuna di un movimento, di una dottrina. Ora, sembra esserne il vanto. Ma peggio accade quando si vuol ragionare positivamente, e si cere.a di portare un contributo attivo nel dominio della pratica. Il vedere, o tentar di vedere, più a fondo: lo sforzo per afferrare e comprendere un pensiero, un'azione, un fatto nella loro esatta determinazione, e per allargare di conseguenza le nostre e le altrui visuali•: tutto questo è costantemente tacciato di inintelligenza e di cecità. E la taccia si acuisce e si inasprisce se poi cerchiamo di far scaturire dal nostro atteggiamento una norme di azione nostra, e invitiamo a s0ppesarne il valore. Qui i pratici arrivano addirittura al momento elegiaco della compassione. Essi <-: capfa~ono J), sì: e tanto basta. Così s '.introna e si santifica questa interessante e curiosa mistica della comprensione. Capi.Te, capire! M,a cl1i discute, ma chi critica, quegli è condannato a non capire. Perchè capire diventa una specie di· atto ineffabile, un 'immersione nelle oscurità ma:r:ginali di un mondo iudefuribile: qualche cosa di talmente esoterico, che chiunque si sente in diritto di rivolgere ad altri l'accusa di incomprensione appunto perchè gli nega il reciproco diritto di poter mai capire. Chi abbia un po' di pratica della storia e delle fortune della nostra cultura contemporanea si rende conto benissimo delle origini di questo comodissimo sistema polemico. Questa cultura è stata successivamente tormentata dal pullulare di una serie di movimenti giovanili, uno .accavallato sull'altro; i -quali avevano, sJ, qual tanto d~ energia che occorreva per muoversi, ma non in quella misura che avrebbe J.oro consentito di spiegare perchè si muovevano; e allora per· ri• mediare alla mancanza di chiarezu e di determinazùone nelle idee, si sono affrettati via via a sostituire alle idee la dichiarazione che gli « altri » ·non capivano nuìla e qu.iudi non e1·.ano autorizzati a pretendere spiega~ zioni. E frazionandosi i movimenti, questo sistema è stato spinto, dalle diverse frazioni in lotta tra loro, fino al parossismo. Gh avanguardisti della cultura sono diventati, chi più chi meno, fascisti o comhattentisti o imperialisti o liber.alnazionaìi; e qui hanno subito scoperto che il metodo era Cftta~1Lomai eccellente. Anche qui, naturalmente, non mancava loro quel fuocherello ln seno che bastasse all'occorrenza per un poco di spontanCo entusiasmo e per tutti gli artifici oomp lernentari; mancava però la sostanza indispensabile per essere qualche cosa di concreto e di preciso nella vita politica: e allol'a, ripetendo nell.a politica un fenomeno letterario, essi hanno difeso la dignità del loro sfrenato movi1nento in .avanti con la tesi della incomprensione altrui. Non vale l.a pena di occuparsi di questo atteggiamento i:n quanto è sfruttato dal fascismo con1e un dei tanti pretesti per chiuderci la bocca. L, qnesto caso esso si riduce inf.atti al peso e al colore cli una violenza verbale. Ma la cosa diventa più complicala e più squisita quando si tratta di un gruppo di. oppositori, ricchi di scrupoli. e di senso della dignità: qui diiventa proprio una sottiìc malattia, che serpeggi.a nella struttura cerebr.nle di questi ccamici » e li rende intrattabili e sprezzanti, o per lo meno restii a ragionare in maniera condiscendente con il resto dei mortali. 1noo1an Per venire a un esempio, non se l'abbiano " male i combattenti se proprio a loro si applica questa analisi: voglio dire, si capisce, i combattenti indipendenti, che conservano ancora quella posizione autonoma con cui 1,·i presentarono qualche anno fa nella vita politica. Se chiedete loro schiarimenti in merito a questa posizione, vi risponderanno press'.a poco così; « Noi crediamo che i vecchi partiti non possano combattere il fascismo perchè ess; rappresentano l'Italia cli prima di Vittorio Veneto, dalla quale oggi ci divi<le un abisso: la loro successione al fascismo rappresenterebbe un passo indietro. Il fascismo s-i>è reso conto che Vittorio Veneto rappresenta l'inizio di una nuova epoca e l'affermazione di nuovi valori, ecc., ecc.,; ma ha tradito lo spirito della vittoria, piegand.olo a mezzo dii governo tirannico e a servizio della piutocrazia. Soltanto i combattenti possono combatterlo perchè soltanto essi hanno il diritto di rimproverargli questo tradimento in nome della coscienza nuova del popolo italiano, ecc., ecc. "· L'interlocutore, a questo punto, domanda di grazia che cosa sia la coscienza nuova e in che cosa differisca dalla· coscienza vecchia; e perchè la coscienza nuova non dà origine a un nuovo partito, o non ringiovanisce i partiti; e se per caso i partiti non potrebbero anche loro essere.in via di acquistare una coscienza nuova, e via dicendo. Ma allora gli si volta sdegnosamente le spalle dichiarando che non capisce, od osservando con malcelato disprezz.v che ae lo. coscienza nuova uo-a J.'~i..t, non •1a può nemmeno acquistare. In realtà questa e le altre varie « coscienze nuove )> eh-e corrono il campo a conturbare le idee, sono appunto oscure forme di male inteso misticismo (e si osservi, d:i1 fatti, la peculiare affezione dei combattenti per Assisi), quando non si riducono per caso al desiderio di sostituire una linea « più elastica " alle « linee rigi•de " della politica. Il misticismo consiste nell'esaltazione di alcuni nobil.i sentimenti, come l'amor di patria, il ricordo delle sofferenze patite, il' senso dei sacrifici comp1/Uti, l'aspirazione umanitaria al. l'elevazione ,e al progresso, il conseguente bisogno di novità; l'errore consiste a su.a volta nello scambiare questa agitazione passionale per una coscienza politica, per un complesso di idee e di tendenze ben determinate; e 1a radice dell'errore sta nel senso di pigrizia, stanchezza o repugn.anza che si prova dai più di fronte all'obbligo di determinare idee e tendenze. Così i mistici della politica ripetono tma volta ancora le aberrazioni dei mistici del- ! 'arte, della filosofia, della scienu. Non neghi-amo loro che nna certa zona dello spirito contempo-raneo è fatta propTio per accogliere queste aberrazion.i, e che particolarmente in Italia il misticismo politico può trovare, come trova, seguaci. Ma neghiamo che ciò possa significare qualche cosa di positivo e di concreto. Potrà essere .riuscito il misticisn10 politico a metter radice solo perchè avrà fatto ricorso ad abili forme di concorrenza politica:· tutti ricordiamo a quale disastro .andò incontro quando cercò di presentarsi .alla luce del sole, e senza aggeggi, con la Lega italica di Sem Benelli. A questo ·nome che mi è cascato dalla, penna si attacca, come ad un uncino, una considerazione abbastanza ovvia: che cioé quegli stessi n1istici che or.a stanno procla. mav.do la comprensione propria e l'incomprensione altrui, sono dal più al n1eno gli stessi che prima della guerra, non essendosi anco·ra affacciati all'o1·izzonte politico, si sfogavano a incrirniuare Croce di non capire nulJa d'arte o 1nagari di filosofia, e a far monopolio per sè stessi dell'arte di capire. Mi ricordo di averue sentito, in un cafTeuccio quasi di provincia, uno che stava infliggendo e un.a povera donna tma lezione di questo genere: e la pipa che gli ballava fra i denti, incorniciata da una barbicala rossastra, diceva anch'essa di, sì ad ogni invel Liva contro ser Benedetto. Io credo .abbastanza necessario èhc si diminuisca al :mtininw p-0ssih·de !~abitudine di scambiare per penetrazione la propria disordinata effervescen2>a e per ottusità l'altrui compostezza. E credo piè, fermamente ancora nella virtù e sanità pratica delle idee chiare e precise. So hene che Je idee chiare e preci.se, specie io politica e in arte, hanno aspetto modesto e paion sempre vecchiotte: ma 1,isogna guarire dalla malattia della genialità, e adattarsi a vivere terra terra, per cavarne quel po' di frullo che dobbiamo ottenere. Un atteggiamento di questo genere si potrebbe anche giustificare così. La mentalità « geniale >>, cioè intuitiva e brillante, non è fatta per muoversi nel presente, ma per avanzare nel futuro e, se ha qualche valore, gettar semi che germoglieranno in seguito. Nel presente si agisce rettamente sfruttando l'espcriem,a e le divinazioni del passato, che vuol dire riflettere e ragionare a,;sai cautamente. <, Capire J> d'altra parte, e cioè in. tendere le esigenze e Je ragioni di quel che si tratta di fare o di giudicare, non significa altro se non allargare e approfondire le pro• prie idee fino al punto di compenetrarle con La realtà. Come si possa arrivare a questo punto a colpi di intuito, e come l'arrivarci per altra via debba ritenersi vana pretesa, son cose che vorremmo sentirci spiegare, sa di spiegazioni ci degnassero, e degnassero sè stessi. coloro che tengono il campo cosi allegramente. s. V...aA."1ELLA. Inchiesta sulla lira 1. Stabilizzazione deila lira, rivalutazione o ritorno ali' oro? La domanda non mi sembra 'felice. Non sono tre corni di un dilemma, nè i tre fenomeni economici giacciono in uno stesso piano. Una questione è principale: ritorno all'oro; le altre sono subordinate a quella come mezzo al fine. In realtà le discussioni ·molteplici che si sono venute agitando in questi ultimi tempi 'non hanno molto giovato a chiarire le idee; si sono affrontati insieme un nuvolo dii problemi, n1entre sarebbe stato utile cominciare col disporli per ordine di importanza e di __sur.c,essipn~.))ogica, iu modo da mettere· in evidenza il nodo centrale'. Questo è il punctum saliens. Decidere ae devesi o meno ritornare all'oro/ se deve cioè la nostra carta essere convertibile in oro ad un cambio determinato e se l'oro deve esser liberamente esportabile come mezzo di pagamento internazionale. Per mio conto ritengo che. un ritorno all'oro sia da desiderarsi e da propugnars~ con ogni vigore. Inutile ripetere qui i vantaggi connessi con uno standard aureo e per, quali ragioni dovrebbe l'Italia seguire l'esempio dell'Inghilterra, dell'Olanda, dell'Africa del Sud e di altri paesi. Una volta poi che tutti si siano ben messi d'accordo sull'obbietto da raggiungere, si baderà ai mezzi più acconci per conseguire lo scopo. Si discuterà cioè - nell'ipotesi che il r,itorno a1l'oro sia stato deciso - sulle circostanze di tempo più favorevoli per l'operazione, sulle modalità tecniche, sulle riserve auree degli istituti di emissione, sugli accordi con gli istvtuti esteri e via dicendo. E si discuterà anche di stabilizuzione e di rivalutazione. 2. La quale discussione, a mio giudizio, ha una importanza, più che economica, politica. Dal ptmto cli vista della economia pura è indifferente sLabilizzare o rivaluta1·e. Sup• posto che tutti i prezzi delle merci, gli stipendi degli in1piegali, i salari degli operai, le impcsle e le tasse, i titoli cli Stato, i valori azionari e obbligazioni, i mutui variino nel.Ja sles~a proporzione in cui la nuova 1noneta aurea cla introdursi st.:'lalla vecchia moneta cartacea, noi potrem1no dall'oggi al domani ritornare alla lira oro d'anteguerra, perchè Lutto resterebbe immutato. Ma sappiamo che in pr.atica questo non accadreboe. Alcuni prezzi reslerehhero fermi, altri camminerebbero adagino adagino, alt.1:i invece si slancerebbero arditamenle avanti con passo da bersagliere. E allora? Poniamo n1ente in particolare alle conseguenze politiche, e cons.ideriamo il fenomeno in tenuini di reddito. Il reddito nazionale .annuo si può dividere in tre grandi parti: unn parte va ai detentori di obbligazioni, cli titoli a reddito fisso, ai capitalisti mutuatari: questa parte di reddito resta immutata in valore non1inale, ossia espressa in lire, ma varia in capacità di acquisto col variare del valore della lira. Un'.altra parte risulta dei salari e degli stipendi: essa di regola varia nella sua espressione ~11 lire in modo da tendere all'ingrosso a mantenere inalterata la sua capacità d'acquisto. La terza parte del reddito nazionale va agli imprenditori; essa varia non soltanto in valore nominale ma anche in capacità d~acquisto. A ognuna delle varie categorie d'individui cui affluiscono i redditi sopr!a considerati (interessi, salari, profitti., ecc.) corrispondono determinate caratteristiche, onde risulta .poi la struttura e la fisionomia della società politica del tempo. Variando dunque le proporzioni· in cui si divide il reddito nazionale, si modificano i redditi indi-,iduali, e si sposta la importanza rÙ!pettiva delle classi sociali, delle quali alcune si anantaggiano, altre restano danneggi.ate; ecco l 'i.m. - porlanz2 p1:>litica:>dellài~iliz:;azicn:~ e Jè::la rivalutazione. Gli economisti banno posto in luce un fatto che ha avuto una grandissima importanza uel determinare l'organizzazione della attuale società industriale: il fatto della diminuzione lenta e graduale del capitale investito 'a lunga scadenza e ricompensato da redditi fissi (mutui, obbligazioni). Questo fatto sostanzialmente dipende dalla lenta ma continua erosione del valore della moneta. I rivalutazionisti che in ossequio al dovere dello Stato di restituire al creditore l'identico valore mutuato, vagheggiano il ritorno alla lira prebellica, capovolgerebbero nel suo andamento à.l fenomeno qui sopra ricordato, a tutto vantaggio delle classi capitaliste. Qnali le conseguenze? Io non do giudizi di merito. Nè tantomeno nego l'importanza di questi problemi e delle discussioni intorno a questi problemi. Dico anzi che questi problemi - per la loro portata - trascendono i limiti della economia; e pur ricorrendo al parere dei tecnici, cioè degli economisti, per aspetti particolari di essi (per esempio, possibilità o meno di mantenere una data stabilizzazione, misura da prendere per facilitare mia graduale rivalutazione e via dicendo) debbono sifiatti problemi esser sottratti al piccolo sacrario dei competenti per esser sottoposti alla libera e pil1 ampia discussione di tutti i politici. 3. Un noto economista ha ingaggiato una battaglia a favore di un sistema monetario in cui la circo1,zione sai'ebbe controllata dalla banca centrale di emissione così da garantir~ la stabilità dei prezzi. Chi non ved,; le conseguenze politiche di un siffatto sistema? E sarebbero esse buone o dannose? 4. Tra le molte ragi,mi a favore del ritorno a uno standard aureo, ce n'è una che non vedo di soliLo messa in rilievo. Dacchè gli Stati Uniti d'America sono rimasti l'unico n1ercato in cui l'oro poteva liberamente ent.i-are ed uscire, l'oro ha perduto di utilità (che utilità avrebbe un telefono per un Tizio che nel mondo fosse il solo a possederlo?) e di valore, chè è venuta meno la massima funzione dell'oi:o: quella di equilibrare, circolando di nazione in nazione, i vari sist~mi di prezzi rappresentati dalle singole economie nazionali. Ed è successo che

)42 LA RIVOLUZIONE LIBERALE non il dollaro trovasse la misura del suo, valore nell'oro, ma, all'opposto, il valore dell'oro si determinasse su quello del do] !aro. Ma il valore del dollaro - ossia la sua capacità d'acquislo - dipende dal liveJJo generale dei prcz,i, e questa a sua volta dipende in gran parte dalla politica c-redilizia delle banche. Orbene, eccoci col dito su!Ja piaga: le Banche am.ericane non 1ni sembrano aver raggiunto qt1ella maturità di esperienza che permetta loro di essere le arbitre dei destini monetari del mondo. Tra le banche dei diversi Stati civili, quelle del NOl'd America banBo d.a cento anni •n qua rappresentala Utl po' la parte del Giappone, che è i] paese più terremotato del nostro pianeta. Ed anche in questi ultimi sei anni, le banche federali, pur trovandosi in condiziorni di eccezionaJe prosperi! à, non hanno dato nessuna prova di gr.andc saggezza. Esse hanno subito le necessità finanziarie del governo an1ericano, e hanno dovuto tener basso il saggio dello sconto per facilitare il collocamento dei vari prestiti puhblici, provocando così una vera e propri.a inflazione. Ora che le b.anche nazionali, arciprovviste di denaro, non riscontano più presso le banche fedèrali, queste non sanno dove trovare le attività necessarie a ricoprire le fortissime spese e dare no interesse al capitale. Sicché sono costretle a comprare carta sul mercato, e titoli anche quando sarebbe il caso di fare tullo l'opposto. Si verifica in America quello che succedt; anche da noi, dove una lllfona parte d-cl crerlito inflazionista è ,!ovulo al [atto che molte banche sono coslrelte a scontare carta anche di dubbia sicurezza pur di guadagnare iJ tnini1no indispcnsabj]e per vj. \.'f'J"C. Si sono lodate le bancbe federali per aver concesso con parsimonia il credito, mentre le vastissime riserve auree avrebbero loro consentilo di largheggiare. Ma queste lodi sono fuori posto. Forsechè il credilo ehc concede una banca non dipende, oltrcchè daHe riserve di cui dispone, anche e sopralullo dalla possibilità - che è sempre limitata - di fare buoni affari? Un ritorno simultaneo di pii1 nazioni allo standard aureo collegherebbe il valore dell'oro a quello di tulle le varie monete convertibili in oro, e atlraverso queste, ai !ivelìi dei prezzi delle singole nazioni, creando così un sistema generale di forze, che, oltre al- }'equilibrio moneLario, raggiunga un pili stabile equiJi.hrio industriale. GIUSEPPE Bnucurnn. Vita meridionale DUE CONGRESSI Per mostrare in forma plastica quale sia la vera essenza della questione meridionale, il caso ha voluto che si svolgessero contemporane;menle due Congressi regionali con spirito perfettamente antitetico: il Congresso per il risorgi mento economico del Mezzogiorno, a Napoli, ed il Congresso del Partito Sardo <l'Azione a Macomer. Il primo è una ritinione prettamente economica, diretta a compilare una specie di nota della lavandaia di opere pubbliche ed 3Itri provvedimenti da chiedere al Governo. Incapace di risalire alle cause che ci hanoo condotto alla presente miseria, lo spirito del Congresso di Napoli è ancien regime: si contenta del paternalismo taumaturgico, è persuaso che le plebi, bevano ancora grosso in materia politica e perciò non teme di illuderle con promesse mirabolanti; in una frase, non eccede la mentalità borbonica convinta di contribuire all'eleVamento morale ed economic0 del paese mercè gli emarginati del Real· Istituto d'Incoraggiamento di Napoli e delle Società economiche delle Provincie. Esso potrà f6rnirci una visione panoramica del complesso problema, ma è negato a comprendere che l'ostacolo maggiore alla sua risoluzione consiste proprio nello spirito di sèrvilismo governativo di cui i congressisti danno così tristo esempio. , Tutta l'essenza della questione meridionale è per• ciò non soltanto assente dall'adunata napoletana, ma addirittura contro di essa. « La questione meridi0nale - ha scritto in que~t.a + circostanza, il Sole-o - non si risolve in Congressi « ufficiali, ma nello spirito stesso delle masse. Se esse « non partecipanò àircttamente a preparare la loro <.e redenzione, questa non potrà verifica'rsi, data anche e< per provata la buona volontà del Governo, il quale « continuerà nel sistema delle elemosine, di cui i1 « Congresso vuole· essere una nuova grandiosa ap- « plicazione. Sopratutto manca ai fautori del Con- « gresso di Napoli la visione completa clel problema << meridionale: economico, Politico, spirituale in- « sieme. Se così non fosse, non si perder~bl:,ero in « frammentarie richieste, che non risolveranno, se « accettate, radicalmente il problema, ma si accor- « gerebbero che solo nna profonda riforma dell'or• « ganizzazione amministrativa dello Stato, togliendo « le cause - per dir così ~ storiche del male la- « mentato offrirebbe la guarigioné completa. Fiii.chè «il· Mezzogiorno non avrà spezzato, con le proprie « mani, la coalizione degli interessi industriali del « Settentrion'e, non Ì,oLrà parlarsi di rinascita meri- «: dionale e tanto meno di sviluppo economico ». Il C_ongresso del Partito Sardo d'Azione è invece_ fortemente impregnato di questa spiritualità che costituisce il succo del meridionalismo. Esso è perciò un Congresso politico e non ec_onomico: una presa di posizione conlro lo Stato storico e non una richiesta di particolarismi. Il brano, perciò, dell'organo ufficiale di questo partito, trascritto di sopra, è decisivo a segnare le differenze tra Macomer e Napoli. Del resto queste differenze sono Le siesse esistenti tra il fascismo isolano ed il sardismo. Infatti il fascismo isolano è composto per tre quarti di ex-sardisti, che, a giusti.6.cazione del loro tradimento, adducono la necessità di assicurare all'Isola una buona serie di opere pubbliche. Nella loro caratteristica mentalità trasformistica essi affcr• mano in ogni occasione di essersi sacrificati per il benessere del loro paese. Ma siccome il paese non ha tr;atto alcun vantaggio da questo sacrificio è logico dedurre o che i sardisti secessionisti sono stati troppo ingenui a credere alle promesse del Governo, o çhe la via per risolvere il problema meridionale non passi per Palazzo Bra§chl. Noi siamo convinti proprio di quest'ultima verità e perciò seguiamo con vivo interessamento l'azione sardista,· ispirata ad alte ragioni d'intransigenza; Anche se essa non ha per ora virtù propulsiva, ha tale un valore educativo da- farci veramente spe• rare nell'avvenire. Occorre, però, che i dirigenti sardisti, si cslraneino sempre più dall'azione padamentare per dedicarsi al paese. Il proposito esposto <la Canlillo Bellieni di accostarsi sçmpre più al popolo mercè un'azione classista temo sia' destinato ad incontrare ancora ostacoli nella pratica, specialmente a causa di talune posizioni personali, che nel Partito permangono. Non bisogna, perciò, addormentarsi sulle posizioni raggiunte, ma si deve porre ogni opera a migliorar~ la compagine del Partito, e sopratutto a differenziarlo sempre più dalle 'altre opposizioni antifasciste. Anche se il Congresso non deciderà la secessione dall'Aventino, occorre che il Partito si prepari con ogn~ urgenza: non è sulle posizioni di compromesso, ma su 9"ue1le <li intransigenza che si può spei:are ,li vincere. Ormai i termini del problema sono chiariti. Li •ha esposti sul Solco Luigi Battista Puggioni con grande perspicacia. Mette conto trascrivere: <e Due anime vi sono nell'Aventino: vi è un'anima « conservat;ice che concepisce il superaménto della « situazione attuale come un ritorno al pseudo lite- « ralisfo prefascista, ~ vi è ~n'anima ~vo~u~ioRaria.4 « la quale crede che una vittoria sul hScismo debba « portare a nuovi istituti che meglio garantiscano cc la libertà dei cittadini e il fecondo sviluppo delle C< classi s_ociali, divenute veramente compartecipi « della vita nazionale. <e Queste due concezioni, così profondamente di- . « verse, se possono trovarsi µnite nella negazionç, <e non possono mai essere nell'attività pratica. «·Vada perciò ciascuno per la pro~ria via e operi « secondo le intime necessità del proprio ideale. « Noi, fedeli aJle nostre origini, siamo ben consacc pevoli del compito che ci è affidato. cc Comprendiamo chiaramente che l'autoritarismo (\ fascista, esaspe!azione del vecchio sistema pseudo- « liberale, non pòssa essere superato cbe dalla im- « missione delle vita politica delle masse rurali or• « ganizzate attorno a· precisi interessi, quale la lj. " b"ertà doganale, la giustizia tributaria, la libertà « sindacale, le autonomie di enti comunali e regio: cc nali e così via. « L'Italia non si salva con abili modificazioni ,ii « schemi formali o con l'avvicendamento di oligar- « chie trasformistiche al governo della cosa pub- « blicn, ma portando con pazienza e tenacia il popolo cc italiano, oggi assente, a partecipare alla vita dello « Stato, a realizzare in forma concreta l'autogoverno. « A Macomer noi dovremo porre con precisione i « termini di questa azione che. va fatalmente matu- « randosi. « Il passato non può ritornare per nessnno, ed f'. « tempo oramai che, abbandonate per sempre le « logomachie e le querule proteste, og~i.--partito r:- cc prenda la sua via. « Non preoccupiamoci di decidere se i deputati « debbano persistere nella secessione parlamentare « o ritornare nelraula: son questioni di così insi- « gnifìcante dettaglio che non debbono fermare nep- « pure per un istante il nostro pensiero. <e Restiamo dunque fedeli al significato morale « dell'Aventino, ma riprendiamo confusi fra il po• e< polo la paziente fatica di autoeducazione che dovrà (I. condurci al nuovo stato nel quale il popolo si sen- « tirà veramente sovrano >l. Nol)ili e serene parole queste che mettono in luce che il sardismo tende sempre più a divenire un'idea universale, a farsi centro della soluzione meridionalista. È questo, dunque, il terr~no su cui occorre lavorare: il sardismo, se vuole vivere, deve porsi sempre come avanguardia organizzata del meridionalismo, ed attendere nella torre d'avorio dell'intransigenza che il Mezzogiorno continentale dia segni più patenti di risveglio. Certo i tentativi finora svoltisi in questo campo non danno soverchio affidamento. La fine ingloriosa dei partiti molisano e lucano d'azione hanno forse gettato nel cuore di molti sardisti il seme del dubbio. Ma Ja quel!ltione meridionale batte alle porte sempre pw 1nsJslente, con un dntocco funebre per ]a vecchia ltaJia, nata ed jpgrasr;ata ne] compromesso ant.i.-meridionale. D.i. e&sa {HlÒ dirBi ciò che Tacito scriveva dj Bruto e di Cai,oio alle Cijequie di Giun.ia: Sed praefulgebant Cu.~liÙt.<; et Brulu.s, eo ipso quod <'f/igieAPorum non visebanlur. 11 meridionalirsmo ancora non el'iste e gjà opera da lontano: coatdnge il Governo a bandire la erodata mezzogiornisti<'a, dcmpie fo stampa governativ.:: C <li oppo,:,izione, consiglia la conv-ocazi,Jne deJ CongreRso di Napoli. Che co1:1a temono <1oef<li ,signoJ·i? <i.ualP. i,pettro turba i loro sogni? Esi,i &:ono i padroni deJ mr,mento. Con un Governo che <leve !$volgere il tema fratformista io formu unitaria e pcrri1J deve ripudiare gJi accordi ,li gruppo per ammettere iJ so1o tcs t.:rnmen.to individuale, non temono di essere scaJzati da neFs-uno nei posti di <;oman<1o. Che coPa dunque, tem,,no? La rispoéla è semplice: temono J'avv~nirc. Quando il popolo meridionale cominderà a comprendere che il faiscibmo è nient'ahro che l'eFasperazione de] giolittismo, quando l'odio contro 11 trasformismo crescerà all'infi'nito e la pjccola borghesia rurale avrà smaltito questa stupida paura del socialismo che ancora le accappona la pelle, allora le idee autonomi&1-c avranno libero H campo~ e la sconfitta delle minoranze trasformistiche sarà assicurata. In quell'ora il sardismo diventerà padrone del campo, e saranno t.enedetti coloro che lo avranno i;alvato dalle contaminazioni. Gorno Doaso. Non abbiamo bisogno di ripetere che l'autonomismo meridionale, il 'meridionalismo, è una delle tesi fondamentali di Rivoluzione Liberale sin dal Manif~st.o del febbraio 1922: anzi risale ad Energie Nove. Ma noi non ci facciamo nessuna illusione sul grado di maturità del Mezzogiorno: sappiamo benissimo che lo stesso autonomismo pot,rebbe risolversi nel Sud in una pratica reuzionaria, sappiamo che la rivolu, dei contadini è stata sempre per il passato antilib~ rale e ai giovani nuovi del Sud a cui abbiamo diretto l'Appello meridionale chiediamo appunto di lavorare co'ntro questi pericoli. IL SUD Nel processo di formazione della vita unitaria il Sud non interviene, non contribuisce, non porta nessuna forza all'attivo. Si può dire anzii che esso è intimamente estraneo al formarsi della nuova situazione. Le ragioni di tale ostilità sono chiare a colui il quale sa cogliere l'originalii,tà storica della vita meridionale attraverso i ,secoli. Il Sud, vissuto sempre ai margini della vita, abituato a ricevere riflessi od a subire una esistenza propria ad altri climi storici, ad altro non tende c!1e a fissare definitivamente se stesso -in un i'e.gime· che tolga la preo·ccupazione di nuove scosse. L'attaccamento filoborbonico deriva d.a tale situazione psicologica. II Regno delle Due Sicilie trova la sua forza e la sua stab:- lità in codesto bisogno di quiete, nella volontà delle classi dirigenti di inquadrare la situazione generatrice in un assetto comune, nel modo di trattare questa per renderla più passiva e inerte. L'orm.c1.i celebxe motto << feste, farina e (orche ,, è la sintesi lapidaria ed eloquente dello stato di cose già accennato e di un metodo di governo che può vantare diròtti di precedenza - a parte le sfmnature e la maschera costituzionale - di fronte :tl giolittismo e al fascismo. Si spiegano così chiar.amente l'assenza di simpatia verso il movimento uniitario e i fenomeni cui il Meridione dà origine e sviluppa maggiormente durante i primi tempi del nuovo Regno. Il brigantaggio, il sanfeàismo, il rifiuto· alla coscrizione sono sintomi che denunziano la volontà deù popoli del Sud di rimanere estranei ad una vita nazionale, di perm.anere nella si.tuazione antica che 1 loro solo chiedeva la sottomissione e l'ignoranza verso i problemi! soUevati dall'irrompere della vita moderna. Questi motivi spiegano pure a sufficiènza l'adattamento che ne segne. Possono reagire e far valere se stessi popoli già passali per il vaglio rivoluzionario,. per l'esperienza del sacrificio, pel noviziato del dolore e della inquietudine. Ma è 'pacifico cbe chi è abituato alla servitù può solo brontolare nei primi tempi del cambiamento. Dopo finirà con l'acquietarsi. Nell'Italia unita ,U Meridione si trova così senza volere, senza aver messo in questo formarsi alcuno stimolo, senza che nemmeno vi fosse nel popolo il favore. Si trova legato .a nuova servitù che si palesa a sè stessa man mano che l'antitesi Nord-Sud acquista più marcata fisionomia. Cavour, profondo conoscitore di tale situazione, ha perfettamente ragione quando si propone di attaccare subito il problema per incanalarlo verso la soluzione invano attesa, e in questo proponimento si fissa talmente da esprimerlo nel delirio dell'agonia. Il processo unitario si risolve, quindi, nel Sud alla identica maniera con la auale si risolvono le dom_,inaz~oni. Esso anzi s1 può chiam.are, senza sove1·chi eufemismi, una nuova dominazione. Le regioni restano, come al sold.to, passive e amorfe, continuano a subire. Un rilievo che volesse dare la nozione plastica della vita unitaria non potrebbe non rendere a sè, con contorni ben delineati, 11 Meridione. Il parlamentarismo resta, perciò, preso nella morsa di tale situazione. No'l tende a svecchiare e a rinnovare. Le democrazie del Sud sono l'esempio tipico della: più grande incapacità. Esse non si hattono per jdee, sconoecono l'inquietudine e il travaglio interiore. Nella lo.ro natura è evidente la natura c:klla terra di nascita e l'orgoglio di tale origine. In ciò ai può riscontrare una continuazione della storia del Meridione nella nuova storia <l'Italia e naturalmente un form:idabile ostacolo per una effettiva formazione unitaria. Qu.ando le masse Javoralrjci neJ '92 p.rjma, nel movjmento nasiano poi, l,al;,;ano alla ribalta deila vita pubhlica affermando con violenza il sorgere di una nuova coscienza regien.ale, ponendo la quistione nei veri termini, 5j trovano perciò prese tra rJ ue nemici. Hanno contro le democrazie lo'.".a] j e Je daasi dir~genti della na- ½ionP; esprf'ç"ioni ,li r~a1tà storiche che il fatto tende a superare pur nelJa loro diversità. Nella Jtafietta cattolica e ooslituzionale, bramosa già di affidarsi al governo giolittianc, quel fenomeuo protestante i, anche antiunitario in qu.anto tende a cap-ovolgere,. aggravandola, l'antitesi Nord-Sud. La questione meridionale così si trascina attendendo invano l'ambiente di favore per la oua soluzione. Oggi la questione non è più che un elemP-n1Zlnella lotta politica cli tutta la penisola. c. p. PIERO GOBETTI - Editore Torino - Via XX Settembre, 60 R. ARTUFFO L'ISOLA L. 10,50. Pn.bblican<lo questo lihro sapevamo di intraprendere una battaglia. Opere come l'Isola n-an DaM:,Ono tatti j giorni, nè tutti gli anni; appena egeo no il gran pubblico sente quasi il bisogno di difendersene per dedi_carsi a letture più pacifiche; ma questi sono libri ehe sanno conquistarsi i loro lettori: e la loro ora Tiene a dispetto di qualunque indifferenza. Intanto la stampa italiana incomincia ad accorgersi dell'Isola. Ecco i primi giudizi: Questa tragedia è tutta un singhiozzo, CM muove da Leapcudi per inabissarsi nei terrori di un Àndreiev. S. D'AMICO, « Il Leonardo», giugno. La pubblicazione è giustificata dalle rare qualità che l'Artuffo rivela: ampiezza. di concezione,, forza dialettica, spontaneo lirismo, anche se dominato da infl.uenze pascoliane. C. PADOVANI, << Comoed.ia », 15 settembre. La concezione è vasta ... Si legge con intereS$e chè la foga dçi discorsi trascina via. fl tentativo di condensa-re in una sintesi drammatica le forze che agi- , scono nel mondo è un giovanile ardimento. e:: Corriere della Sera », 2 settembre. Eterno conflitto fra la passione dell'uomo alla ricerca di, Dio e fo impassibilità dell'universo. « Corriere della Sera », 15 settembre. L'autore vi elabora drammaticamente alcuni fra maggiori mit-i umani, proponendosi di esprimervi una sua concezione tragica del ·mando. « Risorgimento )), 8 maggio. Opera rivoluzionaria. « Tempo », 24 giugno. In qualunque altra nazione basterebbe ztn~opera come l'Isola per dare all'autore altissima fama. « La Patria del Friuli)>, 30 maggio. Temperamenti come quella di Artufjo chiedono cl poema di esprimere la chiave e la formula, l'alfa e l' omegu della viM universa: cielo e terra sono nuovamente invocali rJ porre mano a questa impresa difficile. E. MONTALE, « Il Lavoro ,,, 9 maggio. Vuol rapprese1Ìtare il crepuscolo dell'umanità. « Il Mondo », 30 aprile. Un lavoro che merita attenzione e studio ... Teerie intere;santissime. Concezione eminentemente lirica. « Rivista di cultura », I° settembre. Un grido umano di pessimismo. C. PucLIONISJ, « Voce Repubblicana 11, 14 giugno. Ricca di squarci veramente belli. a: Parte guelia », agosto. Questo libro non si può leggere senza dimenticarsi e profondarvisi. E. PALl\UERI, « Conscientia », luglio. Una tragedia di vasta mole che ha un vasto soffiodi umanità dolorar1te. 11: Caffaro », 22 maggio. G. B. PARAVIA & C. Editori - Librai - Tipografi TORINMOI·LA,\0F-lkENZ•EROM-N~~PO•LPIALERMO IL VIAGGIOIN ITALIA di \Volfar.g Goethe Traduzione di Lu1c1 DI SAN G1usro Parte l' L. 15 Parte IP L. 10 È questa per noi l'opera maggiormente interessante· del grande poeta tedesco, ed è un'opera indispensabile per chi voglia conoscere il pensiero goethiano. Fu infatti in Italia che si compì la su_a metamorfosi filosofica, fu da la dimora fra noi ch'Egli attinse H senso de la misura che (< divenne equanime, più giusto con sè e con gli altri, più couscio di una gerarchia che regge la società e dei confini che ad ogni perso~ nalità impone la personalità degli altri ... ».

Risorgimenfo BALBO Cesare Balbo è uno dei teorjci del moderatismo. Quesla cJassificazione sveJa iJ car.al• tcrc fondarrwntale dell'uomo 11cll'ovversio11e i.stinLiva ai tcntalivi nwzziniani. li scnRo positivo proprio al popolo piemontese ~ in lui dote rcntrulc e predo1ninantc. Invano c·crchcrcste nelle sue pagine qualcosa che attesti un Jjristno sia pure sotterraneo e latente. Una qualunque affinità con Gioberti. Gli cnln:-.iasmi, i voli pindarici e via clisrorrcndo, sono completamente estranei allo spirito balhiano. Il f'ioberlismo della giovcnli1 si deve considf>rarc come effetlo di uno si.alo cl'aui1110 fatale e lrai 1sitorio. La stcs~a prosa irta, involllta, contorta, nelJa quale s! .,rvvcrtc la volo11tà delle analisi che valgano poi a giuslifìcarc le sintesj e Je conclusioni è prova pa-ln-1.are €'rl cvidenle di 1.111 temper,amenlo alièno dag.li slanci Sf'nlimenlali e preoccupalo sopr.alutto cli trovare sè stesso t1ella realtà storica. Ciò serve pure a n1ostrare il car.allerc del suo moderatismo. Il moderatismo nel Risorghnculo rappresenta il punto d.i arrivo di un soluzioi1c di cor...tinuili1. Dal Rinascim•,1110 alla Controriforma acl esso è il medcsi.1110 processo che diviene e s{ attua. L'anima iWEana priva del senso dei colori etici ,lclla personaliti,, tagliata fuori dal Concilio di Trento dalla vita europea al primo contatto con i tempi moderni, s,·ela la sua inc.,pacità democratica. Non lta la nozione degli inevitabi,li contrasli attraverso i quali la v.ita diviene, non percepisce d'istinto ]a tragi<!ità della storia e si rifugia in sognj idilliaci, traduce l'Arcadia nel campo politico auspicando unioni e ·compromessi. Il moderatismo è la conseguenza di tale stato d'animo. In Balbo esso nasce invece dal culto verso la 1·ealtà, dall'attaccamenlo ai fatti, da una limitazione di orizwnti che non fa vedere da superiori punti di vista ideali, processi secolari e sbocchi rivoluzionari. L'esperieL1Za della vita piemontese lo tiene prigioniero e rende goffi i tentaùvi di interpretazione filosofica a grandi linee,· poichè essa adattandolo let1tamente a sè ha spento o quasi· i focolari metafisici o immaginativi ed ha plasmato il suo carattere a propria simiglianza. • Nelle Speranze d'Italia qneste osservazioni trovano riscontro e prova.· Agli entusiasmi giobertiani allora non del mtto passati, egli reagisce con una premessa che vorrebbe essere l'indicazione di vie nuove da battere. Dice: « Niente sogni, niente utopie, niente progetti realizzabili a lunga scadenza. Qualora noi si intende far qnalcosa di buono è necessario vedere che cosa si può fare nel corso della nostra vita e di conseguenza bandire le i-osee illusioni>>. L'allusione contro l l Primato balza chiara ove si voglia pensare allo spirito dei tempi che vibrava all'unisono con qnello di Gioberti. È l'osservazione degli avvenimerlti storici, la nozione della multiformità delle vicende, della varietà dei conflitti religiosi, sociali e politici, che operano nello spirito del pien1ontese in tal guisa da fargli respingere a priori l'utopia neoguelfa. Questo fìammeggia3:e di visioni, di miti, attestante non volontà di lotta ma giubilo per un pacifico svolgersi dei fatti lontani, lo irrita in tal maniera da rendere in lui necessità illteriore il porre la premessa disilludiLrice senza eufemismi, con asprezza. Balbo non capisce qnesto sospirato primato. Poiché gli manca la potenza immaginativa del Gioberti e non sa sollevarsi sulle ali della fantasia, .così da servirsi di dati storici per elaborare sogni d:i.a_rtista,rimane estraneo allo spirito animatore del guelfismo. Il lono di vita del Piemonte (tutto preoccupalo per 1e necessità del suo esistere; di mantenere attorno a sè l'equilibrio con destrezza diplomatica rafforzando d'altra parte la sua costituzione con iniziative economiche), dà alla sua natura il senso dell'attualità dei PIO· blemi da risolvere, per cui non viene com• preso come il passato possa essere riproposto quale mèta dell'avvenfre. L'idea animatrice della sua polemica in qnesto riguardo si può cogliere pensando a ta]i osservazioni. Qui Balbo, incapace per povertà di cuhura di spostarè sopra un terreno realistico il dibattito, è trascinato nello stesso piat10 metafisico del Gioberti. E dato che le grat1cli correnti del pensiero moderno non vivono nelJ'anima sua così da fargli tracciare sicLuan1~nte sintesi ideali, la confutazione viene basala unicamente sull'istinto e su iùtuizioni osctne e confuse. Ecco quanto egli afferma: « Tra le nazioni pagane e le nazioni cristiane vi è una grande differenza. Le prime sono a fondo statico. Le altre sono basate sul dinamismo ». Ragione questa per cui le une ebbero uu primato unico e si dissolsero mentre le seconde avendo1 un primato ·vario e trasmissibile vi. vono e prosperano. Ora l'Italia il suo primato l'ha avuto: qnindi è assurdo parlare di ritorni in quanto il passato è la premessa di un diverso avvenire. La naturn puramente gene.rica di tali rilievi svela un fiiosofo della storia itnprovvisato. La percezione degl_i abissi fra paganesimo e cristianesimo, della ineLA RIVOLUZIONE LIBERALE sauribililù di quest'ultimo rimane Jnimor: diale, non sa trovare clementi per concrcùzzarai pjl1 rlecisa1n,.,.nlc e giuugPrc ad impo- .st.azioni r.aclicalj e precise. i'ccl (linamii;mo, Balbo nou sa ,edPre gli opposti ,·rcatori, Je .antitesi superate poi dallr· &i11LC'13i .rivoluzionarie, onrlc nello sforzo della ,·ostruzione afflrn:ìrÌa ~ giunge .al parudtJi,so. S,· ncJ Primrtlo non si può sperare in d, f'f'0s.adnnq-ue ì Irrito sperarcY Nell'uniti,, forse? Anche que!;l.a ipolesi viene 1,c..urt.ala. Lo hl1ulio del \krliucrn ,·on le lolle fra città ,, <'illii lo raltrisla Lalmenlc lino a faqdi pc•rdrre l'a<lc- ~ionr alla realtà. Ond,· i· ;,orlato a C'rcder<" t'ht fc <1idsioni rc•gionali fie1·ol.ari sicno oBta• (·oli in.;ormontahiJi per una fc.,rm1ulone nH• zionalc. La deficienza di fr-d,· r di cultura quì !-t'g-uit.an limitare la visi on<', fa hC'.OJ.ifinare ncll'nlopia. Balbo prec'pita in trna posizione che non si, può rilevare r-enz.a 8fHlnli d·iruaia. Eg!i, partilo in guerra contro i soµ11i degli utopisti, conlro .le illusioni discducatrìci del giohcrtismo, per le clefirienze elci rantltcrc giù iUusLratc, cade .and1e ]ui nel~ i"aslrallo e nell'assurdo. Una visione slo1J·i.ca dell'avvenire del Risorgimento ~ al di fuori delle sue possibi1iti1, invero n101to limitale. A qt1esto propositH le doli profonde dello .,to,.rico avrebbero dovuto essere accop1,iale <·on Ja fede e con l'idf'.alisn10 maz;r,iniano. Si finisce, perc:iò, _ ineluttabilmente ne] gioco di fantasia. Balbo si chiede: Quali sono le cose l'eali~zabili imine.diatamenle? L'indiJ)endenza: ecco il punto su cui convergono le sue idee. Ottenuta questa si vedrà poi. E sostiene l'unione cli papa, popolo e principi al fine di cacciare gli stranieri. E si infervora tanto in codesto suo progetto sino a pensare quali vantaggi potrà ogni Stato avere da' 1H1a guerra con le finalità di sopra. La qnistione in cui egli in riguardo non riesce a veder chiaro è quella dell'interessamento da destare nel regno• di Napoli. TI terrjtorio dello Stato Pontificio non può essere toe<'ato. Quindi? Un lampo di genio e l'cnimma viene risolto. La quistione d'Q. ricntc e la costa africana. Se Napoli ajaterà il Piemonte questo lo aiuterà dopo nelle con- 'JUisLc che vorrà fare per <'spandersi nel Mcditerrunco. Chi non ricorda l'epigramma fa. n10&0: R BolbrJ vuol cht' dai tPdeschi lurchi f~ibr,rar nrm ri fJfJ,'lfSUIHJ rhe i turchi. An('hc l'ironia popolare trova questa costruzione priva di f<,nrlam<·nto e la <lemolisce prosp<'tLando gJi eRtrt~mi, J,Jenzapietà. L'ari• djtà f;(!Tilim~ntaJc non daruJo nes~un calore al1'uto1tia la fa ca,l,·rc r,pJ ridjcolo. In sostanza quindi uoi aiam<J a cow;iderare un temperarn('nlo rc.ali"4tiro che per dcficien,-;a di orizzonti finisce con J'aJm.anaccare caste1L in aria. La rlifforcn,.a r,on Gioberti sta in ciò: mentre f]Uesli fabhric·a falsi miti sulla scorta delle facoltà li,·iche " immaginative, BalLo fabbrica progetti irrealizzabili puntando <u dati di fatto. Ma egli 11011 vedendo come l'unione di popolo, principi e papa, fosse una <'Osa cla scartarsi a priori, non comprendendo eome lln 'azione dj popolo poteva sussisLerc solo COJllJ'O princi1)i e papa, non intendendo che mai il papa avrebbe potuto partecipare ad una t,rt1.erracontro gli stranieri se non danneggiando se stesso, si mantiene nello identico p·iano del suo antagonista. TI realismo piemontese quì dunque fallisce perché ignaro della dialellica rivoluzionaria del mondo moderno e perché non nasce da elaborazioni originali e creatrici al medesimo tempo di alti osservatori ideaJi. Per riuscire esso dovrà ri. cercare se stesso più che nella storia o nella lìlosolia politica, nell'azione diretta sulla Yita secondata dalJa secolare esperienza diplomatica e cl.a m, 'audacia profonda e basata sulla cognizione cli elementi da dominare. Cavour nel '59 battendo moderati e mazziniani colla sua opera demiurgica e realizzatrice dimostrerà le vere possibilità della razza piemontese. CARMELO PUGLIONISJ. La Ginevra italiana Che l'Italia abbia una piccola Ginevra, è cosa nota; dico all'estero. Quanto a noi è inteso che cotesta nostra Gillevra debba ri111..ane!'e un segreto. Ma, due ore di ferrovia cla Torino, tre minuti cli strada per ,viali ombreggiati da platani e ippocastani, ed eccoci nel cuore cli questa minuscola Ginevi-a, di , <JUesta grazi·osa· e linda Torrepellice, e giunti davanti alla Fon Lana che è dono di un Re al -popolo, martoriato per secoli a causa della sna Bibbia e del suo Cristo, ma fedele ai suoi Princi.pi, onlinati da Dio a compiere l'mti>ficazione italiana. Sul fronte della Fontana si legge questa dedica: « Il Re Carlo Alberto • al popolo che l'accoglieva - con tanto affeuo ». In genere le lapidi portano incise le parole 'pronunziate da un popolo o da 1111 rètore all'indirizzo di un Re. Su questa pietra sòno incise le parole che un Re volle dettare per un popolo. • Giornali, librerie, chiese e scuole. Questa cittadina di 5000 abitanti, richiede al più affrettato dei suoi visitatori parecchi giorni di sost?, per narraxg1i tutta la storia secolare dei valdesi e pe1· moslrargll nella pietra le stigmate del marùrio, e, nel ritmo della giornata che trascorre, i segni della sua nuova vita. Cinquemila amtanti, dicevo. Ma con qnattro giornali locali, ·uno scritto in francese e tre òn italiano: L' Echo des Vallées, La Voce del Pellice, Il Pellice, L'Avvisatore Alpino. E con parecchie J.ibrerie, nitide e lucide, con nn'accurata esposizione di libri negli scaffali e nelle vetrine che non può non sorpren• clerti, specie se ù ricordi cli certe grosse e p-igre cittadine della penisola, magari con· sessantamila abitanti e con qualche libreria che è in fondo una rivendita di carta per gli scolari e _per gli azzeccagarbugli. Qui, come a Milano, come a Torino, a Roma, puoi trovare gran parte delle novità del giorno: le nuove collezioni dei migliori editori italiani sono tutte a porta la di mano. E c'è il reparto delle belle edizioni d'arte, Se ti ricordi per la Lrentesima volta dei cinquemila ahitanti, dovrai venire alla rallegrante conclusione che qui la percentuale degli analfabeti dev'essere mollo bassa, dico no,1 fra i cittadini, ma fra le bellissime mucche che dànno il bano fresco, e saporito al vecchio Hotel de l'Ours, dove hai pranzato iersera con gran soddisf a2>ione della tna anima. Battendo il viale maggiore, passi 111 rassegna tma sexie di umilii ma vivi monumenti. Ecco òI Tempio Valdese, dal corpo strntto fra due agili torri. Se è giorno di domenica, una folla di valligiani si assiepa presso la porta ad archi rincassali. Se varchi la soglia, qualche tuo venerando pregiudizio sarà messo a dura prova. • Questa imagine della Casa di Dio, affidata tutta alla mano rude e potente dell'architetto, come se0 le altre arti non fossero ancor nate, il cui disegno• non si spezza se non per lasciar filtrare la luce da un tramezzo di tiepide vetrate, che riescono a ordinars.iJ e a configurarsi in simboli, fa subito presa sul mo sparito,, e ti spinge ai piedi del1 'Eterno. Una sorpresa ti aspetta a due passi dal Tempio. È il candido palazzo su cui legi:,ri Convitto Valdese. Questo edifizio che accoglie gli smdenti clii liceo che da ogni parte d'Italia vengono a studiare a Torrepellice, sotto la guida di professori valdesi, è un piccolo monumento. Su·ana idea ... che mi fa pensare a certa poesia in prosa che va meglio di tanll bei mucchi di strofe con versi ritmici e con rime. Mi spiegherò meglio, dicencl.o senzSaltro che questo edifizio scolastico è dedicato ai caduti. Varcau. la soglja, stille pareti laterali dell'ampjo vestibolo si leggono incisi in 01·0 i 116mi dei cinquecento valdesi morti sul campo. Non v'è clu.bbio che nna simile idea, dif. fusa e applicata in larga scala, apporte1·ebbe 1111 danno .incalcolabile a qnesta Itali.a perpetuamente infestata di marmoree cavallette. Ad aver tempo, e a riflettere 1~ po' sui cinquecento morti offerti alla Patria da un così piccolo popolo di mohtan.ari, di artigiani e di piccoli borghesi, si potrebbe trarre la malva.gia conseguenza che questa religione fatta di Bibbia senza commenti e di chiese senza le belle leccature dei pittori e senza gli scherzi, spesso· CO$Ì grotteschi, dei liberi sculto•ri, dovrà ave1·e esercitato il suo ·bravo peso stùle ossa di tulli questi ereti<:i, per spremerne tanto sacrifizio e tanto sangue. Il Sinodo. Ma, a intendere pienamente tutta la capacità di rinnovamento spirituale che queste poche migliaia d.i alpigiani portano con sè, e la sostanza degli ideali religiosi che da secoli li fa denominare valdesi ed eretici più che cristiani, occorrerebbe vederli, raccolti nelle loro at1nuali assisi ecclesiastiche designate col nome di Sinodo. Il Sinodo è la suprema uJagistratura religiosa dei V.alclcsi delle Alpi e dei Valdesi spai:si dovunque in It.alia: a Torino, a Milano, a Roma, a Catania, a Messina, a Pale~·mo e nelle Colonie della lontana ArgenLin.a. Tutti gli ant1i, ai primi di settembre, da ogni chiesa, da ogni gruppo di fedeli, si partono per la città storica due delegati, un ecc!esiastieo (pastore) e un laico. L'assemblea sinòdale è composta in numero eguale di ecclesiastici e laici. Alla seduta inaugurale, verificati i man• dati, nell'aula sinodale, si compone il corteo che s'avvia al Te,npio maggiore. In testa il predicatore d'ufficio, nella caratteristica toga; seguono il Capo clel1a Chiesa, il Collegio dei pastori e laici che .rappresentano il governo della Chiesa; i delegati esteri venuti espresI 143 aamente a rappresentare le Chiese amiche di Scozia, Sviz,.era, America, ecc.; il corpo dei p •tori, il ,·orpo dei laicj. Quindi il Sinodo f''>mjnria i suoi lavori che durano un 'intera 1-<•tliman.a. Esaurito l'e•.ame della vita spirituale clella Chi<Js,a e dclJe sue finanze, l'a,,eml,lca si ~lacca agilmente daJ passato e voJµe il suo sguanlo all'avvenire. Liturgia, disci1,lina, co. Fì1ituzioni, regolamentj, tatto può essere sol• ~ùpù.:,lo a rcvfai<Jne, a mod:ificazjone, ,;i:er•-fJndo.. J,, <·~i:rcn:rJC<JeJla eomune esperfr·nza. E così la Chir•Q,a Ri sottrae ai periooJj di Gerte fatali ,'.rj4aJJizzazioni. S'inlrnd,, r•be il Capo della Chiesa e il governo di P~1a (<•olfe;..,.ri<, rJj nove memhd denominato Tavola) mno sottoposti ai voto di r....onfenna o di rev<Jca ,!eJ Sinodo. Qut>,li <·<•nni ba.tano per far comprendere rhe siamo in regime uJtradem.ocratico e repubbli,·ano. Ma, a vederla funzionare un·ora que~t'as:- ~errJb]ea, iJ pensiero s: trov·a spontaneamente parole pii, esatte per formulare il suo giudizio. Dov'è il Capo deJJa Chiesa? Chi è troppo forestiero dènlro l'aula Jo sc:arnhiPrà certamente eon queJJa figura iera• ti,·a cli vecchio assiso salla sedia pre-idenziale. Invece non è così. Chi presiede fl rupremo coroo legislativo òella Chiesa non è il Caj,o della Chiesa, la cui opera dev·es,ere appunto riveduta e discussa sia. dai pastori che dai laici. In questi giorni di dibattito, la Tavola in effetti non ha più alcuna funzione, è come interdetta. Tutto è nelle mani del Sinodo e del Seggio eletto per dirigerlo. Il Capo della Chiesa e i membri del suo _governo, se vogliono parlare, se vogliono illustrare le loro i.dee, se debbono d,ifendere i loro progetti, non hanno da fare che una cosa semplicissima, qnello che fa il simpatico commerciante, rappresentante laico della Chiesa di Messiaa, che si alza e chiede al presidente del Sinodo I.a pa:ro/.a. Il signor Moderatore non aggint1ge alla richiesta, necesaria per tutti, che il gesto grave e squisito connaturalo éol suo altissimo ufficio e con la realtà viva della sua persona. È così che si può assistere a dnelli oratorii singolarissimi, per esempio, tra un giovane pastore che rappresenta una tendenza rigoristicamente ecclesiasùca nel risolvere il problema di accostarsi alla gioventù italiana, e un professore-gio,rnalista che ha la sua cospicna posizione spirimale nel vasto consesso, e si fa leader di nna tendeL1Za moderatrice, e riesce a far convergere l'attenzione di tutti sulla precipua necessità di portare l'Evangelo ai giovani senza preoccupazioni ecclesiastiche. È così che si può assistere -e non è raro - anche a uno scambio di battute di· eloquenza, rapide, concise, ricche di significalo, u·a un semplice laico e il Capo supreme della Chiesa. Quando si vede funzionare così questo Sinodo Valdese, e seguendolo fino all 'ulùma seduta, si giunge alla celebrazione della Comunione, alla quale prendono pa~te ordinatamente tutti i pastori e i laici che compon. gono l'assemblea sinodale, bevendo mtti allo stesso Calice, in un profondo silenzio, che stupisce se si pensa che la sola galJeria raccoglie un migliaio di fedeli che assistono alla celebrazione; si sente che le parole repub, blica e democra..-ia non bastano più ad espri1nere lo spirito che qui regna, e il pensiero gioisce d'incarnarsi nella parola fraternità senza profanarla'. Una cartolina postale. A tanta fraternità s'accompagna una sem• plicità così bambina e primitiva che ti fa dubitare di questi tuoi stessi occhi che ti giurano che sei fra gente che veste l'accurato abito borghe•e con sparato bianco e cravatta nera. . Ecco, per semplificare, un episodio: Il sig. Moderatore domanda la parola: - Signori, mi giunge in questo momento da Ginevra (dalla vera Ginevra) una cartolina con un annunzio che certamente v'interessa. Ve ne dò lettura ... - E legge. Per intendere il laconico messaggio, occorre che io spieghi. A Ginevra, la 1·iapertnrn della sessione della Società delle Nazioni si inaugura con un culto di rito protestante. Il Concistoro della Chiesa Nazionale Svizzera aveva oià invitato il pastore valdese Giovanni Ro~ta«no a predicare in quest'occasione di eccezio;.'llc in1portanza a un popolo raccolto intorno ai rappresentanti delle più potenti nazioni del mondo. . Ebbene, la cartolina, scritta dal pastore Rostagno, annunzia che, grazie all'Onnioo~ tente, nella cattedrale di Ginevra, la c;rimonia religiosa si è svolta in maniera veramente solenne, che la sua predicazione ha ~rovato c~nsens~ ed entusiasmi, che -pertanto il coraggioso discorso cristiano sarà pubblica.lo in quarantadue lingue ... Quest'annunzio così importante, che tocca così intiniamente il legittimo. orgoglio di una Chiesa che si sente ancora addosso i flagelli delle pe1·secnzioni - lo ripeto, per chi stentasse a crederlo - è recato in una semplice .

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