La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 32 - 13 settembre 1925

n·!,,J~ .:;HLL IL BARETTI Quindicinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI - TORINO VIA XX SETTEMBRE, 60 NOVITÀ DELLA SETTIMANA GU,00 DORSO .d~1utrM"nlo ~ L. 10 • lillll-er• L. lii Un m.n"'°·o J.,, l),t.n ABBONAMENTO: Per il 1925 L. 20 - Semestre L. 10 - Estero I.. 30 - Sostenitore L. 100 - Un numaro L. 0,50 - C. C. POSTALE LARIVOLUZJONE MERIDIONALE Anno JV - N. 32 •· 13 Settembre 1925 SOMJIIARJO. - P· g.: L'Italia ne1l'Eu1•opa conscrTttlrice. U. AJ.easiu E. ()i retti - A. Loria: Inchicsla sulla lira. - V. Porri: Discul'Jsioni 1d11dacali. - U. Zad.~i: I.Atmeooais antireazionar.io. - F. De Saacli~: I fiaocheggit1tori del Cinquecento. L:l vita inleroazionale: J mina1ori ingleHi - J n~gri negli Stati Uniti - L'operalo austriaco. - PoJilir;i tl'r,g?j: Il ~rdinale Gasparri. L'IlALIANELELU' ROPCAONSERVATRICE Nei sei anni che tem1ero dietro .a VersaiH<"s l'Europa ha cercato un equilibrio di pace seguendo successivamente due vie opposte. L'immedialo dopo guerra fu dominalo Ja preoccupazioni e suscettibilità nazionaliste. Non era un nazionalistno pericoloso perchè non si esprimeva in vere e proprie ambizioni ma in una piccola politica scontrosa, di corte v-ednte. Ispiratori Poincaré, Theunis, Bonar Law, ecc.; risultato: l'avventura delle riparazioni. Con lo scacco di- Ludendorf in Baviera., il venir meno de1le inquietudini rivoluzionarie in Sassonia, Ungheri-a, Italia, fu- ·rono tolti anche i pretesti di questa men- -talità. Cosi la liquidazione della crisi economica mondiale portò all'esperimento di sinistra: Mac Donald, Herriot, Marx. Questo esperil;ue un gergo assurdo. Quei wmtirnila jnlellettuali o politici, non ispirali daLI"Ageaz:_ifa Havas o dagli eredi di Northcliffe, onesti ~ 1;olti, che in tutti i paesi civili rappresentano la parte più intelligente dei ceti mcdi, non vedono cli buon occhio il fascismo 1na vi disannano con la lorro ingenuità a base di ~isorgimento e di liberalismo. La loro p-roJesta è indice cli nobili cuor], ripugnaDti alla ,riolenza e .alla demagogia, m.;:1 so1navaluta gli italiani credendo che essi soffrano per ]a libertà perduta. Un esempio caratteristico <I.i questa candida fiducia dei liberali inglesi nella maturità dell'Italia si ha nella now lettera di Steed. Natural,mente questi antifascisti europej sono una minoranza. Le plebi a cui si <lirigono il Daily Mail e il Petit Parisien amano invece la demagogia sovvers.iv.a della reazione. Mussolini gode di una popolarità indiscussa tra i piccoli borghes-; di tlltto il mondo. Il suo prestigio deriva dal mito antibolscevico. Tutti sanno che il movimento opera10 in IItahla è stato strotcato dalle slje debolezze interne neµa prim vera del 192U ben prima che si formassero e squadre d'azionc. Ma queste sottjgJiezzc sfu;;gono a os~ ~1·rvalori superfìciaJi privi di qualunque preparazione a C'Omprcndcre ]e cose ita]iane. Si ebbero l'orli diffidenze verso MussoJiui all'estero nel principio del suo esperimento. Si temeva l'eredità di Napoleone III, il turbamento della pace europea. Dopo Corfù questi timorj sono svanjti. Ora Mussoljni è inquadrato nei pian:i conservatori <le]Je Potenze occidentali. Dal Foreign Office e d .J Quai <l'Orsay si vede cori simpatia un Governo antibolscevico nei Mediterraneo come io Poloni.a, in Bulgaria, in Cecoslovacchi.a. Le classi rlomiuanli inglesi rappresentale dal Morning Post, il radicalismo plutocratico eaiJJauttista. il nazionalismo belga valutano I'ltaJia con machiavellica noncuranza da] punto di vi.sta della sua efficienza estenia: non nutrono preoccupazioni sulla proclamata capacità rivoluzionaria <leUa marcia su Roma, paghi che a Roma le iniziative di politica estera non creino imbarazzi alla politica di accerchiamento della Russia. La politica europea va riduceudosi al duello tra Russia e lngbiltcna preveduto da Marx, se pure in forma opposta; e l'lnghiltr:rra conservatrice gioca sulla paura del bolscevismo per non lasciare- aµi al'tri popoli iniziative !)ol:itichc. p. g. della lira deJ giugno 1914 scambiabile aila pari colla lira-oro, e neppure della lira già• di carta a corso forzoso, ma molto ·meno av~- riata del 1919. Ma questo sminuito valore della nostra moneta, ridotta nel ] 919 a poco più della metà, ed oggi a circa iJ quinto di quello che valeva prima della guerra, è precisamente quello che dà la prova e la misura della pessima e colpevole politica finanziaria fatta dai Governi italiani; soprattutto da quelli che hanno avuto la resporu;abilità del potere dalla fine della guerra in poi, e che avrebbero dovuto tendere e concentrare tutte le loro energie allo scopo di riparare i danni deHa guerra e di ristabilire la solidità e la normalità della gestione economica dello Stato. , mento falli prima di cominciare, benchè l'indirizzo di politica estera inaugurato durante J.a parentesi democratica sia anche oggi in vigore. Il fallimento delle sinistre è dovuto a.l!la situazione interna di tutti i paesi d 'Eur:opa. Le classi operaie non sono in grado di =nquistare il potere politico e dal 1914 :èn poi le cla~edie, col loro stupido chauvinisme si sono alleate .alila causa delle classi domi!nanti e dei poteri costituiti. Lo Stato democratico non è riuscito a diventare Stato autonomista; i poteri locali sono sempre alla mercè del cenu·o; la strapotenza del po~ere centrale riduce le classi medie a funzioni parassitarie, ]e rende burocratiche e schiave. La guerra ha spogliato economicamente le classi medie, togliendo loro con la indipendenza economica 1a dign:ità ~ 1'tni-- v:iaùva politica: per vivere esse hanno dovu~ to ricorrere allo Stato; accettandone un impiego sono di..-entate complici dei poteri costituiti. A questo si riduce la crisi delle democrazie in E~ropa. Inchiesta - sulla lira In altre parole, il disse.sto della nostra circolazione monetaria: per quanto minore di quello avvenuto in alcuni altri dei paesi ex• belligeranti, significa e dimostra che lo Statn in Italia ha continuato, ançhe do.po finita !a guerra, .a spendere più di quanto ha incassato colle imposte~ e quindi a consumare ogni anno una parte non piccola del capitale della nazione. Più particolarmente, colla sua mala poliIn Inghilterra, in Francia, in Bel,gio, iu Germania si ha dunque una situazione conservatrice. Il mondo non va nè a destra nè a sinistra. Nei quattro tipici Stati centro-occidentali le democrazie sono vinte ma non sgominate. In tutti e quattro però la reaÌione • sembra definiùvam.ente allontanata: un colpo di. forza o .una avventura militare aono diventati difficili e improbabili. Sono dunque in errore in Italia tanto i fascisti - i quali parlano di internazionale fascista e vantano i consensi che vengono a Mussolini dall'estero - quanto le opposizioni che vedono nella situazione internazionale un elemento di instabilità del governo presente in Italia. Se si vuol discutere intorno al prestigio dell'Italia all'estero bi\SOgna portare altri argomenti e partire da un .alt~·o punto di vista. L'importanza dell'Italia nella politica europea dipendeva diretta1nente e oggettivamente dall'esistenza di tm,a fo,rte Austri'a e di una Turchia pericolosa. In queste condizioni un ruolo decisivo era sempre assicurato all'Italia nel dissidio tra Europa centrale e -Occidentale. D'altra parte l'Inghilterra era ne cessariamente interessata all'esistenza di uno Stato libero e liberale nell Mediterraneo contro ogni pericolo che venisse da Oriente. Ma:u cando questa felice situaz,ione che fu sfruttata a suo ten1po da Venezi'.a e nel secolo scorso da Cavour) la funzione europea dell'Italia diminuisce nel 1no1nento stesso in cui essa abbatte l'Impero d'Absburgo. Ili centro della politica è definitivamente sul Reno; il Mediterraneo si avvia a una seconda decadenza; le tre penisole meridionali restano abbandonate al loro isolamento, tutte e tre domi.nate. ali 'interno da diffici]jssime situazioni agrarie. L'Italia è più povera delle altre due penisole· ma nonostante la retorjca e la vanità ·nazi~nalista che la travaglia, ba lavorato pili ferrna.mente da ch1e secoli in qua per salvarsi dal tramonto delle razze meridionali. L'indnstrialjsmo del triangolo Genova-Torino- .Milano, la questione meridionale, l'im1naturità della lotta politica, lo spirito medioevale delle classi agrarie, la crisi del cattolicisn10 rimangono tuttavia come le tragiche incognite del nostro avveni~e. Il fascismo è an episodio di questi problemi e di queste incertezze. Niente possono capire gli stranieri di tali o:r~si.Un antifascisla all'eotero si trova a parAbbidmo proposto ad alcuni econom.ist.i ita.lia.ni il seguente quesito: -~..--((,AJlu luce --delle Tecenn· esf,ei-iell~i ~te;: nazionali quale deve essere oggi la nostra polù•tica monetaria? Si deve tendere alla stabilizzazione della lira, alla rivalutaziòne o al ritorno all'oro?>). Pubblichiamo le prime risposte. Chiunque <tbbia qualcosa di serio <Ù,. dire sull'argoniento può interloquire. Non ad ese1npi stranieri~ ma alle condizioni nostre couviiene inspirarci per _risoLvere il grave problema monetario, che tutti ci preoccupa. Certamente i fenomeni e le J.egg·i della inflazione sono veri per tutti j tempi- e per tutti i popoli. Ma gli aspetti politko-economici del problema e le eventuali so1uzioni non possono essere studiate e suggerjte se no.n da1l'es.ame delle condi~ zion.i proprie aU'economia na21ionale. Da noi l'inflazione non è una malatti:l acuta e transitoria, come si svolse di recente in Inghilterra e, pur con d.!iverse Condizioni, in FranC'ia e in Germania. Essa è una malattia cronica, che dura ormai - tranne un breve periodo di 18 mesti - dal 1886 ad oggi, ed ha inquinalo tutto il processo della circo]azione, subendo d'altra partt~ 1e influenze e i caratteri fondamentali de11a nostra struttura economica. Se si vuole quindi correre ai ripari non basta lin1itare l'inflazione ad una data som~ ma, uon basta non amnentarla~ ma occorre alu·esì collegare ad wrn lent.a e grnduale riduzione, un risanamento di tutto il pro~ cesso economico che si connetta comtlllque alla circolaz,ione n1ouetar.ia e all'orélina~ mento del credito. Non credo che sia discutibile - almeno fra gli studiosi - che la circoìazionc deva essere considerevolmente ridotta. Ma, oltre a oi'ò, se a ta]i riduzioni 11011 si accompagni la lotta contro i pregiudizi, i procedi1nenti e .i sistemj che hanno imped~to all'Italia di attuare un processo normale della circolazione, basato sulla convertibilità del biglietto, il problema non sarà. mai risolto, l'Italia sarà condannata a vivere in perpetuo di carta-moneta e le sue grandi risorse industriali e <'Oru.n1erc'ial;i trotica finanziari..~ e fabbricando - in linguagvecanno, nelle gare internazionali del co~r:n~--~g~i:o~p~a~r:e~ti~a~n~o;,;;;~d~eajll~a:;;::•~f~a~l•~a~m~o:ne~ta~,~ = 10 --~~-- n_...:ttio \ 1lll.JX)P1 im10 c~d. 77 •enrev-eYahte :Stato~ an-1cchendo un piccolo numero di spedeprezzamenlo della sua moneta. culatori al ribasso della moneta, ha confìscato, o derubato i qu.attro quinti della proGJUL\O ALESSIO. prietà privata di alcune categorie di cittaII. Se lo St,ato, o coloro che lo hanno rappres~ntato in Itali.a, seguissero e professassero i principi della comune moralità comn1erdal~~ non è dubbio che 1ma delle loro- cure p.iù sollecite e doverose, a guerra finita, sarebbe stata quella intesa a ristabilire il pieno valore della 1noneta nazionale screditata ed avariata, in parte per la causa di forza maggiore della guerra, ma molto di più per la dissipata politica finanziaria del dopo-guerra. Non è a dimenticare che la guerra finì nel novembre 1918. Al 30 giugno, di quell'anno, il debito complessivo dello Stato italiano saliva a circa 60 miliardi· di lire, compre.si j ·12 miliardi e mezzo dei debiti prebellici. Ammettiamo· pure che, ragiouevolmente, potessero occorrere, dopo il ristabilimento della pace, al camhio di allora, altri lO o 15 miliardi di lire per liq11idare le spese e le responsabilità della guerra. Si sar bbe arrivati così ad un totale di 70-75 m'1iard.i d-i debiti pubblici per lo Stato italiano. Inveee: n-cl bilancio chiuso al 30 giugno 1925, i debiti dello Stato sono inclicati per ,ruasi 91 miliardi di lire (precisamente milioni 90.841). A questi però sono da aggiungere altri 23,4 miliardi di lire calcolate alla pari colla ]fra-oro per j debiti inglese ed zunericano. Al cambio attuale cli 5 lire-carta per 1 frra~oro~ sono a questo modo circa 117 miliardi cli lire-carta da aggiungere ai 91 1nlliardj dei debiti interni, così che, al 30 giugno 1925, lo Stato italiano risulterebbe indebitato per un tolale complessivo cli circa 208 miliardi cli lire. È vero che, per quello che conce1,1e il carico effettivo dello Stato, questi 208 mili.ardi di li.re di debiti attu.ali non si possono pa- 'ragonare ai 12 miliardi calcolati per la definitiva liquidazione finanziaria della guerra nel 1919, perchè i confronti si devono far.: con quantità omogenee, e la lira, che oggi h.a cos·so legale in Italia e serve per la misurazione dei valorj, non è pj ù la ste8Sa cosa dini: a) i detentori di rendite o titoli del:lo Stato acquistati non sempre volontari-a.mente (ad es., -per quanto concen1e il patrimonio delle Opere Pie, le doti, le caw:ioni, gli investimenti forzati della proprietà di minorenni, ecc.) al loro pieno valore nominale in buona moneta dell'ante-guerra; b) i possessori di redditi fissi vitalizi od a lunga scadenza (pensionati, assicurati sulla vita o per la invalidità e la vecchiaia, credj. tori iJJotecari o chirografari), i cui titoli di credito risalivano al lungo periodo, in cui la lira legale in Italia, se anche di fatti non scambiabile colli, lù-a-oro, equivaleva praticamente a questa nelle contrattazioni interne cd internazionali. In proporzioni n1inori~ il progressivo scredito della moneta italiana avvenuto durante e dopo la guerra ha danneggiato tutti coloro che avevano dimostrato maggiormente la loro fiducia nello Stato, sottoscrivendo e conservando i nnovi titoli cli debùo emessi dallo Stato stesso. Per esempio, cbi comperò cartelle del 5° Prestito nazionale emesse nel gennaio 1918, pagando un valore nominale di L. 100 con L. 86,50 di allora, col cambio del dollaro a L. 8,40, vale a dire colla lira ridotta a poco meno di 62 centesimi della lira-ora, ebbe a sborsare l'equi1valente di circa 53 jjre-oro, mentr; oggi si trova con un titolo ancora •quotato in Borsa per lire 91 circa, ma che, colla lira attuale discesa a soli 20 centesimi o poco più della lira-oro, vale effettivamente solo il terzo all'incirca del prezzo per cui· è stato comperato, cioè poco più di 18 lire-oro. È verissimo che, in !!,]o1ti casi, la xivalut.azione della Hra non andrebbe a vantaggio di coloro, che sono sta ti ingiustamente lesi e danneggiati dal suo svilimento. Ess.a farebbe la fortuna cli molta gente, la quale ha potuto liber.arsi dei suoi, debiti, pagandi> ùna minima parte del1e somme che ave, a avute in prestito in buona moneta, oppure ha acquistato i titoli ed i crediti, che ha

130 tuttora, con moneta cattiva, nel mon1ent.o in cui ne era maggiore lo svilimento. Molti di coloro, che hanno potuto guadagnare giocando al ribasso della lira, potrebbero gllaclagnare ancora snl suo rialzo: qu<'- sto è un fallo, contro il quale nessun rimedio o provvedimento legale pnò essere efficace. D'altra parte, çonviene pure avere presente che la rivalutazione della lira determinerebbe una grave crisi nella amministrazione finanziaria clelJo Stato, rendendo intollerahile il carico complessivo cle!Je irnpostP, che in questi ultimi anni i contribuenti nei loro complesso hanno potuto sopportare abbastanza legger1nente appunto pc1·cl1è 11a ]ira attuale è w1a misura di valore' tanto inferion· a quella che era la buona lira dell'alll.<'- guerra. Per conseguenza, al Governo si porrebbe un problema, che molto probabilmente esso non saprebbe risolvere col coraggio e coll'~- nergia che sarebbero necessari per ridurre le spese pubbliche immediatamente nelJa misura delJ'aumentato valore della lira, ri ducenclo per prima cosa gli stipendi ed j salari, delJJa ingiganLita e costosissima burocrazia statale e locale, allo scopo di potere diminuire subito in proporzione le imposte. Tuttavia, pure considerando quesle difficoltà e quelle che sorgerebbero per tutte 1~ industrie messe al duro cimento, di-ridurre i lbro costi di produzione per fronteggiare il_ ribasso dei prezzi sul mercato interno ed il cessalo premio di esportazione che molte di esse hanno trovato nel progressivo peggioramento del corso della lira sul me1·cato internazionale, io penso che la rivalutazione della moneta sia un dovere, al quale non può sottrarsi un p.aese civile, e tanto pii: tm paese che, esagerando volontieri le proprie forze e possibilità materiali, si atteggia a collocarsi tra le più grand, e potenti nazioni del mondo moderno. Posto conie principio che la nostra •poliLica debba tendere con tutti i mezzi necessari ed adatti - dei quali non mi sembra qui il luogo di discutere - ad una gra_dua!e rivalutazione della moneta, ritengo prema- --Cttnr-p-=---~~ • il roblema del limite, al quale si potrà arrivare, se cioè al ristabilimento completo del valore della lira come premessa al ritorno della libera circolazione dell'oro, oppure soltanto ad una rivalutazione abbaslanza stabile per permeltere il risanamento della nostra ci·rcolazione a éorso forzoso,, convertendo la lira di carta, ritornata, ad es., a 40-50 centesimi della lira-oro, in una nuova moneta di oro. EDOARDO GIRETTI. 2 - 9 - 25. Caro Gobetti, Il mio parere, già tante volte espresso, sulla questione di cui Lei mi chlede, è che la sola politica monetaria razionale è la graduale riva1utazione della carta-moneta ~ mediante la riduzione progressiva della massa cartacea ed il miglioramento dehla bilancia internazionale. È indarno che si vuol contrapporre la riv.alutazione e la stabilizzazione come due politiche diverse. La stabilizzazione della carta-moneta non può ottenersi finchè il suo valore non sia rielevato alla pari con quello dell'oro; mentre la cosidetta stabilizzazione a base di devalutazione non è che un atto d'imperio scritto nella legge, ma destinato ad essere immediatamente smentita da successivi tracoUii ne], valore del medio circolante. Ac1-nLLE LonIA. PIERO GOBETTI - Editore Torino - Via XX Setten1hre, 60 UOMINI: Nuove biografie o 5aggi critici originali Indispensabili per la nostra cultura storica A. ANIANTE: Vita di Bellini L. 10 B. BRUNELLO: Cattaneo » IO - A. CAPPA: Pareto » 5 - P. GoBETTI: Matteotti » 2,50 V. M. N1COLOSJ: Guido Gozzano » 5 - G. PnEZZOLINI: Papini » 6 - G. VACCARELLA: Poliziano » 7 - G. ZADEI: Lamennais » 12 - •Tutti e otto i volumi si spediscono franchi di porlo contro vagìfa di Lire 50, ai• nostri abbonali. Chi già possiede un volbme ne <letrag.ga il prezzo.• Per I 'acquisto di un solo volume i nostri abbonati hanno diritto allo sconto del 10 %. LA RIVOLUZJO'\b UBERALF. Discussioni Sindaca·~_i L'ambienle della contei-;a carbonifera inglese l. ,;orril'po11denti <lei grandi giornali non 1 i parlano pili delle lotte, rhiu!-C c·on vittorie o per<litc·, nel f'ampo c.Jrt.onifcro ed in 11ucllo marinaio ;11 lnghiltcrr.i: tacciono unch,~ i comnwntntori politi<·i, in <'Crea di conclusioni fovorcvoli alla loro parte od al proprio guslo cd attiLudinc lllf'nlalc·. Ecco quindi il momento adauo a disl'orrerne, cercando di conservare la maggior scrcniLà, e d1;;trelto l'csanrn .,I puro quesito economico per non scivoltirnc fuori. Problema Krosso, un ,ero labirinlo lo i;i giudi,·avu già nel marzo a Londra: riesce diffidlii,F-imo pP.1,an; 1uui gli elementi, 1; 11011 indulgere all'::ittrattiva di un'eloquente catilin:1ria contro la liaC't·hczzu del governo comcrvatorc o l'illiberalismo dei ~ind:u·ati .,..operai, che hanno unilo impc11<-at11menteun ar.uto e dottissimo storico cd ctonomisln pi1•111on1cse, Giuseppe Prato, al galleFc cx prcc;,idcntc <lei ConsigJio dei ministri nella Grrm Brcttagna, il i::ignor LloyJ Gcorgc. Per cv-ilare Scilla, c'è il rischio di subirn Cariddi, prorompendo in una severa e<l ingiusta con• danna del sindacalo dei proprietari di miniere. Lo storico di razza non dimentica mai <li inquadrare il fenomeno nell'ambiente, di inserirlo nella serie che lo precede: per ciò l'ami,·o Prato si collega a lulta una c~pcricnza cli decenni che riassumé con abilitù insuper.:1ta, ricavandola da conoscenze vaslissime, nell'incessante ricerca - da parte delle leghe operaie - del vantaggio massimo ottenibili: per la classe lavoratrice, senza arresto o turbamento qualsiasi davanti alle contraddizioni più aperte. Sarebbero dinamici insomma~ come si dice ora: approfiuarono della libertà finchè loro tornò comodo, la rinnegano adesso per sfruttare le più strane leggi di eccezione. E tiranniche: non rinunciano nemmeno aJla caccia armala al crumiro, espropriane.lo del diriuo di vita i disgraziati riluttanti a sopportare il giogo, pur di serrare entro maglie ferree un corporatismo medioevalistico che impone allo Stato una doppia serie di oneri. Primo: con l'imposizione del minimo di salario costringono gli imprenditori a licenziare gli operai meno validi, passandoli o carico dell'erario che •distribuisce elemosine ai disoccupati. Secondo: quando poi per un complesso di cause, non ultima il più alto costo del lavoro indigeno, l'industria carbonifera si trova minacciata dai due corni del dilemma - ridurre i salari oppure chiudere -, i tromboni spianati dei masnadieri sindacalisti mutano il proLlema in politico e costringono il governo a cedere al ricatto, vers~do . un sussidio che si calcola sui due miliardi di lire, all'anno. Non basta; .nella previsione che l'industria non ritorni tanto presto ad essere _attiva, impongono al governo di far estendere anche alla statizzaziQne 'L<"..am.D..Q_d 0 stu.dio affidate, ad un comitato apposito. inutile dopo que1Io del 1921: e o fami-o-rratfo·tmtrt'e in una rappresentanza paritetica d'interessi, affincl1€' riesca loro più facile il ricatto del parlamento. La visione qui riassunta del colto storico ed economista, sorprende il lett~rc con la coreografia nel succedersi degH avvenimenti: Come mai in un paese di gente seria, dove c'è un governo di conservatori equilibrati e lontanissimi dall'indulgere in favore _delle classi operaie, presieduto da un autentico industriale, ha potuto esser messo in scena un miserevole spettacolo di questo genere? Come mai i capi di queste leghe di lnvoratorj così strapotenti avevano invece, nel loro recent~ convegno del 2 giugn,) :-.corso, rimandato ~d altra epoca le agitazioni per gli aumentj di salario, apprezzando le difficoltà in cui si ilibattono gli imprenditori durante questi anni di povertà di capitali, di moderazione av::tra nei consumi delle masse? Come mai davano tanto peso nl desiderio di pace diliuso in tulio lo Stato, al bi1;ogno di adattarsi alle condizioni imposte dalb concorrenza mondiale? Non è di ieri l'accettazioBe pura e semplice -- senza tergiversare o chiedere tempo - della riduzione di una lira sterlina nel salario m~nsile <lei marinai, la precisa misura cioè chieSta dagli armatl)ri? Se queste leghe operaie fos- ~ero così potenti e truculente cd irragionevoli, perchè - n pochi giorni di distanza dal trionfo elci . minatori - il sindacato marittimo cedeva su tutta la linea, senza resistenza avvertibile? 2. - Si tratta di un labirinto, ed occorre pazienza e rinuncia alle poche pennellate magistrali, per dilungarsi a tratteggiare con melicolositil i chiaro-scul'l, non privi d'importanza: un po' meno di improvviso e maggior sforzo cli minialura. Certo l'industria <:arbonifera inglese soffre, ma non suggèrisce nulla, non mette in sospetto •a fatto che non patiscono meno quelle germaniche, americane, francesi, belghe, in talli i grandi paesi produttori insomma? Il combu- ~tibilc nero si adopera meno di prima, ecèo il ma• lanno: sia per la crisi latente in molti mercati, sia per fa trasformazione di non poche navj adattale all'uso del petrolio (v~ ne erano per 1,25 milioni di tonnellate <li staz·za nel 1914; ora sono 17 milioni), e per la novità di diffondere sempre più gli olii pesanti o la correnlc elettrica. Anche là dove il carbone mantiene tuttora il suo primato, si applicano sistemi che rendono maggiore il uurnero delle calorie utilizzabili pur reslringendo fa quantità ars:1. Intanto il prezzo continua a diminuire, col contrarsi della dom.:mda: se la quantità ceduta si mantiene abbastanz:1 • ferma all'interno dell'Inghilterra, l'~- sportazione continua a scendere: perdette il 18 % tra il 1923 cd il 1924, e minacda di al:.bassarsi ancora di un altro 4 %. Il guaio colpisce sopratullo i centri esportatori, dove il hi.voro diventa irrcgofo.re, con ricorso <:rescente allo (( short time >). Dopo le fortune passeggierc di due anni or sono, quando r occupazione della Ruhr aveva offerto una bazza per i bud11i in rapporto ron l"ei:-lero, nr~Jlo '"'CtJrw anno tirofìtti di.rendono in totli i di-tretti <li trime&tre in trimrr;tre, per non laF-:ciarn" quafsi più n'!i due prirni rfr•l ]925. Ni· i lavoratr,ri r;i trovano beni!: J'accocdo del 192-1 --ui alari clJbe inridcn7,e dannot-e al bi]ancio finanziario JJCr le Jiu,;, 11enza &alvare i minatori da an pcggirJn::imPnt,1 r;pn~ibile ri~r,ello .'.lll'anno pdma, con ;rrcgolarità di impif;gù ,; riduzirJnf.t del r~n,Qnaf~ or-cuputr1. Tutti si Jam,mtunr, inc;omma, e Ja fon.a eccczionaJe degli operai addeui i.I queHa indu~tria deriva dal fatto inconlf!~talo che mr,Jtis~imi di J(Jro guadagnano poco più di due str:rfine per settimana: salario bas8o in s<:nf'Oafi"Oluto, nr,n baM1;v,Jh: a ,;.on- .sentire un tenore di vita come n<.tJ ]913; inf'!rir,re in &cnso relativo :il livello delle altr~ categorie adibite a favori meno sporchi e danno~i alla .e.alule, d,-Jve occorre un grado più tenue di al>ilit.à, con pericolo minore e meno periodico ricor,.,o allo q short time». Dopr, lf' punte eccel~e del 1922, in questi ultimi anni tenendo conto delJe l'Jre di lavoro e delJa riduzione di turno nei rami dove si effettuano -· j Falari inglesi oscillano tra i 37 ed i 69 scellini per settimana: <love occorre minore abilità e &pecia1izzazionc il livello scende aJ minimo, e lo segnano i cotonieri, con un distac<:o assai tenue sul ramo del carbone. mentre il massimo tocca a fecrovieri e meccanici. Questi minatori non chiedevano inqomma nel luglio ~cori,o se non di pareggiare le foro condizioni a quelle degli altri gruppi: non era questione di guadagni stravaganti, ma d.i portare j} salario giornaliero a dicci scellini per gli operai adulti con lavo::-o esterno, a<l undici per quanti scendono nei pozzi, e dodici per i couimis1i. Pochissimo più di quanto si calcolava fos_se il minimo per la sussistenza. l tempi rnno duri per l'industria, ol:iiettano i proprietari: bisogna abbassarli al <:ontrario ad un livello che acconsenta alle imprese di vivere in modo efficace e di provvedere agli sviluppi futuri. Proponevano perciò che - detratto dall'incasso lordo le spese tecniche di produzione, eccettuati salari e profitti -- il resto si dividesse in duef,arti secondo il rapporto rispettivo dell'87 e del 13 'A,. Conseguenza per i minatori: la decurtazione del 13 % a danno dei più fortunali e del 48 % sui salari base di guanti ne sarebbero usciti peggio. Labirinto. Avevano ragione lutti e due i contendenti, e l'opinione pubblica lo sentì, anche perchè tutti i fatti erano palesi, senza mistero alcuno che li avvolgesse: dal 1921 vige in materia pubblicità assoiuta. L'elemento umano, così esplicito e semplice ed eloquente, divideva le simpatie degli osservatori tra le <luc parti, senza lasciar motivo per una con• <lanna nè degli uni nè degli altri: non si vedevano i- tromboni dietro le spalle dei minatori nè le rivol• telle a portata di mano dei proprietari. La battaglia era bella e le vie di uscita potevano essere diverst!, le soluzioni complesse. La troncò prima che si svolgesse, e ne rimase in lutti un senso di sconforto ed un disappunto amaro, nna tregua: e certo fu pessimo il modo di comprarla <:on un sussidio statale, che potrel:.be anzi riuscire ben più alto della somma indicata dal Prato. Nove mesi ài continuazione dello « statu quo », sia per i minatori che salvano i loro salari odierni, come per i proprietari i quali vi guadagnano un profitto cii cui erano privi da forse nove mesi, potrebbe imporre all'erario una spern tra i 900 ed i 4300 milioni di lire. Ricauo eseguilo dal sindacalo aperaio? E non forse anche da quello <lei propriet:1ri di miniere? Argomentando dal (C is fecit cui prodest »: si potrebbe richiamare una frase cara ad Alfredo Marsball: « Quale delle due fome d.i una forbice serve a tailiarc, la superiore o l'inferiore? ». La rispost.a non è nè affermativa nè negativa: attribuisce l'effetto a tulle due. Espediente il Comitato cli studio: certo, ma dettati> dalla mentalità degli uomini che amano la cautela, r <( aspetta e guarda ». Intanto non si pregiudir..u: nulla, e qualunque proposta di soluzione potrà essere esaminata dai membri, tra i quali non è proprio rappresentata nemmeno una delle due parli j_n contesa. ,..Secondo l'uso inglese non è paritetica, ma comprende un finanziere e studioso di problemi statistici, già ministro e poi alto commissario in Palestina, Sir Herbert Samuel; un economista, acuto indagatore dei fatti e direttore della Scuola d'economia politica di Londrn, Sir William Beveridge; un generale che entra nei Consigli di amministrazione ,ìi parecchie società bancarie e ferroviarie, Sir Herbert Lawrance; un grande industriale cotoniere, il signor Kenneth Lee. Non c'è un minatore, operaio o capitalista, ap• punto per assicurare la massima equanimitil di giudizio: e se ne attende un rapporto ben diverso da quello del 1921, noto sotto il nome del giudice Sankcy: sotto l'impulso della psicologia del dopo guerra, quella Commissione aveva raccolto una massa di informazioni e di proposte contraddittorie. Dimentichiamolo, fu il commento pronunciato allora e richiamato in quesla occasione. 3. - Vi è però campo di studio, oppure ci si trova di fronte al puro e semplice dilemma, dalle corna ugualmente pungenti e velenose? Tra la diminuzione dei salari oppure l'al:.bandono delle miniere, non si aprirebbe per caso una terza soluzione? Con i salari correnti - bassi, ricordiamolo - in nove dislrelli sopra tredici gli imprenditori erano in perdita fino al luglio, in due coprivano appena le spese: i due rimanenti facevano eccezione. Per la fortun::t di impianti più ;nodcrni, osservano i tecnici, di strati buoni ed alti, per l'abili1à sapiente nell'approfittar~ èelJe r.-ompere in grande e ridurre w .. i i eo.a-tiDJ'lit.a.ri. Chf! pmprio non ei poio.-5300applican io piò la.e;:• umpo questi ,istemi innovatori, ne ricorrere all'acquieto co1Jettivo dei materiali, eà anificare la gestione di alcrme miniere, raggruppando i vagoni per ottenere le tariffe più moderate dispo%te per i treni completi, adottando in generale gli impianti mee-- eanici raccog,litori o le macchine gcavatrici, trasferendo gradatamente i minat<1ri dai campi ~denti a ,,oeJlj piv rictbi? f.:p~,-mpio del :'.\ord .\m~rica in,:oragg,ia :.a queét.a vja; ,:.p iJi ~tali Lniti HJOO Jontani, j di~tr1.::tti ingJei:i rfow· non ~i p,;rd~a affatlQ •tann() Ji a dime- ~trazfon" ,-fr,qaente. Si traila di nn'indoi:-tria d"~fri1"JFa, C.')me "empre ,,u,.,..Jleminerarie: i proprietari dei pozzi potrebbere obhietr.ar,-,. rhe è trr,ppo forte iJ r,erir..olo di aP.:ppe]Jjr,e in1,,an,J d1::I danaro. Certo il dubbio è forte per le minfr;re maq;jnafi, buone un tempo ma qu.a1;i esao- ~te ora: m~ rimang.on,J Ullt.avia moJti~:rime promettenti, Tirarri inùfotrn da' progreiso tecnico, indog_jare nej ~i..t.emi tradizionali con la 6CU~ della NJncorrenza petrrJJifora od elettrica, ha Paria di o..n prete-lo: il com,umo di petroHo ere1'ce, ma la velo1·i.tà <lei 6UtJ moto liUpera giit. Pincremento della prf'lduzione~ e ffrottare le forze jdrauliche impone speu che ben pceHo ne troncano i1 vantaggio: in pareec-bj u~i iJ vapoce non ~ EùstitvibHe. lliei decenni se.ora ritornava di tratw in lratttJ il timore di una pro5~im., ,;areslia di carbone: dc,•.:remo proprio tremare oca dj fronte alla paura opposta? La cri"i è mondiale, i:icchi! t.atto fa riU!nere no11 debba prolungarsi indefinjtam-ente: dura già da on anno, e porta alla chjusura ~ucce~Eiva di molte miniere in tatti i pae1:i. Un'occhiata alle statistiche della produzione media meru.ile nei paesi pià. forti produttori dimo~tra che il 1924 aveva vi~to gua.Ei il ritorno alle condizioni anteriori alla guerra, eon ua distacco in meno del 5 %: ma n.eJ primo semestre di questi;:mno si scende dappertutto di mese io mese, e pur Lenendo conto del diverso no.mero di giornate lavorative, la tendenza resta del tetto Eintom.atica. La concorrenza per la vendita si accentua, ed il prezzo mondiale si riduce ormai a poco piò. del Jivello del 1913; siccome viene espresso in moneta aorea, e l'oro ba perduto un terzo della su.a capaciti d'acqoistoi la cama del malessere riesce evidente. Ne prova piacere il consumatore di carbone, ma non. è improbabile che la gioia duri poco, troncata da accordi internazionali tra i produttori, allo c:eopo di eliminare la sovraproduzione. Intanto c'è da cifare, da predisporre parecchie riforme. L"avvertimento lo ha dato, non per le miniere :::.ohanto, un conoscitore e~erto: il pre5idente del Consiglio, signor Baldwio, mm si peritò di fame il motivo dominante in parecchi discorsi. Questo rappresentante tipico del capitalismo - cui sorride ancora il ricordo dell'imprenditore medio, quando la fabbrica si trasinetteva di padre in figlio, ed i mem• bri della famiglia partecipavano alla proprietà ed al comando, con~seevano di persona i Loro operai, li amavano e ne erano amati - qaesto manifatturiere erede dl una lunga tradizione, ha proclamato a più riprese nei primi m·esi dell'anno il suo convinci.mento nello che si può aumentare almeno di nn decimo l'efficienza di molte fabbriche. Un attrezzamento modernizzato, una direzione più accorta, lo sforzo concorde di tutti, il deB.derio sia degli operai, come dei possessOri, di discutere e di comprendersi recipro• camente: ecco la via per imprimere nella produzione uno slancio snscellihile di effetti utilissimi durante la crisi di aJti costi in cui ci si dibatte. Alcuni non lavorano fino al massimo dell'energia, insisteva quest'uomo abituato a perseverante attività~ anche se gli osservatori esterni sorridono percbè non rinuncia in nessuna occasione alla sua vacanza di fine settimana 0 di stagione, •conscio deila necess.ità anche del riposo. Vengano a.vanti i proprieh!.ri con la decisione di un riordinamento tecnico moderno, aggiunge, come se ne proseguisse il discorso, un acuto scrittore dell'Economist, il magnifico settimanale diretto dal signor Layton: e potranno chiedere di rimando on pari sacrificio agli operai, non nei salari già troppo bassi ma nella durata delle ore di lavoro. La legge le fissò in sette: portarle ad otto rappresenterebl:.e una rilluncia beo apÌJre:.:zabile, trattandosi di fatica rude, i11 ambiente malagevole ed insalubre (1). Ma provocherebbe u.n ribasso sensibile nel costo di produzione; mantt!nendo a buon mercato questa materia prima indispensabile in quasi tutte le industrie, ecco un motivo di ribasso nei manufatti, con stimolo agli acquisti ed alla ripresa. Ques10 terzo corno del dilemma avrebbero potato afferrarlo <lirettarnenle i due sindacati in lotta: il cercatore delle note più alte e limpide nel canto avrebLe desiderato sentirle echeggiare per creazione diretla. Ma anche W"alter racconta ai Maestri Cantori d,'aver trovalo un maestro nell'usignuolo. Tocca all:a Commissione Samuel indicare la via, facendo sì che la pena imposta ai contribuenti non sia stata pagata invano. V1NCENzo PonJU. Lo studio di GIUSEPPE PRATO: Liberali oriz;:;onti sindacalisti, venne pubblicato nella « Gaz7elta del Popolo » il 20 agosto 19:25. Le notiz.ie ed i dati esposti sul mercato carbonifero sono ricavate dall' « Economist », Londra, 1925; The Coul 1'rade in. 1924 24 genn., pag. 128; Mining A1aze. 11 apr., pag. 696: Profits and Losses in Coal Trade, 27 giugn., pag. 1279. Sul livello dei salari, vedi: The course of Wage.,, 7 marzo, pag.436. Sulla necessità di riorganizzare gli impianli: Mr. Baldwin Gesture, 14 marzo, pag. 485; The State of the Nation, 6 giugno, pag. 1119; The Trouble of industry, 27 giugno, pag. 12i9. Della situazione del mercato carbonifero germanico parlano: J. IlnECH e GoEPEL: Zur Krise des Kolenbergbaues; ccWirtschahsdienst », Bcrlin, 31 loglio 1925, p. 1158. (1\ Su questo punto Doti condividiamo il peDsiero dell'amico Porri (n. d. r.). ~J.

b LA lHVOLUZJONF, LJBF,RALE lAMENNAISANTIREAZIONARIO Un articolo puramente politi.cn dell"abate Lamennais apJ)<lrve nella « Revue dcs deux mondcs n del 1° agoelo, col titolo: De l'absolutism<> et de la libert.é (Dialoghetti) <( Deux <loctrincs, deux syslèmcs - così cominciava Parrlcolo - se dispulcnl aujourd'11j !'empire du monde, la doclrine dc la liberlé <'I la doctrine de l'absolutisme: le système rp,i donne à la société le droil pour fondemenl, el relui qui la livr<' à la force brutale». Queslo scr-ilto, ch'ebbe poi 010ILe edjzioni, era una risposta ad « un écrit scmi-officiel C[llÌ produisit, il y a trois aas, une asscz vive sensalion en ltalie, où les gouvernemens prirent soia dc le répandre à un grand nombrc d'exemp1aire~ » e una cri1jca di speciali catechismi, pubblicali per ordine dell'imperatore d'Austria e Jello Czar di Russia. Lo scritlo "semi-ufficiale» a cui alJude il Lamcnnais era un opuscolello del Conte Monaldo Leopardi, intitolalo: Dialoghetti sulle rnaterie corren_ti nell'anno 1831. Qucslo opuscolo eh 'ebbe larga diffusione in Italia e fu tradotlo in francese, jo tedesco e jn olandese, sosteneva vivacen1enle e direi quasi sfacciatamente, le più strane teorie legittimiste. Non si accontentava, infatli, di affermare che <e l'autorità dei re non viene ddi popoli, ma viene addirillura da Dio, il qualP avendo fatto gli uomini per vivere in società ha reso necessario un capo che li governi, e con ciò ha comandalo che i popoli ubbidiscano ai re »; e che « i re non vogliono inai: e uon possono volere il male del popolo, perché il popolo é la famiglia e il patrimonjo clel re, e nessuno, vuole il danno della propria famiglia e la rovina del suo patrimonio n; ma giungeva fino a proporre uno smembramento della Francia e a depJorare l'unione di questa con la Russia e l'Inghilterra contro la Turchia! ' « I turchi - diceva nel Dialogo secondo - sono padroni in casa loro come ognuno è padrone in casa sua, e perciò la sovranità dei Turchi deve essere rispetta la come quella degli altri principi >J. Poscia aggiungeva, mellendo le sue parole in bocca al Giudizio, che discu leva con 1a Libertà: " D Turco ha cattivo nome, e chi non è stato in Turchia crede che in quel paese non si faccia altro che impalare e slrozz,,re senza sapersi ,l perché, In sostama però anche là ci sono ordini e lieggi, e chi attende ai fatti suoi forse vive più tranquillo in mezzo ai Turchi, che in qualche altra nazione del mondo troppo complimentosa e civilizzata. Quanto poi ai vosLri Greci erano trattati benissimo, e lungi dal vivere in servitù, potevano quasi considerarsi come i padroni della Turchi, ». Come si vede da questi brevi saggi lo scritto del Conte Monaldo Leopardi riassumeva veramente (( avec une fidélité e une frana chise que l'on chercherait vainement aila leurs n l'intero sistéma dell'assolutismo. L'a~ bate Lamennais rispondeva con una magnifica ed eloquente esposizione dei diritti della libertà e con una critica serrata., fatta in modo particolare dal punto di vista religjoso, delle dourine assolutiste. Con una abilità polemica che irritò i suoi avversari, egli aggiungeva, che l'assolutismo minava il diritto di proprietà privata perché attribuiva (C soit à l'Etat, soit au chef de l'Etat, un droit primitif de haut domaine, qui ne serait au fond qu'un pouvoir indirect et arbitraire de vie et de mOrt SUI tous ses membre » e dava allo Slalo il diritto di tassare i cittadini senza alcun limite, giungendo anche alla confisca pura e semplice. "On doit maintenant eomprendre - soggiungeva - comment le 1nouvement que partout on remarqtie chez ]es nations chrétiennes, n'est que l'action sociale du christianisme méme, qui tend incessamment à réaliser, dans l'ordre polfrique et cjvil, les libertés que contient en ..gerrrie la maxime fondamentale de l'égalilé dl!'hommes devant Dieu, et par conséquent à affranchir pleinement l'homme spiriluel de tout controle du pouvoir ». Queste parole si possono considerare ~ome la prima netta visione di quella dotlrina che molti anni dopo fa. ceva nascere, in alcuni Stati d'Europa, quel 1novimento che fu, impropriamente, chiamato dem.ocrazia cristiana. Il Lamennais conchiudeva la sua esposizione dottrinale con questa chiara afferma zione liberale: « La liherté spiriluelle e pour expression la liherté de religion ou de ctÙle, la Jiberlé <l'enseignement, la liberté de la presse et la liberté d'association. Lorsqne l'une .d'elles n'est pas compléte, et surtout ]a dernière, les autres ne sont qu'un vrun nom. Ne demandez pas alors sous quelle forme de société vit le peuple ainsi privé de ses droi,t na turels; clemandez sous quelle tyrannie n. All'assolutismo il Lamennais rimprovera Je sue dottrine anticristiane e sopratutto l'•· bitudine di considerare la religione e la Chiesa cattolica come buoni ccmezzi di governo », che occorreva dominare e guidare a proprio talento. I governi così, oon la scusa di sorvegliare la purezza della dottrina, s 'ingeriscono nelle cose sacre e " à Milan par exemple - diceva - des pretres seront coutrainls de soumettre leurs sennons, avant de les prononf'er, au:x lumifrt',.., 'iupPrirutP'" d~ la polirf" "· La Vore della Ragion,, Lar·r1w· di fronte allo ,critlo del pokmiala francese, o p<'r dir mcg-lio ri6posc inrlirellamcntc <'.On due artieoli intitoJati: L'indiff Prenza in politiro, dove si <-ritfr,avano arc,·bamC'nl<' J<' idre• drll'abate Lamcnnais, senza però mai ritarc le paroJe da lui srrille nella Revue dr•.s,l,,,,x mondes. JI breve scrillo dc·ll'ahal<' Lam<'nnaia fu ristampalo in appcudire alla 7• ,-dizion<' delle Parol<>scl'nn croyant. li. nostro scrillorc, inlanto, viveva ritiralo nella Slla casella di La Clwnaic, passando le giornate a leggere e a scrivere. Scrivrva al,- bonclanlemcnlc agli a111ici e si preparava .:.J una grande opera filosolira a cui si rimetteva ogni volta che ]e cfrco&Lanze dolorose della ~ua vita di Jouatore, lo eostringcvano a fran,1 in disparte. Nelle lettere di quei giorni I roviam9 parecl'hi brani i1nporlantissi mi. In una lellera del 5 agosto 1834 al Mont~- lembcrt dopo avergli ricopialo un lungo bra• no d'uno scritlo dell'abate D'Alzon (uno dei suoi informatori romani, H quale assicurava nuovamente che la condanna deDe Paroles era dovuta alle pressioni della Russia e dell'Austria), il Lamenoais, con una chiara via sione deJ valore dell'optra propria, scriveva: « Mon artiele a paru clans la Revue des Deu-c I\Jondes, il aura pour effecl d'affermir ma posilion. Le silence futur de Rome, l'opinion unanime des thfologiens sur l'Encvclique, afiranchissent ]'avenir, et, en résultat, ~rai1 conqui pow· les, catholiques la liherté de parole et d'aclion dans l'ordre politique. Est-ce clone si peu? "· Se in queste parole noi possiamo trovare la prova dell'acntezza con cui l'abate Lamennais vedeva da lnngi le conseguenze di atti, che parvero a quasi tutti ii suoi con• temporanei inutili o dannosi, in alcune altre scritte in quel torno di tempo, noi potremo facilmente scoprire la prova più sicura che il distacco del La!"ennais da Roma non a do':1to, come vanno afTermando ancor oggi cerll pseudobiografi dell'abate bretone, ni, all'orgoglio, nè tanto meno allo spirito vendicativo. Il 9 agosto del 1834 scriveva, infatti, al marchese della Gervaisas: «... Vous paraissez croire que je me suis laiissé entraineur à des sentiments de vengeance. Je puis affirmer, en tonte vérité, que de pareils sentiments ne sont jamais entrés dans n1on coeur. A de gr.ands crimes, è dc grands désordres j'ai an• noncé de grandes punitions; et je ne suis pas en cela plus coupahle que Noé, qu'on n'accuse probablement pas d'avoir souhaité et prov{)qué le deluge ». L'afiérmazione qui è netta; altrove invece la si desume dalla spiegazione ch'egli dà ad un amico e confidente,, il D'Alzon, dei motivi che l'hanno spinto a scrivere le Paroles d'un croya.nt. Motivi no.bilissimi, i quali dimostrano che il Lamennais si preoccupava soltanto di impedire che le masse popolari, staccandosi da Roma, perché essa impoueva loro di sottomettersi alla tirannia che le oppriineva, si staccassero anche dal cristianesimo. Da queste illiberali teorie - scriveva il 3 settembre - non sarà scossa la fede d'un cristiano illuminato; <e mais en est•il ainsi de nrnsses >>? Egli era etato conda,nnalo dalla Santa Sede e di tale condanna si doleva eonlidenzial-' mente cogli amici più sicuri. Ma se ne doleva forse perchè gli avevan tolto ogni possibilità di diventar cardinale? Se ne doleva perchè lo avevan danneggiato finanziariamente? perchè gli allontanavano gli amici? No! Subito dopo la condanna egli piange per le anime che saranno scandalizzate dall'assolutismo di Gregorio XVI. Egli deplora le nuove difficoltà, che impediranno di " ran1ener à la religion ceux qui ont le malheur de ne pas croire! " Oh che tempi! - egli scrive il 22 luglio alla baronessa cli Vaux - • « P;.rions, et de tonte notre 3.me, pour qu'ils soient abrégés en effet. Il y aurait s'ils devaient clurer, trop d'3mes qui succombei:aicnt n. , Al marchese di Coriolis, che gli aveva riferite le critiche mossegli in certi ambienti a lui vicini, rispondeva il 19 maggio 1834,: ccVous auriez pu du moins vous taire, me répondra quelque censeur. Eh! nou je ne le pouvais pas; cela m'était impossible. Ces gcns-là ne savent pas ce que c'est d'avoir au fond de la po,itrine, une parole qui l'oppresse et demande l1 sortir. Pouvais-je me taire, entouré, camme nous le sommes dc Lant d'iniquilés, de tant de tyrannies, dc lanl de suffrances el de tant de miséres? J'ai senti tout cela, et j'ai parlé. Pouvais-je consentir, d'ailleurs, à ce que les générations futures demaudassent compte à ma mémoire d'un de ces laches silences qui ne souillent pas moins, et quelque fois plus, qu'une connivence dircele au mal? Qu'importe, après tout, qu'on m'accuse? qu'iu1• porte que peu de personnes me comprenuent maintenant? Ce n'est pas pour elles que j'ai écrit; j'ai écrit pour des temps qm ne sont pas encore, n1ais qui viendront quoi que disent et fassent ceux qui, aveuglea sur lf" pré~ent, M" rrni,-nt ""~·1, ro™ pour arrf'tcr, dans fo Ewin r)p T)i,-u Pav~nir qu'Jl prépar<• au m<,n<lr- ». Chi R'jmmag-ina di fr<J\·arr·, n~i mesi M·- gtwnti J.:i condi.-tnila d,~JI<! PornlP!J un LamPnnais irar.ondo, dw Cl;f•rjva<•-<JlJa pPnna jntinta nrl fiplf•, come lo hanno der,.critto molti suoi avvc·r.,ari, drvc provare ,ma grande disjJJusionP h~ggcndo <fl1cl ,.h'cgJi ,;r..riveva d.aJ qujc. to ritiro tjj Hn·tagna, acl un amjco suo, legittimista, jJ D'Azy: " Un,; large tolérancf" mulueJI,., large romme cellr, parole de l'Evangilc, <1uj, h,irn <'nl<•nduc et hjcn sentie, tcrminnrait a jamais, non IP~ di;;.cu~sions mais Jcs <1ucrc1JeR: Pax hom.inibus Uoru;,evoluntatis! Je suis ravj quc mcs frères en répuhlique cnlrrnt dans r,r;l ordre de penséea. C'est pour moi un nouveau aymptòme de ce que j'attende et qu,~ jf" ne V<'rrai pas, du moins sur Ja terre ,J. " Du fond dc ma rnlitude - scriveva 11 7 marzo 1835 alla Baronessa de Vaux - j'e:x,aminc le cours des irlées, et il me semhle qu'elles font chaque jour un progrés remarquable, Les esprils s'éli-venl, les pensées s'epurenl, parcc qu.'au-dessus de la masse égolsle et corrompue qui gouverne ou trafìque sopì:re un merveilleux développement <l'amour ». Parole così paei fiche ed ottimiste non corrispondevano affatto alla condotla dei reazionarj cattoJici, j qua]i continuavano a riempire le loro gazzelle e le loro riviste di insulse contumelie e di vergognose calunn'e contro l'Abate di S. Malò. Qualcuno poi, usciva in esc1amazioni così ridicole e così ingenuamente impudenti, che non si crederebbero se non si potessero leggere nel testo originale. Il Cattolico di Lugano, per esempio, nel fascicolo del 31 ottobre 1834, scrive parlando clei discepoli del Lamennais: C< Questi, degli antichi suoi discepoLi., non conservava ormai più che il Signor Montalembert, giovane scrittore, le cui idee ultra democratiche sono sì esaltate, che è giunto a SO· gnare una repubblica universale, di cui sarebbe presidente il ponte/ice: in cui, cioè, la forza materiale sarebbe completamente rimpiazzata dalla potenza morale». Come i lettori vedono si tralLa di una vera pazzia, che potrebbe ricordare quelle molto somiglianti del pontefice \;regorio VII e di San Francesco d'Assisi! Ma di tale pazzia potevano meravigliarsi gli atei, i Jt\iscredenti; non i ~eguaci del Cristo: , Gurno ZADEL PIERO GOBETTI Editore Torino - Via XX Settembre, 60 i: USCITO, GUIDO ZADEI L'Abate Lamennais e gli italiani del !;UO tempo " 300 pagine -· L. 12 La figura dell'abate Félicité de Lamennais (17821854) di Saint-Malo è una delle più interessanti fra quante primeggiarono in Europa nella prima metà del secolo XIX. L'abate bretone ebbe grande rinomanza in Italia dal ì820 al 1848, poi le sue opere furono dimenticate ed oggi le nostre biblioteche sono quasi affatto sprov- \Ìste degli scritti suoi e degli studi che sul Lameunais sono usciti, numerosissimi, in Frnncia. Uno studioso bresciano (la cui cultura lamennai- \ siana è stata recentemente consacrata in Francia dalla • Bibliograph~ de Lamennais del Duine e dalla accoglienza ch'ebte a Saint-Malo una sua comunicazione fatta dinanzi ai migliori storici del Lamennais) si è accinto all'opera di far conoscere lo .:5<:rittorefrancese agli italiani e mostrare quanto sia stata grand,~ l'io• fluenza sua sugli uomini nostri del suo tempo. Nel volume ci sono alcune delle più beih~ 1•a• gioe lamennaisiane e si leggono interessantissimi giudizi sull'Italia. In appositi capitoli saranno stu• diati con ampiezza di informazioni i rapporti del Lamennais con la Santa Sede, con Giuseppe Mazzini, con Vincenzo Gioberti, con Gino Capponi e col Tom• maseo, con Pier Silvestro Leopardi e con Giuseppe Montanelli. Notizie pressochè inedite intorno ai rea• i:ionari suoi oppositori quali il conte Monaldo Leo• pardi e il canonico Borioni di Ancona e sull'opera del principe di Metternich rendono il volm;ne interessante anche per i francesi. François Duine, indubbiamente il più profondo conoscitore di tutto ciò che si riferisce al Lamennais., scriveva alcuni mesi fa, dopo aver letto i due articoli che, con lo stesso titolo del nostro volume, Guido Zadei aveva pubblicato in una rivista milanese: ,e Je espère bien que vous reprendrez ce méme snjet: U,1bate de Lamennuis e gli italiani del suo tempo, ponr le développer en un volume, qui serait très lu, et lrès préciem..: pour les étrangers camme moi ». L'abate Charles Boutard, autore di tre grossi vo• lumi e di parecchi opuscoli bmcnnaisiani, scriveva il 25 marzo 1923 a proposito dei due articoli suaccerinati: « Dès les premières pnges, j'ai vu que vous possédez votre sujcl cl que rien ne vous manque pour le traiter avec compétence ». C. BRUNELLO il pensierodi C. Cattaneo Lire 10. I fiancheggiatori del Cinquecento ,, Gli int,.-:flf,tti P[M;ati trascenrlono il grfJ/Jr> 11,manr;. P .,i orcost11nri alle natarP celesti .,,, nia <( senza dahhio /za miglior,, tPmpo nel mondo, piu lunf!o. vita, e~ ù in uno certo modo piU f,,fir<, rhi è d'irtgPf!JU.1più po&i. ti1•,, " (Gu1c<.1uwi:-.1: ,, Rjcordi p<;Jiticj e ci vili >,, 3:17). E qnr•slr,1 P PJJSPr·''"'U) ,., .'iaper r;it;Prr,. Senza dubbio il nostro savio ama la gloria, P rlm1idera di jflre u CO.'Je brrandi ed eccelse ,,, ma, ingegruJ positivo, com' egli è, a p11tto che non sir.i con sur.1 danno o incomodità. Gli crv . ,rono di borra parole d'oro. Parla -r;olentiPri di patrir1-, di libr,rtà, di onore, di gloria., di umanità; ma vediamolo a' falli. Ama la pa,. tria e s,~ Jwrisce glie ne duole non per lei, perchè co.\i ha a essere, ma per sè, (( nato in tempi di tantr~ infelicità" (ivi, 189). È zelante del ben pubblico, ma " non s'ingolfa tanto nello Stato ,1 (ivi, ,H9), dfL mettere in quello tutta ltL sua fortuna. Vuole la libertà, ma quando si sia perduta; non è bene /arP mutazioni, perchè spesso mutan<.1 " i visi delle persone non le cose 1, (ivi, 276), e come non puoi rrtutare tu solo, " ti riesce altro da quello che avevi in mente e non puoi farP fondamento sul popow » (ivi, 121) così in,. -'labile, e quando ti vada male, ti tocca la ~ila spregiata del fuoruscito. Se tu fossi « di ,,ualità a essere capo di Stato ,1 (ivi, 379), passi; ma, cosi non essendo, è miglior con,. siglio portarsi in modo che quelli che governano non ti abbWno in sospetto, e neppure ti pongano tra i malcontenti. Quelli che altrinie'!ti fanno, sono « uomini leggieri » (ivi, 177). Nel mondo sono i savi e i pazzi. E paz=i chiama quei fiorentini, che cc vollero contro ogni ragione opporsi», quando i ,, savi di Firenze arebbono ceduto alla tempesta • (ivi, 136). A nessuno dispiace più che a lui « l' ambioone, l'avarizia e la mollizie ,ui preti » e il dominio temporale ecclesiastico; ama Martino Lutero « per vedere ridurre questa cater1;a di scellerati ai termini debiti. cioè a restare o senza vizi. o senza autorità ,. (ivi, 28, 346); ma« per it'suo partieulare » è necessitato amare la grandezza de' pontefici, e operare a sostegno dei preti e del dominio temporale. Vuole emendata la religione in molte parti; ma quanto a lui, << non combatte con la religione; nè con le forze che pare che dependono da Dio; perchè questo obbietto ha troppa forza nella mente delli sciocchi» (ivi, 253). Così il nostro savio si nutre di amori platonici e di desideri impotenti. E la sua impotenza è in questo, che a lui nianca la forza di sacrificare « il suo particulare n a quello ch'egli ama e vuole; perchè quelle cose che dice di amare e di desiderare, la veritù, la giustizia, la virtù, la libertà, la patria, l'Italia liberata da' barbari. e il mondo liberato da' preti, non sono in lu,i sentimenti uivi e operosi, ma opinioni e 'dee astratte, e quello solo che sente, quello solo che lo niove, il suo particolare. La lotta era accesa in Germania per la riforma religiosct e si stendeva nelle naz:i.oni vicine, e non mancavano i cc pazzi » tra noi che per qitella combattevano e morivano; in Italia si combattevano le ultime battaglie della libertà e dell'indipendenza nazionale; il paese si dibatteva tra svizzeri, spagnuoli, tedeschi e francesi; e il nostro savio non pare abbia animo d'uomo, e non dà segno quasi di accorgersene e non se ne commuor;e, e libra, e pesa, e niisura quello che gli noccia o "li giovi. La vita è per lui un calcolo aritmeti:o. L'Italia perì perchè i pazzi furono pochissimi e i più erano i savi. Città, principi, popoli, rispondevano all'esemplare stupendamente delineato in questi Ricordi. Un individuo sim,ile al nostro savio può forse vivere; una società non può. Perchè c. tenere insieme uniti gli uomini è necessità che essi abbiano la forza di sacrificare, quando occorra, anche le sostan;;e, anche la vita; e dove nianchi questa virtù, o sia ridotta in pochi, la società è disfatta, ancore/tè paia viva. Questa forza mancò agl'italiani, simili in gran parte a quel roniano ricchissimo, che non volle spendere cento ducati per fo comune difesa, e nel sacco di Roma perdette l'onore delle figliuole e gran parte della sua fortuna, Questa forza mancò, perchè le idee che mossero i loro maggiori erano esauste, succedztta lei s~anchezza e l'indifferenza, e in tanta cultura e prosperità la tempra, la cc stoffa de l'uonio )) era logora, mancata quella fede e caldezza di cuore che «conduce le ~ose grandi » (ivi, I) che può comandare ai nionti, come dice l' Evangelo, o, se vi piace meglio, può rendere facili e dolci i più duri sacrifici. Che cosa rimaneva? La saviezza del Guicciardini. Mancala era la forza; supplì l'intrigo, l'astuzia, la simulazione, la doppiezza, E pensando ciascuno al suo particolare, nella tempesta comune naufragarono tutti, Come erano rimpiccioliti gli italiani e in quant<Lfiacchezza morale eran caduti, quanti erano i disegni, i desideri tra tanta tempesta, può far fede la descrizione che fa il Guicciarclini dell'animo de' suoi concittadini: « La consuetudine nostra », fa dire a loro

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