La Rivoluzione Liberale - anno IV - n. 2 - 11 gennaio 1925

' ':Q~: • ►~' ~~~\,1,~o~► I ~ ~1'\.► ~'l- .. ' V IL~~ .rlETTI SETTIMANALE EDITORE PIERO GOBETTI TORINO VIA xx SETTEMBRE, 60 NOVITÀDELLASETTIMANA Quin ...,cinale di letteratura Editore PIERO GOBETTI ABBONAMENTO Per il 1925 L. 20 Semestre L. 10 Estero L, 30 Sostenitore L. 100 Un numero L. 0,50 C. C. POSTALE G.GANGALE LARIYOLUZIOHE PR01 STAITE A•.,.n•mento annuo L. iO E.tero L. 75 Un numero L. 0,i0 Chi riceve un numero di saggio e non intende-abbonare! reaplngs II gior-nale, altrimenti gli oontinuererpo l'invio e dopo un mese provvederemo alle r-iaoo&elone mediante tratta 81 8ped18U f,o.nc<, df porto a. chi 'D'UMti• uagllo. di L. fJ alfedlUre (Jg6cttl - T•rir1• Anno IV - N. 2 - 11 Gennaio 1925 SOMMAR I O: F. ff1TT1: !.'Unione doganale - Inchiesta sulla Monarchia: I. - Ean,co PmcsuTT1: Il. MAnCELLO S01,ERI. - R. MORANDI: Il problema delle autonomie, - D. G1uLJOTTJ - li!.. VINCIGUERR> : l'olemica su Papini. - G. RENS1: Pro domo sua. - s. VrrALE: heltera di un quarantenne. - P. MARCONI: fltene la metropoli. - E. PERSICO: I partili catalani. - G. A.: Spiegazioni al lettore troppo candido. L'Unione doganale A.l linguaggio di Poincaré e dei suoi sostenitori e ad alcune aberrazioni così frequenti in una parte della stampa inglese, a tutte le illusioni della violenza è seguì/o in Europa un vero e grande bisogno di pace. Questo bisogno viene sopra tutto dal disagi.o economico e da un più grande disagi.o morale. Ma le vie per cui si vorrebbe giungere al.la pace sono le meno adatte. Non 7.arlare più delle responsabilità della guerra, ,ignifìca perdurare nell'equivoco Parlare di riduzione di armamenti, quando le c~>UP di essi perdurano, significa non prevedere i perdura1w, 'significa non prevedere i risultati degli odi che si sono manifestati. Illudersi che si possa con patti di garanzia consolidare il disordine attuale, cioè mantenere più a buon mercato le spartizioni ingi,uste e le ingiuste rapine, significa non comprendere nulla del pericolo attuale. E in tutto ciò la speranza che Russia, Germania e sopratutto Stati Uniti di America. l"fltrino nella Società delle nazioni per ga- , rentire la permanenza di tutti gli errori, è errore manifesto e dannoso. La Germania può essere indotta a entrarvi di mal grado e con tutte le riserve; gli Stati Uniti di Am,erica non possono entrarvi senza diminuirsi. /,a Russia non può entrare sinceramente senza aver prima definito le sue questioni territoriali ed i suoi rapporti economici. • ,1{ olle parole e pochi fatti finora per (lw.ngere alla pace ; ma anche le parole hanno un significato positivo e un valore reale nel rapporto dei popoli. L'Europa deve .affrontare il problema della sua esistenza con ben altri metodi e il nuovo cammino da percorrere è tracciato dalla necessità. Che cosa occorre? E' la situazione stessa che indica e impone la via da seguire; definire tutta la materia delle riparazi.oni, in modo da far finire presto ( e non come ha ripetuto Barthou, per cui la data dell'inizio della occupazw. ne non è nrm11rnenoincominciata) tutte le occupazi.oni militari; restituire ad ogni Stato la completa libertà così interna come esterna, senza controlli e, senza vessazioni a tutti i popoli vinti; preparare l'unione doganale degli Stati europei; rivedere le più gravi ingiustizie dei trattati; preparare con sincera volontà di riescire, quegli ordinamenti e quelle riforme che possono render possibile lo federazi.one degli Stati .europei. I due primi punti non hanno bisogno d;i essere illustrai.i. E' bene osservare che un inizio di pace e di res,;rrezione non può venire che dalla caduta delle barriere doganali e dalla formazione di un solo mercatq. Appena di poco più grande degli Stati ~niti d'America, un poco più piccola del Co.nadà, l'Europa è paralizzat(J. in tutti i suoi movwnenti dalle innumerevoli barriere doganali, rese più aspre dalle nuove formé di protezionismo. Quantità enormi dt ricchezza sono ogni giorno annullate; accaparramenti di materie prime si formano in vista di dominazioni economiche, che devono· 0 dovrebbero essere base di dominazioni politiche. Fu l'unione doganale tedesca del i833, che rese possibile in un territori-O-così diviso, l'unione politica della Germania nel i87i. Solo l' unione doganale di tutti gli Stati di Europa può preparare, in avvenire forse non troppo lontano, gli Stati Uniti d' Europa. Questa idea ora, dopo tante guerre e tanto odio, sembra paradossale: eppwre l'Europa non ha altra speranza di salvezza se non raggi'fngendo questo ideale dt vita. Basterebbe togliere le barriere doganalt tra la Francia e la Germania per far finire quasi tutte le lotte per l'accaparramento del f~ro e del carbone: basterebbe la libertà del commercio per garen.tire il libero movi- • mento degli uomtni. L'Italia ha un territorio m9lto ristretto e pure solo da poco ha raggiunto la sua ttnità. L'Italia del Quattrocento ero' divisa in un così enorme numero di Stati ( spesso ogni città. era uno Stato) che chiunque avesse parlato non della unità politica dell' Italia, ma soltanto dell'unità economica, sarebbe parso un pazzo. Gli italiani del quattrocento si odiavano fra loro più che or(! ~on si odino i francesi e i tedeschi. La Germania rappresenta, anche ora che è stata ingiustamente mutilata, la più grande unità etnica del/' Europa e i tedeschi sono /orse il più grande gruppo nazionale che abbia la civiltà ariana. E' illusione credere r,he la Germania accetterà mai la sua situazione attuale. In un periodo d{ tem,pf/ , non lungo, ,sia pure a traverso cataclismi, la Germania riprenderà la sua azione centrale nell'Europa continentale. Questa azione può essere diretta alla pace e può essere diretta alla distruzione: finora si è fatto di tutto per preparare la distruzione. ' Il problema è ora quello di spingere la Germania verso la pace, di interessarla alla ricostruzione; di valersi della sua immensa capacità di lavoro e di olf'ganizzazione per le opere della vita. E' perciò soJ)ra tutto che la Gran Brettagna e la Francia devono mettersi il JYfOblema non già di una bugiarda riduzione de1li armamenti e nemmeno di trattati di mulua garanzia per diminuire le spese e nem- 'meno la sicurezza di manteriere to sta.tu •:uo; ma di eliminare le cause del conflitto. Solo a traverso il disarmo, l'unionP doganale e la revisione dei trattati questf/ .scopo '(YUÒ essere raggiunto. Quasi quarrr,nta anni furono necessari alle popolazioni germaniche per passare dall'unione doganale all'uni.one politica: l'Europa rfrhiederà forse r,wggiolf' tempo P maggi.ore sforzo. Ma la sola rnéta di salvezza è uramai in questo indirizzo. Senza dubbio le forze della reazi.one e d,el capitalismo di sfruttamento sono troppo grandi ancora perchè si possa sperare eh.e questo tragico periodo della nostra storia passi senza nuovi errori e senza nuove violenze. La classe abominevole degli sfruttatori di guerra è ancora troppo vasta e il parassitismo sotto tutte le forme è ancora molto diffuso. • F. NITTI INCHIESTASULLA MONARCHIA I. :--:Tè giuristi uè.. politici hanno saputo finora analizzare le condizioni nel cui conco,so la mo1,arèhia perdura. Alludo naturalme11te alla monarchia moderna, consociata cÒn la forma di governo parlamentare. D'altro canto non è stato fatto r.ei:tnchc il conto degli sforzi, che ai popoli, in cui si è più o meno violentemente sostit~it!i la forma repuQblicana a quella monarchicai è costata non la sostituzione, ma la stabilizzazione della - ,·epttbblica. Infine - se pur· la ragione' ed una anche superficiàle osse1-vazione ci dic:ono esistere cause sociali che determinano il perdu- • rare d·elJa forma monarchica, non possiamo negare che le vit"tù e le debolezze degli uomini, per cui la istituzione funziona., possono influire anche esse sul perdurare o sul'la fine della forma monarchica. Naturalmente se la forma 1nonarchica cade quando invece non sussistono le condizioni obiettive in cui la repubblica può bene funzionare, si avrà t1ll periodo più o meno lungo cli assestamento, nel quale dovrà farsi la educa-, zion:e delle popolazioni e più ancora della classe politica, alla nuova forma cli Governo. Ma, 1ipete>,queste analisi non sono· state fatte e 11011 è possibile farle qui. Ci colpisce però il fatto che la monarchia. perdura ovunque il popolo è diviso in due o tre grossi gruppi, nei quali vi sia \ma certa diversità d'interessi e di sentimentalità. Nella Gran Brettagna, l'Inghilterra propdameute detta, il Gal1es e la Scozia; nel Belgio, fo'iamminghi e Valloni; in Olanda i due gruppi, quello del Norcl e quello del Sud; in Danimarca la popolazione della parte peninsulai'e e quella delle isole; in Italia, Nord e Sud. In altre parole può esservi qualche cosa cli vero in ciò che intui Francesco Crispi : la mona.rcllia ci unisce, la. repubblica ci dividerebbe. E' poi ovvia la osservazione cbe nella repubblica la classe politica è abbandonata in qualche modo a se stessa. Deve in se stesSa trova.re il se~so della misura, la virtù della moderazione. Re. o Presidente, Governo, Camere elettive, sono tutti organi, strume~ti, oncle 1a pubblica opinione si fa valere; .,alcuni di essi, il Governo e la Camera, hanno anche l1a1tra fwnione di contribuire alla formazione della pubblica opinione. Lord Bryc:, rif~renc~o- Ie. paro1e. di )11~1- uomo politico degli _Stati Uniti, diceva: 1 pah1ti americani sono cosi formidabilmente organizzati, che essi possono \tutto permettersi : ma, quando la pubblica opinione ha parlato su di una questione, noi siamo come schiavi di fronte ad un satrapo orientale. Dobbiamo sottometterci. E' solo l'Italia di oggi, in etti la pubblica opinione non conta; in cui il Capo del Governo può dichiamre che il paese s/ è da lui distaccato e nono- •tante rimane al pot~re ! Ma la. pubblica opinion<, non si f01ma sempre su tutte le questioni nè intorno a tutti ~li nemini di governo: nè la pubblica opinione, fr..rmatasi più o meno spontaneamente, ha SPmpre un contenuto rispùndente agl' interessi permanenti del popolo. Onde nella repubblica la necessità che h classe politica sia moralmente ed intellettnalmente pi •'1 elevata, perchè è ·solo in sè stessa che deve trr.- vare i'l senso <li misura e di equilibrio per sacrificare suoi uomini, sue tendenze, suoi interessi seccndo i voy!ri della pubblica opinione e deve dare oper✓per indirizzarne, anche con pericolo O,.i suoi eg0istici interessi, la formazione. Nella ufonarc•hìa ci è -nf"Q'arcm- <1rga.t1~-'t'h-epui,:rntfenare 1a•classe politica, può compensare ciò che iii essa può 1na.nca.re di se.uso di misura e di equilibrio; che può e deve intervenire quando 1a classe politica - o, per meglio dire, la parte in un momentQ.. dominante della classe politica - faccia prevaleit:! i suoi egoistici interessi sui voleri della pubblica oponione o tenti di indirizzarla in guisa non conforme agl' interessi permanenti del popolo. E' una funzione elevatissima, che la ì\1onarchia assolve anche nella democrazia, e che può essere in certi periodi cli evoluzione sociale e polit,ca più necessaria deg1i altri. Quando la intensità del movimento di evoluzione sociale, le condizioni di vita della popolazione rendono meno efficiente il lungo processo di ;elezione onde la classe politica. si forma; quando in certe condizioni di vita economica alcune forze sociali per la loro organizzazione riescono ad esercitare sulla formazione della pubblica opinione una influenz.a sproporzir>nata, la funzione del Capo dello Stato ereditario può avere più frequenti occasioni di esercizio. Nella yepubblica nessUJ1 organo può esercitare tale funz.io11e. E' la classe politica, ripeto, che in se stes..sa deve trova1·e la virtù oer moderarsi. - .. fo penso che 11 periodo che attraversiamo sia in Italia di quelli in cui più utilmente dovrebbe esercitarsi la funzione prop1ia del Capo dello Stato.' Non vi è più la classe politica, composta di p-=iconumerosi elementi, ma di altissimo valore intellettuale e morale, che la rivoluzione selezionò. La classe politica oggi si forma più caoticamente ecl il fattore, per dir così individuale, ha per la sua fonnazioue maggiore importanza di quello selez.io11e. Certo col suffragio uni versale, se lo si lascierà funzionare liberamente, in un periodo non lungo la. composizione della classe politica migliorerà; ma oggi dei vecchi elementi Eono superstiti pochissimi ed i nuovi sono il prodotto di una sola, non di più successive selezioni., Le condizioni economiche, a presciuclere dall'attuale fase di acuta crisi, 11011 sono tali da permettere una vita non agitata. Non si può negare Che vi sia una violenza di passioni, uno spirito di arrivismo, una coduzione di certi ambienti per cui la classe poliitica italiana di oggi non affida di trovare in se stessa quel senso di moderazione e di equilibrio che è pur necessario. Si è detto che l'Italia di oggi è la Francia di Luigi Filippo; ma con l'industrialismo in più: vale a dire con in più un elemento, che è indubbiamente di progresso, ma •anche di perturbamento. Chi,a.ra appare quindi l'altissima iunzione che la Monarchia anche oggi potrebbe e dovrebbe assolvere Essere non soltanto simbolo e presidio della Urùtà, bene supremo che sarebbe disastroso perdere; ma anche organo di freno e di moderazione di un.a classe politica, che ne:l m(.- mento attuale per le condizioni di vita del paese, per la troppo recente istituzione del su.ffragio personale, non dà garenzia di possedere quel senso di moderazione e di equilibrio che sarebbe necessario perchè essa potesse, da sola, assolvere la sua funzione. La vecchia concezione del Re, che conserva une. influenza preponderante riguardo all'Esercito ed alla politica estera, a me sembra tramontata. Viceversa io veggo di fronte a quelle, che pc,6sono essere le manchevolezze della. classe politica italiana, l'altissima funzione della Monarchia in ogni =po di attività dello Stato ovunque la classe politica. nella Camera o ,;,,; Go- \.erno non sappia assolvere il suo compito di interpetrare la pubblica opinione e di indirizzarne la formazione. Tn Inghilterra è la stes&t. classe politica che promuo,e dal Capo dello Stato l 'eserdzio di questa funzione; esempi mirabili sono state le proposte di scioglimento della Camera fatte dal Governo conservatore e da quello labourista sul semp-lice dubbio che la pubblica opinione potesse non essere pi~ consenziente alJ,, cliretti,a o a tutta la direttirn che il Governo voleva seguire. Sarebbe audacia dire che la classe politica italiana possiede già tale elevatissimo grado cii educazione e di corrette?..7A politica. Onde un attivo esercizio della funzione da parte del Capo dello Stato ba in Italia campo e ragione di esplicarsi, anche ed anzi SO!}r.::tbttto a} - fronte ad una sempre p.iù larga partecipazione dei cittadini all 'esetcizio dei pubblici poteri, ad una meno rigorosa selezione deUa cJass,e politica. Ma un organo senza funzione può Ti.- vere solo per tradizione, quando la funzione che esso dovrebbe esplicare si svolge egualmente. Che se della funzione vi è necessità e l'organo non l'esercita, si ha una situazione anormale e per ciò stesso pericolosa. ERRTCO Pl<ESCTTI II. La Monarchia liberale di Savoia ebbe nel processo costruttivo della Patria - col pron-ido compromesso concepito ed attuato da Camii1o di Cavour tra la ri,olt12ione e la reazione - h funzione di conciliare e far con\·ergere nel solco dell'unità monarchica. e nazionale forze altrimenti divergenti e di radunare consensi e simpatie dell'Europa attorno aUa nostra cause. nazionale, tranquillando preoccupazioni e diffidenze. Senza la Monarchia Sabauda il processo sto. rico della rivoluzione italiana, abbandonato :-,, eccessi dei generosi estremismi, uoa a,Tebbe avute le sue mirabili fortune. D'altra parte le imposizioni di reazione dell'Austria, non si sarebbero potute rintuzzare e fronteggiare opponendo le insegne e le tesi della repubblica, cui l'Europ.a 11011 avrebbe consentito, anzichè, come si fece, la ferma resistenza di un'ordinata. monarchia liberale. La Monarchia~i rinsaldò, e diventò poi veramente popolare in Italia, quando il popolo la sentì consenziente alla politica di pubbliche libertà e di solidarietà sociale, realizzata nel decennio che precedette la guerra, e nel quak maturarono insieme una mirabile civiltà politica. ed una fiorente prosperità economica del nostro Paese. Oggi ancora la Monarchia di Savoia troverà le sue fortune nella funzione di moderatrice fra gli eccessi demagogici e gli estremismi reazionari, cooperando a far ritrovare senza indugio al Paese le vie della pacificazione politica, e riaffennando il suo particolare carattere di monarchia liberale-democratica, che ne rappresenta: la gloria di ieri e la missione di oggi. MARCELLO SOLERI Nei prossinii nunieri le risposte di G. PREZzoLINI, R. MoNDOLFO., G. RENSI, E. CECCHI, R. MARYASI, R. ROSSETTI, L. SÀLVATORl!LLI, G. SALVEMINI.

bi 6 Il~R~RHMn ~tlU AUrnH~Ml[ Occorre che gli uomini nU01Ji che agitano oggi un problema non nuovo per l'Italia, il pròblema delle autonomie, non si facciano illusioni cli sorta sulle cliificoltà della loro lotta; non s'illudano sopratutto sulla portala ed il valore d'un largo e facile proselitismo iniziale tra elementi che, in Yerità, non si rendono conto dell 'enonne importanza de.Ila questione. V 'è da far tesoro di tutta la nostra moderna storia fino ad oggi; v'è da far tesoro della recente esperienza politica post.bellica. Il decentramento e l'autonomia, più o meno larga, della regione fu in questi ultimi anuì una ban<lic-,ra agitata da ben numerosi partiti politici, ed una riforma (sic) burocratica doveva bastare perchè da quasi tutti fosse ripiegata. Non diversamente avrebbe potuto avvenire quando m.ancava una pur rudimentale c<lucaz.ionc politica cli fronte a questo ponderoso problema. Altro è chicdece che si salvi lo Stato da una wort.e per congestione progressiva e palese, sperimentabile 111 tutti i suoi anche più cle1nentari organi d'amministrazione, altro t; chiedere cbe 1-ad.icaJmc.ntc se ne rinnovi la struttura fondamentale. Nel primo caso basterà un buon salasso che, mom,;n_ tanca.mente, ristabilirà una qualunque possibilità fun:dona.le; nel secon<lo non s-i dice nulla quando si chiede autonomia dei Comuni ed Enti locali e della regione, o magari.. cle.Ila provincia (ed allora, invero, si dice almeno llll enorme strafalcione), se non si è "preparati a fronteggiare la questione in tutta la sua vastità e complessità, perchè si tratta nè più nè meno, abbia.m detto, che di ordinare su basi nuove lo Stato. Il problema non può essere quindi di amministrazione solamente (sia pure di ... straordinaria amministrazione), ma è essenzialmente politico, nel senso più specifico del termine (potremmo dire istituzionale), giuridico, ec:onomico, sociale. Può una forma di costituzione politica che non sia schiettamente democratica. o socia.le accedere ai posttùati autonomistici? Vi può accedere quindi lilla società capitalistica, ttn ordinamento socia.le che si fonda su l 1a.ttua.lesistema economico e lo sostiene? Infine - poichè il nvstro non è solo rm problema di teoria politica - vi ·può accedere in Italia l'istituzione monarchica.? E' evidente che no. Lo sviluppo de.I. capitalismo nel nostro paese, iniziatosi più tardi che altrove, mentre forse, per le condizioni stesse d'ambiente, più presto che altrove toccherà il culmine de.Ila parnbola, tende logicamente al pi: rigoroso accentramento monopolista d 1ogni forma d'attività. E' necessario al capitalista che da Roma si muovano i fili da cui dipende la vita. d'ogni gTande o piccolo centro di produzione, percbè gli è necessario poter disporre d'un governo che abbia in mano direttamente tutto il paese, per il gioco incontrastato dei trust e del. le speculazioni hallcarie. D'altro canto solo una tal forma di costitnzione rende possibile all'alto ai.pitalismo di manovrare la politica interna ed esterna conforme ai proprii esclusivi interessi, a danno effettivo di quelli generali della Nazione. li capi talismo si sostiene ed ingigantisce - si dirà - anche in pa.esi che di questo accentramento non soffrono: noi non vogliamo dire che la soluzione autonomistica comporti senz'altro l'immediata trasformazione dell'ordi:11.amento sociale · essa è solo un elèmento, abbiam già avvisato,' per quanto essenziale, del problema più vasto che la comprende. Ma è indubbio anche che, se oggj dovesse in Itali;! trionfare, q11esta wluzione coinvolgerebbe UD. fondamentale jn.n.c,- vamento di tutta la costituzione, e però anche de.I problema del lavoro. In questo senso il capitalismo è il più fedele alleato della monarchia accentratrice. Il problema del reggimento politico è per noi infatti - anche fuori d1ogni questione dottrinale - risoluto dalla esperienza storica. li contrasto di federalismo e unitarismo che sof. focò ne.I nostro Risorgimento il problema delle au,tonomie o dell'accentramento, riusci di tutte, profitto della monarchia. E quando la monarchia seppe farsi padrona dell'unità, la soluzione nel senso accentratore del secondo problema fu decisa. - Un'altra soluzione non 'avrebbe potuto riuscire per il nostro paese che come la condizione e insieme la conseguenza prima e diretta d'una costituziorte rep-ubblicaua, poichè la lotta per il sistema autonomistico o accentratore si era già impegnata tra repubblicani e monarchici nel corso della formazione unitaria. Cosicchè oggi - giova esser franchi - sotto le spoglie del p1"oblema delle autonomie, Iisorge la vecchia lotta sopita, ma non mai spenta, tra repubblica e monarchia. Oggi la monarchia resta - nè potrebbe iutendersi alttim.enti un reggimento monarchico - essenzialmente legata al sistema accentratore. Non può cedere d'un palmo su questo terreno. E' forse per questo che i nostri socialisti han sempre guardato con occhio benigno all'istitut.6 principesco. Ci si spiega in tal modo come il partito repubblicano anche nelle ore di smanimento (ricorse invero troppo frequenti) dové conservare il postulato autonomistico, e potè procurare in certo modo su questo punto l'accordo tra Mazzini e Cattaneo. E come, d'un altro lato, si vedano correnti evolute çlel socialismo, fuori. da lontane mire di collettivismo - che solo· può giustificare l'accentramento statale in una cOstituzione socialista -, indirizzarsi, sia pur lentamente, -,·erso il nostro programma, perchè l'ordinamenLA RIVOLUZH.1"'l:. LlbERALE to autonomistico non potrehbe che riuscire oggi un colpo formidabile e forse decisivo all:i società capitalistica. • La soluzione del problema, teoricamente comJCÒ.tau, rge che si traduca nella pratica. Pure eh, non affronta insieme - questo noi vogliamo avvisare - il problema strettamente politico e giuridico della forma del reggimento, e quello economico e sociale dell'ordinamento della produzione, non può agitare seriamente e con probabilità di riuscita la questione delle autonomie. Perchè sono questi aspetti djversi d'un solo problema, il problema d1 una costit.uzjo11e<Jcmocratica o sociale dello Stato. Occorre - a nostro parere - evitare il doppio enore che ha dominato fin qui. Quello di affer. POLEMICA Maxio Vinciguerra, benchè professore, è intelligente, benchè giornalista è galantuomo, benchè democratico-socialistoide, ha per me della simpatia; ma, pu..r troppo, Mario Vinci guerra, (e ciò non m'è agevole perdonargli) s'è rivelato improvvisamente per un mediocre nota.ro. Infatti, •inventariando» su Ri-voluzione Libera/e quella molta polcuta con pochi uccelli meglio conosciuta sotto il nome dj cultura italiana dell'ultimo ventennio, arrivato al tordo Papini e al beccafico Giuliotti, ba detto su l'uno e su11'allro più c.. che parole. Esempio: • Il Croce (così l'amico neo-tabeL !ione, nella rivista sullodata del 16 settembre), era ben lontano da quelli de Lacerba quand'essa comparve; tuttavia è acqµisito alla storia che Lacerba accolse il Papiui già « vociano :& e « et'ociano " e ciò non fµ per un caso fortuito. Il Papini - mi si permetta l'espressione protocol1a,re - rappresentò nel mavimento futurista il plenipotenziario della prima estetica presso il dannunzianismo marinettian.o >. Si risponde: 1'Iario Vinci guerra sogna; e giacchè mentre sogna seri ve, e, scrivendo addormentato, non s'a~rge di scrivere delle sciocchezze, noi gli tireremo, perchè si svegli, un biscottino sulla punta del naso, e gli faremo toccar con mano che proprio tutto l'opposto di ciò che afferma « è acquisito alla storia , . Egli dunque deve sapere (e cercare di non dimenticarlo nel rifar l'a inventario,, la p1·ima volta mal fatto) che Giovanni Papini, il presunto crociano, ha combattuto invece, e fin da principio, le già fortunate rintedescature immanentistiche del metafisico Cimabue di Pescasseroli, ora « superato » dal Giotto di Castelvetrano, conforme è spietatamente dimostrato dai seguenti scritti : r. - Rispondo a B. Croce (Leonardo, novemll{e 1903); , 2. - La logica di B. Croce (Iieonardo, giugno.agosto 1905) i 3. - La religione sta <la sè (Rinnovamento, 1909); 4. - Stroncatura del libro d:i Croce su G. B. Vico (Anima, 19n) ; ~, 5. - StrQncatura del Breviario di Estetica di B. Croce (Stampa, _29 aprile 1913); 6. - Discorso di Roma . Contro Croce (dicembre 1913). E a.rrogi (direbbe Messer Ardengo da Poggio a Caiano) che Papini, scambio d'essere stato accolto di Lacerba • quale plenipotenziario, ecC. >, fondò lui, proprio lui, unicamente lui (infamia o gloria che fosSe - io dissi e dico iniamia -) quell'anarchica, paradossale e turpilo- • quente ri,ista, e ne spalancò le porte al forsennato futurismo, sopratt11tto perchè (secondo la sua natura paradossale) gli piacque di reagire, iu tal modo, papinescamente, contro la crocian.issima «Voce». Ed ora, in11intariati questi primi errori del1'« inventario,, vinc:iguerresco, passiamo ad altri errori molto meno involontari e, perciò, molto più imperdonabili. Il nostro notaro1 dunque, sempre nell'esercizio delle sue funzioni (vedi ancora Ri-voluzione Liberale del 4 novèmbre) parlando de.I tentativo, com'egli lo chiama, giuliottiano-papiniano e di reazione. restaurazione alla Giuseppe De 111aistre, (Ora di Barabba, Storia di Cristo, O-mo Sal-vatico - il quale sarà ripreso, statene pur certi, dalla coppia crvminale -) dopo avermi lodato, anche troppo, per la terza volta (la prima su Rivista di Cultura, la seconda, ahimè! 1 su Conscientia), a U1l certo punto, in questa guisa sj esprime: , Il Giuliotti ha avuto una parte diretta e potentissima nell'avvenimento (conversione di Papini) ; ed io penso che non si possa parlare di lui neanche oggi come un collaboratore del Papini, sibbene come un ispiratore». E fin qui, salvo quella , parte diretta e potentissima», la quale invece fa. parte d1altre cause, prossime e lontane - principalissim.a la guerra -, che spinsero Papini, già da qualche tempo oscillante, in Chiesa1 « ego te absolvo ». :Ma l'amico Vinciguerra (e d'ora in poi, per la crescente acredine che rivela contro Papini, mi comincia a diventar nemico) seguita 1 rincarando la dose, su questo tono: , Sarebbe poco agevole sceverare quello che del Giuliotti è nella Storia di Cristo; ma anche a non conoscere il Giuliotti personalmente, basta aver letto attentamente l'Ora di Barabba per aver seutore della vena giuliottiaua nelle parti sostanziali di quel libro,. Pessimo critico, ii nostro inventaria tare! Papini, in tutta la Storia di Cristo, vastamente e marsi per le autonomie come soluzione di UD problema meramente :-\mministrati vo, girando lo scoglio del reggimc-nto politico e dell'ordinamento ~ociaJe; e l'inverso, cli avanzare troppo astrattamente il problema del reggimento come quasi unicanwntc politico, pon<.-ndo in seconda Lin<:agli altri lati dalla questione. Questi ~rrori non si devono più ripetere e noi si deve affrontare la que,;tione di petto, nella sua in.scindibile umtà. Per noi italiani essa presenta aspetti particolari molteplici; ma inutilmente, crediamo, si cercherà <li risolvere problemi pur vitali, come sono quelli dello sviluppo agricolo e della campagna, e quello cosidetto meridionale e insulare, senza impadronirsi del nerbo di tutti essi. Nodi come questi non si sciolgono che con la spada. RODOLFO MO.RASOI SU PAPINI caldamente dipinge. e, qua e là, violentissimamente scolpisce; io, nell'Ora di Barabba, Io, sul muro, co11la punta d'un chiodo, a for:1..a <li graffi rabbiosi, micidiali caricature di persone e d'idee che mi ripugnano; il mio stile ha l'artiglio del gatto, lo stile di l'apini i1 rostro e ]'ali dell'aquila. Nè mi si creda tanto vile da far l'umile per ipocrisia, o il lustrascarpe a un runico plù alto di me. Perchè io l'altezza intellettuale di Papiui la riconosco, la rispetto, 1'ammiTo, e ne godo; ma plù amo ed ammiro la sua grande luce morale, la sua miscouosciuta. bontà. E seguitiamo: Mario Vinciguerra tentando, puerilmente, d'innalzar me perchè la statura di Papini diminuisca ili quakhe centimetro, così rafforza: , Se ad uno sguardo superficiale il nuovo "Pa. pini può parer nuovo, di fatto è il medesimo vecchio Pa.pini, che per non essersi potuto rinnovare nella nuova materia, soggiace completamente all'influenza dell'amico p1ù forte e più volitivo (sic!!!) e fa un lavoro non molto clis· simile a quello dei monachetti medjoevaJi (Papini!) cbe alluminavano le iniziali dei messali sotto la guida del padre superiore. Il Papini , brillante letterato, è diventato un , brillante letterato cattolico ,,, trn decoratore del pensiero di Domenico Ginliotti ». E qui (ahi ;i.hi Vinciguerra !) qui I'esagerazione laudatoria e denigratoria è cooi esagerata e cosi stupida che non c'è neppm· bisogno d'arrabbiarsi. Questo infelice nctaro fa veramente pietà. i.\-Iaecco, intanto,· che mi sorge un dubbio: io dubito dunque che se io fossi stato non già il cattolico sfregia-grugni di quel) 'Ora di Barabba, che pur avendo fatto fracasso, non è u.séita, infine, dall'Italia, ma lo scrittore cattolico (cioè uni1Jersale) della Storia di Cristo, tradotta come si sa (oh se si sa!) in tutte le lingue de.I mondo, io dubito, clico, che Vinciguerra e soci (non cattolici, e nondimeno miei strani panegiristi) mi avrebbero trattato - sebbene con gli stessi meschinissimi restùtati ~- ,,alla stessa guisa di Papini. Infatti le quercie hanno addosso le fonnicole; e al piede i funghi. DOMENICO Grui.1orn Caro GrnLIOTTI sjamo alle solite. Malgrado gli affettuosi ammonimenti di coloro che ti vogliono bene - è tra questi sono e rimarrò io, anche se tu decreterai di volermi male, perchè ho toccato il tabù Pap,ini - ; malgrado gli affettuosi a:mmo. nimenti, ti ostini a fare lo spaventapasseri della v:igna letteraria italiana. Se il tuo Papini ti pare un tordo e riconosci te stesso in un becca.fico, credi poi che io sia un ingenuo pas5ero? Sono , cose cogni te a noi notaro , come si dice in istile di tabelliçme. Riponi pnre questo armamentario dozzinale per altra occasione; e qua.nto meglio sarebbe che non lo. cavassi più fuori e che pensassi una buona volta che ricadi troppo spesso e troppo volentieri nel primo e quarto peccato mortale. Lasciamo quindi la molta frasca impillaccherata, con cui vorresti frastonarmi, e veniamo ai magri argomenti. Il Papini non è stato crociano? Lasciamo andare! Ho cominciato a 'frequentare casa Croce circa vent'anni or sono, e so troppo bene quello che dico. Che sia stato tra i pri1ui della Fronda crociana questo è verissimo, ed era inutile che approfittassi dell'occasione per rispolverare e rimettere in vetrina alcune coserelle del Papini di anni or sono. (Questi benedetti neo-cattolici, che «reclamisti»!). Ho tenuto conto anche di questo, quando ho detto del Papini che è un , femminile, : il che si dice, in tali casi, nel senso meno buono della pru·ola, nel senso della canzone di Francesco I : « 5 ouvcnt fe1n1ne 11arie , ... « Non. è vero che il Giuliotti sia stato 1 'ispi- -rat01·e, perchè lui fa i graffi e l'altro caldamente dipinge, ecc., ecc. ». Nessuno è giudice in causa propria. Questa è regola per cattolici e per non cattolici, per cristiaui, per turchi e per tutti. Qui si contempla ùi nuovo il primo peccato capitale. Io posso guardare bene o male uno sc1ittore; ma questo scrittore mostrerà pochissimo spirito a dire - in nome proptio o per delegazione - : « No, così non sono bello. Così invece mi dovete guardare». Lo scrittore scriva ed abbia la JXlzienza di tollerare quello cbe si dirà di lui. Così va il mondo, caro Giuliotti, e tu non hai il diritto di ribellarti all'ordine delle cose stabilito da Domineddio, pretendendo d'imbeccare agli altri -il giudizio che più ti piace sull'opera tua e dei tuoi ainici. Cbe poi io non abbia tutti i torti a peru;are che il Papini sia &tato il succnbo e tu il volitivo, <.be gli fai minia.re i to.oi pensieri - magari all'insaputa di tutti e due - è provato dal fatto che quando uno dice cose c]i questo ge:nc-,e chi salta fuori a fare la voce groS6a? Precisamente tu, caro Giuliotti, che mi fai la parte <li quelle mamme popolane, che quando i loro marmocchi banno presa qualche botta in istrada dal com. paguo di gioco, escono fuori scarmigliate, urlanti e con un truUllco di scupa in mano per fare le alte vendette. .Non racco1go 1'insinuazione finale, che non mi riguarda nè p-unto nè poco ed è frutto ,'i poca riflessione. A parte l'esibizione delle traduzione in infinite lingue (quante copie: Che • reclammisti , , <.be ( recla.mmisti > !) crr::do che ntS.Suno, che abbia avvicinata la mia povertà disinteressata e s.erena, pos,;a avere il più piccolo sospetto di calcoli commerciali. Ma se non pi.ù tardi di qualc-he settimana fa ti bo fatto inviare in dono uno schema di contratto v..r un editore, del quale avevi bisogno! Buoni afiad, amici miei; ma bada.te a non f.arvi un'anima da spr<:7..zanti e sospettosi Epuloni. Che il nuovo anno ti rochi salute e santità. .MARIO VISCJt;.UERRA. PRO DOMO SUA Assisto con amara soddisfazione al trionfo della mia filosofia. Devo porr<: da bancia la modestia, e raccomandarla caldamente ai signori dell'opposizione. Subito dopo il '22 i fascisti proclamarono che 1 loro avversari erano in i.stato di totale incomprensione. Ho sempre pensato e detto che i fa. scisti avevano ragione. E tale incomprensione deriva per buona parte dal fatto che molti degli oppositori sono irreparabilmente inquinati <ii quella filosofia crocio.gentiliana che è diventata la filosofia ufficiale proprio de.I fascismo: così Arnendola (vedi La. wlontà è ii bene), cosi Saìvatorelli, Caramella, Gobetti, persino scrittori della GiuStizia. Per tale filosofia la realtà è spirito, ossia, fondamentalmente, ragione. La formula essenziale di siffatta filosofia è, ònnqne in ultima analisi, sempre quella di Hegel ; ciò che è reale è ra.ziocale, ciò che è razionale è reale. Questa formula è suscettibile di veni.- interp.-etata in due modi. Uno è il seguente: ciò che è, pe.l solo fatto che è, lo chiameremo ragione, è ragione. Con questa interpretazione il raziona. lismo iàealista è conservato solo verbalmente; in realtà esso è trasformato in posi tù·ismo •i fatti sono perché sono; non e' è altra s.piegazione dei fatti che la constatazione della loro esis1:elli'.adi fatto). L'altro modo è il seguente: soltanto ciò c-he è ragione, può essere. Questa se::onda interpretazione è quella gennillamente conforme allo spi. 1 ito de.I razionalismo idealistico. E' naturalP. che gli uomini dell'opposizione, inquinati di tale filosofia, questa seconda interpretazione àella loro formula filooofica l'abbiano nel sangue. In base ad essa, ragionano =e segue. Nel: fascismo siamo davanti ad un assurdo, ad un assurdo mostruoso ed enorme. Sin qui sono pienamente nel vero. Ma aggiungono : e pvichè è nn assumo, poichè è irrazionale, non può durare, domani, posdomani ,sparirà. Questa aggiunta - che ricorda i tre stadi dell'illusione di Hartmann o la fede de.I credente che la logica della vita morale si realizzerà nella vita futura - è il grave errore in cui la loro filoeofia li pr<>- cipita. Se si fossero accostati dù1a mia, avrebbero appreso che la formula d;i Hegcl è _wra, se ro--"e· sci<>l.a; che la realtà è eminentemente irraz:ionalc anzi non vuol dir altro che contra.ddizione ed assurdo (già lo spazio e il tempo, categorie fondamentaH di essa, sono le categorie dell 1assurdo, il mezzo per cui il perfettamente razionale Uno eleatico si spezza nei Più, diversi, contrastanti, contraddicentisi, inspiegabili) ; che, in particolar modo la realtà storica umana non è costituita se non da. una serie di ass-u.rdi, chiaramente \·isti come tali dalla ragione al loro primo afiacciarsi e h-apassati, ciò non ostante, in fatto: tipicc,, il caso del Cristianesimo. Se si fossero famigliarizzati con queste mie idee, gli uomini dell'opposizione avrebbero forse edta.ta la meritata accusa d' incomprepsione mossa loro dai fascisti. Non avrebbero con1messo l'errore di: pensare: la situazione attuale è assurda, dunque domani cesserà. Avrebbero pensato : è assurda, dunque non c'è nessun motivo per cui domani debba cessare; anzi: dunque ~ probabile che continui. lo (posso legittimamente dare questo esempio soggettivo, -~hè tutti ~ giudizi in questione sono fondati ugualmente m una visuale soggettiva) io dico: l' •attualismo> è un assurdo è tllla paz.z..ia,non può durare. Esso ha conquistilto buona parte delle menti della nuova generazione. Tutti diciamo: la situazione politica attuale è fonn.ata e diretta da.. irrazionali. Verissimo. Ma ciò nou vuol dire che debba cadere. Bisogna arrendersi al pensiero da me svolto in quasi tutti i miei libri: che il mondo è irr,1zionale, la realtà ass~d.a, le cause perdute quelle che razionalmente dovevano vincere, le cause vincitrici quelle che avrebbero dovuto perdere, la. ragioue motivo d'insuccesso delle prime, l' grrore e la demenza condizione di trionfo de.Ile seconde. Offro questo pensiero, come viatico di consoln.zione, agli uomini dell'opposizione. GIUSEPPE RENSI

LA RIVOLUZIONE LIBERALE LETTERA DI UN QUARANTENNE il fascismo da movimento di idee si tramutava sempre più in partito politico, e da partito politico diventava, colla marcia su Roma, partito, e partito esclusivo, di governo. La sua originaria volontà negativa è stata, infatti, quella che lo ha spinto, attraverso i successivi anelli della catena logica, al suo attuale, deciso conservatorismo reazionario, e il suo difetto di un contenuto spiriluale proprio è, a!)PWlto, quello che ancora oggi costringe il partito, attraverso le sue contraddizioni interne, a barcamenarsi tra un anti-parlamentarismo verbale ed un politicantismo effettivo, tra la legalità e la violenza, fra la Confederazione dell'Industria e il Sinda,. cato, e che orienta semi>re più il fascismo verso il mussolin.ismo ed il mu.ssoJinismo, alla sua volta, verso il trasformismo. E', insomma, questa mancanza di un contenuto spirituale e di una volontà posi ti va, invano mascherata. da1la retorica ricostruzionista e imperialista, che ha trasformato questa vantata rivoluzione in una avventura, e l'ha. fatta sboccare in, una. colossale forma di arrembaggio allo Stato e nella creazione di una nuova consorteria e di nuove c1ien• tele, Noi siamo, senza dubbio degli anti-fascisti ma i1 nostro anti-!ascismo 1 si colora cli motivi cosi si>iccatamente proprl e spirituali che non può, non vuole, e non deve essere coniuso coli' anti-fascismo del tutto contingente dei partiti politici e di quella che, oggi, si costuma chiamare l 'opposizjone anti-nazionale. E' necessario, quindi, che si spieghi qui subito chi siamo noi; e poichè questa spiegazione siamo noi stessi a darla, essa acquisterà, cosi, in certo modo un carattere di confessione pubblica, che, eq'uilibrando il tono della inevitabile requisitoria contenutavi, va,rl, almeno io io spero, a togliere a questo scritto il carattere ciel pmnpltlet; che esso non vuole e non intende avere. Noi, dunque, siamo e vogliamo essere qui, in confronto del fascismo, gli ideol,ogi; e accettiamo volentieri e non senza uua punta di orgoglio quanto di sprezzante vi può essere in questa parola quando essa venga pronunciata da un procacciante della politica, da un commesso di droghiere o da un appaltatore di lax,ori pubblici, Noi siamo gli ideologi e gli intellettuali;' figli della cultum del nostro tempo, guardiamo con favore al nuovo, amiamo, f01·se, più lo sforz.o attivo che il risultato concreto, ma abbiamo anche il senso dell'equilibrio e delle grandi architetture logiche, possediamo il gusto estetico del,. le costn1zioui filosofiche e il senso matematico delle belle teorie che si svolgono, quasi; con 1;tmo musicale; siamo pronti, insomma, a giustifica.re in linea astratta. qualunque teoria, ma abbiamo anche il gusto della clialettica e la uostalg:ia iuvincibile della critica demolitrice. :Ma, sopra. tutto, noi non disp:re:z.z.iamoii fatto, ed il no.c:troapparente eccletismo, sotto questo ,~guardo, è giustificato proprio da ciò : Che noi i :r ogni fatto, al di sotto del! 'apparenza bruta e meccauica della materialità, amiamo rerca.re un riflesso dello Spiritc,, E, cavalieri dello Spirito, noi muoviamo pei \·asti campi del Pensiero, in cerca di sempre nuove avventure spirituali, ann.ati soltanto del]e armi sottili della critica; ma il nostro smagato scetticismo, che ci s,alva a tempo dagli atteggiamenti donchisciotteschi e tartarineschi, ci J)érmette ancora di intravedere, in fondo alla selva selvaggia della nostra vita intellettuale, un lume piccino e lontano, come nelle favole della nostra beata puerizia, ma un lume che ba- ~ta, tuttavia, per guidarci e per non fu.rei SUJMrire il cammino. Tali siamo noi, ma se questo è, appunto, il nOriStrocarattere, perchè mai, dunque, siamo antifa.-scisti? Perchè qnesto movimento, che pure si è presentato come uno sforzo vigoroso di rinnoT-a2.Ìone,con un aspetto baldanzosamente rivoluzionario e coll'apparato brillante di una organizzazione milita.re, che avrebbe dovuto, almeno, >Od<lisfare la nostra insaziata curiosità del nuox,o e il nostro gusto estetico, ci riesce, invece, cosl profondamente avverso, e èi trova cosi decisamente ostili / ... Opposizione <li istinto, si dice, antifascismo eneo, opposizione di élites intellettuali, Vi è del vero in tutto ciò, senza dubbio, ma, a parte ohe queste spiegazioni, appunto perchè sono tutte Yere, non possono darci, ciascuna sing<r lannentc, tutto il vero, a parte, dicevo, questo, vi è un fatto fondamentale di cui bi.sogna tenere conto. J;,a nostra opposizione, a differenza di quella òei partiti politici, che sono avversi, ciascuno per moti,-; speciali e oontingenti, la nostra oi>- posizioue ha carattere assolutamente integrale. E' una opposiizonc sentimentale, una antipatia, psicologica, 1'invereo, insomma, di quella affini-' tà eletti va di cui parla Goethe. Se cosi è, anche è chiaro come sia impossibile ridurre questa o~ posizione ad una formula: Il metodo sintetico qW non vaJe e fallisce; occorre, invece, il metodo analitico, il metodo principe della psicologia. Ed è perciò, come ho detto avanti, che quesio scritto non vuole essere un pamphlet, e nemmeno una semplice requisitoria contro il i.-'1.c.;cismo,ma piuttosto l'analisi di una stato d'animo: Attraverso, insomma, i motivi della nostra opposiznoie al fascismo, cerchiamo qui, sopra tutto, cli prendere coscienza di noi stessi. • •• Noi siamo pronti a giustificare il fatto, anzi ogni fatto, non per servi]e adorazione della reaL là bruta, ma perchè in tutto ciò che si è realizzato amiamo bravare un riflesso dello Spirito creatore. Ma invano nel fatto storico del fascismo noi ci afla.tichiamo a trovare questo riflesso, questa luce interiore che illumina e trasfigura l'opaca materialità dei fatti, Invano noi tentiamo di raggiungere e individuare l'anima del movi- ~ento fa.s<:ista, invano tentiamo cli colpire Ja rua essenza spirituale. In questo organismo, pur così vasto, potente e Jormidabi1e, all'appar~nza, ooi ravvisiamo, come in Wl mostro apocalittico o ariostesco, mille caratteri contraddittorì, ma non riusciamo a trovarvi il segno de1l'individua: lità e il crisma <li quella effige diviua impressa dal Demiurgo nel fango dell'Adamo originario, E' quello che Benedetto Croce, con diplomatica prudenza, che non lo ha salvato dalla canèa del vituperio, ha voluto dire ,quando ba affermato che nel fascismo vede, bensl, un cuo1·e, ma non anche un cervello, a Ma questo, a ben vedere, non chiarisce ancora il problema della nostra op!>05izione, perchè noi, pur negandogli un contenuto si>iriluale, potremmo, tuttavia, gil16tifi.care il fascismo, riducendolo al piano della politica quotidiana; e allora potremmo anche comprenderlo, cosl come comprendiamo il socialismo, la democrazia, il partilo popolare e il resto, come schemi neces-- sari cioè per l'azione pratica, Ma il fascismo, ed è questa la sua posizione caratteristica rispetto a noi, si rifiuta di essere considerato alla stregua degli altri partiti, si offende se lo si vuol ridurre al comw1 denominatore della politica pratica, e si vco1e porre, invece, come una palingenesi storica, ci si vuole imix>rre come un sistema filosofico, vuole essere ammirato come un movimento cli idee oltre che come tlll movimento cli masse. Ed ecro la radice profonda, l'intimo motivo psicologico della nostra opposizione: Perchè, nel 1nomento stesso in cui noi siamo condotti a }X)Stulare il fascismo come ltll movimento cl-i idee, in questo stesso momento e per questo fatto medesimo noi ci sentiamo autorizzati a subordinarlo alla nostra critica; come movimento cli idee esso ricade ipso iure nella nostra giurisdizione int,.ellettu.a.le,e, noi, senza bisogno cli spedale investitura, ci sentiamo in diritto cli costituii-ci, illic et immediate, Foro competente a giudicarlo secondo le norme della nostra dialettica, alla pari di tutte le altre ideologie che si presentano dinanzi al nostro tribunale, Ma il fascismo, ed è qui tutto l'assurdo della sua pretesa, nel momento stesso in cui invoca implicitamente il nostro giudizio si ribella ad esso; non gli è sufficiente di mettersi sullo stes. so piano con noi, vuole anche starci al disopra. Noi, insomma, ci troviamo a{ fronte non ad un sistema che chieda la critica razionale e spassionata del pensatore, ma ad un domma che pretende 1' llumi/.e obsequ.i11.m del catecumeno e la fede cieca del carbonaro, La nostra posiz:ione rispetto al fascismo è proprio quella degli eretici medievali rispetto alla Chiesa, ma, mentre que1li avevano, almeno, la dotrina della doppia verità dietro cui rifugiarsi, alla nostra eventuale prudenza nemmeno questo ultimo rifugio la nuova Chiesa trionfante sarebbe disposta a concedere, Perchè noi non possiamo neppure salvare l'anima nostra accettando il fascismo semplicemente come un partito politico, come un fenomeno contingente, come un fatto transitorio: Anche questo è negato dagli odierni dominatori, che pretendono di avere, insieme, il dominio temporale dei corpi e quello spirituale delle anime; che affermano di avere instaurata, niente di meno, una nuova civiltà, e secondo cui la data fatidica dell'Ottobre 1922 dovrebbe significare la catarsi tragica del vecchio mondo in putrefazione e l'inizio rivoluzionario della nuova palingenesi, . •• Ma dove è stata, in verità, questa rivoluzione fascista? Oggi· si vuole affermare che vi è stata la sostanza della rivoluzione senza il contenuto cruento, ed è questo, si dice, il merito del fa_ scisma. Ma noi diciamo, proprio il contra.rio, che vi è stata, senza dubbio, la forma tipica della rivoluzione, il moto sedizioso, la sollevazione armata contro lq Stato, ma è mancata la sostanza, Nè poteva essere altrimenti : La rivoluzione è nna ideologia che si organizza; l'evento rivoluzionario che affiora alla superficie visibile della Storia è sempre poca cosa di fronte alla insondabile profondità delle correnti spirituali che lo hanno maturato. La rivoluzione è il colpo di forcipe che lacera il pregnante alvo del passato per fame sortire il germe già fecondato del futuro; ma quest0 germe è necessario che ci sia, e che sia fecondo e vitale; se esso manca, il fatto cruento della rivoluzione lacera i tessuti della Storja, ma non produce nulla di nuovo; non si ha il parto cesareo di una civiltà più alta e più umana e l'inizio di un nuovo secolo, ma pr<r prio, invece, un aborto e una involuzione morbida delle forme sociali e politiche. Quale ideologia il fascismo aveva ed ha dietro di sé? Nessuna, o meglio, tutte, che vale quanto dire proprio nessuna. Fenomeno caratteristico del dopoguerra, come, appunto, il bolscevismo, esso trova in questo fatto, che basta a classificarlo, la sua condanna, dal punto di vista spirituale. La nostra serena equanimità di storici, pa-ò, sarebbe qui offesa" se noi negassimo al fascismo, a quello, almeno, della. sua fase originaria, u:.1 carattere ed un merito indiscutibili. (1 fascismo fu, sopratutto, in principio, una af~ ferm.azione di volontà; in un momento storico in cui pa1·ve mancare a tutti, sovversivi e conservatori, qualsiasi capacità volitiva, esso ebbe il merito di affermare ed'!imporre una sua volontà combattiva ed intransigente. Volontà negativa, priva di un contenuto suo proprio, ma fu questa, appunto, la forza del fascismo in quel periodo di universale accomodantismo; e fu pro• ptio questa mancan1...adi un contenuto preciso che rese possibile la formazione di un -mito fa_ scista, - i 111.iti, già si sa, tanto più hanno forza quanto più sono indeterminati, - e che favorl la rapida diffusione del fascismo in Italia, Ma questi elementi di forza diventavano, invece, elementi di debolezza a mano a mano che Ed è questo, sopratutto, che ci amareggia e ci disgusta: Percbè noi sappiamo bene cosa abbia significato e significhi per la storia d'Italia la mancanza cli una -vera rivoluzione; noi sappiamo che il liberalismo e la democrazia sono sempre rimaste, in Italia, parole vuote, titulu.s sine re} appunto per la mancanza di una adeguata e personale esperienza storica del nostro popolo; noi ricordiamo con Alfredo Oriani, - è un nome, questo, caro aìl'on. Mussolini, - che perfino il Risorgimento non è stato per l'Italia una. conquista, ma, in parte, un co]po di fortuna ed, in parte, la necessaria, favorevole conseguenza dello svolgersi di avvenimenti estranei. Noi sappiamo tutto ciò, e sappiamo anche come veramente l' Italia avrebbe ancora bisogno di fare la su.a rivoluzione, non coreografica, non, forse, cruenta, ma profonda, sostanziale, capace di dare davvero alla Nazione la coscienza di se stessa e della sua unità, quella coscienza che essa aveva cominciato ad. acquistare attraverso la sanguinosa esperienza della. guerra. E' evidente, quindi, senza bisogno cli analizzare oltre i nostri sentimenti, come noi non possiamo guardare se non con tristezza a questo rinnovato spettacolo di corruttela per cui oggi il popolo d'Italia sembra risospinto al livello della plebe del Basso Impéro, e con senso di amam ironia all'epilogo di questa nuovissima rivoluzione, i cui eroi sono tutti divenuti, oggi, per lo meno commendatori, quando non siano, addirittura, deputati, generali e ministri, o non si trovino, invece, putacaso, a Regina. Coeli. Ma chi sono, in fondo, costoro? ••• Sono i nostri coetanei: Anno più, annd meno, appartengono alla nostra stessa generazione; sono anch'essi i quara:ntenni. Ma. c'è·, tra noi e loro, un abisso insormontabile. Se è vero che vi sono due modi di possedere if mondo, coll'azione e col pensiero, - ma è, JX>i, vero possesso 1'azione/ - è certo che essi hanno prescelta la prima maniera e noi la seconda, Cosl mentre noi studiav,amo e analizzavamo Marx colla guida di Antonio Labriola, di Benedetto Croce e di Giorgio Sorel, essi emi>ivano delle loro concioni le Camere del Lavoro, spuntando, nel seno stesso del partito socialista, il loro rivoluzionarismo verbale contro il dominante giolittismo dei riformisti; mentre noi ci nntrivamo della sostanza stessa del pensiero di Maurizio Barrès, il vero Barrès, il discepolo di Taine, 1'analista e lq psicologo, essi, disillusi ben presto, come tutti gli intellettualmente deboli, del socialismo, si lasciavano attrarre dalla parte più caduca e contingente del pensiero di Barrès, e fornivano adepti al nascente nazionarJismo d'importazione gallica; mentre noi, attraverso Renan, Blondel, Bérgson, cercavamo di pe. netrare nella sostanza eterna e nel nucleo vitale del fenomeno religioso, accostandoci ad esso con un rispetto mistico che il nostro scetticismo faceva ancora più grande, essi si satollavano e si sentivano paghi del cibo I}OSitivista, attinto sui volumetti a tre soldi della casa Sonzoguo, e davano scrittori all'Asino di Podrecca e militi a quell 'anticle.ricalismo b_lasfematoriò e pornografico che era cli moda vent'anni addietro, cosi come oggi danno militi alle squzdre che devastano le Logge massoniche. Insomma li abbiamo incontrati sempre questi nostri coetanei, al Liceo, all'Università, nelle piazze, nei caffè, nei partiti, nei circoli, nelle redazioni dei giornali, e li abbiamo sempre sentiti avversi, anche quando particolari contingenze potevano farci trovare provviso1iamente sulla stessa linea e sullo stesso cammino. Perchè essi erano e sono veramente, per noi, usiamo pure qui, questa bella parola del nostro, del vero Barrès, i barbari. Essi peccavano, allora, contro lo Spirito, ed il loro peccato era, appunto, quello di aver mutilato lo Spirito subordiriandolo e asservendolo ad una gretta concezione di parte. Il libro sacro dice che il peccato contro lo Spirito non sarà rimesso, e, certo, la via della redenzione è irrimediabilmente chiusa per costoro, che hanno peccato due volte, e ci appaiono, oggi, in veste di recidivi. La loro eccessività !XlSSatali ,trascina, come un démone inescr rabile e incontenibile, alla ~cessività odierna; rivoluzionari e giacobini dieci anni addietro, reaz.ionarl e liberticidi oggi, sono sempre in eccesso, Prima e dopo, sono an,Jati, sempre, al di là della linea che segna l'equilibrio spirituale, ImmutabiJi nelle nostre posizioni, a cui siamo pervenuti attraverso un troppo duro travaglio di spirito ptlchè possa avvenirci di do~le mutare facilmente, per luce di improvvise conversioni, immuni delJ'antico e del nuovo eccesso, noi possiamo ben giudicare 006toro, e ne abbiamo pienamente il diritto, • .. Li gindicbiarno dalle parole e dai fatti, pm, forse, dalle parole che dai fatti, f'erch;,, in verità, - e qui è una delle differenze fondamentali tra noi e gli avversari esclusivamente politici del fascismo - questi novissimi satrapi fascisti ci urtano, forse, più per quello che clicono che per quello che fanno, Ai fatti noi sappiamo da.re un'importanza. relati va, e la nostra spregiudicata conoscenza della Storia, vicina e lontana, ci impedisce di dare eccessivo peso alle malefatte di costoro, Dietro le violen7..edei ras noi vediamo la miseria intellettuale degli uomini e la bassezza della loro statura morale, che si riflette nella meschinità, in fondo, dei ]oro atti; noi non ci possiamo nemmeno scandaliz,,.are troppo della manomissione delle 'libertà più elementari. Sappiamo, infatti, che chi è nato cell'anima dimez1..ata del servo sarà sempre schiavo, anche in tempi di maggiore, e più conclamata libertà; e sappiamo, d'altro canto, che la vera libertà è riello Spirito, e che no:n c'è barba di tiranno, anche serio e non semplicemente da operetta, che sia capace di opprimere veramente la libertà di un uomo che vuo]e essere e vuole restare davvero ]ibero. Non siamo capaci di versare fiumi di lagrime sulla costituzione manomessa, .sul Parlamento asservito e sulle elezioni latte col listcne e col manganello, e non possiamo esimerci dal ricordare e-be anche Giolitti, ai suoi tempi, in tema di elezioni, ha fatto qualche cosa di simile, se pure con maggiore prndenza e riservate,,.,7,a, E nemmeno non ci possiamo dolere troppo della manomissione della libertà di stampa; siamo troppo scaltriti per non sapere che anche in regime di censura si può dire, in fondo, tutto quello che si vuole. Basta saperlo dire, e adattare lo strumento al tempo: se non si può scrivere un articolo di giornale, è sempre possibile scrivere una tragedia o un saggio storico .. ..\.nz.i, noi ci auguriamo da questo regime di censura un ele.amen-to di stile ed un magg:iore sforzo di intelligenza, di cultura e di ironia nella nostra letteratura politica. E, infine, nemmeno noi sappiamo scandaliz- ,oarci troppo della questione morale e del delitto politico, ormai accertato in tutti i suoi precisi elementi giuridici costitutivi a carico del regime. La q,u,stione morale non imped.l a Francesco Crispi di essere veramente un nomo di Stato, e lJindiscussa onestà di Luigi Facta non è, certo, valsa a compensare la sua 'assoluta inettitudine come capo di Governo. L'uccisione del Duca d'Enghien non riesce ad abbassare troppo, per noi, malgrado la feroce requisitorià di Chateauhriand, la statura del primo, Napoleone, Ma il fatto è che bisogna avere uno stile, una lin,a, anche nelle violenze, anche nella tirannia, ed è questo che manca, oggi, al fascismo ed ai suoi supremi gerarchi. E' la loro volgare platitudt di pensiero e d'espressione, il loro inguaribile cafonismo di parvenus dell 'intellettualità, il vuoto pneumatico del loro pensiero, non a sufficienza riempito dal mare di paroàe in cui naufragano i rottami d'una culturaccia d'occasione, quello che specialmente ci urta in questi dominatori dell'ora, e ce li rende ostili, più ancora che gli eccessi, le esorbitanze e le imp10vvise fortune del loro potere politico, ••• Il nostro scaltrito gnsto letterario ed il nostro senso estetico, che ha ·1'istinto della misura, ma, plù ancora, il nostro senso della concretezza, che fa si che noi abbiamo sempre più idee che parole atte e sufficienti ad esprimerle, ci rendono diffidenti di fronte a tanta inutile Yerbosità che trabocca ed imperversa in modo cosl opprimente ed incomposto. Noi possiamo ben sorridere del novissimo stile di costoro, che, inebbriatisi nel baccano del superlativo, ardono incensi alla Decima Musa, la retorica, purtroppo, immortale, e si nutrono con compiacimento e colla stessa indifferenza tanto dei rifiuti del gergo di casenn.~ quanto degli ultimi avanzi caduti dalle tavole ormai sparecchiate del grande banchetto dannunziano. E se non è senza significato che l'anti.grammatico cli Cremona Nuova si~, oggi, esaltato al rango di vice-Duce, maggiore significato ancora ha forse, il fatto che tra i corifei ed i zelatori del regime siansi reclutati i giornalisti più vacui e più affetti dalla lue parolaia, principe tra essi quel Rastignac, che al regime deve, appunto, il seggio senatoriale, e che può considerarsi l'esempltre più alto e più esp,essivo dello scrittore di politica a tipo retorico e pseude>-letterario, Tipo quanto mai distante dei vecchi e realistici scrittori italiani di politica, e quanto mai insufficente per quelli che sono, oggi, gli elementi costitutivi della politica, non è qui necessario dimostrare. ·E nem1neno è privo di significato il fatto che il fu generalissimo Balbo avesse tanta cura e tanto amore per la sua prosa da

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