La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 35 - 23 settembre 1924

·bi -ONTO CORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTIM/\NI\LE DI POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 Abbonamentoper il 1924L. 20 - Per un semestre L. IO - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100- Un numero L. 0,50 IL MARTEDÌ CIJi riceve un numero di sa'l'lio "' non intende al>l>onarsi r<,spin'la il 'liornale, altrimenti 'lii continu<,rerno l'invio e dopo un rl)<,se. provve<le.ren;o alla riS<:ossion<, rl)ot<liante. tratta Anno III ~ N. 35 - 23 Settembre 1924 8 OMM ARI O: T. FIORE: Ulva Domini. - S. C.: li nuovo Corlegiano. - U. M. m L.: lne,mi. - La Vita Jntern(J.zionale: DrnnA1,1: ha rivoluzione albanese. - A. DA>HASI: Democrazia imperiale. - li. VINCIGUERRA: Inventario di cultura. - S. CARAMELLA : li padre di Tagore. VIVA DUMINI ! L'ou Dekroix, a proposito di un a..ttacco d'i Gobctti alla maggioran7.a parlamentare e a lui che ne fa parte, si la.Jnenta di non potersi vendicare. Diamine! O che :J:vrebbe Yoluto· sfoderar la durlindana? E' qu<esto l'insegnamento della guerra? llna volta, panni I disse alla Cameia che nou intende\""a di aYere privilegi di sorta, per la sua gloriosa cecità. Ora ... Sarà ora contento c:.he un altro mutilato 1 ev;- dent.emente dello stesso gusto di lui, lo ba vendi,:a.to. C'oi! ciò ba dimostrato che Gobetti ha torto, politicamelite parlando? Ahimè! non piace al fante, e dubito che sia mai piaciuto, questo menar le mani ad ogni momento. Anche Matt.eotti era. colpevole di lesa patria. Perchè dunque non sopprimere Gobetti? Tutto ~ta n cominc12re ... E allora, vi \·a Dumini ! Sente questo? può sentire questo il gran cieco? che cioè noi respiriamo tutti l'aria, del delitto? che ne siamo colpevoli tutti, anche noi, non già solo i Mannelli e compagni ; che fummo noi a p1·omuoverlo col solo tollerare l'abitudine quotidiana della violenza? Ahimè ! Il fant.e, ogni frmte sente cosi, contadino od' operaio, e molti altri ; il f.a.11-te non medagliata, non pensionato, non -aiutato da alcun governo; che in nessun modo bisogna metter le mam axldosso al citta-· <lino, soprattutto al cittadino antinazionale. Bisognerebbe invece che l'onorevole dimostrasse che Gobetti è in errore, volontario, antipatriottico errore. Dice Gobetti: < E' l'afa di Ma.~.. un l\rla.rx vita.le, in una situazione caratteristicamehte ita.. liana•· Non pa:re all'on. preopinante ì Ma pare al fante, al fante che Yede 1a pace: come già la guerra, cogli occhi di fante. Più che mai oggi. è l'ora di Marx. Il fante, mi pare, è colui che fece la guerra; e il deputato è d'accordo. Ed ora rion ha più rnce in capitolo. Ed ora. se dice male del Governo, ,·a dentro, se non è più picchiato. In ciò il deputato non è d'accordo. Pensa forse .che la voce del comandante è la voce del fante, che maggiorar...z.a e paese sieno tutt'uno. Ah! no, la YOCedel fante è del fante, quella del contadino è del contadino, non già del suo padrone, quella dell'operaio non è quella dell'industriale. E quella dell'Italia non ha nnlla a che fare con la niaggioranza. Ognuno sa i suoi bisogni, e il fante ha in animo cli provvedervi da sè, senza nessun padreterno di comandante. Diamine ! Se ba vinto la guen·a ! O non pa1·e al gran cieco? E ... e1·ede di risoh·ere la quistione con la violenza.? Logicamente aggiunge Gobetti: « Nessuna illusione di liquidare il fascismo con giochetti parlamentari, con le combinazioni della maggioranza., con lo Stato Maggiore, con la rivolta dei vari Delcroix e simili aborti morali». Qui giurerei che anche il deputato è d'accordo; nemmeno lui ba fiducia nella maggioranza ... E più chiaramente: • Il problema italiano è di liquidare lo spirito e le forme del trasformismo, <lell' accomoidantismo, della corruzione oligar. chica ... ,. Cosi anche pensava il fante, andando al fronte, il 1915. Così pensa ora.i più che mai. , ..... che fu rappresentato dai vecchi ceti sedicenti democratici e che il fascismo portò alle estreme misure di impudicizia e di trafficantismo,. O non pare all'Onorevole? E' contento della sua cornpagnia parlamentare, dei suoi colleghi? Pare però al fante, al fante libero, a migliaia di noi che torniamo marxisti. Il fante fu il cit. tadino che fece la guerra per difendère il paese. Ora. è tornato cittadino; e vuole tutte le libertà, prima quella economica. E naturalmente non vuole il liberalismo vecchio e nuovo. Che resta dunque? La puntura dell'offesa ricevnta? Un grande mutilato mi diceva ieri sera: .:'E' un'imprudenza! E' troppo aspro! ,. Perfettamente, nna donchisciottata. Il Sancio italiano, accomodante e trasformista, è abituato a. distinguere : nel servidorame parlamentare, noi, che facemmo la guerra, siamo onorati come tabù. E' capace di ribellione Delcrnix? Liquiderà parlameutartnente il fascismo? Cataplasmi, pensa il fante: il male è una sifilide congenita. Vendicarsi bisogna, con gli schiaffi. Viva la patria! \"fra Dumini ! TmBL.\SO FlORE P .S. - .\ proposito, anche 1'011. De1croix tira fuo1; domiueddio. Ecco, il fante se lo tieue per sè, quaudo lo ha, il Di.o, padre di tutti, anche degli antinazionali, degli Austriaci, degli Inglesi, degli Americani, di tutti gli altri nemici dell' Italia fascista, il Dio nel cu,i vangelo nèn c'è ancora il comandamento di dare schiaffi. O non pare? Sopratutto non lo ha mai porta~ in piaz7.,a 1 neppure quando, il '19, credette di doYer arginare il socialismo. Quaggiù non senti\·amo parlar più di Dio a difesa del go,·emo dall'epoca w Franceschiello ... Torneremo a parlarne; ma in regime di libertà, come consigliava, mi sembra, Giosuè Carducci. lL NUOVO CORTEGIANO ~on senza riposto disdegno, non senza segreto giudizio la u Rivoluzione Liberale J) ha mandato a suo tempo le « condogJi-anze » agli innumeri letterati colpiti dalla , disgrazia, del Corriere Italiano, dove si erano assiepati i più agili e correnti nomi del bello scrivere odierno. :Ma ncn meno sdegnosamente dobbiamo ancor battere su questo tasto, di fronte all'insistenza dell 'amoralismo letterario, che ci obbliga ad assumere le non simpatiche vesti del censore: parecchi mesi d~ profonda, di violenta rivolta etica contro i despoti senza legge, non hanno praticamente scosso gli , intellettuali , dalla loro apatia. Sia. mo sempre nella situazione che dettava a un noto autore _di commedie, pochi giorni innanzi il 6 aprile, questo aureo consiglio a un noto autore di drammi : « Perchè ti porti deputato? I letterati non si occupano di politica 1.1. Ora se davvero i letterati, loici o poeti che siano, « non si occupassero ,, di politica, noi avremmo da rinfacciar loro soltanto una tal quale incoscienza del mondo pratico, una mera· degenerazione biografi.ca. dell' indipendenza e deL la irrealtà di cui abbiamo incoronato l'arte nei nostri teoremi, o della sovrumanità che abbiamo postulato per il pensiero. Ma i letterati italiani vivono ben piantati nella pratica; essi non si occupano di giudicare la politica, e di trar dal giudizio nonna a sé stessi: ma con la vita politica stanno volentieri in branco. Sono presi da una morbosa indifferenza per il valore e la serietà di cbi esaltano, o di chi accoglie i loro S<:ritti, o di chi si accompagna pubblicamente al loro nome: non temono catastrofi, perchè Ja loro valentia li renderà· degni di salvezza; non fanno pregiudiziali, pe.rchè la ]ora preoccupazione è solo Qi scrivere bene e stampar meglio: il motto è di essere « scrittoti 1.1 a qualunque costo, cioè servi a qualunque padrone. Purchè ci sia modo alla bella immagine, alla bella frase, alla bella formuJa : e ci sia base alla buona fortuna. Questi infelicissimi aspetti della vita culturale italiana non hanno riscontro diretto nell'e altre grandi sfere della cultura moderna :in Inghilterra, in Germania, in Francia. Per i paesi nordici la ragione è che gJi « scrittori » scarsa im. portanza hanno avuto nella formazione storica della nazione; bisogna an;vare all'Ottocento per tr~vare in terra anglica o tentone uomini di pen.. na che abbian dettato legge o fatto delle epoche solo in forza della penna, e non del pensiero o dell'azione. Questo ha prodotto: 1°) una scarsissima diffusione del cortigiana.te letterario; 2°) una coscienza, nei letterati, di limitazione dell'opera propria come part~ di un organismo, accanto ad altre attività non meno essen.z.iali. Si aggiU11ga l'intimo tormento morale del protestantesimo e, in fondo, anche del romanticismo nordico. Qp... pure, in Francia, la classe dei letterati ha sem. pre avnto una posizione di incontrastato dominia da cinque secoli almeno : e allora lo stesso esercizio del potere sociale l'ha educata a quel senso di responsabilità e di coerenza, tolto il quale essa cadrebbe. In nessuno di questi paesi, poi, l'andamento della vita politica ha mai permesso in misura notevole una corruzione etica dell'ufficio d, scrittore. Ma le origini del letterato italiano sono altre, e diverse. Egli è cresciuto nel Rinascimento, tra le corti e i condottieri : in un mondo e-be non sapeva tener la penna uè la credeva necessaria a governare, ma ne aveva bisogno per il fasto del regno e per la suggestione ipnotica dei sudditi a...-nati. 11 principe 1necenate e l'avventuriero o il. tin\nno bisognoso di apologeti hanno tenuto a battesimo il nostro uomo: egli si è avvezw a vedersi conside[ato indispensabile, e nello stesso té:rupo a stare in sott'ordine. La Controriforma e ]o spagnolismo gH hanno insegnato ad assumere, in fatto d'idee, gli abiti fatti. Si va dall'Aretino I( flagello dei principi » al cavalier Marino prediletto delle corti: due pesi, una stessa misura. Più ta!fdi, il Risorgimento ha dato alla testa, con. la sua apparenza cli egual merito fra la pen. na, la diplomazia e la spada. Così abbiamo sentito dir male del Manzmti perchè dopo il '21 poco o niente si sbottonò fino alla presa di Roma: e ili .-·ece, povero Manzoni, meditava problemi politici con una serietà spaventosa. Tra queste vicende, il letterato italiano si è costrutto un suo sogno d'oro: quel che si esprime volgannente chiamando gli scrittori ministri della fama. Gli uomini fan.no, ma gli scrittori et.emano, salvano dall'oblìo, difendono contro il tempo edace: si inscenano la storia con le tavole / èi bronzo, e l'aligera Clio, e tutti gli armamenti mitologici. Lo diceva già l'Ariosto: che cosa s&rebbe stato <li Augusto senza. la benevolenza degli scrittoi;? Immaginatevi che cosa succed.ertbbe poi di una persona niente niente inferiore ad Augusto: un vero disastro. Su tal mediocre, ma. non modesto trono si asside il nostro letterato e guarda con dispregio i servi, con simpat:ia cortigiana i padroni. E' cauto semp1ie ne11'esprimer giudizi su chi forse potrà domani elargirgli « soddisfazioni » in catll.- bio di una pagina elegante o di un libro compiacente, o in ogni' modo- a: 1;conoscere 11 i suoi meriti. Invidia in cuor suo i grandi, che non ap. partengono al medio livello della letteratw-a, e che possono trascurare queste considerazioni : nè lascia occasione cli saettarli, se per avventura essi 11011 stanno dalla parte clomiuatrice. E' maggiolitario, naturalmente: le minoranze rendono sca,rso frutto, e sono rischiose. Le sofferenze e le lotte passate prima di « riuscire » lo rendono avido di onori: il ti.more di una caduta gl'inseg-na 1111. guardingo riserbo. Si capisce che la differenza in peggio tra. i mecenati del Rinascimento e quelli del Novecento implica una uguale differenza tra i loro corteggi di astri e pianeti pen• uaiuoli. E intanto il pensiero si ottunde, l 'inchio_ stro s'intorbida, e una strana specie di alessanà.rinismo corre al trionfo, fra nuove sorti plebee. Noi non vogliamo con questo rimpiangere i decrepiti guardinfanti dell'arte maestra di buoni costumi, che hanno anzi la loro parte di responsabilità in questo stato di cose. Noi vogliamo semplicemente che lo scrittore, il letterato (in ispecie quando non è tw grande poeta, un gran" de filosofo: ai quali spettano altri diritti) senta eh~ saper scrivere, e scriver bene, non basta: che bisogna sopratutto, nella media condizione delle lettere, essere uomini. Altrimenti, come si denuncia un malcostume politico, si dovrà denunciare un malcostume letterario : e l'onorato mestiere della penna cadrà sotto molti obbrobrii, per non avere nè i suoi maestri nè i suoi novizi compre.so, che erano socialmente parti di un organismo e dovevano adegu.arsi a qu-esta fuzione, - anzichè vivere sulle grate norme dell'inserirsi uella storia, e della bontà del successo. s. c. INERMI Se quella domenica dopo il delitto ,Iatteotti mille uomini avessero dato l'assalto a Palazzo Chigi, i I Governo sarebbe stato deposto dallo sdegno dei cittadini e la parte fascista, sgomenta, ll0n avrebbe tro\."ato la forza di far uso de11e :,ue a1mi. Questa postuma consolazione rallegra l'anim> di molti saggi oppositori. Ebbene, no. Le co.,.: 11011. pote,·ano andare a quel modo. Se j mille, violenti o audaci, non si sono mostrati, n.101ò;r,c. che non c'erano, che nell'animo di molti, fra lo sdegno e la sorpresa, non trovava la sua \."ia la decisione. Xon stiam6 a considerare quel che a\ rebbe significato, per la nostra dta politica, una nuova ri\·olta della piazza, una nuova fa.se aperta con l'insurrezione e il facile ottimi5mo dei comizi. )Ia il dubbio e la titubanza., a.11ch..:: d: quelli più accesi e più portati alle soluzioni chiassose, è un dato psicologico im!X)rtante, è Ul' sintomo non eqtti\"Cx::odi cui \"a riconosciuto il ,·alore. Inibizione di ignoranti e pregiudizio di rétori timorosi; ma gl 'ignoranti e i timidi non sono tali per foro volontà mah·agia, quasi sempre percbè manca. l'informazione e una chiara e convincente impostazione della lotta. Troppo ...-ario e vago l'antifascismo come fatto sentimentale percbè su di esso si determini l'azione; troppo incerta, troppo poco educata la schiera dei futuri capi perchè desse affidrunento ai semplici, troppo rischiose le prospettiYe perchè nascesse negli spiriti la dedizione. Piuttosto che combattere per un no, si aspetta cbe faccia più chiaro e si lasciano le armi. Ora, questa ,·olcntà di chiarezza e 1 'attesa e .. quasi l'assenza dal campo della lotta - quando non si dùbiti d'appartenere a una parte e non si coltiduo velleità di transazioni - è una manifestazione, sebbene tardi \-a, di forza. Parificarsi agli 3Y\·ersari nella triste pratica delle anni t clegÌi insulti, significherebbe rinunciare a una superiorità che pur si crede di possedere: que11a d1 non vedere la realtà tramutata in rapide e ossessi ve fantasie, di misurarla bensi con un criterio calmo, con la moderazione che sembra ai fan1eticauti dell'azione poco conclusiva, ma che è prerogativa di chi si mantiene e ripone ogni sua fiducia nell'ordine delle idèe. Sarebbe molto più sbrigativo - e, per gli spiriti poco attenti, più piano e p-iù logico - srendere in piazza a risolvere questa trista si. tuazione senza sbocco, o a sacrificarsi. ::l'.Ea la riuscita, scatenando la i;-iolenza, condurrebbe a altre dure prove donde non risulterebbe, per tutti, altro cbe una morbosa esaltazione senti1nentale, e il sacrificio si muterebbe in pena inflitta a, pochi ribelli sciagurati. Bisogna deprecare non solo il bn1tale e cretino delitto del singolo, ma. anche l'impazienza, l'insofferenza collettiva, la tendenza a scansare le responsabilità più serie-1 l'arbitrio che non s'adatta alle lente matumz.ioni e fa precipita.re in un buio fitto quelli che cercano lo scampo da un'oscurità c.rep,iscolare. Se vogliamo ritrovare nelle esperienze più ostiche un elemento di educazione, bisognerà lasciare- che esse si svolgano. L1atto dell'accorato spet_ tatore, che prova disgusto per quel che succede, ma non ha da inserire negli eventi una sua ambizione personale e perciò trattiene il respiro e sente quasi pudore della sua fede; insieme il travaglio di affermarla meglio ogni giorno, di aYer ogni giorno più chiaramente e più sottilmente ragione con sè stesso, di prepararsi ai nuovi eventi con una triste serenità di presagor quasi con. candore - eppoi la speranza, non fissata a una data, non appuntata a una persona, ma tutta contenuta in quell'esercizio di visione, per' cui appare che se non si può mai raggi uugere il segno, si tocca sempre da vicino una ri\"a, dove non si approderà, e ogni resulta.to è esaurito dallo sforzo. Tale è la politica degl'inermi. Essi lottano, cioè vivono, vedendo; e uon c'è vìttoria che li consoli. In questo modo si può incontrare, ed è davvero degno, il sacrificio. Pei-chè il sacrificio sia degno, bisogna che tutta la colpa sia nell 'aggresso1·e. Siccome delle colpe non ci si scarica mai a pieno, e risalendo la lunga catena, per quanto ci sembri d'esser distanti, ci s'incontra con il nostro passato, con azioni e passioni che avremmo scordate se non fossero 1ungamente vi ve nelle cose,

----------------~--------------------------------------- bf 142 non si giunge mai al sacrificio con innocenza. Da u11previsto succede quindi il male - gl' in~ terminabili o<lii e vendette che tr·ovano esca anche nel ricordo delle vittime pure. Forse non è ancora legittimo 1111 desiderio di pace; /orse l'impossibile pace, rinnegata dai !atli e sotterrata iu noi 1 dev'essere il tono i.utimo, I assicl11a tendenza della nostra vita. In altri LA RIVOLUZIONE LIBERALE tempi a\.Temmo avuto altri còmpiti; ora non c'è che da capire. Xon si tratta d'una mortificazione delle facoltà, d'una vuota astratez,,a e d'una facile clausura, polCbè smettere le anni ne] clangore della battaglia e quando ogni colpo ci per. cuote può sembrare atteggiamento quasi eroico. Inermi, si è piit presenti al cou0itt,o e più p1·011li. O. M. n, J,. LA VITA INTERNAZIONALE spondeute espansione della nazionalità. ),"e). l'.\ustralia l'ingcre117,a di Londra &i 1ll'1nif<:sta t--u ill(H\'idW inglesi di razza e di sentimento. J<lem, se pure in misllra meno spiccata, pel Sud ,\frica e pel Cana,Jà. Si ba così nna doppia ar. formazione: quella intellettuale e quella del potc.-re politico, cosa che non (; avvenuta per ne~una compagine imperiale de] passato, almeno in forma co<;Ì importante. Le antitbe c:olo-- nie greche erano estensioni della nazionalità , non del 1,otcrc politico della Madrepatria; e i grandi imperi della storia furono tutti piu o meno fondati sulla ronquista, ciò che costituì in foado la prima causa della loro disgregazione. La rivoluzione albanese L'ultima rivoluzione albanese, finita col trionfo dei nazionalisti, passò per le seguenti tappe: crisi di goveriio nel gennaio, attentalo contro Ahmed Zogu nel marw, assassinio del deputato An1i Rustem nel maggio, caduta del gabinetto Elias \ doui ne] giugno e infine formazione del nuovo governo di Fan-Noli. Quando nel gem1aio 1924 si riu1Lirono a Tirana i deputati della Costituente si vide che Ahmed Zogn non aveva la maggioranza. Su 104 votanti pote,·a disporre dei 26 voti dei suoi seguaci (populisti), dei se.i ,·oti dei grecomani cl' Argirocastro e di 14 ,·oti lra i bey. Allora Ahmed s'alleò coi bey e cedette la presidenza al suocero Sevket bey Vrlassi d'Elbassan. Ahmecl continuò acl essere il capo effetti ,·o. n1a questa coalizione con ; bey precipitò il movimento rivoluzionario e determinò l'attentato contro di lui. Sparando in Parlamento contro Ahmed Zogu, Bekir \\-alter gridò: « L'Albania non ha bisogno di feudalismo. Morte all'alleato dei bey >. A 17 anni lo studente Bekir Walter era membro del Club àegli ·intellettuali il cui presidente Avni Rustem aveva ucciso tre anni prima a Parigi Essad Pascià il difensore del feudalismo e della influenza serba in Albania. Ahmed Zogu sapeva donde veniva l'attentato e rispose due mesi dopo con l'assassinio di Avni Rustem in pieno mercato di Tirana. Fu il segnale della rivoluzione. Trenta deputati dell'opposizione riuniti a Valona per la sepoltura di AYni Rustem decisero di non più tornare a Tirana. Con i rappresentanti di tutte le città e cli tutti i villaggi, venuti per la sepoltura, davanti al cadavere dell'assassinato, loro eroe nazionale giurarono di vendicarlo e mandarono· subito al goven10 di Tirana un ultimatum intimandogli di lasciare il potere per evitare spargimento di sangue. Subito dopo Gurakuki lasciò Valona e arrirnto· a Scoclra organizzò la rivolta dell'Albania settentrionale. La rivoluzione fu generale. La crisi ministeriale e il nuovo governo di Elias bey Vrioni che ne nacque, non mutarono la situazione: le trattative tra gli insorti e il nuovo potere non approdarono a nulla. Il niovimento fu guidato a Scutari dal colonnello Reclieb Salia • e da Gurakuki, a Valona da Fan-Noli e da Kiazim Kotzuli, ai Kossovo dal leggendMio rivoluzionario albanese Bairam Zuri e a Debra da Eles Jussuf. A poco a poco l'esercito p·assò dalla parte degli insorti che il ro giugno entrarono trionfalmente a Tirana dove formarono un gabL netto militare con Reclieb Salfa, che presto lasciò ii posto a un gabinetto politico Fan-Noli - Gurakuki. Le affermazioni della stampa SCTbache spiega .gli ultimi avvenimenti albanesi con 1' antagonismo di razza e di religione e con l'influenza italiana sulla popolazione cattolica sono erronee. fa verità Ahmecl Bey tentò di presentare il movimento come una lot~ di razze e di religioni ; ma i nomi stessi dei dirigenti della ri volu.zione . dimostrano la vanità di queste affermazioni. In realtà la rivòluzione albanese fu una reazione contro il feudalismo che arrestava ogni sviluppo culturale e materiale del paese e contro le infiuenze stran.iere - la serba più pericolosa di tutte - che tendevano allo smembramento del- !' Albania. Nel!' ultimo anno del suo governo AhmecL bey s'era dimostrato difensore di qaeste due politiche e perciò quasi tutti i colpi dei nazionalisti erano diretti contro di lui. Il nuovo potere in Albania è rappresentato dalle seguenti persone. Reggenti: Sotir Petzi, l:Jaira,ni Zwri, Sami Vrini e Noz Cioba. Ministro presidente senza portafogli Fan Noli, ministro delle finanze Gurakuid, liberale, fautore di una collaborazione con l'Italia; ministro degli Esteri Su,leiman. Del,11ina, ex ministro presidente, che prima del 1912 fu per lungo tempo capo-divisione 11el ministero dell'interno a Costantinopoli, già membro influente del partito giovane turco e tut ... tara in rapporto con gli ambienti politici turchi; ministro di Giustizia Sta11ro Vi11iao socialista che passa per il miglior giurista albanese; mi. nistro degli interni il colonnello Red,jeb Salia, uaziona.lista senza partito; ministro dei lavori pubblici Kiazin Kotzuli, eroe nazionale albanese, uno dei capi ciel movimento che cacciò gli italiani da Valona.. nel 1921. Il ministero dell'istruzione è vacante essendo riservato a un. cittadino di Kossovo; a un cittadino di Scutari sarà pure destinato un ministro senza portafogli. La dichiarazione-programma del nuovo governc dice: « La politica disastrosa del goven10 precedente a,·eva creato in tutta l'Albania una situazione insopportabile e senza uscite che rese inevitabile la rivoluzione. Le conseguenze della politica del \'ecchio governo sono : ._Un bilancio irregola.re, in continuo deficit, disorganizzazione di tutti i rami dell 'amministrazione; sicurezza pubblica in pericolo; anarchia in tutti gli orgaui del potere; potere perso. ualc sttperiore all'autorità dello Stato; attentati contro cittadini e strauieri. Tutto questo comprt·ometteva il popolo albanese all' i11teruo e a1l'estcro e ne snaturava il caratter~. « Il nuovo Governo chiamato al potere dalla Reggenza e dalla fiducia pubblica ha preso nelle sue mani l'amministrazione del paese e promette di migliorare la situazione attuale applicando il segue11te programma.: "1°) Disarmo generale e assoluto; 2°) Giudizio verso i colpevoli della rivoluzione e della triste situazione locale; 3°) Restaurazioue della sicurezza pubblica e ,;gicla applicazione delle leggi; ••) Coasoliclamento dell'autorità dello Stato e fine degli arbitri; 5°) Solu,.ione radicale della questione agraria; distruzione del feudalismo e iDlroduzioue del ~istema democratico in tutta l 'Albania; 6°) Profonde rifanne nell'organizzazione dello Stato e dell'Esercito; i"t Creazione cli una amministrazione di funzio11ari onesti e patriotti in numero .ristretto; 8°) Determinazione dei di-. ritti e dei doveri dei funz.iouari; 9°) Organizzazione dell'autorità comunale; 10°) Risparmio nelle spese ed equilibrio nel bila.ucio; rr 0 ) Introduzione • di un nuovo sistema fiscale; 12°) 'Miglioramento delle condizioni dei contadini; 13°) Facilitazioni al capitale straniero; 14°) Restaw·azione del .prestigio dello Stato nel paese; 15°) Inclipenclenza a.c.:;solutadei tribunali; 16°) Riforme radicali llel Codice; 1i 0 ) Organizzazione della difesa della sa- - lute pubblica; 18°) Organizzazione dell'istruzione pubblica su basi Jnod.erne; 19° Relazioni amichevoli con tutti gli Stati stranieri e rapporti cordiali con le nazioni vicine ». Il Governo promette anche di ricorrere a un plebiscito a voto libero, segreto e diretto, appena .il paese sarà in condi?.ioni normali. D1BRALI Democrazia imperiale Preoccupazicni sull'avvenire de11' Impero Britannico non datano da ieri .. Se è vero che sulle medesin1e s'è fatto molta accademia· - e se ne fa oggi anche in. Italia - non è meno vero che la sensazie,ne d'una caducità finale del proprio retaggio imperiale sia sempre esistita nella coscienza nazionale inglese; la quale, anzi, più ha accennato .a preoccuparsi quanto più s'andavano estendendo i dominii d'oltremare. Tale sensazione, che spesso s'è manifestata attraverso mòniti ispirati (chi non ricorda .quelli Kiplinghiani ?), s'è andata accentuando durante l'ultimo venticinquennio, per il pericolc, tedesco prima, e poi, sebbene in maniera meno clamor.osa, per un polarizzarsi delle correnti predominanti del Paese verso idee e principii in contrasto più o meno ape1to col principio informatore dell'impero. Alla generazione in fatti che verso .il 1895 rispondeva all'appello dei Roseberry, dei Rhoclcs, dei Chamberlain e dei Kipling per formare le falangi m-ganizzatrici dell'Impero, succede sul principio del '900 un orientamento delle correnti vive del paese verso idee più avan1..ate e meno conservatrici. Dopo l'impopolarità guadagnatasi dai « tories » iu seguito alla guerra del TransYaal, s'assiste cosl al trionfo liberale del 19o6, all 'aunichilimento della Camera dei Lorcls nel r9n, e a un prevalere spiccato di tendenze nuove. La vigilia della guerra trova le « élites n giovani del Paese inclini al laburismo e a u·n pacifismo quasi internaz-ionalista. Dopo la guerra il movimento democratico, lungi dalJ'arrestarsi, trae dalla medesima la sua forza maggiore, e uell 'agitarsi dei problemi del dopoguerra_ riesce ad affermarsi coil 'attuale Governo laburista. Non è vero quindi - e sia detto tra parentesi - che Mac Donald sia salito al potere per le contingenze eccezionali dell'ora, in uno scoppio di malcontento popolare. L'affermazione del suo partito - non importa di ·quale valore e significato - si ricollega in modo evidente alle tendenze dell'anteguerra. Ora, in tutto questo e\·olversi dell'idea, quale la posizione dell'Impero? Appare infatti quasi un contro~nso 1'assistere oggi a ttn' Inghilterra imperiaJe retta da un Governo socialista. Non esjste in questo fatto una ragione e conferma delle preoccupazioni accennate? E, se è lecito parlare di influenze clisgregatrici delle nuove idee sulla compagine dell'Impero, in quale senso e in quale misura esse si 111a11ifestano? E' evidente anzitutto che il nucleo vivo dell'impero - India eccettuata - è costituito dai Dominions, ed è inglese. Non vale dire che il f:ucl-A[rica è anche boero, e che nel Canadà per. mangono influenze francesi : 1' insieme dmane inglese in prevalenza. Il tener conto di questa unità etnologica è ora essenziale per la trattazione generale del1'argornento. Ci troviamo di fronte al raso tipico di tm'espansione dello Stato - in questo caso cli quello inglese - a cui fa riscontro una corriLa coesisten.r,.a invece dei tlue fattori accen11.ati ha dato all'Impero dei Dominions una figura tulta sua. Ha concesso un.a permeabilità dello spirito della .\Iadrc-palria che non ha altrove riscontri. Co-;ì essendo, ~ ora ovvio che l'Impero Britannico nelle sue jinec generali - salvo sempre l' India - si presenta come un insieme connesso alla M.adtepatl"ia da vincoli che, se qua e là denola110 te11den7..,ead allentarsi, per il fatto stesso della larga autonomia concessa ai Domi1:ions, sono nutriti da una tradizione e da una comunanza d'interessi eccezionale. li caso delle colonie <l'America? Si, certo: j ,:olon:i che nel 1776 proclamavano il loro distacco dalla patria d'origine per formare gli Stati Uniti, erano inglesi. :\fa non bisogna dimenticare le contingenze cli carattere tutto speciale cli allora, e il fatto che si era in piena rpoca di sistemi coloniali ora scomparsi. Gli av,·ènimenti che si svolgono in Inghilterra banno quindi pe1J i Dominions un carattere tutt'affatto particolare. Per l'Inclia, la salita al potere di un Mac Donald può dar adito a vaste ripercussioni cli carattere libertario, può magari far sorgere speranze e fomentare movimenti, può insomma aver significati che· esulano dalla stretta ripercussione amministrativa; per l'Australia il 1ne<lesimo fatto non supera l'avYenimento di politica interna. Può avere importanza in quanto per la base navale di Singapore, ad esempio, si prenda una decisione piuttostochè un'altra, o in quanto la flotta del Pacifico può venir aumentata o diminuita. Questioni di politica imperiale di notevole importanza, senza dubbio; ma che restringono un fatto o un prevalere .di Euove tendenze nella patria d'origine ad a.vYenimeuti di carattere interno. Xon è quindi questione di regime: è questione semplicemente d'interessi reciproci. Collimano essi? E allora tutto va bene. La politica di Londra entra nella cerchia dei « Dominious i,? Kon ha nessuna importall7..a il fatto che essa sia perseguita eia questo piuttosto che da quel Governo. Parlare quindi di influssi disgregatori delle uuove correnti della l\'ladrepartia sulla compagine dei Dominions, è, in questo senso, fuori di luogo. E' ben vero che può venir un giorno in cui l'Australia o il Canadà decidano di staccar.si clall I otbita ing1ese per « maturazione», come vogliono i seguaci di Turgot, o per alt7e contingenze di ,·a.ria indole su cui non è ora il caso d'indagare; ma fino ad oggi essi gravitano attorno alla cerchia· cli Londra come componenti <l'uua·collettività retta a fede.razione, e sui quali la politica centrale non ha dato fino a oggi seri motivi per eventuali velleità separatiste . E q questo fa riscontro in Inghilterra un cu- • rioso stato d'ru1imo: l'Inghilterra può esser socialista fìnchè vorrete, ma ai « Dominions » e alle col~nie in generale non rinuncia. Così come, prèss'a poco, l' opinione pubblica 11011 rinuncerebbe al Kent, per esempio, o a qualsiasi altra contea del Paese perchè un dato avvenimento politico si è verificato, altrettanto a,·viene per l'impero in generale e per i « Dominions »_in particolare. Kon si vede insomma. perchè una uuova con-ente, sia pw·e di principii democratici ed anti-imperialisti, debba davvero ledere la compagine sostanziale dell'Impero quale è oggi. Nè c'è ccntl'addizione, del resto, fra 1'Impero dei Dominions e l'idea democratica. l\on hanno i Domilli.ons un proprio Governo responsabile? :Son sono essi stessi 1·etti da forme più o m.eno detnocraticlie cli Goveruo? :\"on è loro concessa una \Jastissima libertà d'azione in Yario senso? Sotto questo punto cl.i ,·ista, qttindi, hanno ragione coloro i quali hanno 1;scouh'ato nella marcia democ1atica dell'Inghilterra un formidabile fattore di cemenL'lzione pe.r 1' Impero; in quanto Londra ha potuto seguirne così la naturale eYoluzione verso forme p.iù libere di Governo concedendo loro a tempo opportuno le nece~arie autonomie, comprendendo le nuove· esigenze che probabilmente uno stagnare di vecchie idee conservatrici avrebbe intralciate, con conseguenze poco dissimili da quelle verificatesi per le perdute Colonie d'America. Conslatazioue in apparenza paradossale - in realtà p·rofondameute vera: un Impero che prospera e Yive pe1·chè retto da sistemi democratici in perpetua eYoluzione. Ciò che interessa in modo affatto particolare è la posizione dell'India. I conservatori rimpro,·erano all'attuale Go,·erno laburista di non essere duscito a porre 1111 argine al dilagare della propaganda nazionalista in India, e di avere anzi in certo modo favoriti i movimenti con un assenteismo più o meno evid~nte; ma hanno torto. Iu realtà il presente Governo non ha fatto nè più nè meno ·lei Go\·erni p1·ecedenti, e il fennento che ini India s~ è andato acutizz.ando in questi ultimi tempi ha origini osçure e remote che non t W1'c-sag~- razionc il dire risalgano al principio medesimo <lelì'occupazione inglese. Qnanclo si parla di preoccupazioni per l' Impero, si accenna così implicitamente all'India. Dalla Rivoluzione del '57, si può dire, l'India nc,n ha dato requie al Governo cli Londra. Sella sua vastità è rimasta impenetrabile alla permeazione dello spirito coloniale britannico che ba reso rx.1~ibilc la formazione de:i r; Dominions ,, 1 tentativi fatti in questo senso eia varie rifonne (quella '.>!into.)!orley prima e quella )lontagueChehnsford dopo), non sono riusciti. :-on Sòna state possibili transazioni. C.J' indiani sono rimasti indiani. Passivamente, &t:.>'00.amentese !,i vuole: ma gli inglesi io lndia non bannc, mai potuto, a loro malgrado, spogliarsi della q~alità di dominatori. Tutto è stato inutile. La cosa è tanto più grave in guanto coll'andar del tempo l'India i: andata diventando sempre più indispensabile ali' Impero, sopratutto r,er ragioni di prestigio. Perdere I' India avrebhe effetti incalcolabili, materiali e morali. Xon è qtdndi il caso cli parlare della politica di questo o di quel Governo: la politica inglese nei riguardi dell' India non ha colore, E' S(:mpi-e stata informata alla meclesima ansiosa ricerca di rendere meno critica la situazione, conscia in ogni tempo della necessità - alcuni dicono della fatalità - che impone il manteni. mento del!' India, non importa a qual prezzo e a costo di quali sacrifici. L' lnclia ha assistito così alla vera epopea imperiale dell'Inghilterra, percbè è stata teatro cli tutti i fatti che della storia dell'Impero costituisc0110 le note più salienti: dalla rivolta del r85i al moclerno predicare di Gandhi. E sono note d'altra parte le vecchie clirettive seguite da Londra : usufruire dell'antagonismo sempre esistito fra l'elemento mu.ssulmano e quello indù, appoggiandosi suJ primo in moclo evidente, e mantenendosi in euilibrio grazie al-· le contese e al fantastico fraz.ionamento delle caste e delle razze della penisola indiana. La po.. litica turcofila seguìta da Londra non ha infatti altra spiegazione chE; l'ovvia necessità di mantenersi fecleli i mussulmani cieli' India. ln questi ultimi anni, però, la necessità che ha condotto l'Inghilterra alla guerra colla Ger. mania, e alla conseguente rottura col Califfo, ba profondamente scosso le simpatie degli elementi mussulmani indiani; mentre d'altra parte la impressionante ondata nazionalista degli indù non concede tregua alle inquietudini di Londra, E' evidente che, così essendo, il Governo laburista, sebbene in forma di\·ersa, nella sostanza non ha potuto far altro che seguire ]e c..nue dei proprii predecessori. Tutti ricordano il mònito e l'appello cli :l[ac Donald al popolo inc!iauo poco dopo la sua assunzione al potere; ma quale differenza sostanzia1e con un e,.-entua.le messaggio analogo pronunciato dal conservatore Baldwiil, ad esempio, o dal libcr,.le Lloyc! Grorge? E le recenti dichiarazioni del medesimo Presidente ciel Consiglic laburista nei riguardi del Sudan, dichiarazioni che hanno sollevata la incondizionata approvazione del Paese per la loro intransigenza) non pro,ano che certi tasti sensibili dell'Impero lo sono tanto per i socialisti quanto per i conservatori? Xaturalmente, l'Inghilterra cerca di spiegare il suo atteggiamento verso l'India coll'affermare non essere il paese in grado di goYeruarsi da sè data la sterminata con.fusfone dei suoi dogmi è delle sue razze; ed esalta i benefici del suo regi• 1e. l\Ia è un ragionamento che eticamente non regge. In realtà 1 la democrazia di oggi è come schiacciata dagli avvenimenti che l'hanno preceduta, e che la pongono di fronte a un fatto compiuto che non è possibile rinnegare. L'Inghilterra non rinuncerà mai \·olontariamente al proprio dominio imperiale. I fautori della cosidetta ._scuola pessimista» cht" p-rèdicano l'abbandono dell'Impero come cli nn peso inutile e pericoloso si diano pace: solo il te111poo la forza potranno distruggere ìa compagine dell'Impero. Britannico - non l'atto ~E ,olontà da. loro propugnato, la cui attuazione appare infatti subito come un'assurdità. E tale volontà d'imperio s'identifica con due tagioni: l'una, la prima, che può valere spe• ciaJmente per i Dominions, perchè davvero non si vede una contraddizione ,·era e sostanziale tra l'idea democratica e l'Impero quale·è oggi costituito; e l'altra, non meno importante, e che può valere per l'India, perc.hè l'Inghilterra s'è creata nell'Impero un'appendice che non è possibile stroncare - oggi come oggi - senza che &i verifichi uUJ fatale decadimento successivo di tutte le forze inglesi del mondo. L' Jndia è padrona di considerare l'autonomia dei « Dominions i, come U11 1 ipocrisia o·un compromesso; l'Inghilterra no, per quel complesso d.i note ragioni che della mentalità inglese fanno la forz,,_ e la caratteristica. La corrente democratica di oggi uon sente così di opprimere sul serio nessuno, pi-os~o-uendo una politica imperiale trasfop.nata ecl evoluta colla marcia dei tempi, sì, nella fonna, ma rimasta intatta nella sostanza; e poichè a questa specie di tranquillità morale s' nniS('e il potentissimo stimolo del~e conYenie.nze politiche ed. economiche, così il destino futuro dell'Impero sarà regolato solamente dalle leggi della storia. Oggi non si può parlare ancora, in nessun senso, d)una vol011tà degli uomini che si scosti raclicalmente dalle vie del passato. ANDREA DAMIANO

INVENTARIO II. In curva L'aspetto comune degli avvenimenti, che ho cere.a.Lod1 tratteggiare nel precedente stud10 è che da punti di partenza diversi per vie diverse ,con inLenzioni diverse ~ col proposito di fare il contrario tutti c;n. tribuirono, nei primi quindici a~ni del secolo, a una visione frammentaria della vita. Furono tanti Curiazi, che si trovarono, nell'ora tragica., sparpagliati di fronte al nemico comune, che era una grande crisi storica sopravvanzante. E' stato un fenomeno g·enerale, perchè la crisi era generale; m Italia lo sbandamento si è visto in forme più spettacolose, perchè le condizioni della . nostra cultura erano diventate più precarie, per le c1rcostam1eche ho acoennate. Si apre quindi colla fine del 1914 e non è ancora chiuso un periodo caCJticodi transizione molto difficile a cogliere nella sua fisionomia, perché oltremodo fluido. Esso però porta, più o meno visibili, le impronte del mancato equilibrio, che il-.Croce cercò invano d'imporre nel periodo precedente. 11 Croce si trova anche in questo in una posizione preminente, e talvolta finisce per soggiogare il pubblico; ma i rapporti tra lui e la letteratura in voga (l~teratura nel senso ampio, culturale) sono quelli che seguono le disillusioni dei mattimoni male assortiti. E' la fase della cosidetta incompatibilità di carattere. Questo spostamento di rappo11Lic, he costituisce il primo tratto saliente del nuovo periodo, si determinò fin dal principio, appena dai circoli politici si riversarono nel gran pubblico le preoccupazioni e i dissensi intorno alle sorti che si apparecchiavano all'Italia, se avesse partecipato alla guerra. Si vide allora e poi durante la guerra un fenomeno, che parve strano ad osservatori superficiali, ma che era la riprnva dell'equivoco, su cui poggiavano già da prima i rapporti tra il Croce ed il pubblico italiano. Alla vigilia della guerra il Croce, salvo alcune inconciliabili, ma sorde resistenze nel mondo accademico, non aveva avversari app110zzabili.Tutti erano crociani - compresi i primi dissidenti, che partivano dalle premesse dell'Estetica, compresi i futuristi, che gli facevano 'le boccacce e non si accorge- ,'ano di mendicare a mal dedotti corollari' della teoria dell'arte come lirica il magro sostentamento per il loro pietoso esibizionismo. Tutti crociani, dunque, e nessuno crociano. Tanto vero che quando l'irrompere della guerra - come avviene nei cataclismi del mondo fisico - mise a nudo il vero essere di ciascheduno, e il Crooe sentì sùbiio i-I dovere di cittadino e il bisogì'lo di pensatore di prendere il suo po;,to e di chiarire la sua condotta, si vide in poco spazio di tempo abbandoriato quasi per intero dagli innumerevoli crociani della vigilia. QueS'to è un punto delicato pel ricordo dei molti motivi passionali che si mescolarono - com' era fatale - agli avvenimenti ctell' anno 1914-15: Probabilmente l'isolamento, nel quale si trovò allora. e durante la guerra il Croce, fu acuito proprio .<laun mòtivo di ordine psicologico. Il Croce non è privo - C()me purn si è, detto - di corde sentimentali, ma aborre per istinto dai moti della passione. Questo certamente accrebbe l'incomprensione iniziale. Ma il nocciolo di quella incomprensione era altro e più profondo. Mettendo da parte, come qui è necessario, la m,aberia specifica dei dibattiti politici del tempo, e cercando di risalire al conflitto di mentalità, che può illuminarci intorno al sottinteso spirituale della crisi politica, che non può dirsi ancora chiusa è chiaro che il Croce non poteva accoglie;e in una visione armonica della vita una guerra, c_he,sfrondata da slanci passionali dei quali non sentiva l'eco, si presentava, -specialmente per l'Italia, come una di quelle 'fratture irreparabili_ della stona, la quale scrollava una trad1z10ne _europea., di cui ·appena da qualche decenmo 11nostro _paese aveva potuto raccogliere an: ch'esso alcuni frutti. Ciascuna delle grandi potenze, che erano gÌà in conflitto, in modo diretto o indiretto, intenz10nalmente o no, aveva mosso qualche forza, che aveva_~eterminato il funesto evento; ma la politica italiana, specialmente nel_ nuovo secolo, aveva agito sotto una continua pre_occupazione che un avvenimento fatale si venf;- casse e nella continua ricerca di stah:ti,·e un equilibrio di forze. Non era allora da sperare che ad essa fosse dato di_mauLcn_er•! una simile posizione, da princ1p10 1mbarnzz,ante e spinosa, non priva per altro d1 vioore morale neUa sua indipendenza; ma che le avrebb·e permesso in un migHore domam di trovarsi forse aUa testa di un nuovo equilibrio europeo ? . . . Quale che fqsse 11valo'l·e politico_~ntmgente di questi pensieri, è facile mtender~ come essi fossero perfettamente coerenti con la mentalit:à del Croce inteqrale, che ho cercato ai tratteggiare nel precedente stuLA Rl VOLUZiONE LLUERAL~ DI CULTURA dio. Anche l' immagine di un'Italia raccolta in sè stes~a - riflessiva, non abbandonata a corpo perduto nei marosi delle passioni politiche fuggevoli e non preoccupata della solitudine - quale il Croce doveva certo accarezzare con commossa fantasia, anche se non teneva conto, per eccesso di affetto, di alcuni elementi ancora deficienti neI carattere civico dei compatriotti, rispondeva senza dubbio al temperamento ed all'educazione di colui, che accarezzava quell'immagine. Ma proprio per questo era naturale ohe i crociani a metà, da quelli della Voce a quelli dell'Acerba fossero nella impossibilità mentale di cogliere nel pensiero politico del Croce il senso della continuità nella vita, della tradizione nella storia,· infine quella profonda sostanza conservatrice, che non aV>evanocolto nel Croce filosofo e letterato. Tutti quei frettolosi seguaci deU'intuizioni:,mo semi-crociano trovarono invece durante la guerra uno, sbocco naturale e una compiacente gistificazione in un' altra forma teorica, che per la faciLeiformulazione e per la sua stessa schematica rigidità toglieva l'assillo del continuo controllo mentale, che è la valvola di sicurezza dell'ideal-isrno critico, chei caldeggiava il Croce fin dal 1903 (si ricordi anco~·a il programma cit. clJella Critica). Fin dal 1917-18, dunque, si poteva diTe che la « filosofia di moda ,, era l'idealismo attuale o attualismo di Giovanni Gentile. In Rubé ciel Borgese - che è indiscutibilmente uno dei libri più significativi clJell'immediato dopo guerra - un personaggio, lo scienziato « fine secolo XIX ", deluso dalla triste ,e sconvo·lgente realtà della guerra che ha sovvertito i più sottili dati speculativi, finisce per dire: « Io credo che bisogna avere un grande rispetto per le cose che· accadono. E' quella che si chiama la volontà di Dio. La guerra è stata un'immensa cosa, gigantesca, e bisogna guardarla con riverenza, con osse_quio ». Il Borgese ha mes;sosulla bocca di questo suo personaggio, in termini precisi, l'espressione di un sentimento che con giusta intuizione aveva colto nell'aria, in forme diverse. indistinte e confuoo. Lo sctenziato del roma~zo il quale dalle sue delusi.cmi è riuscito a salvare la modestia dell'uomo di studio, conclude con onesta semplicità: « Ora bisogna pensare a vivere qanto più umanamente è possibile e a non dimenticare. quello che abbiamo vissuto ". Padre Mariani - l'altro personaggio del romanzo - ·concludeva che bisognava cercare di accostarsi con più ri_verenza di prima alla volontà di Dio. E l'una e l'altra conclusione si trovavano sulle vie maestre del pensiero umano nell'era cristiana; ma nessuna delle due poteva avere una piena risonanza nel cuore avvelenato di una ge, nerazione, che si trovava a faccia a faccia con una fine mediocre, insoddisfaoonte, di una guerra apertasi nel colmo di una crisi morale. Era inevitabile che lo stesso orgoglio che aveva gonfiato e sviato gli uo~ mini durante la guerra, trovandosi non soddisfatto si ribellasse a piegarsi davanti alle prime prove degli errori .commessi, e proseguisse invece rapidamente pei:. tutta la - catena degli errori, passando dal « rispeUo per le cose che acca_dono'.' al • « cu)to del fatto compiuto", umca gmst1ficaz1one d1 anime vaganti, che hanno estirpato ogni radic,e che s' immerga profondamente nel terreno della fede o della tradizione o della s'Cienza. Una generazione che non era riuscita a coordinare le proprie idee - anche prima che la bufera gliele sparpagliasse ai quattro venti -; una generazione, che aveva preso il cinematografo come propria norma mentale per la visione della vita, era naturale che· si gettasse con fervore su di una filosofia che almeno ai suoi occhi, accarezzava i s~oi g'usti e copriva le sue deficienze. La fine del secolo XIX aveva idoleggiato il superuomò, l'era contemporanea. idoleggia il superatto essi;ndo incapace di r1conosoere e fissare n~lla mente anche l'unità uomo. E siccome ogni epoca, come ogni paese e ogni individuo ha il so:vrano e il filosofo che si merita, quest'epoca e questo pa,ese hanno avuto il filosofo dell'atto puro. li panloo·ism·o gentiliano, nella sua elastica astrattezza e nella facilità di mecca,mzzazione dialettica presta i suoi trampolini a tutte le spiegazioni ed a tutte le giustificazioni ·anche meglio del lattnorum di Don Abb~ndio. Nel gioco dialettico ricco di sottintesi capziosi tra la logica astratta e la Joo·icadella realtà e con tutte le scappatoie di° uno stile da iniziati - che dà una tal quale idea di massorue-ria filosofica - s.i presenta come una delle tante. forme dell~ sofistica una- forma affine, pei suoi effetti pratici ~l probabilismo dei gesiti. Nella vita culturale contemporanea speittavà' dunqué al Gentile di portare alle ultime consèguénze e ridurre m formule àstratte preéise e sistematiche la deviazione di pensiero, che ebbe origine dalla prima 8stetù:a del Croce e giunse alla Voce ed al Marinetti. Il Gentile è in certo modo il teologo del futurismo. . * In questo momento la filosofia del prof. Giovanni Gentile è impartita in pillole indigeste nelle scuole medie, come una trentina d'anni fa la filosofia di Ardigò attraverso i compendi del prof. Giovanni Marchesini: segno evidente che anche quella percorre la sua parabola verso il luogo comune. Ma le condizioni generali della cultura, per le ritgioni sopra esposte, sono tali, che non permettono che si determini a breve scadenza un nuovo e netto indirizzo di pensiero. Anche questo fenomeno non è solamente it_aliano: in Italia è più evidente, e dà più viva quella perplessità di chi si trova nel mezzo di una curva, e già ha perduto di vista il punto di partenza e non vede ancora quale potrebb' essere il punto di arrivo. Se si cerca di dare un'occhiata complessiva al panorama necessariamente confuso di una vita. culturale ancora informe si vede da una parte la cultura ufficiale, accademica in condizioni ancora _più basse di prima, più di prima distaccata dal pubblico e dalla vita, e da un altro lato alcune isole culturali, che si vanno formando laboriosamente e che reagiscono in maniera diversissima l'una dall'altra, e quasi sempre ignornndosi. Ciò indica abbastanza quanta via ci sia ancora da fare perchè si possa parlare di un movimento di vera e propria ricostruzione della nostra cultura. Ma è già un sintomo importante quando il malato sente di essere malato e desidera affannosamente! di guarire. Per rintracciare i primi segni di questo senso di malessere, che era il sentore di una crisi avanzante, bisogna rifarsi un poi indietro ed a documenti non di pensiero, ma di poesia. Il sentiimento vago e indistinto di qualche cosa; che manca nella propria vita è in Pascoli. Quello stesso insistere sulla inobliata tragedia familiare e sulla dese,r\a, giovinezza, è, se si guarda tutta intera la vita di Pascoli, un intimo bisogno di giustificare anche ai propri occhi, con un avvenimento di una consistenza incontestabile, una esistenza caduca, senza un potente nucleo vitale; lo sfogliarsi inerte, al vento della sera, di un fiore tenerissimo. Si aggiunga, per determinare con esattezza l'injìuenza di Pascoli, che gli ultimi sforzi per· un• ritorno a Carducci, mediante la poesia storica e civile, produssero cose mediocri, di andatura accademica, che non ebbero 1,isonanza nel pubblico. Quello, per cui batteva il cuore dei giovani « decadenti" italiani era il fanciullino pascoliano, in cui c'è qualche cosa di malato e qualche cosa di viziato. Di là discendono in linea retta sia la poesia dei crepuscolari, sia la divagante critica di Renato Serra, come giustamente ha fissato il Borgese. (V. Tempq. di edificare - Milano·, Treves - « Le mie letture", V.), e sia, aggiungerei io, la prosa lirica di Alfredo Panzini. Il -tormento interiore di Pascoli suppone il .riconoscimento di un ideale, di vita compiuta e virile (l'ideale carducciano) non potuta raggiungere; nei crepuscolari tutti insieme si affievolisce fino ad un sospiro e ad un soffio•il motivo lirico derivante da quel contrasto; la vita ristag·na, rispecchiando le cose su di una superficie tremula allo SI?_irare della brezza. Tutti i motivi lirici si adeguano a quella diminuzione di sè stessi accettata per accidia - in sostanza una forma raffinata di egoismo. Qualche mese prima dello scoppio della guerra europea usciva un libro di critica di Renato Serra, intito~ato Le lettere: una rapida,. talvolta frettolosa rassegna della Letteratura giovanile del tempo, fatta con un tonD tra sprezzante e infastidito e che si chiudeva con risultati desolanti. La giovanissima letteratura, com;i il « giovinetto " giustiano, portava in fronte il segno della vecchiezza precoae e della sterilità. Da quella palude .emergevano il Gozzano e il Panzini, appunto perchè erano riusciti a colorire d' un sorriso poetico la rinunzia, l'abbandono, l'adagiarsi dell'anima in un molle rimpianto. Questa è la parte più veramente negativa dei crepuscolari, che il Serra metteva a nudo senza pietà; .ma c'è nei migliori tra essi, quali il Gozzano e il Panzini, c'è un malessere, come un vag9 senso di « Paradiso perduto ", che se non riesce a liberarli dall'incanto di Circe, li ha già disillusi sulla sostanza dell'incantamento, e sulla propria abbiet,tez~a., e li spinge a drizzare lo sguardo umido e desideroso· verso forme di vita, che si sentono irrimediabilmente perdute· o irraggiungibili. (Ricorda Le due vie del Gozzano). Se essi rimanevano insensibili al male alll tempo - come i futuristi, che se ne facevano belli - avrebbero fatto part,e per intero della corrente comune; ma il _tormento che essi soffrono talvolta per loro male li salva in parte e dà ad essi un presentimento di avvenire, per quant-0 confuso e balbet- ,tante. 143 g lo stBsso Serra, che, nel 1914, era giunto ali' insofferenza •sdegnosa., sprezz.a.nte, non era che un crepuscolare della critica, lui, cosi geloso del suo provincialismo, cosi diseguale e indocile nel lavoro e lento nel!a sintesi, e poi non pago nè di sè. nè degli altri, e, sotto apparenze di non curante, assillato dal pensiero di mancare alla propria vita. Erano malati, che dovevano essere tenuti con tutti i riguardi. Invece furono p,resi in mezzo ad una grande crisi politica, che ii inghiotti. Ma non prima che dessero gli ultimi soffocati gridi di naufraghi con due scritti, che restano senz,a dubbio tra i più significati vi della nostra guerra: l' Esanie di coscienza di un letterato del Serra e il Diario sentimentale del Panzini, testé pubblicato. Il Serra sente veramente in quell'ora la miseria ùel piccolo dramma della propria generazione, che non riesce ad adeguarsi al gran dramma che romba tutt'intorno. Malgrado ogni suo sforzo non riesce a dare un intimo significato all'aggregal-0 d'immagini e d'idee che ribollono; ma l'orgoglio innato e acuito nella ùiffidente solitudine provinciale gli vieta di riconosoere chiaramente e semplicemente che si era trovato davanti ad un fenomeno enormemente complesso, che richiedeva riflessioni profonde, concentramento spirituale, sintesi e sopratutto ginnastica della volontà; e quindi egli si getta nelle tesi negative, che, nel loro assolutismo, danno l'illusione di chiudere una volta per sempre il dibattito pieno d' incognite, e di mettere in pace - sia pure con una pietra sepolcrale - l'affannoso andirivieni del pensiero. E', in tono minore, l' illusione leopardiana (« or poserai per sempre - stanco mio cor »). :via che sia un'illusione lo dice anche questa volta la palese contraddizione di questo intellettuale, che dopo essersi accanito a strappare ogni velo, per fissare il lato funesto, turpe della guerra, per togliere ad .issa ogni speranza di avvenire, quando suona l'ora della guerra anche per I' Italia, ci si getta dentro a capofitto, con la speranza opposta di placare nel massimo di una cieca attività quel- !' affanno, quell'incubo dell'incertezza, eh~ credeva di aver seppellito coi suoi dinieghi. Egli termina riconoscendo che le basi della sua vita d' intellettuale, di critico, sono venute meno ; ma il suo essere « non è che un fremito ", al quale si abbandona senza domandare altro. La sua sola certezza non è ormai che quest1: che si vede attorniato da un popolo di combattenti ~ non si sente -più solo. Egli ha paura del vuoto che ha fatto intorno a sè stesso, e cerca una liberazione che è agli antipodi dal suo temperamento, dalle sue opinioni e dal suo abit-0 mentale. E per avere una più completa idea della posizione del Serra, specialmente negli ultimi tempi, si noti che la parl,e critica dell'Esame di coscienza, era critica sopratutto dell'ideale « ferino » del D'Annunzio e del- ]' ideale «dinamico» del Marinetti, che gli avvenimenti, in quello che avevano di esteriormente fragoroso, parevano rimettere di moda. Contro tutto quell'agitazione gonfiata dalla letteratura il Serra, per impeto :!i contraddizione, si sente portato a vedere la guerra addirittura come un fenomeno statico: ' La guerra è· una vecchia lezione che non cambia nulla assoluta.mente nel mondo. Neanche la letteratura ..... D'Annunzio che ha guadagnato in questo momento in realtà con tutto il favore delle circ(.,-stanze e della fortuna non è poi cresciuto di nulla; non ha fatto niente che sia degno di quell'apparente ingrandiment-J mo:rale (che è la guerra) ..... ..... Del resto la .guerra .è una perdita cieca, un dolore, uno sperpero, una distruzione enom1e ed inutile ... Alla fine tutto tornerà press'a poc:o al suo pOb'to. La guerra avt·à Huuidato una. situa_ zione che già 'esisteva, ma non ne avrà creata una. nuova.. MARIO VINCIGUERRA PIERO 60BETT1- Edifo1112 TORINO - Uia XX Settembre, 60 Dovere di ogni abbonato della « RiYoluzione Liberale » è di abbonarsi subito alla prima serie dei QUADERNI DELLA RIVOLUZIONE LIBERALE Integrano l'opera de1la rivista e raccolgono gli scritti fondamentali della nostra cultura politica. PRiìl1A SERIE r. ì\1. Missiroli: li colpo di Stato L. 5 2-3. V. Nitti: L'opera .di Nitti » 12 .,, 4. A. Cappa: Vilfredo Pareto ,, 6 5. S. Mili: La li~ertà, prefaz. di L. Einaudi » 8 6-7. L. Sturzo: Sintesi sociali, con una storia del movimento pòlitico cattolico in Italia » J.2 S. A. Poggi: Socialismo e cultura . » 8 9. O. Zuccariui :Lo Stato répubblicano » 9 10. G. Gangale: La rivoluzione protestante . » 8 L'abbou8.ll!ento alla prima serie costa solo 50 lire. - I volumi si spediscono agli abbonati chè hanno pagati raccomandati franchi di porto. Chi possiede già uno o due volumi può abbonarsi ai rimanenti togliendo all'importo L. 5 per ciascun numero 2osseduto. Fino al 15 Ottobre gli abbonati di « Ri voluzioue Liberale,, potranno abbonarsi alla prima serie dei quaderni spedendo vaglia di sole lire 45 (quarantacinque).

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