La Rivoluzione Liberale - anno III - n. 11 - 11 marzo 1924

POLITICI\ ESCE CORRENTE POSTALE Diretta da PIERO GOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORINO,Via XX Settembre, 60 IL Abbonamento per il 1924 L. 20 - Per un semestre L. 10 , Estero L. 30 - Sostenitore L. JOO- Un numero L. 0,50 MARTEDI. (Vabbona1nento tion. disdetto prirn:a del 16 dice1>,bre s'i11tt1,de Ti1nvJ1:ato per vn a1t110J Ct,i riceve. uo r,urt)ero <!i sagg_io ~ ooo ioteo<le al>l>ooarsi r~spio 0 a il 0 ioro~Je, altriroeot,· oli coot·,ou&reroo 1•,·r,•·1·0- ~opo uo ro&s& •· ~ Il • • ~· :.- :5- > , ... 'L,"' , ~ prov._.e"'-leren,o a a r!s<:o551cn~ rr,'{,d2.r,te ira Ha Anno III ~ N. II - II Marzo 1924 8 OM ll ARI O: G. A,iENDOL.\: Unu battaglia libernte. - A. CAvAr,Ll: Lettere dalla J!ornugnn: Vigllla •lettornle. - M. MASSON:La vita Internazionale: La dustrin: V.: !.'industria laniern. nel Biellese. - S. GrUA: Fuscismo e nssieurnzioni i;ociali: Ln Rtintionc Jnsoltr1t. - L. E:Mr:.nv: II giornuJismo Gentile. eri&I del fascismo h•lgo. - Inchiesta "ull'in• I UNA BATTAGLIA LIBERALE ]le11tre prnpara nu.o,:i inlmnsigenti com.battc;l!i la Ri\·oluzioue Liberale chiede ai co1nbattenti d.i oggi, al di sopra di ogni dissenso o difjerenza il comggio di ri.'redere le proprie posi- ::;ioni, di agg,ierrfrle, con. inesorabile coerenza d.i essere se stessi. Pubblicando la forte prefazione al nuo ... w libro di G. Am.endola che uscirà tra pochi giorni (indirizzare pre11otaz1011,icon 1Jaglia di L. ro a.U'edito-re Gobetti) noi ofjria,no appnnto disinteressatanumte a.i lettori un esempi.o d.i questa chiarezza per la qnale la1Joria.nw: indicare disse11si e difjerenze ci sembra su..perfiu.o poichè già li a.bbia,mo fatti cO-noscere. Aderendo all'invito rirnltomi dall'editore Piero Gobetti, di raccogÌiere in wi volumetto i discorsi da me pronunziati, nella Camera e fuori, durante il periodo conispondente alle due legislature postbelliche (1919-1923), ho inteso ricon,- fermare pubblicamente una direttiva di pensiero politico ,mantenutasi rettilinea attraverso le accidentalità, gli imprevisti e le catastrofi di questi anni eccezionali, e che può, a mio avviso, rivendicare i suoi titoli non soltanto dinnanz.i al passato, bensì anche diu.nauzi al !)<'esente ed all'avvenire. Tale direttiva si riassume in una appassionata ed incrollabile fede nello Stato nazionale, concepito come la sola creazione veramente rJvoluzionaria in un millenio di storia del popolo italiano, e c.-ome I.a sola garanzia efficace del su.e avvenire; ed in una consapevole Yolontà di azione rivolta ad introdurre tutto il popolo ud.la tita dello· Stato, allargn.n.JO, profondàn<lò e consolidando le sue fondamenta in tutta l'estensione spirituale della cosdenza italiana. Tale concezione profondamente democratica ed italiana - di una democrazia, però, che trova le sue premesse piuttosto in Sih-io SpaYenta che nelle quotidiane rimasticature degli immortali principi (che poi vedemmo pietosamente inchinarsi dinnanz.i alle radicali negazioni del fascismo), e di un'italianità pen:asa da fratenti sensi di solidarietà verso le masse popolari, quale fu sentito nei giorni della grande guerra, allorchè gli ideali della nazione italiana sarebbero stati battuti se il popolo dei .campi e delle officine non avesse consentito a farsi guerriero - andò incontro arl una memoranda sconfitta nel '21122, per la constatata mancanza di forza attuale dello Stato italiano, il quale non fu in grado di assolvere i compiti che gli erano imposti dalla situazione storica del Paese, e si ridusse, quas,i volenteroso, attraverso un graduale processo di successive abdicazi~ni, fino a quella fra,;,a memorabile che passerà alla storia col nome di « marcia su R<rma,. Fu una sconfitta, dunque, dovuta piuttosto ad una irrimediabile defìcienz.a organica e morale dello Stato italiano, che non ad un difetto essenzia.1e di concezione politica. Oggi, caduto e trasformato quello Stato al quale chiedemmo inYru10 di scendere, arbitro audace ed imperioso, in mezzo al conflitto tumultuoso e tormentoso che travolse la società italiana tra il '19 ed il '22, mettendo in pericolo le hasi medesime della convivenz.a nazionale, noi 1-isolleviamo la nostra fede al disopra delle contingenze clell'oggi, sicuri che solo la sua luce può permetterci d'intraYvedere e di costruire l'avvenire politico del popolo italiano. « Battaglia liberale» ho definito, riasslllltivamente, queste manifestazioni oratorie 1 perchè esse vivono tutte <li un solo presupposto.: che cioè le istituzioni nate dalla dottrina, ed appoggiate alla tradizione liberale, avessero la virtù necessaria per dominare e per risolvere i conflitti che accotnpagnarono in Italia la crisi postbellica, ma altresì perchè esse hanno tutte, come centl'O di gra,-ità morale, il con,cetto profondamente liberale, che tutti gli ·italiani avessero Wl precipuo interesse a risolvere le loro differenze, in uno spirito di mutua solidarietà, ed in ogni caso senza travolgere le basi storiche de11a loro conviyenza, consistenti nel libero consen~o richiesto per la costituzione di effettive maggioranze po-, litiche. Mà il tono ed il linguaggio di qttesti discorsi appariranno stranamente dissonanti al confronto di quelli che p<'e,;aJsero in Italia du,- rante gli anni trascorsi dall,'rurmistizio ad oggi, cosi come il linguaggio della ragione stride nel, confronto col linguaggio della passione. Questa distanza di tono sentimentale ba determ.i.n.ato molti gravi malintesi, molte malefiche iucompren~ioni, ed ha reso, fino a questo momento, prattcam~nte impossibile una seria discu&:;ione diretta a chiarire la natura ed il va1ore dei dissensi passati. Certo chi u.scì dalla "1.lerra con la convinzione che 11Italia avesSe iw;iegato nello sforzo bellico tutte le energie disponibili, e che pertanto dovesse proporsi wt immediato riassetto inter~o ed internazionale, per prepararsi senza ultenore perdita. di tempo e di forze alla necessaria ricostruzione, non potè parlare lo stesso linguaggio nè battere g1i stessi senlier-i di chi senti la guerra sopratutto come uno Slt.ru.mento 1iV:oluzio~ri<? ed avendola giustificata, nella propna coSC1et:1za,con fini cli sconYolgimento interno oltrechè internazionale, non si senti pago ~ ':on quando lo strumento della guerra ebbe unpiegato fino alle sue estreme conseguenze. Certo chi tornò dalla guerra pronto all'antica non mai rinnegata disciplina verso lo Stato, che come aveva ordi,nato Pini.zio del sacrificio cruento così pote\~a ordinarne la. cessazione e con essa il ritorno alle pacifiche attività p<'oduttive, non poteva nè sentire nè operare allo stesso modo <li cl1i dalla guerra tornava con animo iconoclasti- ~.' e con. un sentimento, o cli vendetta o di avventura, che doveva fa,balmente cercru- soddisfazione a spese del vecchio Stato ita.liano, considerato come un edificio lesionato e ca.dente cui si trattarn soltanto di dare l'ultimo croll~ per sgombrare la strada verso l 'avveuire. Per le vie della vendetta si cacciarono t\itti coloro che a\~évailo su5ìfo la guerra e che atten·d-ev;no la rivincita nella rivo1uzione - e così assistemmo all'ondata della follia bolsce,-ica - ; pér le vie dell'Rvventura si orie~tarono senza rimorso i nazionalisti e quegli interventisti di sinistra da etti poi trassero origine i fascisti : ne nacque un conflitto profondo e dilacerante, nel quale lo Stato liberale non seppe intervenke in tempo, e elle anzi esso contribuì ad accentuare e ad aggravare con le elezioni del '21, pa.·emessa necessaria della conquista fascista dello stato. Cosi accadde che la soluzione della crisi post-bellica italiana sfuggì allo Stato, e che kt « battaglia liberale » d·el dopo guerra nella quale, del resto, poçhissimi avevano creduto - fu una battao-Jia perduta. " Coloro i quali si illudono di avere imp1igiona.to la d◊ttrina ed il metodo del liberalismo nell'organizzazione uffidale c.he ne monopolizza il nome, insorgerall!no contro questa Iicostruzione per grandi linee del passato recente, e rivendicheranno indubbiamente la loro fedeltà , fiancheggiatrice» alla grande tradizione 1.iberale italiana, accusando noi di deviazione « democratica,. Ma mentre la difesa non può nemmeno essere presa in consW:erazione da eh iunq ue abbia orecchie capaci di percepire la radicale negazione sulla qua1e il fascismo quotidianamente accomuna liberalismo e de1noc-razia per contro Paccusa no11 ci sembra accusa ; e non soltanto non la respingiamo, ma anzi essa ci offre un 'occasione propizia per chiarire un punto di capi tale importanza per gli attuali dibattiti politici. Che un regime di libertà, fondato sul gioco delle maggioranze formate in base al consenso liberamente ottenuto, costituisca ]'ambiente storico più adatto per l'affermazione del diritto politico dei più, e sia propizio all'ascensione politica delle masse, è così ovvio, che non mette conto indugiarsi a cli111ostrarlo: ed in ciò trova il suo fondamento quel liberalismo dem.ocratico che ebbe cosi larga parte e cosi decisiva iniluem..a nella storia politica del Regno d'Italia. ~ in Italia 1 alle ragioni dottrinarie, si aggiunsero sempre ragioni storiche concrete, le quali diedero alla corrente democratica uu valore particolarissimo ed ecce-;;ionale. Giacchè il Risorgimento significò non soltanto la conquista della indipendenza e della libertà, ma significò altresi e sopratutto, l'ascensione di strati profondi del popolo italiano, - vissuti per secoli sotto il livello della storia, - verw la luce della vita politica, entro l'ambito dello Stato: e questa ascensione, progressiva e conti111.1.,;'l. 1 del popo1o entro lo Stato, era veramente democrazia e non poteva non chiamarsi democrazia. Lo Stato si al.largava e si approfondiva nel popolo; il popolo saliva e si impadroniva dello Sta't'o: questo è il processo che scaturisce cl.al Risorgimento, e che accompagna la formazione e lo sviluppo dello Stato nazionale. 11 socialismo trova il suo posto e la sua interpretazione - come fu più volte osservato - nel quadro di questo processo formativo; e lo stesso fascismo può considerarsi, ad onta cli ogni apparenza e di ogni proclamazione dottrina.ria, còme la sua fase più recente, in quanto esso associa, più o meno stabilmente, strati larghi cli popolazione a quella vita intima dello Stato che è la partecipazione alla coscieru,..a.della Patria, ed in quanto realizza -· sia pure in forma con-- fusa, indisciplinata e partigiana - un conato ili governo d1retto, che pet·altro vlen.e compiuto .::ou pericolo non indifferente, per l'unità organica e morale dello Stato. Ora, chi consid.eri la storia italiana degli ultimi quindici anni (periodo approssimativamente corrispondente alla esplosione del nazionalismo) non potrà fare a meno di constatare - ed è constatazione singolare - ·come sia per l'ap- -qunto il nazionalismo a determina.re la necessità degli sviluppi democratici più notevoli che s siano prodotti entro tale periodo. ~el 1910 Pulla avrebbe impedito di mantenere la nostra ,,;ta pubblica entro il limite del vecchio suffrafi.o, e di risolvere su quel terreno, più solido e meglio illuminato, i prnblemi già posti all'oràine del giprno, plima di p1·ocedere ad associare 1raovi strati vergini ed impreparati alla direzione politica dello' Stato. InYece l'on. Gio1itti, che si preparava ad una impresa co1oniale nella quale il nazionalismo si riconobbe e si aflermò per la. urima volta ebbe ~sitA" di alla.rgare ìe ba.si "a.iiò &'a~, per sentirsi libero e sicuro. Nessuno, dalla destra, osò obiettare : il sistema della compensazione tra l'impresa di Libia e la concessione del suffragio universale, non incontrò resistenze nazionaliste, e costituì UJl]. precedente. Nel seguito quando fu delil;,erata la grande guerra, ed a tutti era chiaro che una guerra cli popoli non si poteva combattere e vincere senza il concorso del popolo, di tt'utto il popolo, 11011 coatto ma conYinto, il nazionalismo dovè p1·oclamare, - non n1eno dell'interventismo di sinistra - che la guerra significava associazione piena, intima e pennanente del popolo, di tu.tto il popolo alla Yita dello Stato, e che al popolo dei combatteuti, cui non si era chiesta uda particolare dichiarazione di recle po1itica prima di in\iarli al fronte 1dovcva110 essere richiesti i reggitori cli domani. La resistenza e la Yittoria passa.vano per la democrazia : e la democrazia, in quei giorn.ii non sollevò obiezioni. Anzi risalgono a quei giorni molte incaute promesse che da inquieti pulpiti conservatori ca\ldero a fennental'e nell 1anima. popolare: cui più tardi, quando il medesimo egoismo era tUibato da altre inquietudini, si doveva rimpToverare d1u-amente il peccato d'aver creduto. E quando la gue1Ta fu v~n.ta., e del prezzo de1la guerra pruTe dovesse far parte un profondo sconvolgimento sodale, parve saggia. e !)<'Udente politica p~oprio a quei ceti che hanno alimentato e son-etto prima il nazionalismo e poi il fascismo, di precorrere sul terreno proletario le rivendicazioni popolari 1 e di av- \·iarsi \~erso un ulteiiore e definitiYo allargamento del suffragio e verso la proporzionale. E se oggi non abbiamo ancora il voto alle donne, ciò non è dov1.tto certamente a resistenze di na· ziona1isti e cli conservatori, sempre inclini a sostenere siffatto provvedimento, bensì al caso: mentre se la prop017,ionale non passò dal campo politico a que1lo amministrativo ciò fu dovuto alla contbattività di uno scarso manipolo dem<rcratico, p1'ima. e più ancora che alla fine prematura della venticinquesima legislabna. Se dunque l'Italia ha proceduto con passo alqu.anito accelerato sulla via delle rifanne demo-- craticbe ciò è stato dovuto alle esigenze di quella politica estera e colonia.le che il nazionalfasciswo ba voluto, e che non poteva essere attuata senza il concorso del popolo. Poteva un'Italia, guidata da un governo di conservatori, tipo marchese di Rudiul, rinunziare ad una attiva ,politica coloniale ed estera e proporsi di organizzare e di rafforzare lo Stato stilla base del piede di casa : ~ in tal caso si può benissimo concepll'e il prolungarsi per molti anni d:i una ,-ita politica italiana entro il limite del suffragio ristretto1 ed il raggiungimento di un ordine più serio e di una d!isciplina più perfetta nelle file di una classe politica meglio sekaà:mata, con grandissimo Yantaggio per la soluzione dei problemi concreti e per il rapi<lo incremento della civiltà materiale. li.fa il giorno in cui l'Italia &i è rivolta verso imprese le quali non possono attuarsi con fortuna senza fl sacrificio t sen7..a il sangue delle moltitudini, allora t; appar:,0 inevitabil~ .- ai nazionalisti ed ai conservatori prima. e prn che ad altri, più cauti e meno timorO">idel giudizio popolare - associare le masse alla vita dello Stato, con tutte le COllSégllenze che da questo fatto fonda.mentale necessaria.mente derivano. Cosi lo svolgimento liberale dello Stato italiano è diventato svolgimento democratico, e nessuno che abbia voluto la guerra, o che almeno abbia consentito agli impegni morali assunti verso il popolo per renderla possibile o per vincerla, potrà oggi rinnegare la necessità di tal<e s:olgime-nto democratico; e potrà rimettere in discussione i titoli del popolo italiano ad essere arbitro dei _proprii destini, padron<e delle proprie norme di vita, prota.gonista della propria storia. La crisi morale del '19- 120 - che fu in c.rr'!n parte cris! -ti.sir logica di stanchezza - non ~uò assolvere nessuno dal dm-ere di aprire al popolo italiano quelle t-ie che gli additammo il giorno 1n ~ lo SYeghammo alla. più grande e pericolosa rn1presa della sua storia militare. Xon è ammissi~ile, non è pensabile, c.h 'esso pa;sa essere uscito da quella impresa, non soltanto senza aver realizzato le follie di un momento di squilib~o ~ di_ stanc-hezz.a, ma anzi a\enè.o perduto c10 d1 cw era in possesso il giorno in c:ui ebbe ad iniziarla. Persistere in un atteggiamento. c}v! legltti111~~ q ,_~:o--:SC~~ _-bt.e 7 p~u gran, ed il p,iù fmperdonahile degli errori: sarebbe non soltanto un peccato morale, ma costituirebbe altresì del disfattismo ,erso la nostra stori~ futura. Giacchè quali uomini e quali gc- \·ern1 potn:bhero più, in an-enire chiedere dei sacrifici ad un popo1o il quale re~strasse nelle sua memoria secolare un 'umili.azione cosi amara ed w1a delusione così: profonda? E chi, oltre a tutto, sarebbe capa._--.,di dare un aspetto permanente ed un equilibrio stabile alla vita di un popolo, in seno al quale, stesser~ raccolte, in silenzioso rancore pronto ad esplodere, grandi masse di fuorusciti della rita pubblica - cui furono chiamati a gran ,~oce nei giorni del pericolo nazionale, e dalla quale furono poi duramente respinti nell'ora della clif:5a sociale, e della liquidaz:ione post-bellica, ~01 non pensiamo che possa considerarsi stabile e forte un governo che debba fare assegn..-unento sulla forza per téllere a bada grandi masse di malcontenti - e sopratutto di malcontenti per ragioni morali. Tale compito è quanto mai arduo ed estenuante. Fronteggiarlo per un certo tempo è possibile, ma alla lunga esso Yince e travolge chiunque c01nmetta l'errore di consumare la propria eneria in un problema iniquo ed inna.1iurale. Perciò, concludendo, noì pensiamo che l'Italia liberale, avendo aperto ,òlontariamente la da, per le necessità deri-ate dalle sue imprese di guerra, all'Italia democratica 1 debba oggi non 1itrarsi, paYida e mentiL.7.ce alla propria coscienza morale, dallo sforzo eh 'essa medesima ha prescelto, e debba inYece mettersi in grado dì regolare la vita pubblica di tutto il suo popolo in maniera conforme alle necessità della disciplina nazionale, ed alle esigenze fondamenta:li e pe:rma,1enti della storia italiana, senza più altre indugiarsi nel propositl1 peccaminoso e pericol<rsissimo, di voler cacciar fuori dalla cosa pubblica., larga parte dei suoi figli. Non privilegiati e non bauditi : ma cittadini conviYenti e collaboranti in parità di diritti e di doveri, sotto a 'impero di una medesima legge e di una stessa disciplina: tale può e deve essere il quadro della vita italiana, oltre la crisi che la travaglia. E la fede democratica ma.turata negli anni della , battaglia. liberale> - perduta nell'ambiente morale della tempesta postbellica, più grav'e assaì e più ingrata. della. guerra medesima, ma che sarà vinta do1nani - si volge· a do1ninare un avvenire che 11011 potrà sfuggire al nostro popolo di lavoratori e di combattenti, perchè in assenza del nostro popolo esso cadrebbe nel mùla. Rom.a, marzo 1924. GIOVANNI AMENDOLA.

42 l,effePe dalla Romagna Vigilia elettorale l.'ombra del Card. fllberoni Che s'approssimi la campagna elettorale in Romagna lo si vede dalla politica dei lavori pubblici che il Governo del forliwse on. Benito Mussolini fa, ad imitazione di tutti i governi che si sono suc=luti dall'instalra7..i.one dello Stato pontificio delle Legaz:ioui ad oggi. La Romag,1a, specialmentle la Bassa Romag,1a Ra,cnnate, ha sempre vissuto a spese dell }Erario, prosciugando contemporanea.inent.e le sue paludi e le casse dci varii Stati. Meriterebbe la pena cli fare la storia delJe bonificlte romagnole, pei· trarre da essa utili insegnamenti sul carattere dei sudditi d'oltre Rubicone cli Santa Madre Chiesa, e per tentare il con1puto della spesa di cost'o d'ogni ettaro di teneuo .prosciugato in 300 e più anni di lavoro! Ne salterebbero fuori ce.rta.meute cifre sbalorditiYe, oltre 1'a.ma.ra constatazione che per nulla il costtLme1 s-ia dei domiaiatori che cl'ei dominati, è cambiato. La politica iniziata dal card. Alberoni circa 200 anni fa e poi proseguita dai va.Iii CardinaliLegati e pre.Jetbi, è ancora la sola adatta per il governo de.i romagnoli, i quali non c.hie<loll cli -meglio che di lavorare, gavazzare e urlare la loro (verbosa) ribellione fra i boccali delle «cameraccie» ora chiamate anche circoli o fasci. Dallà plebe che nei giorni cli sagra s'accalcava attorno alla carrozza del Cardinale per riceveme « i graziosi do~ della Sua carità», agli organizzati di oggi che da Roma aspettan la mamna degli immancabili lavori pubblici, la differenza nén è sostanziale, ma solo di forma, e può tutt'al più riguardare il costume, non .la vita, la morale o la politica che assoluta.meute non c'entrano, perchè tutto, sinora, dal pane alla libertà, è stato gratuito e non sudato frutto d!i una dolurosa conquista. Delle 16r e più « ribellioni» che, secondo il Pani-Rossi, dall'896 sino al 186o sairebbe.ro avvenute negli Stati del Papa, e le altre avvenute più tardi in Romagna, ad U!llità compiuta sino ai nostri giorni, non una (se ne togli l'agitazione agraria del 1910 pel possesso delle macchine trebbiatrici) ha avuto carattere ve.ro e proprio cli una rivoluzione, ma bensi quello di «ca.more» da e-al.mar-sicoll'offa delle «grida» quando la carestia infieriva, e dei lavori pubblici allorcbè (tutti gli inverni!) 'V'era la disocçuwzione.. e Il sistema doganale pontificio assurdo, secondo il quale ogni Comunità doveva, provvedere a.ii proprii bisogp:i senza ricorrete all'aiuto di "11essuna altra e senza. poter che con molti stent>i esportate il sopra.più che veniva prodotto dentro le sue .mura, più l'azione corruttrice dei « part:e:rni faY.ori » avevano creato profondi solchi tra città e città, l'tma dell'altra invidiosa e delle fortuite prosperità e degli anzidetti. favori:, così c-he le conseguenze cli questa azione corruttrice si possonÒ a11cora ritrovare nel diffuso camp,1.nilismo dei romagnoli, e nella loro incapacità di sorpassrurlo e cli sorpassare la limitata cerchia del confi.ne prov-:inciale r...r sentirsi parte d'un organismo più vasto: sia esso la Nazione, o sia esso lo Stato; ·a11'ist.esso modo che anche ai più i11.tellige:ntifra essi 1iesce diffidle liberarsi dell'incanto de.I mito giornalistico-garibaldino della « Romagna ribelle e generosa)) sempre all'avanguardia• cli ogni movimento e perciò sempre in grado di dar delle Jp.,ioni aJle altre regioni, come se i fatti che da, tale errata credenza sono derivati non dovessero, anzichè far inorgoglire i romagnoli, farli arrossire di vergogna, per l'onda di ridicolo éhe da essi zampilla. l.a r2pubblica di Ronco!reddo Intendiamo riferirci alle famose repubbliche romagnole cli... Roncofreddo e della « settimana rossa» di nenniana, mussoliniana e piroli'll.iana memoria: lampanti esempi d'incapacità da parte dei romagno1i (e vorremmo aggill!lgere repubblicani a cui tale incapacità è segno distintivo), di fondersi nella più' ampia corrente dello spi1-ito nazionale, per assurgere ad una visione meno gretta e campanilista della vita politica. Sembrerà una cosa. strana il fatto che i prntao-onisti ma<Ygiori del1a « settimana rossa» siano~ stati quei repubblicani, socialisti rivo1uzionar:ii della corrente mussoliniana, e anarchici, che appena UD, a.uno dopo sono pu!te sta.ti i fauc tori più accesi dell'intervento ed a guerra finita gli iniziatori dei fasci ; ma è un fenomeno spiegabilissimo qtiando si peusi che t.a,nto i :epubbHcani che ili anarchici sono gli eredi (lll· consapevoli) e del campa:nilismo pontificio e del federalismo ferrariano-giacob1noi il cui spfr'ito ~gusto ed i cui sistelllli faziosi di lotta ancora conservano, per uno strano destino e per una tardiva vendetta. del gesuitismo da cu.i li detivano. (Anche lo spurio i-ivoluziona;rismo socialista. del Mussolini di allora può essere compreso nelle ruizidette. categorie, rappresentando meglio u,na sterzata ve.rso L'ideologia e i metodi delJ 'anarchismo, che una ortodossa conc~ione marxista della lotta politica). La lotta sostenuta nel 1910 da.l Partito Socialista pe.r il pos,;esso de.Ile trebbiattici fu la sola battaglia che lo spirito di classe dei socialisti ' V LA RIVOLUZIONE LIBERALE seppe soste11ere contro gli interessi e l'ideologia piccol(>cborghese dei mezzadri (clericali a Fae117.,a e repubblicani a For11, Ce;ena, RavC11na) i e l'inevitabile sconfitta che ne scgul fu la prima sconfitta che la coscietna unitaria (e monarchica) della massa operaia romag,10la subl ; per lasciare esclusivamente padrona del campo l'a" zjone. corruttrice del paternalismo giolittiano, il quale non trovò grancli difficoltà al _suo trar pianto e al suo innesto in Romagna, poichè non ebbe. bisogno d'altro che di ripreuderc l'appasentemente interrotta tradizione del paternalismo pontificio, così caro ai romagnoli solo per brnla anticlericali, per far resuscitare il latente regionalismo campanilista e per fare ritornare le masse operaie, dallo stato Òi civiltà e di cliguità cittadina in cui la lotta di classe le aveva portate, al la.72~rouismo rivaroliano dei « fedeli sudd;iti > accalcatisi attorno alla carro-,za del , benigno, Cardinal-Legato. Ora, il sindacalismo fascista è fondato su queste basi e su quelle masse. Nessuna meraviglia quindi se i piccoli e grandi ras devono assai spesso abbandonarsi ad atteggiamenti ed a richieste che i loro amici - netnici fascisti - agrari dicou chiaramente di non poter approva-.., re : - è nella logica stessa delle cose il dualismo, e non sarà un male se per un'al1egra vendetta della stoti.a, dallo stesso paternalismo rampollerà più vigorosa la lotta c1i classe 1 che già sin da oggi, dal dissidio Gra,ndi (on. Mar.,, chese d'i, Bagno !)-Baroncini, chiaramente si delinea. Ad un uomo padrone assoluto cl 'un.a vasta plaga agricola qual'è il Baroncini, poco può importare una misera medaglietta; s.icuro come è che le masse lo seguiranno ovunque egli vada, pu.rchè contin-u.i ad ottenere loro U11 pane meno magro cli quello che gli agrari di Ferrara somministrano agli avventizi agricoli, costretti a lavorare per un salai-io che va clalle 4 alle 8 lire al gi'orno. Provvidenze elellorali Non stu-pi<rà quindi se, essendo gi;u.nta l'eco dei loro « clamori n sino a Roma, da Roma « b~ nignamente ,, si provvede mediante Pelargizione di mezzo nll!lione « per l'erezionè in economia dei lavori di rialzo e ringrosso degli argini del Po di Goro, località Froklo Sa.cc~ nel Comune di Mesola» e l'assicw·azione che altri lavori del genere saranno pure « prestissimo 'iniziati, (vedi il Giornale d'Italia del 19 febbraio) ; oltre a quelli spe.ciali che pe:,. più di 4 (quattro!) milioni il Governo ha stabilito per la sola provincia di Ravenna forse quale splendidissimo pi;esente che il neo deputato avv. Frignani, sarà tenuto a fare ai suoi organizzatielettori neit'imminen?-a delle eleziOni ! (vedii «:la ravennate Santa Milizia del 16 febbraio). C1è da credere che anche questa volta i « generosi » lavoratori delle Legazioni tro-:veranno molto delicata la cura dell'onor. Pl'esideute del Consiglio, mài immemore delle,sue « gloriose origini romagnol'e » e « voteranno eompatti la lista del Fascio n, senza per ombra pensar'.e che la presunta delicatezza loro usata fa pa,rte cli tutto un vastO sistema di corruzi:one demagogica; poichè a.nche altre regioni, avvezze a sistemi analoghi a quelli adoperati in Romagna dal paterno Governo del Papa, sono state oggetto della stessa cura e della stessa attenzione prcsi" denz,iale. Gli esempi della Calabria e del1e Puglie, valgon la pena d'esser ·citati? In eonclusione noi vediamo oggi i.n Romagna la lvtta. impostata. su due card.in.i, con l'enor'rfle massa del b1~acciantato schieratq. sotto i gagliardetti ùei sind'acati fascisti, da u1w..pmte; e L1esercito della piccola borghe&ia agricola. e cittadina 1 schier-ato sotto le bandiere recanti lo scudo crociato e l'edera dall'altra parte. Ognuno vede che non è il caso di illudersi sulla quautità e quali.tà della prima, massa eternamente fluttuante da un partito al•l'altro, ed a cui non è dato uscire dalla su.a. secolare miinorità che in virtù d1un autoctono e violento fatto rivoluzionario; quanto è invece da osserva.re e da riporre fiducia sull'altra, poichè è evidente che la su.a ideologia politica è fonclata sulle solide basi dell'interesse e delle realtà, e perciò app'll:llto aliena d·alle improvvisazioni ·dei retori. Non è i,mprobabile che l'esigenza, decentratrice che animosi seguaci di Sturzo e di Zuccarini tenta.no insim.1.1.a([n'ella coscienza collservatrice dci n1e7.zadri romagnoli, possa trovare un addentellato nel loro mai smentito campa.cilismo, che se è st:ito siuo :>cl ora latente, non è perciò detto che domani possa anche apparire violentemente alla luce ed imporsi nel'l'inevitabile riesame. che avverrà allorcbè il problema istituzionale che, colla legittimazione della Marcia su Roma e colla riforma elettorale, la Monarchia ha, improvvisamente fatto risorgere 1 dovrà essere risolto. Più che quella degli 0 altri partiti, gli odierni a: ludi cartacei » in Romagna potrebbero metter'e a dichiarata prova la maturità politica del partit~ repubblicano, il quale potrebbe uscirne vittorioso e rinnovato solo se, abbandonato il vuo- ,to anticlericalismo giacobino di eredità papali11.ae i ricordi (gloriosi, quanto volete, ma passati) dell 'interventisu10 sapesse rilagitare le vecchie e pur nuove 1 esigenze della ,epubblica e del federalismo e sfrutta.re la magnifica opportunità che l'insipienza, dinastica gli ha novellamente (e forse per l'ultima volta !J offerta. ARMANDO CAVALLI. ItllVITAINTERNAZIONALE La crh,i del fascismo heJga Le <lue recenti crisi minist.eriaU, manifestatesi su questioni di dettaglio, senza che dai contrasti parlamentari uscisse un.a. chiarificazione e ~enr..ache si venisse alla discussione dei problemi <:SS<!11zia1rie, scono tuttavia il segno cli una situazione assai più profondamente grave, nella qnalc tutti i vizi storici del Belgio sono il!lr pegnati. Di questa crisi interiore si ba in parla.mento nn'inm,agine falsa perchè la lotta politica che fu sempre addomesticata e attenuata a van~ggio della Monarchia e dei poteri costiutiti già a partire dal 1830, fu praticamente nel dopoguerra soppressa. Trent'anni di governo clericale amministrativamente proficui, valsero come una educaz.ione all'ipocrisia politica. Le questioni essenziali furono nascoste. Il problema dell'unità, il pericolo del separatismo restarono l'incubo e l'impedimento decisivo <li ogni chiarificazione spirituale. La esasperazione nazionalista del dopo-guerra fece il resto .Il dog,na della patria soffocava la libera discussione e persino l'ipotesi degli altri problemi più vitali. E' inevitabile. che in tutti gli Stati il nazionalismo sia sempre fenomeno di oscurantismo e di ignoranza.. Si ebbe quella che Picard chiamò la frénésie de la répression. I partiti giocavano all'internazionalismo, e dimenticavano le idee e gli interessi che avrebbero potuto distinguerli e caratter'izza-rli. Durante la guerra il Bclgio non aveva potuto sfrenarsi nella politica delle leghe di azione antitedesca. Destrée, il più be.ll'esem.- plare del socialismo fascista, aveva dovuto fare in Italia i &uc,idiscorsi e articoli tipo Victoire o Mussolini! .Il· popolo be.lga nella su.a maggioranza (85 %) non ba preso alcuna parte alla guerra. La reazione, auspice la politica. di Clemenceau, volle pagarsi 1a rivincita con l'ubriacatura della ,~ttorja. Il C. P. ~- (Comité de Politique Nationale) fu un anticipato esperimento di fascismo. Tenne ,il Belgio sotto un patriottico terrore 1 s 1imposé con sistemi totalitari. Le arti e le psicologie della reazione demagogica si assomigliano. Mussolini ebbe dci p1°ecursori. Il giuoco dell'apoliticità fu il più accetto ed il più infallibile. S'incominciò a predicare l'orrore per i settarismi; il\ necessità dell'unione, dell'azione nazionale. La ,rerità del vecchio assioma che la politica nazionalista è sem.pre la più antinazionale si verificò matématicamente. Già la sola idea cli una ]?o11tica nazionalista in un paese che non è una nazione appariva assolutamente ridicola. Si accentuò il dissenso tra valloni e fiamminghi : un dissenso esasperato che può finire in guerra civile. L1eco11omia.belga non era stata mortalmente colpita- dalla guerra. Anzi la si poteva facilmente rimettere in attività (le. miniere di carbone fu:- rono lasdate dai tedeschi in ottime condizioni, se non altro perchè dusante tutt'.a la guerra se ne era curato lo sf1uttamento). La reazione, cosb:etta dalla sua logica internazionale al fronte unico con la Francia, si imbarcò n,ell'esperimento protezionista che non poteva non riuscire fatale per ,rn paese cli grande produzjone ed esporta.zj(>c ne, che fimi~ le importazioni ai viveri. Anche la. politica fiscale nazionalista. fu la più allegra che si potesse llnmagina.xe: esitante a introdurre imposte i'l governo tentava con CÌ!ue prestiti di provvedere non già alle necessità più ec.ceziouali, ma al bilancio orclinru-io. E quando i prestiti non riuscirono più, si ricorse al torchio. Non la guerra, ma il protezionismo, i prestiti e l 'emissione cattacea rovinarono l'economia belga. I più fw:bi intanto cont.1va.no cli vivere con le riparazioni e co11 le· colonie. Il paese era in mano ai proctu-atori dell'alleanza francese. Nuovo terreno e ugualme11te fruttuoso per nuovi Barrère. La reazione si senre di rinnegati : i1 socialista Destrée; il clerico-moderato Neuray. E1 inutile accentuare Pinterpretazione del fenomeno, perchè tutte ·le nazioni hanno il loro esempio di ex-direttori di giornali sovversivi diventati cap-i di governo 1 teneri per la dittatura; tutti hanno un CAvazzoni converso. Il capolavoro della reazione fu la politica estera. Con le rivendicazioni SlÙ Lussembtu·go e sul Umbru·go olandese il Belgio si screditò e non ottem1e nulla. A Versailles non ebbe iniziative: ,fu vassallo della Francia. Ora la situazione interna in Belgio è così delicata c.he basta uno spostamento dell'equilibrio inteiuazionale per compromettere l1unità. A1Pequilibrio tra valloui e fianuning-hi non può che conispondere una politica di pace. Invece le aspirazioni sulla Renania facevano pesare la bilancia tutta da una parte. Battendosi per l'accordo tra Francia e Germania il Belgio avrebbe salvato, oltrechè i suoi commerci, la sua unità; e si' faceva aufore di un.a. politica autonoma e d.ignito..~. Invece con il dogma de.Ila patria, e con un esperimento fascista sta compromettendo la sua unità statale. Dopo il- 1830 lo Stato si era consolidato ,per un finissimo gioco cli equilibrio e con la sapiente utilizzazione delle simpatie europee.· Il paese non era i11 condizioni favorevoli ad un movimento prol~ta.rio, nè ad una politica audace: ma l'attività economica valse a nascondere i più gravi difetti nazjonali. Prosperità e "pace furono le basi tiella tentennante nazionalità. Il sistema d'equilibrio si reggeva sui tre partiti : cattolico, liberale, socialista. Dove l'espressione de.ila V(>c !ontà popolare poteva suscitare qualche preoccupazione troppo forte riparavano agilmenu: le astuzie del sistema elettorale. Cosi trent'anni di governo cattolico furono possibili in ,·irtù di una legge elettorale che a tutti gli ecclesiastici attribuiva tre voti. La prosperità generale inoltre favoriva una politica conservatrice, Bastò il suffragio universale pe.rchè nel navembre 1919 la maggioranza de.ricale cades.se. E già prima de.Ila gnerra il partito aveva avuto un gran colpo c1opo il ritiro del oorone di Broqueville per la separa,-,,ione tra V«:chia e Xuova Destra, Il _partito cattoliro' si rivelava incapace cl:i risolvere la questione fiamminga: su questa difficoltà i capi si cl.ivi.elevano; e fu specialmente 1 'eroismo declamatore del cardinale Mercier durante la g'Ue.rra che salvò il partito con un equivoco da maggior rovina" Oggi il solo fronte unico del clericalismo si potrebbe ottenere sul problema del snffragio femminile. Il nucleo dei cattolici democratici (Poullet, Voute.rs d'Oplinter, ecc.) è tanto 1ontan,;, dalla Vt>ocbia e dalla );"uova Destra che accetrerebbe una alle.an7.a coi socialisti fiamminghi /Hnysmans), Il socialismo avrebbe potuto sostituire i veccJ1i protagonisti se non avesse r!twnciat..o a11a intransigenza per il socialismo jj_ Sta.fr., e w.,,n avesse tenuto fra i capi le figure più. equivoche di traditori. I socialisti valloni, come Destrée. e Pierard sono dei nazionalisti. Va-;-1c1erve1d,u~n centrista, che ha la sua pcpola,ità tra i borghesi ~ che gioca d'astuzia nel trn.sf,:rmi5mo e ne1lc transazioni. Questi uomini :;;o:•o restati i capi del -:-r..ovirnentoproletario '0,1 lo spettro della patria in pericolo. Padroni deU.: ].X>Sizioni rii !'~1tito uon fu possib:~e al1e masse Jiqnidarli perchè col nuovo sistema di S'"'!"uti;1io di lista rigido la designazione dei .-J?pu;..,,i ,ien<: ad essere affidata alla direzione dé partito, l"na più viva partecipa7ioue delle masse non potrà non .sconvolgere l'equilibrio di f,,.::inderTeld.eP. erchè le masse sono rimaste c:str.mee ai casi psicologici dei capi e alla con ve, sic ne fascista del kn; so<..ialismo. Il partito liberale perdette metà del suo contenuto quando si tro,·ò i socialisti accanto a ~a. La guerra ha compromesso tutti i liberali progressisti e radicali. Il patriottismo fu il ponte attraverso a cui essi si ricongiunsero a poco a poco al fronte unico della re.azione borghesec In questa situazione tutti e tre i pai.-titi saranno scissi. L'equilibrio nel seno di ogni grappo tra tendenza progressista e conserYatrice non può •più mantenersi a mano a mane che la crisi matura, e l'unanimità fascista viene sconfitta nel suo tentativo di monopolio del patriottismo. Oggi la preoccupaz,ione più ·dva è il problema fiammingo. Il Frontparti che h.a ripreso l'opera degli attiv1sti Yuole la separazione amministrativa tra Fiandra e ValJonia. Sta per manifestarsi una vera e propria situazione irlandese, e se le frazioni democratiche elci tre partiti non saranno capaci di andare francamente incontro alle tendenze autononùste l'unità belga sarà compro-· messa per sempre. .-\ltrocbè la retorica nazionalista di Destrée ! A questo si è giunti con la politica delle sacre unioui e con le pretese imperialistiche contro l'Olanda. :\"on si è compreso che il problema della consistenza del Belgio è un delicato problema di giustizia e di imparzialità verso oriente come Yerso occidente o settentrione. I piccoli stati viYono di disinteresse: il Belgio è una creazione artificiale utilissima, ma soltanto se i suoi governanti non siano pazzi testardi e presuntuosi. L1ultima crisi ministeriale indica che la Paliti.quc ?-,.iaf.icm.ale è defi.nitiYamente liquidata. 11a non è detto che la preparazione alla saggezza sia del tutto matura. La risposta ,e.,à probabilmente dalle nuove elezioni. Brwxelles 1 3 marzo. MAURICE MASSO:\". PIERO 60BETTI - Editare TORINO - Uia XX Setlemb~e, 6D ~re novità: L"GIGI STl:JRZO POPOLARISMEO FASCISMO L. 14 TOMMASO FIORE UCCIDI L. 10,50 G. SCIORTINO L'EPOCDAELLACRITICA L. 3 Si spedisc01w cti nostri abbima-ti franchi di porto c01itro ~•aglia o. per assegn.o d,i L. 25c "b'Eao DEbbA STflillPA " il ben noto ufficio di ritagl,i da giornali e riviste fondato nel 1901, ha sede ESCLUSIVAM'ENTB in Milano (12) Corso Porta Nuova, 24.

LA RIVOLUZIONE LIBERALE In.oh.lesta su.11' J:o.dustria italia:o.a L'industria_ laniera nel Biellese La industria laniera biellese rappresenta un grttppo così omogeneo nell'insieme dell'industria italiatta, ha caratteri proprii talmente spiccati e d'altra parte vive cosi staccata dalle altre industrie che esaminarne i caratteri economici e, vorrei <lire, psicologici può essere interessante anche per una ricerca di carattere storico-politico.- be origini L'industria sorse nelle piccole vallate degli affluenti della Se.sia. Era una regione industre da grau tempo, sufficientemente ricca, che aveva -coltivato pritna la indiustria della calia e qu.ella tes:;ile della seta, poi aveva conosciuto ferriere e produzioni di armi. L'industria della lana vi si mante-une per molto tempo casalinga e rudimentale sino a che, ora è un secolo, un pjccolo indust,;ale di Valle Mosso, il Pietro Sella, im0 portava tra molte difficoltà e incredulità i primi telai meccanici dall'Inghilterra ed alcune macchiJ1e per filare la lana carclata. L'ind1istda sorse così nella Valle Mosso, si diffus,e nelle vallate circostanti, fu per opera cli Maurizio Sella, nipote di Pietro e padre di Quintino Sella, portaci nella valle del Cervo ove si trova il capoluogo del circondario. Fu industria clapprirna domestica, ma si rafforzò colla pazienza e colla tenacia di piccoli industriali, con uno spirito di risparmio spinto sÌlto al sacrificio, col continuo investimento dei capitali _,guadagnati nell'intlustria che li aveva prodotti, sicché cacciò dalfa valle del Cervo, dello Stro- .na, del Crosa, dell'El vo, mulini, cartiere, _filande, fen;ere, impiegò le acque delle alpi nelle tinotrie nei lavaggi, i salti dei torrenti per :muovere macchine, frastagliò i colli di ltwghe pezze <li panno l,,"OS:tae tendere e ad asciugare, ele,·ò alti c--.,mìni funtanti sttll'altopiano che de- _grada verso la nebbia della pianura. Ecl un ritmo più rntenso fo clato all'industria -dalla introduzione della lavorazione cli lana pettinata fatta, dopo molti insuccessi, cla profughi .del L()'Tllbardo-Veneto tra il 1850-1855. bo suiluppo -Cosi il Bieliese aveva trovato la sua industria. Paese fittantente popolato e dove la popolazione esuberante per quello che la poca terra coltivabile poteva rendere aveva dovuto per secoli e- .migrare ogni inverno verso i paesi del piano, l'industria della lana che sfruttava condizioni lo- ·cali non facilmente ottenibili altrove (acque di assoluta purezza, torrenti a regime abbastanza Tegola.re) si adattava otilinamente ad esso. Ciò -spiega perchè il gruppo biellese della rndustria laniera ,il più giovane tra i gruppi italiani, sor- -passasse presto per importanza e novità di impianti, per capitale e niano d'opera impiegati, .altre regioni ov,e 1'industria della lana aveva sede da secoli e che più si attardarono prima di Ti'nnovare completamente i1 macchinario ed i me- -;todi di laYoro. Certo lo sviluppo non fu continuo; ebbe arresti e crisi anche gravii la industria del pettinato pan-e imporsi nettamente a quella del -cardato, poi negli ultimi anni questa si riebbe modificando in parte le sue lavorazioni, la guerra infine :rafforzò la posizione economica della industria biellese che alla vigilia vedeva profilarsi :all'orizzonte i segni di una grave crisi. Per l'industria laniera biellese, meno appari- :Scente forse d-i altre industrie in cui negli anni scorsi si volsero gli occhi dei catoni, itali.ani iu cerca di inchieste, ma non meno largamente beneficata dal pefiodo bellico, la guerra vo11e dire produzione facile, abbondante, lavoro in pieno con mercato già assicuratoi e rimunerativo .aumento continuo d:i prezzi degli stok in magazzino. Abbandonate le produzioni fini dalla lavorazi011e difficile e costosa ,tutti i fusi del bielJese prillarono sotto il grosso filato _dalla ti~- ·ta Ultiforme tutti i telai batterono tsocrorn il .grossolano ~anno di guerra, le acque di •t~tti j fiumi biellesi ove scaricano i canali delle. tmtorie si tinsero tutte cli verde. ba potenzialitàattuale Nel biellese s0010 ora concentrati (sono cifr.e -ufficiali del 1918 ma per le ragioni che diremo •attendibili ancora oggi) i due quinti dell'industria laniera italiana. Su 800 opifici' 240, su 62 •mila operai impiegati nell'industria circa 28·.000, -&u 44 mila HP 17.500. Tale coucentrazione inr dustriale se pone in via assoluta il Biellese alla ·testa dei gruppi lanieri italiani no,n è però tale cla far considerare il Biellese come i 1 gruppo più moderno ed organico. Infatti i1 gruppo vi- ,centino p,;ma della guerra possedendo soltanto 28 stabilimenti vi concentra.va quasi ro 1nila operai (il 15 % degli operai_ cli_tutta Italia) co:' un nu'me.ro medio di operai dt 38o per stabthmento, mentre nel Biellese tale numero scendeva .a 105. Anche la percentttale dei fusi di pettinato sui fusi_ totali (il pettinato è in genere lavorazione più moderna e più fine di quelfa del cardato) era maggiore nel Vicentino che nel Biel- --lese e le notizie relative all'impianto di motori per gruppi di macchine confermavano esse pttre la maggiore modernità degli impianti veneti --rispetto a quelli piemontesi. C!arallerisliahdeel gruppobiellese Tale regresso relativo, non adeguato alla floride--4za finanziari.a della industria, è dovuto in gran parte al fatto che l'industria biellese non ha saputo fino ad ora assurgere alle forme ed alla mentalità clella grande industiàa. Su.i 244 stabilitnenti biellesi ve ne sono 125 i quali impiegane, meno di 50 operai ciascuno, avc-11.do perciò la clirnensioue della piccola industria, e soltanto 7 stabilimenti impiegano più cli 500 operai. Il pred()'Tllinio della piccola e me<lia industria rispetto alle imprese di dimensioni maggiori non è punto dovnto a concEzioni &pedali dell'industria che raggi1u1ga troppo presto il limite dei costi crescenti (all'estero e specie in America la grande indu.stria laniera è la sola padrona de} mercato), ma al fatto che nel lliellese l'impresa industriale non ha superato ancora la fonna di organizzazione famigliare. Quasi tutte le ditte, anche Je maggiori, sono gestite sotto forma di società collett.ive o di accomandite semplici nelle qttali è investito tutto il patrimonio di una fa.iu.iglia, e cli qttella sola, ed in una industria nella quale il cap-itale impiegato può ca.1colarsi ahneno in 400 milioni il numero di Società Anonime non giunge a ro, nessuna delle qttali vede quotate in borsa le prop1ie azioni! Una tale orgauiz7..azione, pTimitiva dal punto di vista giu,;dico, senY.a qttasi legami coJJe banche e con le altre industrie ba mantenuto all'industria biellese un caratte.rè severo ed alieno da competizioni politiche e cla investimenti pericolosi; ma può rappresentare un• grave pericolo in un momento di crisi perchè essa non può contare che sulle proprie for• ze per- superarla. L'industriale biellese è rimasto ancora l'uomo che vive nella fabbrica e per la fabbrica, che è cresciuto bambino in meizo alle macchine e che cla quei giuochi ha appreso il suo corredo tecnico, è rimasto un po' sempre colla mentalità del mop:tanaro inurbato che diffida degli avvocati, pericolosi azzeccagarbugli, degli ingegneri, teorici presuntuosi, dei chimici, complicati incompetenti, che ergei contro la teorica competenza di futti, il suo pas,sato cli lavoratore senza tregua che unisce alla lunga pratica 1iinteresse delle cose proprie. Non vi è, si può dire, industriale biellese che non abbia visto sorge.re ecl rngrandire la fabbrica che è su:a, che delle macchine con cui lavora non abbia assistito al montaggio, non abbia seguito, aspettante e pensieroso, lt: prime prove di rend:ia:nento. Ora tutte queste qualità hanno moltissimo giovato per far sorgere l'industria laniera biellese, ma è da chiedersi se esse bastino a mantenerla, ancor più se esse possano bastare per il futuro. b'industriaìebiellese Nella sua fabbrica già so-rta, nella fabbrica già approntata per il lavoro l'industriale biellese è nel suo regno. Si sente tanto legato alla sua fabbrica da non staccarsene neppttre qttando, ricco, lo potrebbe facilmente. Esso può essere riDla$to ancora un uomo semplice e labo1ioso del quale sarebbe difficile cercare la coscienza politica o vaste direttive economiche, ma non ha certo portato in giro alterigia pescecanesca per le stazioni balneari cli lusso e per gli hotels dei luoghi climatici. Non ha abbandonato colla riccbezw nè abitudini severe ili lavoro, nè sem, plicità di ,,-ita, dirige la sua fabb1ica che ha oggi roo telai colla stessa tenacia e nello stesso modo col quale suo padire guidava 4 telai. in tmo stanzo- ·ne senza luce sotto la spinta d luna roggia da mulino. Persino la distribuzione topografica dell'industria sembra reagire ad ogni pensiero di accentramento e di concentrazione. Si aiTa.mpicano pei colli, si adagiano in piantu·a, luugi da stazioni ferroviarie, serviti da strade non facili, piccoli paesini di case basse che si raccolgono intorno ai camini di Ulla fabbrica come nel medio evo i borghi campestri si stringeva.no intor-- no ad un castello feudale o ad un campanile di pieve; si sente in questi paesi il ritmo vivace proprio delle terre che conoscono solo la vita dell'industria, ma sembra di avere dinnanzi ·cellule, vivissime 'e ricchissime cellule, ma disorganizzate cellule <li tma grande industria. Si ha I 'impressione che l'organizzazione attuale abbia clato tutto quello che pnò clare, che, attraverso gli sforz1 di tre gene.razioni, abbia spinto il sistenta della media rndustria aJ massimo rendimento, tanto che ulteri0re camruino non possa essere percorso. b'induslrialee gli operai L'ind'ustriale biellese si sente in fondo più vicino e più legato ai suoi operai di quello che non si senta vicino al mondo di commercianti e di banchieri, di avvocati, di finanzieri, e di. tecnici a cui le dimensioni raggi tmte dalla sua industria tendessero a spingerlo. Egli è in, sostanza l1ll ardito, un tena.ce, un fortunato, 11ll abi1issimo operaio. Da questa sostanziale unità c1i spirito e di coscienza tra incrust,;ali ed operai, cla questo paternalismo della rndustria proviene la debolezza delle organizzazioni s-ind:acali laniere nel Biellese e la mancanza di vivaci forme della lotta cli classe. Non soltanto in questo momento gli operai sono completa.- ljlente disorganizzati, ma anehe d,urante il perioclo di vigore della F.LO.T. la organizzazione operaia non ha saputo attnare una politica autonoma e propria. Come abbiamo mostrato, la mancaw.a di una classe industriale degna cli tal nome si è ripercossa nella industria biellese rendendo più difficile e fino ad ora impedendo l'acquisto cla parte della massa operaia di una cosciew.a autonoma di classe. Fino ad ora l'operaio biellese è stato il cooperatore ora volontleroso ed ora brontolone di quell'operaio arrì,- vato che è l'industriale, specie il piccolo ed il medio industriale, ma di fronte a questo non ha portato abitudini, sentimenti, aspirazioni diverse. li rinnooamentodel malerl~le e la direzione delle fabbriahe Questi sembrano per ora essere i due punti più oscu,; della industria laniera biellese. Dalla gtterra in poi ben poco si è rinnovato dell'antico materiale che: ormai com-incia ad essere a.deliri~ tttra vecchio. Non solo, ma essendosi le fabbriche sviluppate a poco a poco ognuna ha per ogni macchina un campionario di tipi diversi tanto per il sistema qttanto per la produzione. Da ciò non soltanto un impiego di mano d'opera che con altre macchine più nuove potrebbe essere diminuita, ma anche la necessità di fabbricare tipi di tessuti e di filati che tutte le macchine di uno stabilimento siano capaci di compiere. Questo doppio fatto contribuisce a renclere maggiori i costi <li produzione e ad avviare la produzione italiana ,·erso i tipi più scaclenti di panni che possono essere prodotti cla tutte le macchine. Anche i più grandi stabilimenti, tra cui notevole quello Rivetti che impiega 1500 operai ed estende la stta influenza clalle iJnprese di elettricità (Elettricità Alta Italia, Industrie Elettriche Piemontesi) ai magazzini di vendita al pubblico (La Rinascente), non, hanno dopo la guerra rinnovati i loro impianti in proporzione alla loro potenzialità attttale. Si nota invece che sonCI spesso medie industne in via di accrescimento quelle che acquistano macchinaiào più moderno e cheJ ampliando la loro attrezzatura, curano di rendere più armoniche le proporzioni fra i vari reparti. Il pericolo dipendente dal mancato tempestivo rimodernamento degli impianti è reso più grave _dal sistema di direzione tecnica ed amministrativa attuato in tutte le fabbriche del Biellese. Abbiamo detto come l'rndustriale bie.1lese diffidi dell'impiego di tecnici specializzati e co1neJ in tutte le fonne possibili, cerchi di mantenere 11ella f2.miglia del proprietario la direzioue effettiva dell'industria. Si vede in taluni stabilirn.enti lavorare alla direzione dei vari reparti, ·con coesione e concordia rai-a e notabile, an •industriale ormai avanti ueg1i. anni i circondato da quattro o cinque dei suoi figEuoLi e figliuole. Tale ordinamento famigliare ha giovato non poco dttrante il periodo cli continuo sviluppo, e di continua ascesa del] 'industria qttando per ogni figlio che entrava alla fabbrica si apTiva spesso un nuovo reparto di cui metterlo a capo. Ma è evidente che lega,:e Ja fortuna di una fabbrica alle vicende rnterne della famiglia del proprietario non può essere a lungo cosa possibile. Da un lato per dirigere le ind'ustrie si richiedono sempre maggiori cognizioni tecniche che gli industriali biellesi, che hanno cominciato bambini.a vivere la vita dell'officina, non hanno avuto tempo e modo di procttrarsi, dall'altro la coesion~ la unità di indirizzo non possono ottene.rsi per parecchie generazioni di seguito 1 come per molte genera,zio~ veramente discendono le virtù di iniziativa 1 di capacità, cli sacrifici?, di pazienza tanto più necessarie in questi industriali in quanto tali. doti devono tener luogo di tutte le conoscenze tecniche. Kon solo1 ma la crisi psicologica di questa direzione fami.gliare delle fabbriche, che nel regime delfa gn,nde indusl!ia e del capitalismo induc'e un lembo di organizzazione patriarcale, non pttò che essere prossima. La generazione che attu·alm.ente è nel vigore delle forze o nel declinare della virilità e che ha in mano la direziòne dellè fabbriche; è nata quando la industt'a era in piena crisi di sviluppo; è stata edu- .cata alla parsimonia severa del risparmiatore, è entrata giovinetta nella o·fficina non vasta a compi.ere il ti.rocinioi ma. anche a compiere un lavoro di. cui era evidente 1a tlecessità assoluta. La generazione invece che m-esce adesso è nata che la ricchezza era già fatta ed assodata, non ha messo piede bambina nella officina dove la sua o-pera non era più direttamente richiesta e perciò cresce senza quelle virtù di lavoro e di sac1ificio della vecchia generazione e senza avere acquistato tale un corredo di stucli da poter sootituire quelle virtù. Il fenomeno non è punto cla addebitarsi a colpa della n.uova generazionei ma esso è insito nel sistema stesso di direzione famig1iare delle fabb1iche che non consente la scelta dei futuri dirigenti se non in un campo troppo ristretto ed omogeneo.· Preoisioni Come si vede, l'rndustria laniera biellese ha un fondo forte e sano, non difetta di capitali nè cli maestranze ed ha impianti che richiedono cure e sacrifici, ma che possono essere portati a livello di quelli dei paesi concorrenti. Anche il consumo dei prodotti finiti si può prevede.re abbastanza costante e fa nostra industria basta in via appi-ossima.tiva al mercato interno, il più sicttro, perchè negli ultimi due anni le quantità 43 di tessuti importati e cli quelli esportati si sono, come peso, equi valsi. Ma anche clalle importazioni si nota la tendenza clella nostra industria a fabbricare prodotti meno fini e meno costosi. Infatti i 22.000 quintali cli tes6uti importati nei primi nove mesi del 1923 furono valutati 175 milioni, mentre i 23 mila quintali esportati nello stesso tempo furc,no computati solo 85 milioni. Ora questo fatto può far ritenere che, con l'aumentare del potere di acquisto elci paesi esteri (Europa centrale ed orientale) ove la nostra merce ~ diretta, la richiesta si sposterà verso generi più fini a danno della nostra esportazione. Qttanto alle prevLsioni comrnerdali per il futuro è cla notare che la industria laniera ha potuto nel 1921 evitare una crisi di supraprodnzione solo per gli scioperi che, riclucendo in quell'anno la produzione complessiva, banno permesso di vendere le merci immaga7.zinate e che anche attualmente per effetto dell'aumento dei prezzi clelle lane greggie, cui non potrebbe senza troppa contrazione del consumo seguire un aumento proporzionale di pre,,.zi nei prodotti finiti, )e prospettive sono dichiarate incerte dalla stessa Associazione Laniera Italiana. Ciò induce a credere che, cessate le condi7.,ioni particolarmei,te favorevoli clella guerra, una serie cli crisi di importanza varia possa successivamente colpire l'inclustria laniera che sembra aver trovato un limite di espansione difficilmente sormontabile. Occorre che a queste crisi &i prepaiàno serenamente e virilmente gli industriali otmmentando le climensioni e quindi la resistenw clelle singole imprese, migliorandone il macchinario per ottene.re costi di produzione più bassi, svincolando le direzioni tecniche e amministrative delle imprese clalla cerchia famigliare dei proprietari, avviando in una parola l'industria laniera al regime della grancle incrustria. V. Programma d'inchiesta Con questo saggio Rivoluzione Liberale comincia un'inchiesta che Yorrebbe essere organica e completa sull'industria italiana. A questo lavoro tutti gli amici sono necessari. E' un'opera che deve essere condotta avanti per inclagini locali, sulla scorta di osservazioni e di pratica personali e ognuno doVTebbe portarci i. suo stud-io e la sua esperienza. 1 Si tratta di vedere in qttali climi l'rndustria italiana riusci a imporsi, come vinse le difficoltà naturali, qttali difetti la travagliano. Tutte le nostre simpatie sono per le libere iniziative che risalgono al sacrifici.o dei singoli, e alla o-enialità di uomini che non do""t"etteroricorrere ;ll'aiuto del politicantismo. In questi casi, accanto ai dati statistici e tecnici, la psicologia del protagonisti,,, lo studio dei costumi che la nascente industria alimentò rntorno a sè, e delle trasformazioni economiche sociali, spirituali prodoftesi nei ceti interessati possono svelarci i segreti dell'equjJ.ibrio sociale e darci i più esattrienti schemi di fisiologia economica e politica. La statistica qui si alternerebbe al pittoresco. Soltanto questa indagine potrà dirci con quale preparazione intima l'Italia si aVTia alla rita mode.ma è entro quali limiti si sia già formata una classe di capitalisti non a't'Tenturieri, nè parassiti. Di ta.le compito Ri-voluzione Liòerale si assunse implicitamente l'impegno con la impostazione stessa che diede allo studio rntorno alla presente immatnrità italiana economica e politica, immmaturità che non deve escludere altre speranze per il futttro. G.-:SF.ARAVIA & C. Editori - Lib1•ai • Tipog,·afi TORl~O - MILANO - FIHENZE - ROMA - NAPOLI - PALERMO :Novità PIETROROMANOdella R. Università di Torino PERUNANUOVSACIENPZEADAGOGICA Un voi. Ìlt-16° cli pag. XII-192 Prezzo L. 9 (Biblioteca di Filosofia e Pedagogia- Ed. Para-via) Interessante volwne che raccoglie scritti composti in tempi diversi - dal i914 al 1923 - ma intimamente dominati da un solo spirito che si esprime nella celebrazione dei valori ideali; ed è da augurarsi che questi saggi possano frattanto richiamare gli studiosi della ·pedagogia e gli educatori ad una più alta e più larga visione della dottrina dell'educazione e delle idealità delfa ,ita. Piccola Bibl-ioteca di F·ilosofia e Pedagogia E' usc-ito: ALESSANDRO MANZONI 'A-ppendice al capitolo III de.lla Morale cattolica DeMl em[abelontllaMorsaulell'utilità con introduzione critica, varianti delle diverse edizioni e raffronti Rosminiani; a cura di Domenico Bulle.retti. Prezzo L. 5.

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