La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 31 - 16 ottobre 1923

bi CONTO CORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTlr\f\NflLE DI POLITICI\ ESCE .. Dirrtta da PIERO GOBETTI- Redazione e Amministrazione: TORI O, Via XX Settembre, 60 .. Abbonamentoper 11 1923L. 20 - Per il Il semestre L. IO(con diritto agli arretra ti) - Estero L. 30 - Sostenitore L. 100- Unnumero L. 0,50 (L'abbonamento non disdetto prima del 15 dicemln·e s'intende ri-r_ino-,;ato per un unno! IL MARTEDÌ Anno II ~ N. 31 - t6 Ottobre I923 SO M hl ARI O : N. M. FOVEL - p. g.: C•pltalismo e libertà. - A. VIGLONGO: J,n polltlcn olignrchlcn del fnscismo. - S. Opinioni (compreeavi l'aritmetica). - GRILIH<IG: La lotta deIJe genHazloni: Soluzione fascista. - V. CEKTO: La poli lira ecclesinslica del Risorgimento, Ill. - I segreti del regime: Il presidente democratico. - Consigli mncbiavemcl ai nepotl. - A. Dr &rASù: Problemi pratici. P • J -"-HJER - p. g.: li caso Salremi ni. CAPITALISMO E LIBERTÀ classe che è:. più idonea, in determinate circo. stanze, a darle incremento e sviluppo. La Rus- _..;iaattuale ci offre ancora, nelle grandi linee, i1 tipo cli una pro<luz1one il cui reddito va attribuito, sah·e le capitalizr...azioni necessarie, ai prestatori di lavoro. Xel capitalisino orientale, ora nascente al] 'onù;ra dei nazionalismi accesi da.11a gueffa, si delineano invece degli esempi cli proùuzione nazionale, che assegna i p,roprii redditi in gran parte alla classe degli imprenditori. L'economia nazionale, in quanto è soltanto economia e produzione, com])Teude l'una e l'altra alternativa, e comprende più che tutto le innumerevoli.forme intermedie; le quali hanno poi la illustrazione definitiva in Germania, dove la più rigorosa economia a carattere nazionale si è congi nnta alla più illimitata libertà democratica dei sindacati operai, in lotta per appropriarsi la maggior quantità dei redditi dalle intraprese. Le informazioni che i quotidiani recano, da qualche ·tempo, intorno alla crisi che ma.tura in seno alla democrazia sociale, meritano qualche considerazione. Il dissenso cade, a quanto pare, sulla convenienza o meno di continuare a presta.re la collaborazione ministeriale al Governo, e, conseguentemente, di ripudiare i prin. cipii tradizionali del Partito. Ma, comunque sia risolto, per espediente tattico, la momentanea djfficoltà, essa. propone, col suo semplice apparire, il seguente essenziale problema: se le correnti di democrazia siano destinate, per mancanza di adesione al terreno economico, a inaridirsi e sparire; o se, invece, esse non trovino delle salde ragioni di esis~el fatto cli interpretare in maniera suffic ente 1 comunque, storicamente non superata, f'li 'irJ.. essi d'una borghesia in is,'iluppo. \ Il pubblicismo fascista, essendosi proposto questo stesso-quesito, lo ba risolto nel senso che i partiti della democ1·azia, non meno dei socialisti e dei liberali, sono in via di estinzione. Tale opinione è, molto probabilmente, monca dallo stesso punto di ,;sta della cronaca interna dei partiti : Ff>i'-.hètutte le formazioni peli-tieh~gi.- esistenti mosttano la tendenza. a continuare l 'esistenza nonostante le pressioni del partito d0minante, senza interruzioni formali. N1a è poi certamente infondata dal punto di vista della fun. zione democrit:ica, considerata, nella sua relativa perennit~, come espressione delle invincibili necessità dello stesso sviluppo del paese. Per supporre' che ogni possibilità cli ripristino democratico sia preclusa, bisognerebbe am.t1ettere una di queste due cose: o che il fascismo sia risoluto 2d èScludere l'Italia da quei progressi, a cui la grande economia borghese, cresciuta in ambiente inalterato cli libe,--tà, ha portato gli Stati occidentali; ovvero che il fascismo, con la politica paternalistica e compressiva che rappresenta, realizzi proprio esso l'ultima parola del progresso borghese e capitalistico medesimo. Or-a è diffuso in molti grnp,pi il convincimento che il fascismo sia una risoluzione tipicamente piccolo-borghese, e, perciò solo, una vera e propria involuzione del capitalismo, come Jorza creatrice e progressiYa. E' difficile accogliere in pieno questa tesi contraddetta da troppi elementi di fatto. Tuttavia è ben certo che l'attuale fase dell 1economia italiana non costituisce davvero l'ultima Tbule dell 1economia fondata sull'appropriazione privata. E resta, pertanto, aperta la questione cli sapere se gJi ulteriori, jnevitabili sviluppi di essa, si debbano accompagnare a forme politiche cli carattere autoritativo come sono quelle de1 fascisino, o non si esprima. no, invece, naturalmente, nelle libere forme di una democrazia. Volendo trovare, per quanto è possibile, un termine di analogia con lo stato attuale del nostro sviluppo economico, bisogna ricorrere, non già al mondo anglo-sassone di oggi, carico e saturo di capitalismo, ma all'Inghilterra cli un secolo fa. 11 nasce·nte industrialismo inglese, appunto perchè non ancora 1naturo e forte, oppose allora alla legislazione protettrice delle classi lavoratrici, rassomigliante a un dipresso alla nostra po. litica riformista dell'ultimo ventennio, una fiera resistenza. Ma, viceversa, i successi sempre più crescenti dell1iu:dustrialismo guidato da un ceto di intraprendi tori energici, coincise coli' accentuarsi e col consolidars~ del movimento liberale, che investi rapidamente-tutte le forme delle con-,, vivenze civili. Il trionfo della libem concorrenza ~ nei rapporti i!lterni e nei' rapporti internazionali, si e.stese automaticamente e con notevole rapidità anche alle relazionT che con·evano fra i datori di ' et \., larnro e i prestatori cli opera. La libertà, dalla classe animosa dei capitalisti produttori non fu così concepit.-i, come un proprio privilegio e come nna ragione di inerzia, ma come un'atmosfera generale, in cui aucbe la coucorrenr..a operaia pote,·a dispiegarsi, e poteva produrre, al pari di ogni altro elemento di concorrenza, i proprii effetti stimolanti. In realtà il capitalismo industriale è, nella sua stessa essenza, come ben ha sc1·ltto Arturo Labriola, esperienza del nuoYo e libertà ili spirito in tutti i sensi della parola. E', in tutti i sensi, invenzione e creazione; onde lo storico conflitto fra ceti agricoli e ceti industriali è, prima ancora cli essere un contrasto economico e sociale, un contrasto intimamente psicologico e morale. Esso mette di fronte la mentalità passi,;-a1 conformista e in.creativa dei primi con la iuquietucline, la insofferenza del consueto e la diffusa genialità, eh~ è proprio dello spi1ito capitalista. Non è un caso, ma una affinità segreta e feconda, que11a che, dappertutto, nell'Europa ci- ,·ile, ideÌJ.tifica l 1elemento agTario con i conservatori e l'elemento industriale con i gruppi liberali e democratici. :Ma, da questo punto di vista, può essere ragionevole conchiu<lere che il fasci- * * • Lo s,·iluppo del capitalismo finanziarie, che aveYa trO\·ato nella Germania di anteguerra l'am. biente più propizio e che è, in ogni modo, 1a più alta forma conosciuta del processo capitalistico, corrisponde a questa dinamica intima dell'impresa produttiva; in questo senso la presuppone e la implica, e non potrebbe esistere se smo, che riscuote i più saldi consensi nella bor- il contrasto per la ripartizione del reddito non ·4',)thesj.arurale,_E~è, ro2~r questo_.__il pjù_ '5.:}stesse: ciò che basta poi per fugare parecchi a<lalto a comprendere le necessità dello sYiluppo errori che corrono in proposito. c:1.pitalistico del paese; e c11e,Yiceversa, ogni ten- Il più comune tra essi consiste nel rappresen- <leuz.a capitalistica di carattere progressiYo, e cioè J:arsi la plutocrazia come l'espressione ultima realmente produttore, troverà in una riuscita. del capitalismo produttivo, di cui sarebbe come ideologia democratica il proprio riflesso più fedele e la più propizia condizione di incremento. Qualche alterazione in questo rapporto parrebbe essere portata dall'avviamento sempre più na. ,zion.ale che la produzione economica attraYersa, per cui l'idea di nazione si porrebbe come antagonista della idea di libertà. }VIa, se tale contrap· posizione può essere comprensibile sul terreno politico e in momenti eccez-ionali, essa manca di ogni significato di fronte alle esigenze intrin. seche de1l1econ01nia. Tradotto nei termini più precisi del linguaggio economico, il concetto di nazione non può significa,re, in concreto, o :che la produzione del paese sia po1tata al più alto svj. lu ppo, o che la produzione, quale che ne sia lo s\'"lluppo, sia opera esclusiva di elementi nazionali. Però, tanto nel primo caso d1e nel secondo, non c'è 1notivo alcuno per riteueie che l'esercizio delle libertà pubbliche e il rispetto clegli istituti democratici contraddica agli obiettiYi in questione. Questi istituti non sono altro che le condizioni formali, nell'ambito delle quali è possibile la lotte-i politica., che include la lotta per la rip.,,rtizione dei redditi. Appare, pertanto, evidente cbe il libero contrasto delle opinioni e delle agitazioni ci\.;li, in tanto può recar danno alla «nazione», in quanto si1 assun1e per vero che il vantaggio della produzione si identifichi coll'attribuzione dei redditi alla classe degli intraprenditori nella misura tradizionale. Ora ciò non risponde affatto a verità. La storia di un secolo di capitalismo europeo ce lo presenta come UlJ 'incessante vicenda di trapassi di redcliti da un gn1ppo a U1J altro gn1ppo di imprenditori, da un.a branca a una branca diversa della produzione, dal ceto dei percettori di clividendi alla classe dei riscuotitori di salario, ecc-., ecc. L'idt.'a cli nazione è perlettamente estJ.-anea e indifferente a ogni e qualsiasi criterio di ripartizione <lel reddito fra le varie classi che cooperano alla produzione; essa non suggerisce nessuna preferenza piuttosto a favore degli imprenditori che dei capitalisti o degli operai ; e identificandosi essa sul terreno economico, con l'idea della massima produzione p,uò, volta per Yolta, coincidere con l'interesse di quella restrema concentrazione, corrispondente .ad UDa grande unità di comando nella fabbrica, e, cioè, corrispondente ad una. negazione in atto dei postulati della democrazia. Però non ,;;'è visione di fenon1eno economico più falsa e conYenzion.ale di questa: poicbè ben lungi dall'essere la espressione finale e il succo concentrato del capitalismo produttivo, cioè del ceto degli imprenditori, il capitalismo :finanziario, ossia la classe dei plutocrati, ne è il superamento e il diniego più radi. cali. Anche ammesso - ciò che non è - che i capitale produttivo abbisogni, per vivere e per aumentare, della soppressione di ogni libertà, sopratutto operaia, e cli un ambiente politico coercitivo, tale non è assolutamente il caso per il capitale banc:uio. Questo regola e sorYeglia la produzione da lontano e, per ciò1 in un certo senso, gli è quasi indifferente che i frutti della industria, dopo che il capitale è stato remunerato, Yadano nelle tasche degli imprenditori '? in quelle degli operai. È facile Ycdere come, da questa posizione Yerso i vari gruppi elle prendono parte al processo produttivo vero e proprio, all'adozione di 11llil politica di libertà per entrambi i gruppi, i 1 passo t'. molto bre,·e : sia breYissima, cioè, la distanza che sep-ara la plutocrazia dalla democrazia. Si può anche clire cli più. Costituendosi il capitale bancario come una forza estranea e superiore tanto ai gruppi dei produttori come alla classe dei la\·oratori, esso ba quella stessa tendenza cbe è propria di tutte le funzioni sovrane: cioè incoraggiare, delle due forze che gli sono sottoposte, 1a m.inore di esse, e cioè la operaia, e comprimere in diverse n1aniere la classe degli imprenditori, che, essendo 1a più forte, è la più minacciosa per lo stesso ceto plutOCratico. La fa. mos.:-i. « plutocrazia demagogica :o, più che essere un espediente politica:, è così un accoppia.mento nat;1rale, che risulta ùalla nntma stessa del capitale fiiianziario: perchè mettendo alle prese, per l'appropriazione del reclclito industriale, le classi padronali a quelle operaie, il regime della democrazia consolida il dominio clel ceto plutocratico. Ma questo adempie pur sempre alla superiore funzione di regolare la produzione; e, pertanto, il' valore regressiYo che, dallo stesso punto di ,·ìsta dell'economia bo,gbese, è implicito in ogni polibca di carattere coercitiYc, ha una misura precisa: ed è precisamente nel significalo progressi vo che, per la stessa economia eapitalistica, spetta a quest'ultima fase di es~a che ~ il capitalismo finanziario. • * * )la, detto questo, t molto difficile supporre . che, nonostante l'attuale eclis.si, una dém.OCrazia italiana non abbia a risorgere. Tanto varrebbe dire che l'economia del Paese è destinata a restare nelle attuali forme qua.si patriarcali dell'azienda agricola e rlella media intrapr,:.sa industriale. Ciò non t 1-1erònella possibilità e 'neanche, si deve credere, nelle !ntenzioni degli attuali gruppi dominanti più illuminati. E qnindi non è dubbio che, dovendo anche l'Italia entrare definitivamente nel novero dei grandi paesi civili, e cioè capitalistici, dell'Occidente e del Centro d'Eur0pa, nei ri,·edremo, in un tempo più o meno bre- ,·e, funzionare in pieno gii istituti democratici; e, neIJo stesso tempo, rimettersi in moto nel paese delle nuove e Yaste correnti di democrazia es~senzialmente borghese. "'\. 2\Hssnrn Fon,L. POSTILLA Siamo lieti che aache la Yoce di 3-Iassimo Fo... ,·el ~~ .Jini§ça alla no:;;tra neJ òoor'"....are il prohle n-Ia cfell'1tniia moderna ai suoi fondamenti d.i. im1naturità cc-onomica e politica. Fu uno dei nostri chiodi fissi l'esortazione a considerare ie 1listanze che doveYano separare dal fascismo una cìasse di capitalisti seri ed intransigenti. Solo dalle debolezze pro,inciali del capitalismo italiano n2cque l'illusione di potersi sen·ire del fascismo. I1 fascismo fu ottimo se.i,·o. ~la solo in tempo cli disoccupazione per far pesare sulle classi umili i danni di poiitiche e di economie a,·venturose. ?\-on è troppo aYveutata la prerisione elle la politica paterna finisca. per do\ersi decidert(e urtare perciò coWo le libere opposizioni. Questa eYeutualità ci suggerisce le seguenti ccnsiderazion; tattiche. Sulia politica delle classi operaie, sulla loro cosciente ribellione si potrà contare soltanto in un secondo tempo. E' probabile che la prima opposizione al goYerno fascista in nome del socia. lismo venga utilizzata e accettata da. ::\lussolini. Egli 1ion esiterà ad essere più socialista di Turati, sconYolgendo così le prime posizioni della lotta proletaria che deve ancora compiere ben altre esperienze per capire che la sua sah·ezza. è nella sua inesorabile solitudine. Xel pit'1 vicino avyenire i primi ad accorgersi della loro incompatibilità con la demagogia paterna· del futurista go,·erno medioe,·ale saran. no i ceti capitalistici che avYertono pei loro stessi interessi le misure di una politica eqW.,·oca. Qui c'è un principio di chiarimento perchè di una spla direzione il trnsformismo mussoliniano, a no. stro aYYiso, non è capace: cli seguire una politica francamente conse.i....-atrice. E' proprio il caso di di.re che solo i consen·atori potranno laYorare in un primo tempo per la riYoluzione libe• rale. Invece, in quanto alle democrazie, noi temiamo che esse finiscano col fare il gioco del fascismo, se non altro perchè non hanno ancora capito il valore della parola: intransigenza. P;. g. >'ei prossimi numeri.: Gcrno DORSO: Storia politica della Campania del dopo.gnerra. G. C\A\'ARRA-Cantr: Lettere dalla Sicilia. P. nu1rnEs1 : Rc11isio11e Lib€rale. :\Iolti amici ci chiedono in qual modo possono essere utili al nostro modrnento: mandandoci indirizzi di nuo,·i abbonati, chiedendo ai librai a 1101nenostro che esponga.no in Yetrina. i nostri libri, raccog.1iendo sottoscrizioni dì qualunque somma per La Rì:•1Jlu::ione Lfbemle.

126 LA RIVOLUZIONE LIBERALE LAPOLITICA OLIGARCHICA DELF SCISMO segu~za della concezione dicotomistica proposta clalla propaganda socialista. i\Ia c'è ·una tesi di Marx che è in stretta relazione con q11antoabbiamo sopra detto e che in-· teressa particolarmente clal punto di vista della identificazione del fascismo colla lotta di classe della piccola borghesia. Sci-iveva Marx (Das ](omni. ì\1.an. 1 Capi. I) : J. Una spiegazione sintetica e unita.ria del fascisn10 è difficile se prima non ci si rende conto che iJ fascismo è l'insieme di una serie di fenomeni storici, di movimenti di classe, non sempre necessariamente paralleli e co11comita11ti. I:' dubbio che numericamente la preYale.nza del fascismo sia di elementi piccolo.borghesi, secondo la tesi di Luigi Sal\"atorelli. Buona parte degli squadristi Yenne reclut.ata tra i lavoratori della terra nelle zone tipiche delle ex « baronie rosse• (Mussolini : « Buona metà delle milizie fasciste pro,-engono dalle plaghe ntrali ». Gerarchia1 25 maggio 1922). ?IIa anche se si doYesse ammettere che la magr gioranza degli elementi fascisti appartiene ai ceti piccolo-borghesi, resterebbe da farsi l'esame della relatiYamente maggiore o minore importanza dei singoli fenomeni, momenti, elementi, il su.i insieme Ya col nome generico e generale di r fascismo », e che sono espressione di interessi e di collisioni di ceti non sempre e soltanto piccolo-borghesi. Qui la questione può essere, in gran parte almeno, di punti di rista, E, innegabile che lo studio della parte an1ta dai ceti medi nello sviluppo del fascismo, ne spiega qnasi definitiYamente alcuni momenti. Xon ne spiega inYece altri che sono forse di non minore importanza : per esempio lo sfacelo operato nel campo dell'organizzai.ione operaia aocialista (specialmente dei laYoratçri della terraJ, il carattere del moYimento corporatiYo nazionale, la preYa1en7..adel. Jo squadrismo sull'organizzazione cli partito; ed in generale tutti gli SYiluppi successiYi al colpo di Stato dell'ottobre 1922. E' curioso ,a questo riguardo, ciò che scriveva lo scorso giugno Aldo Valori nel Resto del Cm·- li11.0. • Mentre Luigi Salvatorelli non fa distinzione tra il moTimento fascista f~o al colpo di Stato e. la successiYa azione di governo pure esercitata in norne del fascismo, ed implicitamente riconosce nel1a dittatura del Partito Fascista la forma politica tipica corrispondente agli interessi ed alle ideologie dei ceti medi di cui è espressione. il Valori spiega l'opposizione liberale del Corriere della Sera al governo fascista proprio come l'opposizione tipica della piccolaborghesia, mediocre e pigra, al governo « dinamico e rivoluzionario » attuale: < La verità si è che la forma 1nentis della piccola borghesia coincide in modo perfetto con le ini7iatiYe editoriali del Cvrriere della Se.ra. e non è più liberale di qnanto non sia fascista i è' però sempre all'opposizione di qualunque GoYerno che Yoglia farle cambiare strada, darle un, compito diYerso e più alto, chiederle sacrifi.zi maggiori del solito e sopra tutto impedirle di ciarlare e di credersi, attrai;-erso le chiacchiere, detentrice d'ogni Yerità e indispensabile alla fortuna della :S-azione. TI libernEsmo ·è quello che ci vuole per questa da&.o;e necessariamente amorfa per la sua stessa estensione. Esso non significa. nulla di preciso, ma adombra nelia sna onomatopeia una vaga speranza di poter fare il com.odo proprio e di senire in letizia il proprio egoismo. Inoltre esso •si richiama alle memorie d'un passato non troppo lontano, in cui l'Italia ·viveva una vita moralmente meschina, sia pure, ma tranquilla ~ provincialmente sicura. ~Wora le teste esaltate andavano a domicilio coatto; ora sono al potere o Yicino al potere: sorpresa terribile per il piccolo borghese, il qnale ascolta con orecchio inquieto discorsi di tono troppo diverso da quelli d'un tempo; e ne dednce una minaccia per la sua libertà : libértà di vegetare senza troppi grattacapi,. :S-on si può neanche affermare che la tesi del Valori sia assolutamente in contraddizione con quella del Salvatorelli. La verità è che quando si dice r ceto medio>, « piccolo borghese>, ecc. ponendo tali termini vaghi in relazione ai con, cetti ben precisati di classe e di lotta cli classe, .i cade nel!a imprecisione già deplorata più innanzi. La piccola borghesia, i ceti medi, piccolo.borghesi, ecc. non formano una classe. Essi sono denominati secondo la caratteristica loro più spiccata: quella di essere intermedi rispettivamente alla borghesia capitalistica ed al proletariato. :.1a questa sommaria indicazione t.ipografìca non basta ancora ad assegnare ai vari (e tra loro diversissimi) ceti intermedi, la caratteristica di cl.asse, necessariamente una ed omogenea. I socialisti considerarono quasi sempre la lotta di classe come· sviluppo di dne sole classi ben definite e separate tra di loro: borghesia e proletariato. Sarebbe deplorevole che al malintc-so dirotùmismo cli un· tempo si aggiungesse oggi l'errore cli ritenere la società nettamente divisa in tre classi, omogenee per interessi ed ideologie, in lotta tra ~i loro. II. Del resto lo stesso Salvatorelli sembra accorgersi della possibilità di un equirnco, e, dopo di a ,·er riic-rito alla piccola borghesia ed al fascismo i termini <li classe e di lotta di classe, spiega come il , mitoSazione (sia) per la piccola bor- bibI 10 tecag I i ghesia il vessi.!lo della sna. rivolta; la sua lotta di classe conti-o capitalismo e proletariato (consista) nella neg-azione del concetto stesso di classe, e nella sua sostitnz.-ione con quello cli Nazione». In 'ciò è il riconoscimento, poi esplicito, che , la piccola borghesia (è) troppo debole e inconsistente come classe organica - cioè detentrice cli un potere e di una funzione economica - per poter lottare sul te1reno classista contro Je altre due, e per portarsi una su.a ideologia )L Qual.i strati sociali, quali ceti comprende la piccola-borghesia? Salvatorelli la distingue essenzialmente in due categorie, piccola borghesia tecnica.: « i professionisti tecnici, che fanno parte dei processi produttivi ed aderiscono, quindi, intimamente alla struttura della società capitalistica.» e piccola.borghesia umanistica: « impiegati dello Stato e degli alfri enti pubblici, minori esercenti le cosiclette professioni liberali, ecc.», la cui 1nentalità « si riass1tme in lilla parola sola: retor:ica». Queste due distinzioni possono essere accett..'1.tebenissimo, ma certo sono ancora insufficienti. Ci sono Yasti sfrati sociali non-capitalistici e non-proletari che 11011 d trovano classificazione: i piccoli commercianti, i piccoli e medi proprietari agricoli, ecc. Ma già la stessa distinzione fatta dal Salvatorelli ci presenta non 1,11.a piccola-borghesia divisa in due categorie, ma due distinti e caratteristici strati sociali, aventi tra loro mojtissimi pw1ti di differenziazione e pochissim_i con1un.i. Giovanni Ansaldo ba fatto risaltare questa fonda.mentale differenza descrivendo minutamente i due tipi presentati dal ·salvatorelli. (La-coro, 3 gittgno 1923). E' difficile distinguere con termini rigorosi la borghesia propriamente detta, od alta borghesia, dalla media e dalla piccola. Il Salvatorelli esemplificando, ci dice soltanto che per piccolo borghese si deve intendere il professionista a « cliei.1tela ristretta e meschina, perchè i grandi avvocati o i grandi medici rientrano nell'alta borghesia e ne posseggono la mentalità ». Ci pare che il Salvatorelli si accosti per questo punto al Prou<lhon. Le classi non sono soltanto delle categorie economiche, come sostiene :\Ia1·x,ma un fatto morale. Ma, ed allora? Quale distinzione tra borghesia e piccola-borghesia? Dov'è la borghesla? Le poche centinaia cli :finanzieri che dirigono l'accumulata ricchezza delle nazioni non fonuano una classe. Credo che sia utile risalire ai precedenti storici. La rivolu:done francese infranse gli « stati.> separando violentemente il vincolo giuridico comune cli borghci;ia e di popolo, ancora più odioso alla borghesia che la forzata distinzione dalla nobiltà (Tocqueville). Il progresso economico ed il regime politico democratico favorirono il rapido crearsi di nuove distinzioni in seno alla borghesia. I nuovi ceti non aveyano più il carattere corporatiYo rileYato nella borghesia dell'antico regime dal Tocqueville, ma erano prodotti dal1a tendenza osser. vata poi dal Marx e teorizzata nel Manifesto Com1<nista. Parte della borghesia dell'antico regime, colla _rivoluzione assunta la direzione dell'attività capitalistica, venne creando gli attnali ceti « alto-capitalistici )) od « alt0-borghes.i )). Quell'altra parte, cui l'esiguità del capitale , non basta all'esercizio della grande industria e la concorrenza dei maggiori capitalisti li schiaccia , o le cui , attitudini tecniche hanno perduto valore coi nnoYi metodi di produzione, tende a cadere sul proletariato, e Yi cade quando non trova più posto nell'apparato complesso del potere borghese (nel commercio, nell'organizzazione politica, ecc.). Lo sviluppo economico favorendo il sempre maggior accentramento in poche niani del capitale, lascia tuttavia un margine che permette ai vari ceti piccolo-borghesi di resistere alla caduta nel proletariato. Ma è dovuto anche al tendenziale accumulamento capitalistico ed alla resistc-11zadei ceti medi se si ripete un'altro fenomeno già osservato nelle classi dell'antico regime: la rassomig-lianza tra gli appartenenti ai ceti alti e piccolo-borghesi. Tocqueville notava che alla fine del secolo XVII[ • in fondo tutti gli uomini posti al di sopra del popolo si rassomigliavano, nelle idee, nelle abitudini, nella cultura, nelle tendenze, nei cl.i vertimenti e nella lingua,. Oggi è difficile distinguere un alto da un piccolo borghese nelle idee, nella. cultura, nelle tendenze. Sola distinzione è quella econ0mica, pur essa insu"fì.c-iente Se è vero, come dimostra di credere il Salvatorelli, che la distinzione tra le classi è cosa più complessa ddla catalogazione marxista secondo la divisione del lavoro, è vero anche che una profonda, sostanziale diflerL-r:tza- a.i fini della lotta politica - non esiste tra alta e piccola borghesia. Il borghese, anche se non proprietario, partecipa ugualmente della mentalità di questi, e di.- fende l'attuale regime che pnò portarlo alla propric-tà, che gli dà o che può dargli un potere nello Stato, ,ia sotto forma di mandato rappreS<.-ntativo,o di potere esecutivo, burocratico, poliziesco, ecc. La distinzione di < piccola borghe, sia, nacque dunqne dallo sviluppo economico, nel seno della borghesia propriamente detta; ed il tennine <li classe media fu adottato come con- o « I ceti medi, piccoli industriali, piccoli mercanti, artigiani, agricoltori, combattono tutti la borghesia per conservare la loro esistenza di medio ceto. )ton sono dunque rivoluzionari, ma conservatori; più ancora sono reazionari. Se mai sono riYolnzionari, non lo sono che in quanto si sentono minacciati d.i cadere 11el proletariato, ed allora uan difendono già i loro interessi del 1n01nen.to, 111a queJli dell'avvenire, e abban. donano il !oro proprio p-u.nto di 7Jista per adot. ta.re quello del pro!eta,•iato ,. In termini elementari poniamo ora un problema che ci pare fonclamentale nella critica del fascismo. L'importanza che la piccola borghesia ha nella lotta politica e nel1a vita sociale è come fattore cl 'ordine. I reti piccolo-borghesi sono per tradizione consen1atori e per tendenza spontanea collaborazionisti, riformisti, parlam~ntaristi. (Vedi Sorel neJJe sue Réfiexions). Solo quando si sentono minacciati dalla tendenza fatale alla proletarizzazione, quando una crisi sociale li so- \Tasta, essi hanno la forza di ribellarsi e tentano difendersi con tutte le armi, , abbandonando - serondo :\Iarx - il loro proprio punto <li vista per adottare quello del proletariato,, quasi dimenticando i loro interessi di ceto e di classe "per difendere quelli dell'avvenire , , della classe che li attende. Ammesso dunque che il fascismo rappresenti la rìvolta (i mezzi violenti, la caoticità sono spie gabili colla disperazione della lotta e colla tipica immaturità dassista dei ceti piccolo-borghesi) della piccola-borghesia contro la minaccia della spaventosa crisi succeduta alla guerra, come si . spiega che la piccola-borghesia abbia rivolto le armi del suo odio contro il proletariato anzichè contro l'alta borghesia? Si tratterebbe di un particolare contingente, dovuto alla mancanza di abilità nei dirigenti del proletariato cbe non seppero mantenere il dovuto contatto coi ceti piccol0-borghesi, od è la tesi marxista che si dimostra fallita alla prova? Molti propendono per il primo corno àel dilemma, e tra questi gli esponenti dell'Internazionale Comunista. III. Il primo periodo piccolo-borghese del fascismo va fino agli incidenti di Palazzo Accursio a Bologna, e di Castello Estense a Ferrara, comprendendo in esso l'impresa di Fiume. Poi comincia. il periodo negativo, di sfasciamento delle organizzazioni dei lavoratori della terra, pagato spesso dagli agrari, favorito dallo Stato nella. speranza che la violenza fascista riesca a debellare il massimalismo ed indune i socialisti riformisti alla collaborazione. Le organizzazioni non si sfa.sciano solo sotto i colpi dello squadrismo, ma anche per reazione spontanea di parte degli organizzati contro l'inconcludenza rivoluzionaria del massimalismo. Compiuta quest' opera coll'aver costretto il movimento opera.io dall'offensiva alla difensiva, nasce la crisi tra fascismo urbano e fascismo rurale, tra democrazia repubblicana e conservatorismo reazionario. Il sanguinoso natale fiumano non ha graude eco nel fascismo, perchè esso comincia a scorgere maggiori oh.- biettivi. D'Annunzio ha ceduto il posto a Mussolini, il garibaldinismo alla politica. E' il periodo che si conclude nei tentativi di pacifica. zione, favoriti dallo Stato che vede dal crollo del m.assimalismo sorgere un nentico assai più pericoloso; voluti da Mnssolini e dagli altri capi del fascismo urbano, piccolp-borghese, che temono il pericolo di essere ridotti a strumento di guardia. bianca del capitalismo, alla funzione antipatica ed impolitica cli manganellatoti e distruttoi-i del movimento operaio per conto della plutocrazia agraria ed industriale, e vedono nel patto coi socialisti un rinnegamento dei fini rivoluzionari di classe da parte cli costoro, senza alcun serio co1Tispettivo. Il prevalere della tesi mussoliniana fa costituire il Partito, che permetterà poi un disciplinamento dello squadrismo. Continuano le vialenze agrarie ed antiproletarie, ma da questo punto l'essenziale del fascismo è negli sfor-t.i <li riorganizzazione e d'indirizzo politico autonomo, 11ella ricerca affannosa del progra=ma, dei programmi in materia economica, politica, religi0sa, come se il nuovo movimento sentisse in sè ta11ta forza da poter trasformare l'universo sul modello degli ancora embrionali !,'I'llppi di competenza. Il fascismo riacquista una caratteristica unitaria, piccolo.borghese (forse più apparentemente che nella sostanza) ed in prevalenza urbano, ma. deve il suo successo, senza pos.sibilità di equivoco, all'opera svolta nelle campagne dallo squadrismo, pagato dagli agrari, favoi-ito dallo Stato, movimento reazionario, tipicamente conservatore, che ha preoccupato la piccola borghesia, anche fascista, prima di indurla a farsene un t.ito]o di vanto cd a servirsene ai fini suoi particolari. Il < corporali vismo nazionale , iniziatosi sotto gli auspici de:gli agrari ùivcnta meno uno stru~ mento di questi, e più un mezzo di propaganda politica del Partito come lo sarà più tardi del Governo fascista; lo squadrismo si ordina a milizia. La forza armata si dirige verso le città che vuol parte sedurre e parte intimidire coli~ coreografia gue1Tesca, si disciplini pubblicamente. A questo punto - maturatosi parallelamen. te il processo di dissolvimento dello Stato, l'infiltrazione fascista nell'esercito e nella burocrazia politica: prefetture e questure -· il fascismo nou è più uno· strumento di nessuno e neppure più, specificamente, l'organo di alcuna classe o ceto. E' forza autonoma di una aristocrazia di giovani anelaci fino a.Ila temerarietà, animosi fino al fanatismo, ciecamente disciplinati alla gerarchia instaurata da un capo che ha su cli essi ascendente enorme. Questa nuova fisionomia sarà conservata da] fascismo fino al colpo di Stato e dopo. Il Partito e la milizia si disciplinano nello sforzo che tende a realizzare .i voti della « nuova..nazione» 1 della giovinezza « della patria,, ecc. tutte espressioni tipiche di questo periodo mistico ed eroic~, che culminano nel regolamento della milizia dettato dal De Vecchi per inebriare le camicie nere, preparandole nell'attesa messianica della marcia su Roma, cli cui non si fa mistero. E dopo la marcia su Roma chi può affermare che la politica di Mussolini sia ispirata dall'interesse dei ceti piccolo-borghesi ? Soltanto tenendo ben pt·esente che il fascismo al potere si considera superiore alle classi, investito in nome di Dio dalla forza dei manipoli, una aristocra- ,r.iadi « qualit~ >, si può comprendere lo spirito che ne anima i primi atti. Il fascismo è più e meno di un Partito, e le cliscussion.i, che si stanno oggi svolgendo sulla maggiore o minore opportunità di sopprimerlo senz'altro, dimostrano come non colncida coi suoi quadri. l'élite che governa lo Stato italiano. Il fascismo è un'aristocrazia chiusa, cui si può accedere soltanto apportando prestigio ail'élite dirigente, ma non per partecipare gratuitamente agli utili della redditizia impresa. Difatti oggi non si accettano più domande di iscrizione al Partito Fascista, ma sono gli organismi di quest'u1timo che invitano determinate personalità, ed indiYidualmente, ad aderird. Così si dà il caso di persone, come 11 Gentile, cbe appena iscritte al Partito, sono automaticamente chiamate a sedere nel Gran Consiglio, in considerazione del posto che occupano nella gerarchia statale; così si spiega l 'esistenz.a sopra il Consiglio dei Ministri del Gran Consiglio fascista; il legame strettissimo che unisce tuttora il Partito alla Mili-zia Nazionale, per cui si decade automaticamente dalla più alta carica coperta in essa, organismo dello Stato, uscendo dal Partito Fascista. La politica del governo fascista è qnale spetta ad un 'oligarchia del genere sopra. indicato; determinata da.ila preoccupazione di mantenersi. a1 potere e di consolida.rio : largendo premi e pro. tezioni ai ceti capitalistici, colpendo di imposte ed abbandonando alla mercè dei padroni di casa i piccoli borghesi che si accontenteranno di belle parole, dei bei gesti in politica estera e dei pro. posi ti inflessi bili di risanamento :finanziario; favorendo in ogni modo lo sviluppo del corporativismo fascista che, coi socialisti riformisti in via cli addomestica.mento, dovrà assicurare l'appoggio di alcuni ceti operai e contadini al governo. La sostituzione che quest'aristocrazia fa del mito di classe con quello di nazione si spiega .in sè, è la giustificazione e la difesa ideologica del proprio potere, più che non un'affermazione tipicamente di classe della piccola borgh~- sia, come vorrebbe il Salvatorelli. ANDREA VIGLONGOPIERO 60BETTI - Editore TORINO - Uia XX Seltembre, 6□ ,JYovità di òffobre T. FIORE EUOE SVEGLIATO ASCETA PEUFETTO L. 4 F. HEBBEL AGNESE BEUNAUEU L. 6 GRILDRIG LA LOTTA DELLE GENEUAZIONI L. 3 _.\. DI STASO IL PUOBLEMA ITALIANO L. 1 (seconda edizione) E. BERTH LA FUANCE AU MILIEU DU MONDE L. 3 LORENTZ CONSIDEnAZIONI ELEMENTAUI SUL rnINCIPIO DELLA UELATIVITA' L. 3 GIORN.AllE DI POESIA R.assegna settimanale di letteratura ed arte Abbonamento annuo L. 16, semestrale L. 8 ~' oramai 1 'unico grande giornale letterario settimanale che si pubblichi in Italia. Edito dalla Casa_dei !'oeti cli V~ese nel formato dei grandi quot1Clian1,ha raggmnto 111 questo suo secondo ann? di vita una diffusione eccezionale cosl i11 Italia che all'estero. Vi collaborano oltre ad una folla di animosi seguaci del movi.;,_ento mistico 1nanacor<liano, tutti i migliori scritto1i contemporanei. Chie,lctelo al vostro.iii;;-~;'~-~-;,.ilemigliori edicole. Numeri di saggio gratis a richiesta

LALOTTDAELLGEENERAZIONI V. Soluzione fascista Colla costituzione del Gabinetto Mu.s.soli11i, le generazioni nel fascismo sono stale netta.mente divise : da una parte quella che poteva inquadrarsi nella nuova funzione con. servatrice, dal!' altra i giovanissimi, che hanuo contribuito attivamente a provocare un rivolgimento politico da cui fatalmente sono stati esclusi. Eppure questa è stata la vera « generazione fascista • come quella che la precede si può definire la , generazione ~ocialista ». Il quarantenne Mussolini, Presidente del Consiglio Italiano, è l'esponeute di una geuerazione, che passò per tutti i sovversivismi, da quello politico a quello letterario, per inquadrarsi nella vita, e, finalmente, attraverso l'esperienza della guerra, ha conseguito lo scopo dopo aver esaurito la maggior parte della sua energia sovversiva, nei rnri atti contro i'ordine ed il benessere gioJittiano. • Questa generazione, che si può chiamare ::\Iussoliniana, come la precedente si definisce giolittiana, tentò con mille mezzi, col sindacalismo, col socialismo, col futurismo, col nazionahsmo, col repubblicanismo, di sbaiza.re dal seggio i padri ed occuparne il posto e finalmente ha ottenuto lo scopo, dopo aver acquistato una più calma visione dalle tante e varie lotte vissute. Così per il momento non chiede che di sedere al posto occupato e d'essere lasciata tranquilla:_ i vecchi, _gli ultimi vecchi, _si sono orma1. messi. a nposo e uon tenteranno d;ayyero di disturbare e guai ai giovani se tenteranno di muoversi trOP'.J?Opresto. Questa generazione difenderà i posti conquistati con ogni mezzo; avendo oscillato fra tutti i sovversivismi, avendoli tutti vissuti, intende difendere con energia lo Stato e la propria p::>sizione conservatrice, tuttavia minata pericolosamente da vari residui di sovversivismo giovanile, non ancora esaurito. La ,-ittoria della generazione Mussoliniana è caratteristica e risulta chiaramente se si considerano, naturalmente senza. da.re al confronto un valore assoluto, le due figure di Turati e Mussolini. Turati con i .suoi sessantacinq·ue anni appartiene alla genera.7-Ìone giolittiana; il suo fondo è ottimista, confida nelle cose e nella bontà degli uomini, crede il domani migliore dell'oggi; nel periodo del dopo guerra, in un certo momento, se avesse osato, avrebbe avuto larghe possibilità di successo·, innanzi a sè, ma è stato lento, impacciato, accontentandosi troppo delle piccole cose. La sua ambizione è stata troppo modesta, la sua onestà ~cessiva, per conquistare e mantenere il grande successo politico, il suo rispetto per gii uomini, le sue pacate riserve, la sua tranquillità, belle doti di saggezza per chi intende mantenersi al disopra della mischia, sono state in lui debolezze iÌlrrimediabili e decisi ve in un periodo di lotta accanita di generazioni, di gruppi, di partiti, di ceti, in un periodo in CID il posto alla vi.ta lo ,si conquista e lo s!Ì! mantiene con, ~ me.wi più brutali e più decisi. Turati è lento: la s,u,a. fiducia, il suo ottimismo sono in lui il prodotto del periodo patnarcale di Giolitti, a cui ripensa ostina- -t.amente con nostalgia, ed in cui ha il migliore periodo della sua vita di politico! Sognare la pace quando c'è la guerra, è i! primo elemento di insuccesso per un politico che vuole agire in quel periodo e vincere. Mussolini è pessimista, teme di non arrivare, raddoppia la sua energia, si ride dei pudori dei programmi, delle idee. Quello che vale per. lu-i è arrci'vare, e arriverà, con ogni mezw, al posto di comando, c01IJ.fermando ancora una volta che l'energia: è essenziale nelle idee politiche. Mussolini è furbo ed energico, pare un forte, ma è sopratutto abile. I programmi e le pregiudiziali che nella corsa del do- ·p0guerra lo impacciano, sono da lui rapidamente gettati, gli abiti più opposti indossati nel momento favorevole e subito svestiti, appena urtano colle circostanze. . Bisogn:i, servirsi_ del!' ondata e farsi quindi leggen, ~alle,ggia~~ sulle circostanze, per -es.sere trascmah : gm qurndi il tendenzionalismo repubblicano; che ostacola, giù le ostilità e le intranSil'genze verso i gruppi parlamentari quando si tratta di entrare alla Camera e non essere isolato. Arriva.re, ecco l'importante, il fine, e su- .bito dopo il .:fin.esari di restare_ e.d a questo fine sarà compiuta ogni transigenza. I] sessantenne Tura.ti si g'i'Dgilla tre anni per decidersi ad andare al Quirinale; Mussolini non esita un minuto ed alla prima crisi ministeriale, senza! abbandonar'e il tendenzionalismo repubblicano, va dal Re. tJ LA RIVOLUZIONE LIBERAL?. Poi, quando più tardi Turati si decide a salire il Quirinal_e _nel luglio 1922, il quarantenne Mussolm1, meno scrupolj e più energia, marcia. già verso il Governo : e lo forma proprio quando Turati ed il suo gruppo escono dal P. S. per realizzare il loro programma collaborazionista. Anche un confronto tra il sessantenne D'Annunzio e il quarantenne Mussolini riesce utile e porta alle stesse conclusioni. Col gabinetto Mussolini, dunque, le generazioni si dividono: da una parte nella uuova fun:;,;ione consc:rvatrice, la gen~a:;,;ione che fece la guerra, la nuova generazione paterna dall'altra, gli adolescenli, gli squadristi. I giovanissimi ora, dopo il grande sforw, sono disorientati e ripiegati su se stessi, senza fiducia, abbattuti, quasi vecchi, prima di essere stati giovani. Li hanno accettati soltanto nella Milizia Nazionale, ma, ripetendosi ogni giorno, anche montare la guardia a Montecitorio diventa una cosa monotona e non tarderanno a stancarsene. Nelle Sezioni del fascio sono poi entrati i loro padri e questo basta per allontanarveli. Bisogna bada.re a questa generazione, non irrigidendosi nello studio delle idee, analizzandone i sentimenti e le fasi che possono percorrere, perchè le metamorfosi dei sentimenti nelle generazioni spiegano molto. I giovani non hanno mai costituito elemento di conservazione per i governi e per l'ordine costituito. Questa generazione di giovanissimi, quan,. do vorrà inquadrarsi nella vita, chiederà la sua rivolta perchè sente troppo pesare su di sè la guerra, come una con.danna., per non tentare di scrollarsela di dosso: oggi sono vecchi, prima d'essere stati giovani, ma forte è in loro il rancore dell'adolescen7.,a. mancala e degli entusiasmi cosi presto abbattuti ! (FINE). G-RILDRIG. ltH.POI.tITIGA. EGGhESIASTIGA NE!tnrnol(Gifd"ENTO III. Così, la legislazione ecclesiastica del nuovo Regno fu interamente plasmata nell'angustia dei pregiudizi laicistico o riiormistico da un lato e Ja forza della reazione intransigentemente cattolica dall'altro. Questa mirava a diienrlere quanto poteva degli antichi privilegi, e a traverso 1'opera dei vescovi. e del clero, riusciva a far sentire la sua voce nel Parlamento - nel Senato in ispecie - e ad agire perfino sulla coscienza del Re. Senza una serena valutazione di coteste diverse correnti non è possibile comprendere '10 spirito della nuova legislazione italiana di politica ecclesiastica. * * * Mancava non l'amore appassionato ali' Italia, l'ardente desiderio della sua indi pendenza e della sua unità; ma una coscienza illuminata del significato e del valore della Nazione e dei diritti dello Stato. Le più disparate opinioni si incrociano nel Parlamento italiano nel primo periodo della legislazione ecclesiastica che va dall 'iniz:io del Regno fino alla legge del r867. E si va nell'ambito stesso della destra da vere e proprie dedizioni alla Chiesa a goffaggini settarie, quale la proposta del l\farc.h. Luzi di concedere il godimento della pensione solo ai monaci che svestissero l'abito ecclesiastico. Una delle pochissime voci limpidamente italiane era quella del Sella il quale, forse meglio che tutti i snoi colleghi, ebbe la visione realistica della libertà che si concreta nella completa autonomia e nella secura forza dello Stato· e proclamava alto che < bisognava posporre o~ cosa, e anche il culto delle dottrine più consentite, anche l'ossequio delle tradizioni più predilette, alla suprema necessità dello Stato». Ma la sua era "!JOX clarnantis ... * * * Alle interne divisioni che oscuravano e jndebÙlivano l'attività del partito di governo, si aggiunga l'opposizione della Sinistra-; la qua.le, per quanto non fosse al potere, doveva naturalmente far sentire il suo contraccolpo nella formulazione delle leggi, riuscendo spesso a far trionfare, se non del tutto, almeno in parte, il proprio punto di vista. La Sinistra, come abbiamo visto, era dominata dal preconcetto antireligioso. Essa era l 'e· spressione politica cli quelle tendenze pseudo fi. losofiche che si concretano uel positivismo e nel materialismo, piovutoci d'oltr'alpe; e accolti con compunta devozione. Gente di acceso sentimento e di nobili intenzioni, senza dubbio; ma a cui difettava, in sommo gra<lo, quel senso di equilibrio e di matura valutazione delle idee, che pennette un criterio veramente libero cli critica e cli scelta. , Liberi pensat011.,, com'essi si compiacevano chiamarsi, stimavano che a render libero, davvero, il pensiero bastasse un gesto di svincolo dalle autorità della fede e del passato; e non invece, quell'aspra tormentosa disciplina interiore, c.hesola può det~rminare nell'individuo la consapevolezza di sè e il dominio del suo mondo·: e il suo conseguente costituirsi in libertà. Si fondavano società cli liberi pen.sato,-i col proposito esplicito di combattere non le deviazioni politiche della Chiesa, ma la Chiesa stessa come società religiosa, anzi qualsiasi religione (1). Il partito d'azione traduceva in atti le tendenze teoricheggianti di quel movimento, sotto l'alto patronato, per dir cosl, di G. Garibaldi. * * * Infine l'assillante problema economico, premeva affannosamente il giovane Stato; e spingeva molti uomini del Parlamento a risolvere le delicate questioni di politica ecclesiastica, piuttosto colla preoccupazione di riparare ai dissesti finanziari del momento, che guidato da criteri generali e precisi di politica nazionale. Tutto questi si consideri, e non si troverà eccessivo il giudizio del Falco, sulla legislazione ecclesiastica di questo periodo: < le leggi del '66, '67, '75 mostrano una profonda incerle:72..a sulla funzione da attribuire allo Stato nel =- po ecclesiastico, una ingenua fede nel suo potere taumaturgico, una idea confusa e contradd.itoria della personalità giuridica delle consegu.en;,.,deella sua abolizione, una noncuran;,..a della forza inestinguibile del sentimento religioso, perenne creatore di organismi sociali > 1 mancarono insomma < di una linea direttiva nettamente determinata,. La lunga discussione che aveva perfino provocate crisi di Ministero e lotte aspre nel Parlamento e nel paes_e,condusse al disegno di Legge Rattazzi, l'uomo dei ripieghi e dei mezzi termini, antenato non indegno di Giovanni Giolitti e di B. Mussolini : < il peggio formulato, il più impreciso che mai fosse stato presentato alla Camera :1 che fu _approvato da una maggioranza costituita della sinistra e di gran parte della destra e divenne la legge del 15 agosto 1867. In virtù di questa legge si toglieva la personalità giuridica a quasi tutti gli enti ecclesiastici (« ordini, corporazioni e congregazioni religiose regolari e secolari, conservatori e ritiri, i quali impo1tassero vita comune ed avessero carattere ecclesiastico·,), eccettuati i Vescovadi, i capitoli cattedrali comprendenti ciascuno 12 canonici, i benefici provinciali, i seminari e le fabbricerie. Si affidava, poi, al demanio la vendita e l'amministrazione degli immobili degli enti soppressi, e s'incamerava una parte dell'asse ecclesiastico. VINCENZO CENTO. (FINE). (1) Dopo il '6o fiorirono in Italia società di • liberi pensatori,. La più notevole fu. quella milanese, che nel 186o pubblicò una sua rivista diffondendo e difendendo con ingenuo entusiasmo la cosidetta filosofia materialistica del Bucchner. Per dare un'idea della mentalità degli uomini cli codesta tendenza basterà citare un episodio comico: Nel 1869 mentre a Roma si indiceva il concilio ecumenico, fI conte Giuseppe R~cciarcli indiceva a Napoli ... l'anticoncilio !... l SE6RETI □Eh RE6IME li prizsidizntizdizmocratico MILANO, 8 ottobre. Il Presi.dente del Con.sigli.osarà, come è noto, a Wliiano, domenica, 28. L1 on. N[ussolini ha ac. cettato di parteci.pare ai festeggiamenti per il 35• anniversario della fondazione della Cooperati-va Case ed Alloggi. La- cooperatì-va inaugura. per l1occasione i locali di 11,nn.u(YVo casmnento sul Vi'ale dei Mille, e getta /e basi per ••n olt;o edificio sul -viale Picena. In qic.esti giorni si è reGata a Rom.a una Co1n.. 1nissione incaricata di invitare il Presùiente del Consigl-io a partecipa. re alle feste; nel progtamm,a era incluso anclte un. ba.nchetto dei più vecchi operai della Coopera.ti.. -va. 1l , Presidente, ricusan.do l1in:vito al banche.tto, ha accettato in.1. Jece,per da-re un segno d·i sim.... patia alla istiti<2ione ed agli operai laboriosi e fedeli, di [Partecipare alla solennità, costrnendo di s-u.a 111,(lnO 1in ,net-ro cubo di rnuro. Co1r1/è noto Nlussolini fu un giorno a11che 1n1trato-re. IL Presidente ha racc01nanda.to che ·~Li proc,u.rino non wna cazzuola d1 a1·gento 1 m.a uma a.utentica cazzuola da m:uratore, cogli annessi strunienti del mestiJere. I dirigenti. della cooperativa stanno perci.ò cos/!i.tuendo una special.e sq11adra;di tre maestr·i, che dovranno coadiuvare l'ill.ustre niu.. ratore. Pertanto -ima pratica si sta svolgendo in Prefettu.ra, per ottenere un decreto di deroga a/I.a legge sul r-iposo fest:i.vo, permettendo al muratore Nfo.sso/.ini ed agli altri tre di lavorare in -it-ngiorno domenica.le. (Dai giornali). 127 CONSIGMLAICHIAVELLICI AlNEPOTI DelnutrimentdoellaMiliziaN. azionalVe olontaria Sendo la guerra un 'arte, mediante la quale gli uomini d'ogni tempo non possono 1.1i-;;ereonestamente, non la può usare per arte se non una republica o un regno: e l'uno e l'altro di questi, quando sia bene ordinato, mai non ronsentl ad alcuno suo cittadino o suddito usarla per arte· ne mai alcuno uomo buono l'esercitò per s~ particolare arte. Perchè buono non sarà mai giudicato colai che faccia uno esercizio, che a vok--redi ogni tempo trarne utilità, gli convenga essere rapace, fraudolento, violento, ed aver molte qualitadi, le quali di tU:CE:Ssitlào facciano non buono; nè possono gJi uomini che l'usano per arte, cosl i grandi come i minimi esser fatti altrimenti, r,erchi: quest'arte non li nutrisce nella pace. Donde che sono ll€Ce5Sitatio pensare che non sia pace, o tanto prevalersi n,:i tempi della guerra, che possano nella pare nutrirsi. E qualunque si è l'uno di questi due pensieri, non cape in uno uomo buono; pc.-rchèdal volersi potere nutrire d'ogni tempo, nascono le ruhberie, 1e violenze, gli assassinamenti, che tali soldati fanno cosl agli amici com.e a' nemici ; e dal non volere la pace, nascono gl'inganni, che i 'capitani fanno a quelli che li conducono, perché la guerra duri; e se pure la pace vit:ne, spesso occorre che i capi, sendo privi degli stipendi e del vivere licenziosamente, riz1.,ano una bandiera di ventura, e senza alcuna pietà saccheggiano una provincia. Tale che se un re non si ordina in modo, che i suoi fanti a tempo di pace stieno contenti tornarsi a casa, e vivere delle loro arti, conviene di necessità che rovini; perchè non si trova la più pericolosa fanteria che quella che è composta di coloro, che fanno la guerra, come per loro arte, perchè tu sei forzato o a fare sempre mai la guerra, o a pagarli sempre, o a portare periRitratto del perfettomii:-;evolontario Quelli che volontari militano, non sono dei migliori, anzi sono de' più cattivi di una oro. vincia; perchè se alcuni ;i sono scandalosi, ~iosi, senza freno, senza religione, fuggitisi d.alPimperio del padre, bestemmiatori, giuocatori, in ogni parte mal nutriti, sono quelli che vogliono militare; i quali costumi non possono esser più contrari ad una vera e buona milizia. Laguerraperla pace Pompeo e Cesare, e quasi tutti quelli e2pitani che iurono a Roma dopo l'ultima guerra Cartaginese, acquistarono fama come valent'uomini, non come buoni ; e quelli che erano vissuti avanti a !oro, acquistarono gloria come valenti e buoni; il che nacque perchè questi non presero l'esercizio della guerra per loro arte, e quelli che io nominai prima, come loro arte la usarono. Ed in mentre che la republica visse immacul2.ta, mai alcuno cittadino grande non presunse, mediante tale esercizio, valersi nella pace, rompendo le leggi, spogliru!2o le provincie, usuzpando e tiranneggiando la patria, eci in ogni modo prevalendosi; nè alcuno d'infima fortuna pensò di violare il sacramento, aderirsi agli uomini privati, non temere il Senato, o seguire alcuno tirannico insulto, per poter vivere con l'arte della guerra d'ogni tempo. lli quelli che erano capitani, contenti del trionfo, con desiderio tornavano alla vita privata; e quelli che erano membri1 con maggior voglia deponeYano le armi, e.be non le pigliavano; e ciascuno tornava all'arte sua, mediante la qua.le si avevano ordinata la vita; nè vi fu mai alcuno che sperasse con le prede e con quest'arte potersi nutrire. Di questo se ne può fare, quanto a• cittadini, grande ed evidente coniettnra mediante Regolo Attilio, il quale sendo capitano degli eserciti romani in Africa, e aYendo quasi che vinti i Cartasrinesi domandò al Senato licenza di ritornarsi ; cas; a custodire i suo_i poderi che gli erano guasti dai suoi lavoratori. Donde è più chiaro che il sole che se quello aYesse usata la guerra come sua arte, e mediante quella aYesse pensato farsi utile, 'avendo in preda tante provincie, non avrebbe dimandato licenza per tornare a custodire i suoi campi; perchè ciascun giorno avrebbe molto più che non era il prezzo di tutti quelli acquistato. l\'Ia perchè questi uomini buoni e che non usano la guerra per loro arte, non ,1ogliono trarre di quella se non fatica, pericoli e gloria, quan. do e' sono a sufficienza gloriosi, desiderano tornarsi a casa e vi vere dell'arte loro. Debbono pertanto i re se vogliono vi vere sicuri aver le loro fanterie composte di uomini, che quanrlo egli è tempo di fare guerra, volentieri per suo amore vadano a quella, e quando viene poi la pace, più volentieri se ne rito:nino a casa; il che sempre :fia quando egli scerrà uo mini, che sappiano viver d'altra arte che di questa. E così debbe volere, venuta la pace, cbe i suoi pti.ncipi tornino a governare i loro popoli, i gentiluomini al culto delle loro possessioni, e i fanti alla loro particolare arte, che ciascuno d'essi faccia volentie1i la guerra per avere pace, e non cerchi turbare la pace per avere la guerra. NICCOLÒ MACHIAl'ELLI.

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