La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 22 - 17 luglio 1923

..,. RIVISTI\ STORICI\ SETTIM/\Nf\LE DI ... .t J..Li( ·,;::.a Pell:i, uon~ ne IO POLITICI\ ESCE CONTO CORRENTE POSTALE .. Diretta da PIERO GOBETTI - Redazione e Amministrazione: TORINO, Via XX Settembre, 60 .. Abbonamento per il 1923(con diritto agli arretrati) L. 20 • Estero L. 30 - Sostenitore L. 100- Un numero L. 0,50 IL MARTEDÌ Anno II ~ N. 22 - 17 Luglio 1923 so y MAR I o: G. ANSALDO: Cittadini o gladiatori! - G. NICOJ,ET'rJ: La pollilcn dei blocchi. - V. Pomu: Xato ùi economia; li mlnhiero 1lell'rconomia nazionale, - E. BERTI<: lJe&urt de J., France. - s. CARAMELLA: Silvio Spaventa. - ,\.. MONTI: Nazlonalfnsciamo o rndlcnlfascismo. CITTllDlO~IGhllDillTORI ? , Non voglio mettere in dubbio la buona fede - ha detto l'ambasciatoi-e ame1·ica,10 M. Child - di molti di coloro che propuguauo teo6e di nuo,·i .organismi sociali, economici ed internazion.a1i, ma costoro debbono convincersi che l'instillare il senso della responsabilità personale ed i I far crescere e diffondere la -fiducia in sè come individui e COOJJ.e nazione è più importante di qu.alunque di queste teo1ie. , Noi, italiani ed americani, sentiamo tutta la pena che ci ispirano quelle Nazioni o razze deboli che si lamentano e invocauo aiuti o faYori, ma io non crederò 111ai che perfino ne11e competizioni di pace e di guerra i deboli, uomini, Kazioni o razze, siano superio1i o più meritevoli di rispetto di quelìi che conducono i propri a.flari con forza, assiduità e coraggio, rimanendo ritti in piedi sulle loro forti gambe , . f2uesto linguaggio, tenuto ad un bauchetto cui presenziavano i direttori italiani delle banche di emissione, è di una chiarezza cristallina. :Mr. Child non poten essere più.. Child di così: non poteva con frasi più acconcie, far comprendere che ogni speranza su una transigenza ameiicana in materia di debiti di guerra è fallace. Per lvir. Child, « rimanere in, piedi ritti sulle garnbe » vuol dire far ft:onte ai prop1i impegui : ed egli è tutto soddisfatto di aver trovato in Italia un 1"1inistro - l'on. De Stefani - che, con ardimento maggiore di quello dei l\li11istri francesi, ha promesso 1a rapida Jiquiclazione dei nosno debi~o Ytrso l'_-1.merica. Ma Mr. Child non per niente prima di fare l'ambasciatore face,·a il novelliere. Egli ha temperato queste espressioni un tantino brutali della « morale dei creditori » con l'esaltazione delle capacità atletiche degli italiani. Ci ha proclamato buoni ginnasti, dopo averci imposto di essere debitori solvibili. Ecco ancora le sue parole: « Le gare atletiche insegnano che ogni uomo che vi partecipa dev=e vincere per ragione delle sue proprie virtù. Nessun aiuto gli può venire dal di fuori. Non vi è nessun speciale privilegio per alcuno. Colui il quale vince, deve la Yittoria esclusivamente al suo merito». ìVIr. Child annovera Ja gioventù italiana fra que1Je che si educano con successo a questa forte scuola di disciplina, di fiducia in sè stessi, • di responsabilità. L'on. Mussolini, nella sua risposta, ha detto che il brindisi di Mr. Child era stato « l'espo- ::;ione chiara e suggesti-·ùa della c01icezione della ~1.:itae della. storia che inspira il fascism,o itaf.iano l>. n1r. Child è stato veramente « ambasciatore », apportatore cli novelle, se. non liete, forti. Ha esaltato il fair play tanto nella finanza internazionale, come nell'atletica. L'Americano non presuppone mai che gli altri abbiano ad occuparsi di lui. Tutto l'orgoglio :infinito degli emigranti che varcano il mare, tutto l'allenamento alle responsabilità, tutta l'accettazione gioiosa della lotta per la vita che costituiscono la grande scoperta del padre spirituale del NuoYo ì\1ondo, Giovanni Cah-ino, respirano nelle parole dell'Ambasciatore. Si è discusso alla Camera se lasciare o no che i metodisti c:omperino lv!onte Mario : ma nOn • ci si accorge che l'ambasciatore Child pronuncia dei discorsi che sono dei veri sermoni metodisti. Gli scrittori dell'Osservatore Romano e della Ci- '"iltà Ca-ttolica sono nomini troppo fiiù e colti per non averlo notato: se tacciono, tacciono per un temperafuento gesuitico, per un 1iguanio aJl 'on. Mussohni. Il culto della responsabilità umana, come si sprigiona dalle pagine dei più settarii protestanti, come si manifesta nella crudele e potente civilizzazione ame'ricana, come esurge con impeto lirico dalle parole dell'ambasciatore - tutto ciò è anticattolico, antipapale·, anti-Sacrarom.anachiesa. - Osiamo dire che nessnno, mai, in Rom.a, pronunciò parole così forti contro la concezione cattolica della vita e del mondo. Cattolicismo è affermazione di carità, l'America nega la carità: Cattolicismo è l'esaltazione dei poveri e la scusa dei debitori, l'America disprezza i poveri ed esalta _la m0rale dei creditori : Cattolicismo è fede nella Yerità tramandata e cus?o'dit:1 dall'auto1ità, l1America esalta la conquista della ve,;tà, il diritto alla lotta, il 1 diritto all'illu.sione, il diritto all'errore, purchè tatti siano nobilitati da un forte seutimento <li responsabilità individuale. Jl contrasto fra il discorso di Mr. Cbild e la dottrina cattolica è assoluto. Nella Roma della Terza Italia, in cui a ogni canto di strada c1è una loggia massonica, e al Caffè Aragno il tavoleggiante nel servirvi il caffè vi fa i tocca'n1enti rituali, la prima netta, recisa, feconda affermazione anticattolica è stata !atta giovedJ, 28 giugno 1923, da ìl'Ir. Child, ambasciatore di America! L'on. Mussolini ha applaudito a questa esaltazione della « fid1ic1.a in sè ,. ffa applaudito questo principio essenziale di tutta la dta amc· ricana. Ha dichiarato che il fascismo lo fa suo. ::ira questo segreto, questo arcano regalo delle controversie settarie di tre secoli fa, questa grande parola pronunciata dal Calvinismo, non si esplica, in America, limitatamente alle gare atletiche! Essa si esplica in tutto. Kella lotta economica, l'individuo è abbandonato, sl, a sè stesso: l'operaio non ha speranza cli miglioramenti di sa~ larii se non è effettivrunente capace, e le Labou,r Unions bollano del nome di 1<n.fair i parassi ti del movimento sindacale, che 1rendono poco e profittano del rialzo di tariffe come gli operai capaci. Questo è vero: ma è anche vero che nessuno si sogna di poter imporre un patriarcalismo sindacale come quello che oggi vige in Italia, per cui i lavoratori sono iscritti d'ufficio 11ei Sindacati Nazionali, e il Signor Rossoni f' costituito tutore, procuratore legale e dispensatore di grazie e cli castighi per tutto il proletariato. Nella vita religiosa, il principio 'della fiducia in sè stessi pullula, fenn.enta, fiorisce, nella concorrenza delle Chie~e, nella propagauda di sette, nel fervore mistico che ossessiona le grandi . métropoli e le farms lanciate in mezzo alle più ricche campagne del mondo. L'uomo deve cercarsi da sè la sua chiesa o la sua setta, conquistarsi il suo dio, inventarselo con una delle cento religiorii nuove : lavorare cou1e un negro nella fabbrica o nell'azienda, per dimostrare a sè stesso con l'agiatezza conqnistata - conforme al grande principio. delle sette protestanti - che Dio lo annovera fra i suoi eletti. Nia tutti concepiscono la religione come un valore assoluto, e nessuno la abbassa ad un espediente cli governo: i capi di Stato sono credenti che ordinano cinque minuti cli preghiera a w1 popolo di credenti, non sono scettici che vogliono cattivarsi gli applausi di un popolo di scettici col trucco di un crocifisso polveroso e non adorato, rimesso in scuole dove <la secoli non si prega più col cuore. In America non sarebbe tollerato uu ateo, come il Niinistro Gentile, che si costi• tuisce tutore e procuratore legale del cattolicismo ! Nella vita politica, il principio della fiducia , in sè stessi si estrinseca nelle vigoreggiante vita dei partiti. La lotta dei partiti, è il grande allenamento alla resistenza al male, a tutte le opposizioni, a tutti i contrasti, ed essa si svolge con i suo-i stnunenti appropriati, il suffragio universale, la proporzionale, il referendurn,. Appunto percbè tutti li.anno fiducia in sè stessi, l'umanità è derisa e impossibile. Non si chiede al singolo che egli si abbandoni a un dittatore, eh 'egli veneri in un uomo l 'estrenia speranza della Nazione. li bene fatto per forza 11011 è apprezzato: e ]e « donne Prassedi » della politica uon -fru1no fortuna. Nessuno abdica a sè stesso: e tutti portano in sè, nelle proprie decisioni, nei prop,1ii co11vincimenti più o meno meditati, nella volontaria adesione a un partito, non l'ultiJ1ia, ma una· delle infinite speranze dell 1i1npero nord-ame~ -ricano: che è impero, e che comanda al mondo, appunto per questa educazione imperiale e non servile dei suoi cittadini. Questa, on. Mussolini, è ]a realtà americana, inspirata da quella concezione metodista, calvinista: « occidentale » della vita, cui voi avete appla,ndito. Quando la fiducia in sè stessi e l'amore deÙa responsabilità vivono nel cuore dei cittadini, il regime della democrazia diretta si deve sviluppare ferreamente. Il fascismo, che nega la lotta di classe con un vago patriarcalismo sindacale, che calunnia e canzona il fervore re1iV gioso con le tro,·ate pedagogico-clericali del Ministro Gentile, che preten<le sopprimere la lotta dei partiti nella unanimità ,!elle sagre settimanali, e cerca di imbottirla e di nasconderla sotto una riforma elettorale qtÙetista e 'IIlC'a,ana dr poltroneria governativa, - il fascismo è lontanissimo dalla realtà americana. Ylu.ssolini con i suoi sistemi di governo 1 (; lontanissimo dalle affermazioni dell'ambasciatore Child. L'on. :llussolini ha appla.uclito alla critica più radicale de11a sua pratica politica; e - pare impossibile! - in quella Roma dove a ogni cantonata di strada c'è un crocchio che dice male de] governo, e dove a1l'Aragno il tavoleggiante saluta co11 lID alalà ironico il cliente antifascista, la prima netta, recisa, affermazione dottrinaria antifascista fu fatta il 28 luglio, da ~lr. Child, ambasciatore di America! E i giornali ufficiosi non se ne sono neppure accorti l * •• L'on. Mussolini e llir. Cb.ild si sono lrornti d'accordo nella esaltazione dell'atletismo. Ac- • conio formale. La vita non si esaurisce sul campo cli focrt-ball. C'è la fabbrica, c'è la chiesa, c'è il club. C'è la passione degli interessi, c'è 1a passione religiosa, c'è- la passione politi.ca. l:bi esalta il sentimento di fidncia in sé stessi e il C'lllto della responsabilità cui educano le gare atletiche, non può respingerli per il resto. ~on i: possibile pretendere che gli itali.ani di- \·entino liberi e audaci uomini di sports, e si rassegnino alla tutela del signor Rossoni in materia sindacale alle iniziative dell'on. Gentile in religione, alla dittatura plebiscitaria dell'on. )Iussolini in politica. Chi· esalta la fiducia in sé stessi e il senso di responsabilità, nega con ciò stesso di poter reg- :.:ere una nazione come se fosse una scuderia cli cavalli da corsa o una stazione di monta. Bisogna decidere : gli italiani dovranno costituire, in aYYenire, una democrazia moderna o una popolazione governata dalla. frusta dell'allenatore? GIOVA..'1"11 ANSALDO. hfl P □ hlTICfl DEI Bh □ CCHI •Quando gli avversari mi tiran la giacca per trascinarmi sul terreno vischioso della polemica probJen1istica, ho sempre una gran Yoglia di svoltar brusco per impegnare il mio tempo e il mio cervello in fatiche meno vane. Che varrebbe pigliarsela. con uno dei tanti tirapiedi di De Stefani., -che dichiara lo stato d'assedio alla tua testa mitragliandoti con eserciti di cifre e che cerca deviare il normale 1:Iianqui11ocorso dei tuoi pen: sieri con le più labirintiche architetture di paradigmi 1nunerici e di diagrammi? Quando a me capitano questi infortuni 1 concedo senz'altro il cento per cento ed agli scalmanati difcns01i d'ufficio dell'opera ricostruttrice del GoYerno nazionale do tutte le ragioni che loro meglio garbano. Jl sistema. è eccellente per tener la mll.ta un po' discosta. Scongiurato il pericolo che ti si avventi ai polpacci, hai il modo di portarti in certe posizioni dominanti stùle quali non solo l'aria che respiri è più idonea ai tuoi polmoni, m.a anche l'occhio ha un campo assai più Yasto, tutto per sè, e tu, frattanto 1 godi una visione panoramica di cui non aveYi neppure il sospetto più lontano quando eri imbottigliato nel vicolo cieco delle discussioni problemisticbe. La rappre. sentazi0ne, allora, si fa così vi\'a, che tu non puoi sfuggire all'esigeuza discorsìva di comunicarla subito al tuo prossl1no vicino. Io mi concedo, da qualche anno, sia pure 1100 troppo spesso, il lusso cli queste arrampicate, che chiamerò d'orientamento. Vi Yoglio oggi mettere a parte di quel che ho veduto or non è molto, e che ad alt.ti moltissimi non sarà certamente sfuggito. * .. Francament~, dopo aYer sudato tanto per arrivare a veder con una certa larghezza., non c'è proprio nessun sugo ad accorgersi che lo spettacolo è maledetta111eute sempre lo stesso. Scomparsa, ad uua certa altezza, 1a differenza cli colore dei vessilli e velata quella delle clivi&:; resa impossibile ogni discriminazione sul! 'età degli alfieri e dei componenti la gran folla che si pigia nell 'ai-eùa della lotta politica, si sente, come dire? così - c:ol naso - che tutta questa umanità in fermento, è, purtroppo, sempre la stessa. Questa. esasperante identità di visione sta a denunciare il fattaccio che ha sempre impedito all'It.alia il costituirsi di un serio processo educati,·o delle sue classi <lirigenti, permane immutato. Ed allora una espressione che ha sempre suscitato in me· llll senso di \'iyo ribrezzo, piglia lentamente forma di realtà. E per defi.nir la situazione bastano appena le poc~1esillabe che co11corrono a formar la parola blocco. Sl, siamo ancora al blocco. Ieri furon le sinistre che s'unirono, auspice la Massoneria., a com. batter la battaglia contro il pericolo nero, e in questo ibrido cemento il midollo dei partiti estre. mi 1 socialista compreso, si perd'è come Yapor d'acqua. Per naturale antitesi, ,s;,rsero le concentrazioni clerico-moderate, che con Ja pretesa genetica ùi impedire il àissolYimento della societ~ civile, aumentarono sino all'incredibile 1a confusione delle lingue. E, po.i-, per ogni grosso av- ,;enimento della nostra vita nazionale, assistem• 1no al sorgere di questi blocchi, al formarsi di queste concentrazioni mentre si dava al Paese l'impressione che la nostr:a po,.·era scarsa ,·ita nazionale si trtI.Scin-asse mal~neute da un p~ricolo ad un altro, mentre lo spettro di una palingenesi staYa, :implacabile, giorno e notte, alle :porte di casa. Arrirnmmo alla dichiarazione di guerra attraverso un blocco. Dalla trincea., i più tornarono con l'idea confusa di un aitro blocco: quello dei combattenti, che avrebbe redento l'Italia. ::Yiail Fascismo li pre..-enne e fece esso il suo blocco per le finalità che tutti conosciamo. Non è ,forse, il nostro un paese che ogni cinque minuti deYe essere tratto in salvo da qualcuno, e dal cui gr~mbo sprizzan sempre, con identica fecondità, traditori ed eroi? Ora, poi, abbiamo la. lotta contro il fascismo, e la difesa delle llbertà costituzionali ha fatto schierare sulle stesse posizioni gente che, abitut"lrnente, non abita certo a contatto di porte. Che cosa è nato da questa prassi nefasta e scandalosa, che 11llil. volontà da\Te,o rinno,·atrice del nostro costume politico aYrebbe do,7.lto bandire Con la stessa inesorabilità con la quale si isola nn appestato? Proprio in ..-irtù di questi blocchi, siè prodotto come un arresto di sdluppo nella nostra capacità di ,·frere una dta politica. Forze che doYeYan crescere e progredire liberamente, fur0n compresse, annullate dalle esigenze livellatrici del blocco. A Yemmo così dei simu1acii di partiti, condotti da mezzi uomini :incapaci di una direzione origi ua]e di pensiero come di qualsiasi atteggiamento di aperta responsabilità. Chi non ricorda i famosi fronti unici ri..-oluzionari, o,·e si trovarono a braccetto, per tacer d'altro, anarchici sqtùnternati della più bell'acqua e mazziniani queruli, sedotti ll.1lican1ente da quella specie di romanticismo che colora ogni rirnlta? 11a intendiamoci bene. La colpa di tutto ciò io la faccio esclusivamente risalire a quanti crearono, e poteYan farne benissimo a meno, quelle condizioni che resero quasi fatali, iu un Paese a scarsa educazione politica come il nostro, quei rnostnrnsi accoppiamenti di cui s'è discorso. * .. Ebbeue, oggi occorre far risalire al Fascismo res,ponsabilità ehe sono cli ordine meno immediato e che quanti sono presi nel Yirn dell'urto delle fazioni contrastanti forse non scorgon neppure, il Fascismo è responsabile di aYer eliminato quelle condizioni che potevan permettere all'Italia di arriYare, sia pure in un ventennio, ad a.vere una lotta politica, veramente degna di questo nome. Le illusioni che un uomo e un gruppo di uomini, avessero pure tutti un'olimpica origine, possano sostituirsi alla esperienza poli'tica di un popolo, è una di quelle illusioni che caratterizza il semplicismo di ctÙ è contesta la nostra mentalità politica. Per un popolo che

90 aspiri vera.men.te a 1neritarc questo nome, b. lotta politica può esser differii.a, non anmùlata. E chi, poi, potrà definitivamente sopprimere ce1te esigenze, eliminate o scomparse le quali perde fin di significato la vita moderna? Ho vivissimo il ricordo del largo sorriso di compassione col quale uu mio amico inglese sottolineò la notizia che io gli daYa della costitnzione in Italia di Sindacati che riuniYano illseme datori di lavoro ed operai. La organizzazione sindacale è, ormai, nella logica stessa della dta moderua. Esauritasi la pressione dell'ora che YOlge, cadute le artificiose impalcature tirate su iu questi momenti d'eccezione, quando le masse saran forzate a ricostituire i loro organismi 1 le Yedremo impreparate, disorieutatc, profondamente a\·vilite dalla se11sazione dcila loro impotenza. I tentativi si seguirauno ai tentativi, ed in questo peiiodo caotico nel quale non nuo,·e costruzioni emergeranno, ma simulacri di llll'ora e fantocci, si disperderauuo energie preziose, ed in mancanza di meglio la stolida, superflua violenza penserà a dar colore a questa ingrata e dolorosa fatica. * * * .Mi accorgo di aYer deYiato in osservazi01ii troppo laterali. ~fa se ci riportiamo alla posizione centrale del discorso, non potremo non deplorare anche quel che a vvieue nel cosidetto campo antifascista._ Anclie qui s'è operata una specie <li tregua alle lotte che ieri divide,·auo, inYece, così acre1neute. E perchè tutto questo? Perchè nello srnlgimento nomiale (che non esclude affatto anche la dolenza) della lotta politica s1è creata una soluzione di continuo, avendo la dittatura determinato comuni esigenze di difesa in ceti disparatissimi. L'operaio che ha visto perire nelle fiamme la sua camera del LaYoro è spesso vicino all'industriale boicottato nelle aste o colpito in altri mille modi, pe.rchè non s ·acconciò a dare il suo assenso alla oligarchia dominante. Il sovYersivo che sorride alla colomba liber~ tutta garrula di antiministerialismo, è il sintomo di una situazione grave, destinata ad influire lungamente sulle nostre vicende politiche. E che si sia ancora irrimediabihnente nel solco del passato, che tutti deprecano a parole, lo dicon chiaro certi atteggiamenti paternalisti di chi s'è assunto il compito c1· dìrigere la vita della Xazione. L'antica Yiltà di voler ridurre il molteplice e complesso della ,;;ita ad una asfissiante unifon11ità s'è: drappeggiata ora d'eroismo e cli fierezza verbale, ma riaffiora inevitabilmente identica. Cos'è, se nou viltà, questo rifiuto alla lotta aperta, che trova il suo limite nafurale solo nella Yalidità morale e nella efficacia dialettica dei mezzi adoperati? Pigrizia e viltà insieme è questo \-oler considerare tutto nello schematismo semplice, negando in tal modo le permanenti ragioni della tragedia umana. Questi sono i pericoli, graYissimi, che debbon esser denunciati. Altro che metter le virgole ai progetti di legge ed a11e riforme che Yengono quotidianamente sfornate! :Koi abbiamo bisogno che il Paese torni ad avere i suoi organismi politici nettamente differenziati, YiYi, agili, procedenti, nella lotta, in sede propria. l\-1a per arriYare a questo occorre trovare un sedativo che duca l 'agitazlone data <la tante isteriche dichiarazioni di patria in pericolo, dì imminenza di baratro, di nemici da sgominare, di traditori da colpire. Occorre spazzar via tutta questa fraseologia e tutta questa atmosfera di brigantaggio non solo, ma anche rimuover lo st.ato d'animo dal quale essa emaria. Il Paese ha un gran bisogno di tornare alla normalità, la quale non è certo sinonimo di quietismo bucolico e di inerzia. Ed a questo riguardo {; assai curioso constat.are che i restauratori d'oggi, con tutte le ioro verbose dichiarazioni di dinamismo, han diffuso nel Paese un'irrespirabile atmosfera di sepolcro, nella quale ogni conato di vita ineluttabilmente affoga. Ecco come il Fascismo, nonostante 1e sue variopinte insegne rinnovatrici, ba obbligato gli Italiani a ritornare alla nefasta politica dei blocchi. Se questo sia un servigio reso al Paese, lo lasciamo al giudizio di chi è ancora UD uomo e non un gambero arrostito dalla passione di parte. GIQ.\CCHIXO ::-(ICOLE'fTI. U. FOR::1-rnN'l'INI GERARCHIE SINDACALI L 3 <;iudiKi L'operetta del Formeutini ha la forr,a sintetica di osservazione e di espres.<;ione di uno scritto machiavellico. (l'Ja.<:enza, Il Suo110 Giornale, 31 maggio). In un acuto studio apparso recentemente, lo scrittore {;baldo Formentini dél gruppo cbe fa capo alla Ri110luzione Liberale, afferma che il sindacalismo delle Corporazioni costituisce l'aspetto più interessante e degno di osservazione del movimento fascista. (Milano, A-vanti!, 5 luglio). Questo studio, benchè conchiuda in maniera - a nostro parere inesatta - ha molle buone osservazioni e si raccomanda per la serietà delle indagini. (Roma, Poleniica fascista, giornale fascista, 23 giugno). Lo studio sulle Gerarchie sindacali riesce a illuminare lo sviluppo della rivoluzione fascista con profonda novità. • 1Roma, Studi politici, giugno, 1923). Diligente analisi. LA RIVOLUZIONE LIBERALE NOTE DI ECONOMIA ILMINISTERO DELL'ECONOMIA AZ ONALE I. Il comt111icato govcruati\'O che a1111uncia la riunione in un unico dicastero dei servizi relatiYi alla tuteb dell'agricoltura, industria e commercio, chiama cpn ull uome nuovo il raggruppamento di tre 1\Iiuisteri, staccati da appena sette anui : forse è peccato abbandonare cosl una tradizione di ltwghi decenni. Il nostro tempo, pazzo per la rapidità, può preferire il nome più breve; tuttaYia le tre parole: « Agricoltura, industria e commercio» parlavano subito chiaro e preciso, meglio della più accademica espressione scelta dai nuovi ordinatori. La quale anzi suo11a a1ÌJ.bigua e pencolosa, se la parola « nazionale » Yieue accentuata come rinuncia alla concezione classica ed italiana della vita e della poliLica economica, per assu1nere quella teutonica. Le produzioni nostre non debbono essere più legate. a quelle di tutti gli altri paesi del mondo? e si intende rinunciare a vendere all 'este.ro e<l a comprarvi, t.ronca.ndo l 'espan.sione nostra nei mercati europei ed oltreoceauici? Suonava bene quell' « agricoltura » al primissimo posto, in prima linea, davanti all'industda ed al commercio. Tradizione, certamente : ma forte e gagliarda, e legata ben stretta alla realtà. Tradizicnc ancor più ricca di significato di quella che fa apparire la parola • commercio» prima dell 1 «industria• nelle Camere sorte dalle antiche corporazioni dei mercanti. La tendenza degli improvvisatori porta ad accentuare lo sYiluppo manifatturiero, misurando il progresso economico dal numero clel!e imprese nell 'industria pesante, dalla quantità di cavalli-vapore installati, dal capitale delle società azionarie. rvra per l'Italia tutti questi indici sono assai meno siguificati\'i di quelli che rappresentano l'agricoltura e i 'artigianato, commerciante e produttore insieme. Più di metà della popolazioue italiana, circa 18 milioni di inrliviclni - secondo l'ipotesi del Coletti - sopra i 34,8 milioni censiti nel 19n, rientrano nelle falallgi della terra. _All'industria cd al commercio si dedicano quasi certamente un buou terzo cli meno; e di essi ben sette milioni - più di metà - -rientrano nell'artigianato, che Don si riuscì ancora a tro,·are il tempo di censire con esattezza. Ecco i due nuclei cui dedicare più attento esame. lo Zllcchero polè: passare da 22 scellini a 64? ed il prezzo dei bozzoli da 84 a ro2 lire tra il febbraio ecl il mnrzo corrente, mentre le sete torte i-imanevano tanto al di sotto da costringere alcuni industriali a sospendere la lavorazione, per non perdere? 1I corso dei cambi non segnò tra l'apri le ed il giugno un peggioramento, nel prezzo della sterlina passando da L. 93 a più di 104, e nelle altre monete in relazione, proprio nel periodo in cui l'andamento stagionale dovrebbe proYoca.re la maggior debolezza? Kon ma11ca chi vonebbe spiegare ìa Yastità delle scosse con la cresciuta importµ.11za delle grandi imprese, con l'affermarsi impetuoso cli aku11i colossi finanziari e commerciali, capaci di imprimere la propria voloutà al mercato attraYerso ali 'imponenza delle domande o delle offerte presentate. Accadrebbe come nei porti, quando_ si n1no,·ouo i gigru1teschi Leviathan del mare: con -le migliaia di tonnellate di stazza. ad ogni operazione di accosto o di 1;lasc:io sommuo,·ono le acque iu tutto il bacino. Ove realmente tale concentramento cli potenza produttiva e finanziaria fosse a\·ve11uto1 non riuscirebbe impossibile coordinare questi nuclei co11 accordi, diretti dal i\'linistro dell'economia nazionale. L'esperienza di tutti i paesi ha dimostrato infatti la possibilità di stri11gere in un consorzio efficace le imprese attive in un dato ramo, appena queste si siano raggruppate in organismi minori, limitando così i rapporti inten1i. • Nessuno potrebbe però dimostrare in quali proporzioni sia avvenuta già una distribuzione di imprese sotto la supremazia di un ristretto numero cli persone. Il decorrere anzi della crisi, con i molteplici fallimenti, logora in modo rapido parecchi capitani d'industria; ma per dar occasione a presentarsene dei nuod, i1n·ece di lanciare questi impianti ed organismi nel dominio di chi ne possede,·a già in gran numero. Non accade mai infatti in periodo cli crisi che si accrescano le dimensioni delle imprese: l'iucertez.. za ed il desiderio di m.antene1·e la massima disponibilità di mezzi liquidi per il momento della rinascita trattiene i più dall'approfittare dell'occasione per compra.re, anche a basso prezzo, nuovi opifici. Influiscono pure le crescenti difficoltà di controllarne parecchi in modo efficace : il rispannio di alcune spese trova presto rincari ancora più alti per la minor accuratezza di alcune Quanto al Yalore annuale della produzione agricola, il Serpieri calcola si aggiri sui 35 miliardi; me11tre quello dell'attività manifatturiera probabilmente 110nde,·c superare i 25 miliardi; di questi inoltre buona parte troYa la propria origiue nella stessa produzione agricola. Infatti il cen- • simeuto industriale del 19n ha dimostrato come ne] ramo utilizzante le d,errate agricole per trasformarle in merci atte al consumo diretto, fosse occupato il 28% dei lavoratori: gruppo che Yeniva secondo per così poco da potersi cakoiare alla pari col ramo tessile do,·e si raccoglievano le schiere più de11se cli persone. Superava inoltre tutti gli altri per numero di opifici, dando vita a più di metà di quelli censiti; e coll'utihzzare il 18% dei cavalli-vapore si poneva al secondo posto, dopo le imprese di forze motrici. Il primato insomma 1'agricoltura non lo consern\ per tradizione soltanto, in forza di un pridlegio arcaico contraddetto dalla situazione presente, .- opera.zioui. I colossi hanno quasi sempre i picd di creta, ecl i picc:oli riescono molto di frequente a sviluppare concorrenza efficace. ma per la sua forza assoluta preseute. • Prima di rivoluzionare gli ispettorati generali ed i vari uffici, il nuovo Ministro dovrebbe prospettarsi rapidamente le dimensioni cla concedere a ciascun ramo, in accordo allo sviluppo raggiunto o potenziale. Tenendo conto, per esempio, che l'industria del pollame fornisce ogni anno all'Italia un miliardo di lire, cioè più del doppio di quella mineraria; che la frutta, gli ortaggi e l'olio raggiungono i sei miliardi annui, proprio quanto la coltura del frumento o del vino, cosicchè meritano pi l1 atténzione della fabbricaz.ione dei coloranti e forse altrettanta come l'industria delle automobili. All'interno poi dei singoli rami non vorrà più assegnare oltre~ una decina di milioni al servizio cli monta equina, mentre languono prive di mezzi le cattedre ambulanti, e restano sted1i per mancanza di fondi vari isti. tuti di sperimentazione. C'è moltissimo da fare: e le piccole industrie merita110 qualcosa di più della nomina cli Comitati loca1i dove entrano persone che se ne attendono decorazioni cavalleresche. Più ancora: il nuovo Ministero dovrà valutare con occhio Jimpido il gran<lLc;simonumero di lavoratori che fanno da sè, silenr.iosamente, senza chiedere contributi ed appoggi allo Stato; per contrapporli alle schiere striminzite degli imprenditori politici in cerca di tutele e prez,,i senza concorrenza e convincersi che al suo dicastero 11011 spetta j] compito assurdo cli dirigere l'economia nazionale, ma l'altro più nobile e meritorio di studiarla per rimuovere gli ostacoli dal cammino. Il. Riesce facile inoltre scuotere· itnpro-r,·isame11te i :mercati con sbalzi di prezz.i per un altro motivo. Il prolungarsi della stasi e del marasma disorienta produttori e consun1atbri ; nell'attesa dell'assestamento dei prezzi questi dilazionano le compere, sicchè agli altri non conviene la dpresa del la\'oro, prefereuçio attenersi a quanto basta per non arrestare l'.attiYità dei reparti rispettivi. Di conseguenza non distribuiscono profitti e salari elevati, toglielldo 1nodo ai loro dipendenti di aumentare i propri consumi. Per quanto la crisi stessa renda b:issi i 5alari ed il saggio di interesse e le materie primé, ed i magazzi11i dei com1nercianti e dei consu111.atori sieno xidotti al minimo - tutte· condizioni proprie alla ripresa - la mancanza di paçe nel mondo, la çontinu·1 successione di violenze e rivoluzioni, l'incertezza circa le solnzioni dei problemi della Ruhr e della Russia, della Bakania e clell'Oriente provocano la sospensione assoluta di qualunque iniziativa ~essuno calcola il rifon1imeuto di tutta. l'atinata, procurandosi i1ffece lo stretto necessario per le settimru1e immediatamente successive: ma . così basta una domanda di poco superiore al minimo, oppure un'offerta appena mediocre per provocare UDO sbalzo dei prezzi. Le previsioni abituali di rincaro o ribasso non giovano più come prima, o n1eglio nelle stesse condizioni et prima: e nemmeno la distribttx,ione usata dei rifornimenti nel corso dell'anno viene mantenuta, per la formazio11e di altre abitudini, con cirli più brevi e differenti, che alla lunga ripercorrono in complesso le vie primitive. Cosl la te11sione autunnale si frantuma nelle varie stagioni, e può presentarsi anche dura.nte l'estate. (Genova, La Gazzetta di c001-o, r luo-lio). Gli sbalzi improvvisi nei prezzi di alcune merci e le oscillmdoni violente nel corso dei cambi, disorient.a110 molti osservatori, lasciandoli incerti dei fenomeni cui legarli.Come mai in pochi mesi ~u Come osservarono parecchi scrittori, il « sistema capitalistico, - _reo di molteplici colpe e condannato dai più diversi riformatori _ 110n esiste come sistema. '.Manca l'unità di struttura e cli governo, la clipendcn1.a. cle11egrandi lJlasse da pochi onnipotenti imprenditori, che le tengono quali puri strumenti produttori compensati con dei frutti. L'ordinamento è legato e coordinato soltanto all'interno dell'opificio o c\ell'impresa, ed i legami si dimostrano già più apparenti che reali iu parecchi sindacali, dove il silenzio ceLt agli esterni le concorrenze intestine e l'azione vivace delle forze disgrcgat,;ci. La scelta delle produzioni, e l'impiego dei fattori disponibili viene lasciato a céiiu.r.que ne as:-;uma il rischio: c.: la vita economica si svolge da sè, in modo elastico cd automatico, sotto l'influenza del prezzo e delle proporzioni della domanda e dell'offerta. Nei limiti fissati dalle leggi, e non cli rado cercando di evitare; quelle met10 propizie, ognuno lavora per soddisfa.re qualunque desiderio che si presenti accompagnato dall'offerta di nn prezzo. La politica economica del Ministro del! 'Economia nazionale non saprebbe dare coordinamenti altrettanto semplici e liberi : nè vi giungono le forze finanziarie per quanto potenti e grandiose. n concentramento, I' integrazione verticale ed 01izzontale, e tra manifattura- ed agricoltura od aziende di trasporto, possono riunire alcuni produttori; ma con improvviso sconvolgimento l_'eqttilibrio - appena raggi=to a fatica - si rompe, si sfascia per il sorgere cli forze nuove incontrollate, per esperimenti nuovi. Se il Ministro dell'economia nazionale interviene per volgere la corrente in una data direzione, .quante volte non accadrà che dalle forze mosse verso una certa meta si spiigiouino reazioni capaci di portare a tutt'altro punto? Le modificazioni tecniche inoltre abbattono quanti, troppo confidando nella prÒpria superiorità, si arrischiuo un momento. L'esperienza modifica .di continuo le vie da percorrere· le finalità delle imprese cambiano presto, nei limiti della convenienza (allargati vieppiù dalle svalutazioni), a lato delle grandi imprese continuano a spuntare le medie e 1e piccole e l'artigianato, non per forza di tradizione ma per abilità segnalata dal successo. Chiunque ha il coraggio di affrontare un rischio vuol imprimere il proprio nome ad un qualche organismo, insofferente di rimanere anonima particella: e ricercherà un profitto dubbio invece di un salario sicuro, e magari affronterà un capitombolo, nella speranza di accapan·arsi una rendita. Ben venga il nuovo Ministro dell'economia nazionale : ma sia un nomo aperto, di larga dottrina e di forte intelligenza, per comprendere dove si arresta il suo compito - già enorme - di oss<,;"vatore e preparatore di libero campo. Torino, 5 luglio 1923. VINCEN~O PORRI. PIERO 60BETTI - Edital'e TORINO - Uia XX Se!lembre, 60 Sono usciti: TEATRO In questa nuova collezione saranno pubblicate opere notevoli cli autori italiani d'eccezione e traduzioni di capolavori stranieri. L'intento è di offrire esempi cli una I.etteratu:ra amena, adatta anche l?er il gran pubblico, ma scelta con più severi wteri di gusto e di arte. ------+-<-i:-+-----~- ENRICO PEA ROSA DI SION Dramma - L. 4 La dramm.aticità più intensa si a.Ite-nia. ca,i l'idillio sereno: E. Pea si è rivelato il. più forte a11.toreche abbia oggi il teatro italiano di poesia. ______ ,,_ ------- CESARE LODOVICI L'IDIOTA Commedia in 3 atti - L. 4 Vi si nota "ZLnaperson.a/.ità di scrittore, -vicino per istinto agli atteggianient'i più sconsolati di solitu.d-ine esotica, •ma sicuro e padrone di sè negli s'lJilu.ppi draniniatici più au.tonomi. Seguiranno nella stessa collez.ioneopere di R. _-\rtuffo, di Hebbel, di L. Andreiev, di A. Block, cli Galswo1thy, ecc. GIUSEPPE S'l'OLFI LRBD51LltATA 5ENZR StUOLE Lire 6fiiudi;:l Lo Stolti narra fulgini esempi cli abneo-azione 9"'i.11se&"ua.nticostretti a fare scuola in p:1iliai o 1n umide stalle, e casi di sacrificio personale da parte di contaclini per la scuola del loro paese. (~Iilano, Corriere della Sera, 22 giugno). Il problema dell'analfabetismo è analizzato in modo impressionante e le condizioni psicolo2"'iche del paese sono ritratte con grande mae~tria. (Rivista. di .\lila110, maggio 1923. Giuseppe Stolti ebbe il merito sino-olare di assumersi nelle regioni del ~o_rcl il co~upito di difendere e far couoscere gli interessi del Mezzogiorno. Ne( suo libro si n?ta twa conoscenza perfetta del p1oblerua scolastico del Sud e sulla Basilicata si pubblicano dati completamente nuovi. Esponendo questo materiale di studi diuturni lo S~olfi __ M ~celto la forma suggestiva del viagg10: \,_,s,0111d1 paesaggi, ritratti di tt0mini, aned, clot~ ~1 alternano così piacevolmente con le note politiche e statistiche. (Potenza, La Basilicata, 17 giugno). .Lo Sto 16. a cui l'ardente amore della sua regione non toglie cli poter considerare con realistica fredde7:za tutti i Stt0i m.ali, ci ha dato una magnifica pittura di quello che è la scuola nella deserta_ e trascurata Luca11ia e dell'appassionata asp1ra7:1one d1 (Juel_leplebi rurali verso un sapere che gh uom1nt e 1! destrno congiu,ano per sottra~re alla loro brama. Le pagine dell'arguto scnttote hanno spesso così un sapore di romanzo che pure corrisponde a una dolorosa realtà (Genova, Ga::etla d.i Ge11ova, r luglio). •

MESURE DE I. EconomiEalthusiBnnE et culturE almndrinE Daniel Halevy, dans sa collection dcs Cahiers Verls, dont l'ambition est de faire une su.ite aux fameux Cahiers de la Quinza1•ne de Peguy, a publié récemment de M. Drieu La Rochelle une sorte de confession, très émouvante dans sa forte sobriété d'un combattant de la grande guerre, qui ~ pose, avec une augoisse vraiment pathétique cette question: quelle est, daus l'état actuei du monde, la « mesure de la France •? Et en voici !es titres de chapitre, qui à e1,1x seuls, en disent déjà lo.ng: Le relou/ du soldaL; le crime cl la loi; le crime nous aliène les l,01m11eset [es dieux; l'espril troublé; la France au milieu du monde; les palries el l'avenlm·e 111oderne;le ciloyen du monde es/ inq«ieL. .. Le cri,ne et la loi; le cri111e nous aliène ]es hommes et les dieux : quel est clone ce crime français dont 111. Drieu La Rochelle semble obsédé? • lf>rs des pennissious, écrit-il (U11e saison de I-oot-ball, p. 130) lesi Français s'en allaient, marqués du signe de l'égarem.e.ut, comp!oter dans leur ht l'assa&,-iuat des eufants dont la multiplication pourta.nt pcuvait seule justifier les sacrifices personnels qu'ils prodigu.aient pour maintenir le nom de letu· ra<:e. L'héroi°sme du Français, pendant cette guerre, n'était-il que le choix du plus beau suicide »? Voilà le m.ot Jiìché; ce c1-im.eest un suicide : les Français ne font plus d'enfants, les tables de la natalité française m.arquent une sinistre et constante décroi1Ssance la victoire n'a pas an-eté ce decrescendo dé'. mographique, au bout duqnel, s,i rien ne l'ar. rete, c'est vrai111e.11t le suicide, dans tonte la force du term~. Et cependant, il y a des França1s (1) qU11revent d'hégémon·e françai<e en Europe, et qui songent très sérieusement à rétablir la France dans sa prépotence européenne, telle qu'elle a pu exister atDcXVII et XVIII siècles, quand la France était le pa?s le plus peuplé de l'Europe et avait, au pomt de vue démographique, l'importance que l' Allemagne a aujourd'hui. Et voilà la contradiction vraiment tragique de la situatiou fra.nçaise actuelle da.ns le monde : darn; un corps qui semb1e épuisé, l'ame française continue :ì faire des reves de grandeur et refosc d'ab<liquer, de :renoncer, d'accepter la déchéance nationale que semble impliquer par une co.nséquence fatale, l'épuisement de ce corps ... Le XIX siècle a vu deux peuples coustruire leur uuité et s'avancer sui la scène de l'histoire avec i1Il prodigieux élan vita! : l' Allemagne et l'Italie, avec la Russie inépuisable réservoir humain, voilà !es troi~ grands peuples prolétariens, au sens etymologigue du mot, de l'Europe actuelle. En face de ces trois peuples dont l'essor démographique est formidable, et sans parler de l' Angleterre, qui, réfugiée dans sou ile n'appartient pas en somme pleinement a~ système eurcpéen, mais est presque exlraeuropéenne, entrainée dans le cycle anglosaxon dont l'a."'.e est _passé en Amérique, la France ,avare de naissa.nces, préfèrant soidisaut la fine qualité à la grosse quantité, pays de moyenne prnpriété, de moyenne bourgeoisie, de fonctionnaires, pays de célibataires, de ménages sans enfant ou de fils uniques, pays de bourgeois-gentilhommes et de prolétaires·-bourgeois, la France se cabre _<l;i-nsun_orgueil de noble déchue, fait de -va.mt'; bourgeoise et de fierté ari.stocratique, e~ pretend faire graviter la politique mondiale autour du problème de sa securité. M. Drieu La Rochelle·ue veut pas néanmoius désespérer. Et il écrit : « Mais en dépit de mon parti-pris passionné, douloureux de pessimisme, ailleurs des Français reconqueraient dn t~rain, renforçaie.nt notre prise sur ce domaine de l'espace, où une nation (1) La va.nité 11a.tionalcfrançaise est un phénmnè11e assez récent dans l'histoire de France ainsi que 1 'a moutré 1'1. de Gobineau dans ui{ article i11éditpublié dans le premier numéro de la nouvelle revue E1wopeJ article qui est, entre p~ren~hèses, un petit chef d'ceuvre d'analyse h1sto11queet sociale .C'est avec le Roi-Soleil qu~ la France a commencé de se croire naivernent et 111s11pportabkmentla Nation•Solejl, celle auprès de qu1 pfihsseut tous les autres astres nationa.ux; au XVIII siècle, nos ra-isonneurs et nos_pl,ilosophes font la loi en Europe et la vanité natio?al~ en est encore 3:ccrue; puis ce furent les v1ctoires de la Révolut10net de !'Empire qui donnent au peup,Ie frança1s cette conviction outrecuidante et superbe qu'iì est in1Jincible; 1870 a été une blessure des plus cuisantes pour cette sotte vanité, et la Victoire de 19_18 n'a pas paru, à beaucoup de nos chau.1Jins intégraux, assez cuisa.nte et assez humiliante pour le sale boche qui s'était permis de nous battre en 1870: il aurait fallu al!er à Berlin, et !'on n'a pas d'aillcurs renoncé à y aller ! De sorte que, légitim.istes ott démocrates ott bonaparti&tes, tous le~ _Français communient dans cette espèce de relig•on fra11• çaise qui 11'est plus du patriotisme, 1nais je ne sais quelle fat,,ité nationale parfa.itement odieuse, riclicule et stupid~. V 1nob1a LA RIVOLUZIONE LIBERALE LA FRANCE assure le large fondem.ent sans )eque! sa vie ~rituelle s'étio!e. et meurt. C'est ce qui emerve1lle !es U1J]hers de spectateurs animé d'une chaleureuse bienveillance pour leur race, qu.i. depnis la guerre onl vu se lever ",ne nò·uv~lle _Fran~e sur !es lerrains de sport. Elle est .91 sarne, s1 souple, si tenace, si cohé. re.nte que ce serait blesser la raison de ne pas croire que tous ces jeunes corps vainqueurs sont une sfire promesse de vie et qne le destin assurera leur multiplication ». Celte 1101welleFrnnce sp01·live sera-t-elle prolifique? Voilà la question, et, en transcrivant ce pieux désir que le deslin en assure la multiplication, l'autenr lui-meme ne semble pas encore très sfir de son fait. .. au risque de blesser la raison elle-meme. Hélas, je ne crois pasque ce goul nouveau des sports, né peut-etre surtout de ce besoiu vaniteux qu'ont !es Français de ne se laisser distancer par per son ne (la France écrit M. Drieu La Rochelle, ne clemeure 'jamais longtemps sans le désir cl'égaler la grandeur que vient d'atteindre un peuple voisin) et si heureux que ce goC:t soit en lui-meme comm.e une réaction sai.ne à uu intellectualisme idéaliste plutéìt morbide, puisse, à lui seul, changer le cours clu deslin français : c'est l'économie française qu'il faudrait bou. leverser, révolutionner, car elle est essentiellement malthusienne. La France de l 'Ancie.n Régime était prolifique : la France bourgeoise est malthusienne : voilà le fait. Faut-il en accuser uuiquem.ent le Code Civil égalitaire et la liberté de lester, comme la réclame l'école de Le Play, redonnerait-elle aux Français leur ancienne prolificité? Il est permis d'e.n douter (1); uos prolétaires, qui n'o.nt pas de propriété à partager, sont devenus aussi -ma!Lh-usiens que nos bourgeois ou nos paysans. Tous nos Fra.nçais se sont fait une conception de la vie qui exclut, comme une sottise, une grave imprudence morale, un crini.e presque, en tous cas comme une sorte de l.apinisme bestiai, le fait d'avoir beaucoup cl'enfants. C'est là, maintenant, une conviction bien ancrée dans la tete de ]'immense majorité des bonnes gens de France et que, seules, ne semblent pas e.ncore partager quelques familles catholiques, qui, héroi°quement, se consirlérent encore co=e devant, par religjon, etre fécondes. E.ncore la Bret~gne, qu'.. 011 cite toujours comme une prov:1;0cerestee prolifique parce que calholiqiie a-t-elle une tare, l'alcoolisme, qui explique peut-etre autant cette prolifìcité que !es croyanc~ religieuses persistantes ... La civilisation antique, dit Renau quelque part, a pér~ par paucité ; il y a tout lieti de crailndre que la civilisation française, cette civi]isation si orgueilleuse d'elle-meme, ne périsse pour la meme raiso.11. La France est essentiellement une arislòcratie bourgeoise, et, comme toutes les anstocraties, elle périra par insuffisance d'aprports nouveaux et tarissement intérieur ... M. Drieu La Rochelle se pose d'ailleurs la question de savoir S[ cette m.esiire de la France ne serait pas profonde sagesse : "A ceux q11;11 font le procès de la France écrit-il 0.11ne peut laisser croire qu'ils fo~t seule~ me.nt le procès de la faiblesse. Dans sa négligence à suivre ses rivaux, il y a eu autre chose qu,e de la paresse, il y a eu de la méfia.uce, un recul instintif. Ce long attentat que nous perpétrons contre l'instinct de l'espèce, ce choix que nous avons fait d'une demi-stér~lité dans l'ordre de la chair cela ne se prete pas à uu jugement sommai1:e. La raison s'offre à nous justifier, elle qui tour à tour redresse la nature ou mena.ce la vie. Peut-on SallSIréserves reprocher à la France qu,iln'a pas fourni il y a si longtemps le formiclable effort de la Révolution et de la Constructiou Impériale, de n'avoir pa.s fa,it auta.nt d'enfants que l'Allemagne, qui a eu tant ùe peine à se remetti·e de la guerre de Trente ans. Je dois admettre que !es peuples sont couscients, pu:Ì!squeje !es tiens pour respo.nsables. Je pourrais donc dire ejue nous nous sommes arretés par sagesse dans la voie d'une folle concurr,ence: on ne peut pas multiplier l'Enropéen co=e l'Orie,ntal. Nous ne so=es pas des coolies. On ne peut pas produ.io·e indéfiniment des ouvrier& et des soldats » (p. 76-77). (1) Je lis_da?~ /es LetLre~ (N• du r.er Mars) ces réfiexwns Jud1c1eusesde Re":é Johannet, p. 458: « Un des pays les plus prohfiques de l'Europe Ja Pologne, est régi par la meme loi successoral~ que la France néo-malthusienne. On se fait souvent, cbez. les profanes1 des idées très siugulières sur notre ancien dro_it.On parle aiusi souvent du droit d'aìnesse. Or il ne jouail que poU,r u,ne tr~s petite minorité de la nation. Il fallait pour qu'il intervtnt que non seuleme-nt l'hédtier, mais la terre fussent nobles1 c-onùitions qui ne s 'accouM p.lai.ent pas touj9urs ,ta.ut s'en faut. Qtt.ant mc, droit de tester, il n1 existait qtt.e da.ns le ·1nidi de la France, là où prévalait le droit ron1a.i11 1. Donc la panacée du rétablisseme11tdtt droit cl'a!nessc so_us la form: de la liberté cle tester s'a vère parfa1tement Ya111eet illusoire. l., Je crois qu'ici, M. Drieu La Rochelle a mis, comme on dit, dans le mille. lei, en effet, se heurtent deux conceptions métaphy. s1ques fondamentales, la première selon laquelle la qualité sort de la quantité, et la seconde selon )aquelle à la quantité il faut préfércr nettc:ment et systématiquement la qualité : non mutla, sed mullwm.. Mesure de la France : le génie français est essentiellement mesuré, po.ndéré, moyen, bourgeois fait de sage économie, de prévoyance, de pr~ dence; le pullukment choque notre raison, ce,mme une rnarque évidente d'imprévoyance, d'étourderie, que dis-je, de beslialilé. Cela nous dégoiite; nous en avon.s d'avance la uausée : nous ne sommes pas des Orientaux, M. Drien La Rochelle <lit le mot: des coo1ies. Et dans la haine que le Fraoçais a pnse du Boche, il y a le mépris pour l'etre bestiai, qui pullule stupidement, comme le _Chi.nois; lui, Français, vrai Occidental, gu1ntessence méme d'Occidental et en qui la sagesse de Minerve s'est tonte retirée, il n'a pas les mocnrs de ces demi-Orientaux, que sont restés ces Boches et ces M oscoviLes... • On ne peut pas produire indéfininie.nt des ouvriers et des soldals •. L' Allem.agne, peuple de soldats et d'onvriers, peuple mi]i. taire et prolétaire; la France, peuple de paysans moyens propriétaires et de moyenne bourgeoi9Ìe ... Quand, en Aofit 1914, la France a senti sur son corps ce pullulement germanique, cette founrmil:i.ère sortie de son ten-ier pour lui courir dessus en rnasses innombrables et compactes, et qui semblaient infinies, elle éprouva comme un haut-lecorps, une sorte d'horreur physique la saisit, et elle se raidit c4ns u.ne résistance tetue, où elle escompta avec une sorte de désespoir dégouté et rnalgré tout optimiste que sa raison mesnrée et qualitativement supérieure aurait :6.nalement le dessus sur ce nombre bruta! et stupide qui s'abattait sur elle. La civ.iJisation industrielle, cette civilisation qui exige de grandes ma..<aSesd'ouvriers, de "fourmis travailleuses • de « coolies », cette civilisation où la qua.ntité triomphe grossièrement de la qualité, n'est pas le fait de nos Français, dont l'économie est restée, en pré. domiuance, rurale, et qui son.t trop art.istes pour aimer ces grosses ceuvres de la grande i.ndustrie moderne, dont le caractère· massif et colossal leur parait essentiellement antiesthétique. Je lis dans le cahier de M. Drieu La Rochelle l' expression v,iolente et amère de ce dégoGt : • Les capitaines d'industrie qni <lirigent !es démocraties plus on moins médiatement, par !es avocats d'affaires, ]es experts et !es journalistes; ]es dictateurs commu.nistes flanqués de techniciens bourgeois, sont !es memes tetes; sous des bonnets blancs ou rouges ... Tous se promènent satisfaits clan cet. enfer incroyable, cette illusion énorm.e, cel univers de camelole, qu'est le monde moderne, où bientéìt plus une lueur spirituelle ne pénétrera ... Nous nous valons tous, nous somm~s tous les memes, tous actionnaires de la Société moderne industrielle au capita! de mJ,lliards en papier et de milliers d'heures de travail fastidieux et vain. Que ce soit à Kharkov, ou à Pantin, à Shangai ou à Philadelphie, c'est la meme chose, n'est ce pas? partout on travaille en grand dans le carton-piìte et le fer blanc. Lénine àans son Kremlin songe-l-il à mie mare a!Jaire que cel/,e qui occupe Stim,es ou Schwab? Le meilleur rendement • (p. 90-91). Le monde entier est emporté dans un vertige industrie! et capitaliste; la civilisation devient de plus ,en plus utilitaire : nous, vieille civilisatiou bourgeoise rurale, nous hésitons à nous lancer à notre tour dall.S ce tourbillon que nos moeurs et nos gof1ts trouvent laid et immodéré, et, d'inst~nct, ou plutot par volo.nté uettement arretée, nous proportionnons nos facultés prolifiques à notre faculté industrielle retardataire et nous restons co=e à l'écart de ce que !'on appelle, peut-etre très prétentieusement, le grand progrès moderne. Nous avons choisi : nous préférnns décidément la qualité à la quantité; que d'autres proliférent et s'industrialisent à outrance; nous, nous restons uu peu. pie de rurau.,, dont l' économie sage et prévoyante, n'aimaut guère !es aventures et les grandes spéculations, préfère dépe.nser moins, que procluire davantage, et pratique systémiatiquement le reslreint ·1·1wral. de Malthus. Nous avons résoln d'une façon très simplè le prnblème de la popalation posé tragiquement par le fameux révérend anglais: au ba.nquet de la vii.efrançaise, il n'y aura pas de bouches en quantités superflues et ruineuses; nos fils uniques ne seront pas des prblétaires, mais de sages bourgeo·is, com.me leurs pères. On aura beau nous dire, (et la guerre aura beau avoir mis daus un relief tragique notre insuffisa.nçe numéi-ique), que cette solution gue nous donnons au problème de la population est infiniment clangereuse, et r,isque de compromettre à fond notre avenir natioual et racial; l'Etat aura beau essayer de galvaniser nn peu notre léthargie prolifique; et des, mo1·aliste3, on des nationali;5tes, ceux. 91 là au nom des bonnes mceurs, ceux-ci an nom de l'i.ntérét uationa.l, auront beau dénoncer véhémentement le péril ; nous restons sourds _à leurs_ appels,. qui n'arrivent qu'à nous fatte sounre et gru n'ébranlent en rien la conviction où nous sommes désormais bien ancrés, que nous avons don.né à un problème complexe et tragique la solution la plus simple, la plus pratique et la plus commode la solution_ par l'abstention, par la mesur; tout ;u motns, et uue mesure si juste, qu'elle depasse surement le but • mais co=e dit Molière, dans la jusle m~sure ~ .ne ]es voit jamais: les, ce _sont_leshommes en géJié- :al_; et les Français, sl pondérés, ont cédé ev1demment sur ce point à ce qu.'on pourrait appeler le verlige de i' économie, la virtuosité dans l'éco.nomie ... On iosistera peut-étre, on dira : prenez garde, Français; vous préfèrez la qualité à la quantité, et vous n'avez saus doute pas tort; mais étes-vous sGrs de conserver méme la qualilé? Ne faut-il pas avoir aussi la quantité pour garder cette qualilé? La qualité s'o~tient par la sélection; mais, pour qu'il y a1t sélection, il faut qu'il y ait quantité; quand, dans un concours, !es candidats se raréfient et n'atteignent mème plus le nombre des places à pourvoir, le niveau du concours, forcément, s'abaisse, et !es places, fut.alement pourvues, le sont de titulaires médiocres. Vous-memes, ne l' oubliez pas, c:est qmmd vous eiites aussi la quantité, c est-à-dire aux XVII.e et XVIII.e siècles, où vous teniez la tete, numériquement, en Europe, que vous eutes la qualité; l'Europe, au XVIII.e siècle, fut française; la culture européenne fut une annexe de la culture fra.nçaise, et ]es armes françaises purent aller jusqu'à Moscou, précisément parce que vous étiez le nombre, et que, de cette abondance, jaillissait, tout n.aturel!ement une qualité supérieure. Le génie, n'est-~e-pas une puissance de vitalité exceptionnelle u.ne sorte d'élan -z,-ital d'une intensité extr~rdiuaire; et, comment, à produire la vie au comine-goutte, avec cette trop sage parcimome, en entravant ai11Sisystématiquement l'élan vita! et créateur, cela n'amènerait-il pas une raréfaclion du génie lui-méme? Si l' on faisait une statistique sérieuse à ce point de vue, peut-etre trouverait--Oll que preque tous les gra.nds génies sont issus de familles nom.breuses. Con.fiance dans la vie, optim.,sme robuste, bardi~ créatrice - voilà !es qualités qui font le génie - et non cette avarice un peu sordide, ce reslreint, qui ne peuvent aboutir qu'à 4 mediocrité bourgeoise et, finalement, à la nullité. L'art d'un Debussy, sans doute est exquis et rafliné, mais co=ent le c~mparer à un Beethoven ou à un Wagner, dont la nchesse, la puissance, la luxuriance de sèves, sonf celles, non du talent mais du génie dans tonte la force du terme? Un Flau. bert est un artiste consommé, mais comment pourrait-il soutenir la confrontation avec un • Dostoiewski? Chez !es mcilleurs ·de vos artistes, il y a comme une secrète impuissance et il s'en dégage comme un ennui subtil et morte], où l'iìme se déssèche; ce sont des ·mlellecluels q-u.intessenciés, mais ce ne sont pas de grandes ames religieuses; leur ,irt est de ~énacle, ce u'est pas le grand art; et vos art1stes, loin _dupeuple et de l'lt,vie, s'en. fermen t, pess1m1stes et désolés, dans une sohtnde terni,blement stérilisante • aussi cent trente ans aprèSl votre grande 'Révol;,,lion.. o.n vous voit par un recul inouiJ et une sorte de gageure de réactiou utopique et désespé- . rée, prendre la tète en Europe de la ContreRévolution !• Mesure de la France: cette mesure apparait décidément comm.e une mesw::e tonte alexandrine. Or, Nietzsche nous !'a ensei- · gn_é: Apollo.n lui-meme, sans Dionysos, v:01tsa force s_etarir, et tombe dans l'égyptic1sme; sa ra,i,sonet sa mesure ne sont plus que stérilité, jusqu'au jour où un p1111Ssant fin."'.dionysien vient redonner la vie à cette sagesse momifiée. La France, en refusant de donner à ses facultés prolifiques et industrielles tout Jeur essor, se condamne à une ''.i";ralentie, bientéìt trop rairéfiée, ·où la qua. hte elle-meme va se perda.nt, et, finalement c' est le suicide. (conlintw). E. BERTH. PIERO EiOBETTI- Editori::! T□ RIN □ - Via XX Setlembre, 6□ . ìVIentre Nazio,!alfascisnio di Lu.io-i Salvatore Ili giunge al III nugliaio annunciamo~ai lettori che IL fascismo di M. Vinciguerra, Gerarchie sindacali di U. Formentini, Badoglio a Caporetto di N. PaI?afava, Dal bolscevismo al fascismo di P. Gobetti_, Il prablema italiano di A. Di Staso sono esatmtl e. non potremo soddisfare le molte riclneste pnma del settembre. Qualche copia rimane presso i librai. • ·A chi ci manda cartolina -vaglia di Lire 16 spediremo: L. Salrntorelli: Nazionalfascismo . . G. Stolti : La Basilicata senza scuole P.. _Gobetti: La filosofia politica. di k1/tono lilj,eri ... L. 7,50 L. 6,oo L. 6,w

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