4.8 Il congrrzssodrzipopolari Democrazia cristiana. : ecco· la frase che più frequente tornava sulle bocche degli oratori e della iolla nel recente congresso del partito popolare : sotto la buffa dire2,ione dell'on. Rodinò, felice dell'auto,;tà presidenziale e dei due canipanelli, la grida,·ano i sinistri, la ripetevano i destri, la dmfermava e ribadiva don Sturz.o, sl che nel confuso tumulto delle tendenze essa appariva some un'oasi pacifica e incontroversa, un punto di contatto e di comunanza sufficiente a legare uomiui di classi, di regioni, di tendenze diverse. li voto quasi unanhne che decretò il trionfo a Don Sturno non fu che una riaffermazione di questa unanimità fondamentale e primitiva. Non essendo stata la <liscussione che una serie ili <livagazioni intese a colorire questa frase di un colore piit ,·iolento, in modo da poterne dedurre in sede piit strettamente politica il fascismo o l'antifascismo, non fu difficile al prete siciliano riportare i più accesi al consenso rou l'abile medietà della sua posi2,ione. Ma la formula del democratismo cristiano se vale a illuminare nettamente le basi sociali del partito e farle considerare in printissimo piano, non è sufficiente a dare una chiara direttiva di condotta nei riguardi dei problemi politici dell'ora. Qui per un partito che non può dirsi nè -filofascista uè antifascista, nè co1laborazionista nè anticollaboraz.ionista, tutto si riduce a una abilità di equilibrio, a una consen·az-ione- de11a propria fisonomia attraverso il compromesso e l'adattamento. Secondo le app<1renze a cui molti si fermano, il partito popolare donebbe essere orofon<lameute, irriducibilmente antifascista1 Ì>erchè democratico 1 e perchè cristiano, dovrebbe Yedere con occhio ·assai benevolo la politica cattolica di :vrussolini. E' Yero anche, e piuttosto 1 il contrario: de\·e co11aborare con la tifannide, appunto perchè democratico, per tutelare i proprii sindacati, le proprie forz.e popolari, ed assicurarsi la pace necessaria al lavorio organizzath·o ; ma essendo cristiano de,e opporsi al governo, perchè la questione dei rapporti fra stato e chiesa, sua essenziale ragione di "rita, non giunga a troppo affrettate soluzioni. Essendo Yere le tesi opposte 1 necessarie le posizioni più antitetiche, Ja politica popolare non può essere che un giocò inteso a guadagnar tempo, a realizzare per interposte persone, ad av-talersi di vittorie e di ro- ,·esci, rifuggendo dalle posizioni nette, dalle affermazioni troppo concrete e risolute, che possono compromettere e legare. li <liscorso Gran<li fu la chiara rivelaz.ione di questa necessità: con la sua vocetta stridula il deputato organinatore fece ben comprendere alle sinistre democratiche mig1ioline antifasciste come il democratismo rende"sse necessaria 1a collaborazione: che il cristianesimo fosse oggi antifascismo rumostrarono le urla del congresso contro l'unione Cornaggia e il consen·atorismo clericaleggiante. li fascismo, ça passe. Ma tutti sentivano la necessità dell'astuzia in una lotta su un terreno così s<lrucciolevole, e interpretavano il comune pensiero quei poveri oratori siciliani 1 \·enuti da p<1eselli perduti attorno a Girgenti o a Siracusa a proclamare il governo fascista negazione di Dio, ma a finire tutti i discorsi in gloria a don Sturw. Ci fu uno, con baffi e pizzo alla Goffredo )1ame1i, cravatta bianca e abito nero di taglio romantico, col dso pieno dell'arder ritenuto e febbrile siciliano, che propose ad<lirittura i pieni poteri a don Sturw. Il congresso rise per la crud~,..za della proposta, ma in effetto la approvò dopo a,·erla con<lita di belle frasi e ancora di molti discorsi. I pieni poteri a don Sturzo si giustificano anche percbè nessuno saprebbe con efficacia sostituirlo: la sua superiorità su tutti i pezzi grossi del partito appare a luce meri<liana a chi pur rapidamente consideri e confronti. Gli onorevoli soprattutto fecero al Congresso una figura veramente m.eschina: l'on. Degni 1 con la sua faccettina che sembra una stiacciatella sl che uon si capisce dove possa essersi rifugiato il cervello; l'on. Tovini che non per nulla rassomiglia alcun poco a Salandra, con gli occhi a borsa e la bocca sguaiata, che pare mastichi uno stecchino dopo un pasto troppo abbondante e vinoso; pronto alle fughe e alle ritirate troppo scoperte; l'on. Pestalozza con la sua aria da scolaretto ostinato, furono verament.e infelici; nè molto li superarono il gros.so Martin; e il lindo ::11:auri,poco abile nel suo di.scorso di sinistra. Dc Gas peri, freddo, sarcastico e burocratico aiutò con mediocre abilità il gi<Y"...ocli don Sturzo. Asciutto e occl,ialuto è privo d'intuito e <li agilità, qualità che si leggono in·vece sul viso di don Sturzo, femminile, mobile, espressivo. T destri poterono fare pochissimo, indeboliti e rovinati dalle mosse false mussoliniane precedenti il congr~so: della quali seppe benissimo approfittare don Sturzo, appoggiato dai congressisti urlanti. L'ala sinistra del partito, <liretta e sorvegliata dal cranio lucido e dagli occhiali azzurrini di '.lliglioli, nascosto in un palco, ebbe una certa efficacia; ma fu eccessiva, demagogica, non sempre coerente. Del resto la differenza fra sinistri, destri e centristi è bc-n poca: hanno tutti persino lo ste;so viso, la stesoa bocca storta: il partito ha un'unità quasi di razza. LA RIVOLUZIONE LIBERALE Unità che nei,puxe il fascismo potrà scindere, continuando· i popolari nella loro politica di \"OIuta indecisione. Raccolti alla difesa delle proprie basi sociali attorno alla bandiera della democrazia cristiana i accentuato il carattere aconfessionale del partito, epperciò appoggiato dal Vaticano, i popolari considera.no la politica come. una pura questione di tattica. Perciò supereranno agilmente le più gravi sconfitte: nè li turberà la grossa questione della riforma elettorale. Quando un a<liposo casertano, sbracciandosi e stralunando gli occhi poneva, congestionato, il dilemma : o proporz.ionale o opposizione; il congresso si sentiva, e giusta.meute, a disagio. Jl partito popolare 11011 può essere intransigente, coerentc1 lineare, che se cosi fossc 1 non sarebbe 11 partito popolare. Se oggi esso soltanto è rimasto a difeudere la libertà, la sua difesa uon può essere uè dstosa nè recisa; a lui solo è concesso di so,·passare senza troppe perdite i perio.di più osc#uri, collaborando coi pit\ d:iversi partiti 1 senza snaturarsi nè 1norire. Al di sopr<1 cli questi c01npro1nessi resta.no soltanto le qualità personali cli Sturw, fermato dalle circostanze inesorabili al suo posto di superstite clel liberalismo italiano. * Contraddizioni liberiste Luigi Einaudi non è un formalista e von·à ammettere che uno scolaro pol~izzi con uu ì\faestro. In un articolo che non rinnego rilevai akune palesi contraddizioni degli economisti liberali del movimento operaio. Il Prof. Einaudi 1 non entrando in merito, sollevò una eccezione pregiudiziale in linea di metodo che si coru.pencliava in un pedagogico « fu.ori i testi !». Rispondo: 1) Contradcliziou~ nel voler applicare i p1i11cipii della libertà <li organizzaz.ione e <li concorrenza ad un movimento che, come quello sindacale, trova la sua base, il suo elemento vitale, nello sforzo costante di eliminare ]a concorrenza tra i membri detentori della forza-larnro. Cito un chiaro economista che si professa liberale: Giuseppe Prato. Dopo aver ricordato come ]'economia classica osteggiò in un primo tempo le organizzazioni operaie (la documentazioue si può trovare per esteso nel volume dei Webb: Industria] Democracy) egli si arresta in uua posizione intermedia, clifficilmente sostenibile 1 affermando che colla creazione delle leghe operaie 1 siano pure esse in concorrenza tra ]oro - concorrenza del resto augurabile - viene assicurata ]a. eguaglianza in posizione strategica dei due contraenti 1 offerenti e datori di lavoro. Dimenticando come ormai 1 ne] campo dei datori di Ja,;-oro, anehe limitandosi al nostro paese, la tendenza. unitaria ha trionfato. Si ricordi il caso Maz7..onis ! ~ou mi soffermerò sulle contradilizioni interne di questo scritto~e (vedi ad es. i due articoli in , Gerarchia•• 25 Settembre 1922 e Febbraio 1923) che dopo aver combattuto aspramente per piit di dieci anni (Il protezionism9 operaio : Torino 1 19ro; • Stille premesse economiche del contratto cli laYoro », Bocca .ed., Torino 1916, ecc.) ]e aristocrazie sindacali socialiste e non sempre a torto, patrocina ora mia sorta di sinclacalis1no di élites che ne costituirebbe più che un classico doppione. Lamenta che il fascismo assorba Je masse seuza una « adeguata selezione li. « Il peso morto - egli dice - di codesta turba avventizia potrebbe riserbare alJa eletta schjera suscitatrice e guidatrice della ri,olta ideale rlelle origini, amare delusioni e tristi sorpn~se 11. ILPr:Ùo sembra non comprendere che legge immanente del sindacato è di tendere ad assorbire f utti g1i elementi della categoria. Come si fa cl 'altronde a rifiutarne una parte 1 se il rifiutarla significa scavarsi co1le proprie inani la fossa o nominarsi i sicuri successori? 11sindacato ha da essere necessariamente aHertd a tutti 1 1Jecessariamente democratico, se vuole ottenere un quakhe effetto nel campo economico. 11 Cabiati insiste su questo punto, con copia cli argornenti 1 da più cli quindici anni, e le c~perieuz.e attuali non sembrano da1·gli torto. 11 cHre, come fa il Prato, che « l 'organiz1.,azione opc1·aia agogua continuamente, ma non raggiuuge mai, per le forze inibitrici spontanee sprigioJtate dalla sua stes!-a azione 1 uu ,·ero monopolio ... • (art. cit. pag. 495) è ,·erilà sacrosanta. ~fa il Prof. Prato mi insegna che u11i.tà non significa sempre 11umopolio; il quale ultimo, tutto sommato 1 appare irraggiungibile stabilmente nel regime attuale. Insomma la questione non sta tanto tra concorrenza e monopolio, ma tra concorrenza cd unità nel moto operaio. E del resto la pratica lo conferma a chiare note. Una concorrenza reale tra leghe simili non segue che in periocli di cri-. sii e pilt che concorrenza rappresenta l'applicazione del classico « le\·ati di qui ,ci ':O' star io J •· 2) Condraddizione nel negare il fatto lotta di cJassi predicando Ja co11aborazione, } 'intesa tra le medesime, ;,er poi gridare al e cmcifige , non appena iJ verbo collaborazionista riceve applicazi 1 'Jlte. Ricordo due articoli del Prof. Einaudi che mi fecero molta impressione (, Corriere della Sera, : JI-g-1922 e 18-9-1922). Nel primo si negava ]a lotta di classe p<1rtodella , doltrinella marxista , e si domandava: • Quanti fascisti e ba,lonatori d'oggi sono i figli degli , evangelici , socialisti di ieri? E non è ridicola, dinanzi a questi fatti, la celebrazione clel mistero della lotta di classe tra due classi 1'una contro l'altra armate sino I al1o sterminio? ,. ]Ifa una settimana dopo il mistero si svelava e il Prof. Einaudi era costretto a scendere in campo contro il collaborazionismo fascista pei fatti di Livorno (concordato tra fascisti e cantiere Orlando). di Siena e di Budrio, ossernndo amaramente: , Non sembra che la nuova collaborazione (chi mai la invocò? n. d,. s.) abbia sostan,,ialmente connotati molto diversi da quelli della vecchia lotta di classe. Quando i fascisti prendono le p<1rti di un <<!rto gruppo operaio o contadino, se l'industriale o l'agricoltore non l,; cede subito, sono botte da 01·bi 11. Naturalmente : chi proclama di porre a base della propria ai,ione (sindacalismo fascista) il principio della subord,inazione degli interessi della categoria o della classe a quelli della Na2,ione, una volta entrato in lotta 11011 può ammettere opposizione pel fatto stesso di rappresentare l'interesse nazionale! Come si rimpiangerà il gretto spirito bottegaio delle organizzazioni socialiste che almeuo avevano la franchezza cli scendere su] terreno armate del loro interesse particolare! Ma v'è di più. Il Prof. Einaudi è andato denunciando da molti anni i casi di accordi tra categorie operaie e categorie padronali (ad es. siderurgici) per lo sfruttamento della collettività attraYerso sussidii tariffe doganali, ecc. 1 ecc. Io sostengo che questi casi di innegabile « parassitismo , sono fatali laddo,·e trionfa una concezione pttrainente collaborazionista dei rapporti sociali. Se si nega il legame e la solidarietà di classe, se si fa delli categoria e cle1Pindividuo una forza a sè 1 avulsa dalla massa oFganizzata, se si riconosce che ogni categoria agisce in base ai snoi particolari interessi, come negare che all'atto pratico le due parti, le due organizzazioni un tempo contrastanti, non si accorderanno per sfruttare la collettività? Ma questa non è collaborazione, si dirà. Si, è collaborazione 1 anzi è 1a ragione prima ·se non unica della co11aborazione. 3) Non ho mai pensato ne scritto - e quindi sarebbe difficile darne prova coi testi, se si tolgono il Bastiat, il De l\1o1inari, i) Leroy-Beaulieu 1 ,·ale a dfre autentici ecbuomisti liberali sia pure classificati tra i cosidetti ottim.istj, - che la scienza economica si fon.da sul « doima » della libera conCorrenza, del libero giuoco delie forze economiche. A 1 coutrario ! Io ho parlato di econonii-sti liberal i che basano la sClenza economica su tale dogma ... Certo 1 <la un punto di \'.ista astratto, in economia pura 1 esiste ed una economia e un prezzo ili concon-euza ed una economia ed nn prezzo di monop0lio 1 di -fruutc ai quali uno scienziato de,;:e mantenersi iudiffereute. Pareto 1 ad es. 1 ha esaminato, ne] suo Cou.rs d'Ec. Poi.. tanto famoso, una economia colletti vistica 1 indipendentemente da ogni giudizio di meiito. ~fa siccome la scienza econom'ica e soprattutto gli economisti non a- ~traggouo dalla realtà 1 ed anzi tendono, com'è iogico, ad applicare le resultanze dei loro studi teorici alìa pratica 1 e siccome essi credono (Parlo ora dei libera1i)i in base anohe a dimostrazioni che :.;embnmo rigorosissiJne, che il principio de11a libera. c:011corren1.avalga generalmente acl assicurare il massimo eclouistko collettivo, così in praticai iu economia applicata - cle11aquale appunto parla,·:i.mo -- 1 sono portati a ritenere scienti• fico quel principio ch'essi riteJJgono più utile alla colletti dtà concla1111anclocome antiscientifico quello contrario. ~on sarebbe però male riprenò.ere in esame la affermaz.io11e1 che troppo spesso tende ad autonomiz.zaTsi dalJa sua fonte primith·a (dimostrazione) e quindi a tradursi iu dogma, de1la pretesa superiorità in tntti o quasi tutti i casi, dal punto di ,·ista dell'interesse della colletthità, del regime di concorrenza su quello di monopolio. Almeno in quakhc caso1 e qui si potrebbero citare il Barone e il Pantaleoui, sembra che il principio sia impugnabile. Troppo spesso si è disprezzato un. E"lemento fondamr:utale, Yale a dire il costo de1la concorrenza, la perdita secca che ne risente Ja società in energie, in fattori procluttivi 1 in efficienz:i e d.ime1Jsioni de11eimprese. (Già assai spesso 1a concorre1na si riduce ad un mito 1 proprio laddove piit ci si illude di riscontrarla). 4) L'tLso, tanto biasimatomi, della formula, libero giuoco delle forze economiche , che costituisce n~ più uè meno che il sinonimo de11a formula • 1ibcra concorrenza » e che io usava in reJa1.ione agli economisti liberali, significava l'anti-inten·eulismo statale in uu regime fondato sul princiJJÌO ùclJa concorrenza appJicato ad individtti e forze scmovcntesi in base al loro particolare- interesse. Le frasi • corso naturale c1e11ecose,, e ordine naturale », « ]ibera concorrenza »1 e leggi naturali 11, si riotracciauo ad ogni piè sospinto in senso affermati\'o ,su pei libri degli economisti classici che almeno in parte ho studiati. Dice ad es. il Say (Cours complet d'Ec. Poi. pratique, Bruxelles, 1840, pag. 261) : , C'est des efforls auxquels cbacun se livre dans sa sphère, sclon les projets dont il a conçu le pian, selon la manière dont il en poursuit l 'execution, que nait l'ordre général. Au milieu d'une libre concurrcnce mieux un industiicux défend ses intérèts privés, ei mieux il sert la fortune nationale. Toute interpositiou d'une autorité nuit au but, qui est rle 1:,roduire, parce que nulle autorité ne'peµt s'y connaitre assi bieu que le particulier •· ~ Tanto è convinto J. B. Say della grande efficaci; del libero giuoto delle forze economiche, cbe talvolta il lettore (acl es. pag. 182, op. cit.) è portato a considerare i] contrabbauclo una funzione sodalmeate utilissima. Cosi pure nel Say sf parla sovente cli le,f:fgi nat·zwali a11e quali non ci si può ribellare (pag. 2, op. cit.). Cosi ad es. per la proprietà privata. E più innanzi: « Or c'est I.a counaissauce de ces lois naturel !es et consta.ntes sans ]esquclles les sociétés hwua.:iues ne sauraient subsister, qui constitue cette nouvelle science que l 'on a designée par le aom d'économie politique >. E a pag. 6: • Quiconque agit au dépit des lois de la nature 11 'épreuve qne des désastres ». E ne.I Trnilé d'Ec. Pol. (ed. italiana in Bibl. dell'• Econo1nista », pag. ro7): « L'lnteresse person~e è il miglior giudice ne1la scelt.:'l della proùuz10!lc ~- ))'accordo collo Smith riteneva cbe il vautagg10 economico dell'individuo coincfrlesse con que!lo della società. (Qui mi sembra che il Dott. Ricc-4.rclo Schiiller non vedesse sempre ginsto). E per Yenjre infine ad u.n econon1ista liberale moderno, il Leroy-BeauJieu, ecco co1ne parta d.el1a concorrenza: « La concorrenza è un fenomeno econontico per eccellenza.: si è potuto dire che, senza cli essa, la Econon1ia Po1itica 1 co1ne scie:1- ,-.,a, 11011 esisterebbe 11. (Ho allora il diritto di affenuare che 1 ahneno per m1 economista liberale - vi s0110poi il Bastiate il De ìVIolinarÌ - principio fondamenta.Je della scienza economica è la libera co11correnza ?). E più oltre, sempre il L. B.: ii La concorrenza è il solo regime che sia normale. il so]o che assicuri -il progresso indefinito e regolare». (Trattato d; Econo,nia Politica, trad. in Bib!• del!', Economista•• pagg. 437 e 472, I voi.). Qu.i 1ni fermo1 per d-ae ragioni. Primo, perchè a nl.Ìo avviso il Say è il capo più autentico della scuola Jibe.rale in economia 1 oggi a torto troppo dimenticato; secondo 1 percbè spero di aver mostrato al Sen. Einaudi che scrivendo l'articolo in-- crin1inato ave\·o presenti i testi da 1ui inYocati. CARLORoss,u,r. Pmno GoBETII - Direttore-responsabUe 0.G.E.B. - Corso Principe Oddone, 34 - Torino. PIERO 6□BETTI - Editor~ TORINO - Uia XX Sett!!mbr!!, Ei □ :Jn vendila: P. Gom,"l"TI LA FILOSOFIA POLITICA DI V. ALFIERI Li.-e 6 A. Dr STASO IL PROBLEMA ITALIANO Lire r,50 Dom,;ao MoBAC EPISTOLA SERMONEUGIANTE ALLA SOOIETA' DEGLI A.POTI l...ire 2 ENERGIE NOVE l 918 - 1920 Collez. compi., I voi. di p. 450 in 8° grande su 2 col. Lire 30 con scritti di L. E1x.AUD1, GIOYAN:SI GE~7.'ILE, AN-- GELO TASCA, Ax1'0NIO G11A;,1sc1, G. PRATO, u. FonMF.STJsi, S. 0AR.A)l.ELLA 1 ECC. Disuanibili copie dei numeri 1 2 3 4 5 9, 10 (la ...serie) li 3, 5, 6, 7..,8, 101 11 \211. 'se;ie)' ' Lire 0,'liO ciascuno :Jmminenfi: Collezione" POl!E~HGliE ,, N. l N. PAPAF-<VA BA DOGLIO. A CAPO RETTO Lire 4 N. 2 li. FORMENTlNI GERAROHIE SINDACALI Lire a N. 3 P. GOBETTI DAL BOLSCEV 181"10 AL FASCISMO Lire 3 Per gli abbonati alla Rivoluzione Liberale 3 volumi Lire li GIUSEPPE STOL¼'l LA BASILICATA SENZA SCUOLE Lire 6 Edizionid'attte ImLICE C.ASORATI - PITTORE 50 opere con testo critico di P. Gom.".l'TI Lire IO
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