La Rivoluzione Liberale - anno II - n. 9 - 10 aprile 1923

.,.. CONTO GORRENTE POSTALE RIVISTI\ STORICI\ SETTIMI\Nf\LE DI POLITICI\ ESCE Diretta da PIEROGOBETTI- Redazionee Amministrazione: TORINO,Via X.X Settembre,60 Abbonamentoper 111923(con diritto agli arretrati) L. 20 • EsteroL. 30 • SostenitoreL.100• Un numeroL. O,SQ IL MARTEDÌ Anno II ,., N. 9 - 10 Aprile 19.23 SO'Ll:M:ARIO: A. lloNTJ- P. G.: ll liberollsmo e le masse - L. LrirnNTANI ·A.MONTI. P. GonETTl: Polemica Seolastiea - L. E.l!!AUDI: Esegesi delle tonti - S. CARAl!El..LA: A, C. De )[eis - Li indiscreeioni di Ca7,dido • Dal heeuiao •1 Poeoenunte. Il liberalismo e le masse S11 questo proble,11-ll deside,-eremn,o conoscere 1! jie11siero degli an,ici. I. Si svolge fra Corriere della sera e Sta.mpa, una assai importante discussione sulla vivacità e possibilità del liberalismo come partito di masse o, IJÌÙ semplicemente, come partito politico: la Slampa riterrebbe che liberalismo non possa essere che democrazia o social-democrazia, il Corrie-,e, o meglio Luigi Albertini, sarebbe invece d'avviso che liberalismo possa ancora essere un partito di masse senz.a:--"accodarsia nessuna democrazia, e serbando intatto il suo patrimonio òi idee e di dottrine. Io, modestamente, credo che dei due più nel -..ero sia il sen. Albertini; e questo credo non solo per r'agioni teoriche, ma anche, e più, per ragioni di esperienza pratica. Il tentativo di creare intorno ad un programma essenzialmente liberale un movimento politico, che avesse i suoi gregari fra le moltitudini operaie e piccolo-borghesi, è stato fatto recentemente in Italia da quei sal"venz.ir1-ian.i, che nell'immediato dopo •guen·a crearo1;10e diressero in varie parti d'Italia (Bari, Brescia, Genova, Molise, Sardegna) il movimento politiéo autonomo dei combattenti. Basi del programma offerto da questi giovani alle masse dei reduci furono appunto q~lle su cui il sen. A]bertini Yorrebbe assi<lere l'azione liberale in Ita1ia : riconoscimento dei diritti dell'Italia vittoriosa in guerra senza infatuazioni nazionaliste; opposiziol},e al11« intervenzionismo • dello Stato nelle cose dei commerci, delle industrie e della vita locale; lotta a oltran2a contro ogni protezionismo esercitato a faYore iii gruppi privilegiati sia padronali che operai. Come esperimento della capacità che l'idea libetale conserva di richiamare a sè i consensi delle e :masse » e, mutuamente della disposizione di codeste « masse li a intendere l'iclea liberale, il tentativo suddetto è stato dei più felici: dappertutto dove si son trovati elementi abbastanza edotti del programma e forniti di abilità « propagandista», il buon successo è stato immancabile, e le mas·se, specie nei luoghi vergini (mezzogiorno rurale, zone agricole di piccola e media proprietà, media e piccola borghesia cittadina) han dato chiari indizi della loro simpatia per le idee che venivan loro predicate. E adesso, dopo il ciclone fascista, chi torna in quei luoghi, sente ripetere, anche dalla gente che allora rimase ostile al movimento, perchè già inquadrata dai e ras· sj , , che « quella era la via buon.a » e « che fu 11,n peccato non a--tJerlaseg1t.ita t1,tti ». Il n1ovimento politico dei combattenti, che io chiamo salvemin.ia.110, ma che si potrebbe chiamare benissimo liberale, ha dimostrato praticamente anche la verità di un altro lato della tesi sostenuta dal seu. Albertini : cioè della possibilità, anzi della necessità che il movimento liberale, per essere movimento di masse, 11011 si confonda con la democrazia. Il movimento dei co111battenti che io dico, cloYe ~i affermò, fu cordialissimamente odiato e asperrimamente combattuto da tutti i pa'rtiti, dal socialista al popolare, dal liberale al democratico; _ma il maggior male glie lo fece dàppertutto la democrazia, la quale (io parlo per Brescia, ma 'dappertutto è accaduto lo stesso), in un primo mou1ento accarezzò, dove c'era, questo n1ovime11to, e, appunto con queste carezze e ostentazioni di _simpatie, gli alienò gran pruie delle masse; e ;01,. 111 u~ secondo motnento, quando i combat- ._enti s:gmtarono a battere sull'antiprotezionismo snlla libertà della scuola, sull'antinazionalismo, allora si buttò al fascismQ, e cou questo fu la più accanita e spietata nel teutativo di stroncarlo. Il 1novi~e11to liberale dei combattenti ora è in tutti i luoghi dove fìorl, o morto o agonizzan~ te: e dappertutto il colpo di grazia glie l'ha recato, dalle elezioni del '21 in qua, il fascismo. E qui la storia postuma di questo effimero ma lnteressantissimo movimento, ci offre un a.ltro insegnamento per l'esame della questione che orà si oliscute. Se il liberalismo Yuole prendere, o riprendere, contatto con le masse, lo potrà fare come e quando vuole; ma ad tw patto: che si ponga ferma• men.te e decisa111ente co»tro il fascismo. In Italia, in un prossimo, e forse immediato, futuro la fortuna sarà per quel partito che saprà, rimanenclo sul terreno della costituzione (della libertà) e della nazione, pigliar coraggiosrunente per ]e corna il nuovo Minota1tro. Se il liberalismo saprà fare questo gesoo, le masse saranno subito con lui, e gli perdoneranno anche gli amoreggiamenti e le indulgenze sue al fascismo, e la fortuna del liberalismo come partito di masse sarà fatta e sarà duratura. AUGUSTO MONTI. II. Il problema della politica futura, partendo dagli spunti di Luigi Albertini, non è di sapere se il liberalismo potrà avere con sè le nwsse 1 dubbio già risolto mentre si propone, ma di determinare q,u,a.li ?nasse potrà e vorrà avere. Domanda che pare veramente un problema più che un progetto o una fantasia se si vuol seguire brevemente il nostro discorso. Dei due termini Iiberal.isnio e denz.ocrazia è cli(- .ticile individuare le differenze se ne discutiamo ricordando gli ambienti <la cui li abbiamo visti scaturire, come sarebbe malagevole e retorico disti~guere con un ragionamento metafisico i due concetti « storici » di eguaglianza e libertà. Se invece I ,osservazione storica si trasporta dal settecento all'ottocento e dall'Europa all'Italia potremo dire che la democrazia ci venne come una forma attenuata di liberalismo, fu il riparo cercato dagli Italiani all'equivoco affrontato invano; e la sostituzione del mito egualitario al mito libertario segnerebbe appunto 1 'inaridirsi dello spirito di iniziati va e di lotta di fronte al prevalere dei sogni di palingenes( e di tranquilla utopia. Un partito liberale privo di una dominante pas• si<me libertaria è nulla più che un partito di governo, una diplomazia per iniziati, che eserciterl la sua funzione tutoria ingannando i governati con le transazioni e con gli artifici della politica sociale. La pratica giolittiana poteva essere liberale solo in questo senso conservatore, e la politica collaborazionista proposta da La Stampa, non salvava il liberalismo, ma le istituzioni, tenendo conto non del movimento operaio, ma dello spirito piccolo borghese del partito socialista. Di fronte al problema storico la democrazia socialista di Frassati e il liberalismo dei consumatori di Albertini sono conservatori secondo una mis1ua identica, diversamente atteggiata per la dirersa psicologia delle due città da cui sorgono. Dopo l'arte demiurgica di Cavour, l'Italia resta priva di una tradizione liberale perchè i liberali nor. risolvono nella loro logica i problemi del movimento operaio, la sola forza che rinnovando l'equilibrio sociale potrebbe risuscitare 'un mito libertario. • Ma da Sonnino (Rassegna settimana/.e, 1878) a Giolitti il problema sociale, quando non è negato in nome di un assolutismo reazionario è trattato dai capi liberali quale un problema di beneficenza e si parla di assistere le masse per diminuirne i dolori e le possibilità di ribellione. I casi di scrittori eretici cbe dal concetto di libertà di sciopero fossero tratti a considerazioni più complesse di azione politica restano singolari : appena si potrebbero citare le cronache di Frane-escoPapafava e i primi scritti di Luigi Einaudi. Economisti e politici hanno sempre preferito rivolgersi al consumatore, che è figura meramente logica, grossolana, parassitaria e apolitica. Gli sforzi dei liberisti per dare una cosciellZa ai consumatori dovettero quindi restare vani, ~rchè il consumatore è un elemento di calcolo, nOD un individuo capace come tale di coscienza politica. Luigi Albertini ha ragione di inrncare la rinascita dello spirito liberale contro il fascismo. La morale del liberalismo è eroica e realistica, produttrice per un processo di ascesi; la morale fascista vuole la pace sociale, la rinuncia alle iniziative, la tutela del go,·erno paterno: quella è rigoristica e autonomista; questa socialista e utopistica. L'antitesi non potrebbe scoppiare più vigorosa. Luigi Albertini ha ragione di opporre al fascismo le stesse critiche che opponeva al turatismo. 1\1:ussolininon ha da rimproYerarsi troppe incostanze sul suo passato. Xonostante il suo temperamento di illogico, cli intuizionista è resta. to un social-riformista malato dell'estremismo di cui parla Lenin . Ma percbè si possa discorrere di azione liberale Luigi Albertini deve rispondere al nostro dilemma : o accettare la lotta di classe e chiama,e gli operai al mito libertario o accontentarsi di fascismo, palingenesi collaborazionista e mor.aie social-democratica. p. g. POLEMICA s-coLASTICA I. Gli argomenti del lVIondolfo e del Lime.ntanil contro il Gentile non sono i nostri. Noi potremmo accettarne la critica ali' esame d•i •Stato, alla quale tuttavw. si può rispondere distinguendo risolutamente secondo una logica liberale tra le due funzioni di maestro ed esaminatore -come fece l'Einaudi su queste colonne in un articolo che nessuno osò discutere e che resta uno degl-" scriiitti più profondi e decisivi in materia. Invece le nostre idee su la libertà della scuola e la riduzione delle scuole p,u.bbliche sono diverse da quelle prop,u.gnate dal Gentile solo perchè più radicalmente liberali e decisamente scettiche nella candida pretesa cli ottenere la· libertà della scuola da w1 governo dittatoriale. Ma questi d.il.5sensi e queste differenze risu.1- -teranno megliq dalla discussione che il nostro amico Limentani ha il merito cli avere iniziata. II. r. -Le discussioni intorno alla riforma Gentile possono a.qu.est'ora.sem,brare in.utili. Agli scettici, ammaestrati dalla esperienza della vanità delle parziali imw11aziioniintrodotte negli ultimi a.n-ni, e agli avversari, che deprecano il proposto sistema in nome delle proprie diverse concezioni politiche e pedagogiche, allro rum resta 01·-ma,i, che chinare il' capo e aspettare di ricevere, i,.-na.-mattina o l'altra, dalla. leltura. del giornale, la, notizia del fatto compiu.to. E ci si se1,tirebbe portai.i a esclamare: « Be1i venga. l'esperimento !» se il co1·pusvile che all'esperimento deve prestarsi 1wn fosse la scuola, e però la nuova generaz-ione. E' da augura1·e clie quanti dovramio dare la.propria. opera a.llp.applicazione della legge, 11isi accingano con lealtà di proposito e cordiale spirito d,i collaborazione. Ma, oggi ancora., la franca espressio11edel dissenso 1wn,può dirsi del ti.,/1,o ziosa, se per essa si r-iesca.,oltre che a separare nettamente le responsab·il.ità, a illunvina.re la opinione pubblica sopra. gli equivoci che il p1·ogramnw dei rifornw.t01··icela nelle sue pieghe e i pericoli che sov-ra.sta.11-0al.la Sciwla e ali.o Stato. • Intendimento fondamenta.le- del ì\-fo1istro è di ~ntrodurre nel campo scolastico il pl'Ìncipio della libera concorrenza., con l'abolizione di quei privilegi, a. t01·to chiamati monopolistici, che il 1,,igente ord,in,amento riserva agi.i Istitut·i governati1,-i. E lo scopo si dovrebbe raggiungere, in pMticolare, con la introduzione dell'esame di stato, con ,la. limitazione del numero di alu.m14:da. ammettere nelle scuole dello Stato. 2. - Sopra quesl-i tre punti svolge 11ettamente le sue apposte ragioni il prof. Rodolfo Mond_olfoin un libro breve di mole ma denso di conte-n,uto, che comprende scritti inediti, e altri già comparsi in vari periodici, fra il '20 e il '22. Non è d.-u-11que11-naimprov- ·uisa.zionepolemica, ma il frnlto di u.n.a.serena. meditazione sopra la. 1w.tura.della fwnzione scolastica. e ·i compiti dello Stato, sopra le malattie che travagliano la scuola. e i rimedi che si. p=a, d,i appresta.re. Quando in questi ultimi Mmi /a. far-mula. < libertà dell.a.scuola» fu lanciata. dai clericali e rapidame,M.eraccolse, per iin fenomeno non nuovo di mimetismo, la.,·ghi non sempre ponderati consensi, taluno manifestò ·ingenuamente la. prop,·ia. sorp1·esa : « Libertà della scuola.? e la sciwla 1101~è forse libera?». L-iber·i gli eàucator·i d'impartire l'insegnamento• sec01i.dola. propria coscienza, di avere la.propria fede o la propria. co-nvinzione, liberi di sentire incertezze e crisi di orienta.melzto, e volgersi sinceramente in altra direzi.one: tanto p-iù liberi: qua.nlo più profondamente co111Sapevolidella. serietà immensa della. verità e della.grandezza del.la funzione che le spetta nella coscienza. Libe,'i pa.rimenti gli, alii.n.n,i;a.nzi la libertà loro è il solo li-mite che inco11tri la libertà del maestro: il processo della educazione si ,·iwlge infa.lti essenzia.lniente a. sp-r-igionnre e mettere in azi01ie le ene,·gie pot.enzia./.i e- le ca.pacit.à dello spirito del!' educando. Liberi infine ·i genito1·i, n<mdi lascia-re i figlùwli nella ignoranza, ma. di mandarli a-Ilesciiole p-11.bblicl1e, o· d'impartir loro ed·u.cazio11edomestica o d,i sceglie,·e quella fra le molte sciwle pri1:ate, driscipl·inateda. un c01zliollo govern.a.tiw appena n01nina.le, /,a qiwle ispi,··i lo-romaggior fid.ucia: rise,-va·n.dosi.lo Stato P·ura11ientela facòltà di garen.tirsi cl1e /.'obbligo dell'istru.- zione sia. assolto. o d·i saggia-re il g,·ado di preparazione di coloro che, comm1q-ueistmili-, a.spirino a conseguire titoli giuridicamente validi. Ma a-ppu.n~oa questa si.a facoltà. dovrebbe lo Stato rin.unciare, sec011do i palttdini della libertà della scuola, li-mita.nao la propria funzione a sovvenziona.re ugiialme11te e a r-ic0110sceregiuridicamente tutte le scuole che rispondono alle norme generali d'igiene e di moralità. E qui si svela l' equirnco dissimulato nella. f01·mii-la.di libertà della. scu.ola: a questa. il M. contrappone, con Filippo Turati, /!altra formula.: /.iberlà -n_eUa. scuola. La. scuola. I.iberac'è, ed è la.scuola. piibblica-; qii.esta sola. piiò garantire la. libertà spirituale che non si d01iama si conquista: è l'orga.-nocon il qiiale lo Stato adempie alla sua. fu,izione etica e consolida il miglior pa.-- trùnonio Bella coscienza.moderna, a!Jerllla11do il bisogno e il diritto di ognuno alla. ricerca indipendente della verità. La sciwla riformata cl7e si inwca, e che si deco·ra dell'-usurpato nome di scuola libera, è la sciwla. di parte, che richiede ai ma.estri l'adesione a ,in credo e pone la fede/.tà a questo credo come condizione della. loro permanenza nell'i,fficio: la. scu.ala di parte, che de-.-ecowprimere e soffocare nell'alunno ogni te11de11za.non c01,form·istae, in luogo di educare alla responsabilità nel pensiero e nell'azione, gli impone la rinuncia. all'ai,.fono111iae lo consegna,, periinde ac cadaver, ai direttori della s1tn coscien.za.. La for-mu./a della libert.à è la. maschera. dietro là quale sii cela.no l'ù,tolleran.za. e il do1-n-mat-ismo : libertà d01nanda:110 i pari i I i, che ncm si se-11/onoa.11coraabbastanza forti per 'l,'{mtare la. pretesa al monopolio : ma quando il loro progranM11asia stato accolto, saramzo portat·i necessariamente a. esch,dere quella concorrenza in nome della qmrle saran1w·riuscii.,:a._fa.·rlopre~·alere. N01-.si sjiigge a.Ile1,,igorosea.rgomenta.zioni del Mon.dolfo: • Se la. esigenza del riconosci·rnenlo delle scuole confessionali 11nwve dalla asserzione, non soltanto della loro superiorità, mi! anche della impresciudibilità dell'insegnamento cattol-icoper 1m.a vera sc11-ola,e-.-iclente-mente 1Wn può, chi pane simile premes~ sa, mmnettere poi alla pari il riconosci-mento e il cl-irittodelle alire srnole ... Non p-uòpensa,•e all'ugua! diritto del dogma e dell'e-resia, della 1,-erif.àe dell'c,-ro'l'e, se non a. patto di

bi ,- rinnega,re il dogma in quanto tale, e la fede nella sua 'verità a.ssolula.... La. libera concorrenza piiò propu.gnar/,a,l'eresia, _clieè nati,.ra.lmente antidogmistica.: non il dogma. che d'eve essere nssolu to ». Lo Stato, convertendo /.a scu.ola in ca111po ap'erto·alle con·,.petizionifra i partiti, ed esponendola a. diventare str-u.,nento del/.a sopraffazione di u.,ipartito sopra 11.ittigl,i altri, firma wna spaventevole cambi:ale in bianco, ed • è deplorevole che fn·oprio un governo il quale professa di voler ·ri,orislinare i. più aiti valori 1n ora.li a.bdichi a queUa funzione dello Stato che, ·insie11iecoll la gi.-ust-i.zia. 1 1'eca.sopra. f1t,tfe spiccataine-nte iinp-,·esso il caratte1'e etico. 3. - « Esame di St.~/,() »: ecco un'altra delle .formttle la1,111a.turgiche,c. he si presu.111-0-no cont.enern in. sè la ù,dicazione del sictwo 1'imedi.o per tutti i mnli. Il Mandolfo considera. l'esame di. Stato soltanlo dal pim,/.o di vùla. della infli,enza ch'esso potrebbe esercila,re sopra il funzionamento delle scuole medie: t qui la esper-ie112agli offre g/1: argo111entipiù poderosi. Esame di Stato era qtiell'esame di -magistero che vigeva in Piemonte p·rima del- ' 59 e la cHi abolizione fu salutata come una liberazione : le sue conseg,ien,ze perniciose s1illa preparnzione dei giovani furono ·iU.ustrnle in j,agine 'memorab-il~da Carlo Cantoni : ad esso corrisponde in Francia. il Baccala11.réat,nel q1wle il La-visse, ·il PoincMé t altri in-sigli i wvvisarono il P.ri.1tcipaleresponsabile dei mali della swola media. Esame di Stato è, fra 1wi, i.'esnme di maturità, che fra. i Hoslri istituti scolastici s,: segnala per a·ve-i·fin dal suo sorgere sol./eva.to più aspre e concordi censure, largame·nle convalidate dalla prova che in qi,.esti vent'anni se ;,'è fatta. Esame di Staio è quello che abilit,i all'esercizio della professione di p,row.- rntorn, e del quale non è che troppo 11.ota l'asso/1,ta in.ef!ica.ciaper la selezione dei migliori. Esame ,li Stato, infine, era quello che 1•eni-,m0•1'dinatoanmw.!·111en.tperesso le Facoltà di Lettere pe,, l'abilitazione all'insegnmn-enlo delle Lin.gHe straniere : e convien • ritene1·e che i risultati non sieno stati buoni, ·se qu.elle sessioni sono state soppresse, prop, io da Benede//o Croce, che è tra i pi,ì. ai,- lorevoli Patrocinatori dell'esa.me di Stato. Co,nbàttere questo significa opporre la pacata riflessione a una infatuazione 111iracoli.- s:ica1 che certmnenle r-,:serua l.e più a·mare delusioni. E' illiiso-ria la spemnza. che l'esame di Stato valga a portare la nostra. gioventù fuori dalla crisi m.ora.le che la t.ra- "oaglia, isp-irando quel ferv01·e intirno e cont·inualivo e q·u.ella consapev'Olezza costante del dovere e della responsabilità mora/.e, da c1.i nasce e si costituisce la disciplina,. E' illusione che il ton.o della 1.,-itas.colastica possa essere ele-va.toda una. riforma, onde ta funzione scolast.ica verrebbe a risolversi essenzialmente nella. prepa.razione !Jll'esame : il 'valore educativo di questo vien meno quando l'atto dell'esame sia distaccato dallo svolgimento degli studi : se la scuola vuol p1'eparare ·veramente alla vita, deve anch'essa., come la vit.a, essere una pro-va continua. e n.on saltuaria. E il distacco si accentua, se l'1,ffici.odi esaminatori sia conferito ,wn agli insegnanti stessi che hann.o istri,ito l'allievo, 1na a c0111.1n·issari estranei. Gli esmnùwri., alla fine, saramw pur sempre i professori pubblici; e questi, se sono incapaci o indegni debbmw essere eliminati: in caso contrario, è iniquo e pericoloso esautomrli, negando loro la qualità di giudici naturali della propria scolaresca, e argomentando dal!' esi lo delle prove che questa sosl!Ìene, la misura delle lo-10 attitudini, ed il valore dell'opera che prestan.o. Insegnare e giudicare non sono . due funzioni distinte e separabili: sono u.na stessa ed unica funzione nella concreta unùà della ·uita scolastica. Qt,esta unità che l' esa.. ,ne continuo cementa, -viene spezzata dallo intervento periodico dell'esaminatore estraneo : la presenza i,a,-visibiledi costui, l' attesa della pro-va solenne che do-<Jrdcìecidere in un'ora il risultato di molti anni di lavoro, son.o una ragione di profondo turbamento, tolgono alla vita di scuola quella serenità che è condizione della sua efficacia educativa, fanno prevalere la info-rmazione sulla formazione, l'appariscente « meublage de la mémoire » sopra l' esercizi" delle superiori attività intelletttwli. Nè si dica che ci sono esami ed esami, che l'esame di Stato sarà non somma di valo-ti eterogenei, con:-uenzionali, puramente scolastici, ma prova cli tutte le capacità che l'alunno abbia via via acquistalo, perchè si nwstrerebbe d'ignorare la psicologia così dei candidati, che pure è stata largamente studiata, come degli esaminatori, che il M. fa Oftgelto di acute osservazioni, rappresentando con efficacia il fatale dezenerare dei loro • lavori forzati» in arido meccanism.o, oscillante fra una severità cl1e può offendere la giustizia e una indulgenza che lo1tlie serietà alle prm:e. O ,!?'liesaminatori saranno legione, e la quantità sarà aécresciuta a spese della qualità : o saranno pochi, e la nwle del lavo,,o renderà i J?iudizi superficiali e la prow fretolosa e insincera. Per il controllo sul lavoro dell'insegnante esislon.o, o esistevan.o, gli organi competenti: a un corpo, scelto con retto criterio, di capo d'istituto e d'ispettori, dev'essere deleiata la - LA RIVOLUZIONE LIBERALE fwizione di conegge,-e e il!umJnare gl,: i:nesperti, di elimi1wre gl'in,deg,ti e gl'ìncorreggibili, d'inéornggiare i p,,obi e va.lent.i : e se l' effett,o delle leggi disposte al.l'uopo è stato fn.,strato da.l malvolere e dall'ostruzionismo della burocrazia, e dal malcostume del favori.-tis1110i,-l ma.le n.on s-i ri-media, con leggi 11-uov·em, a con l' appli-ca.zione intelligente e leale delle misu.re già adottai-e. Oggi l'Ispettorato può dirsi ornwi abolito, e a chi lo lrn abohto riesce più. facile raccoglie,'e consensi sulla necessit,à del!' esame di Stato,. visto che gli insegnanti hanno pur bisogno di essere c011.trnlla.tiM. a non si promuove nei maest1:i il se-n-sodella. responsab-i1.ità, con ordim,amenti ispirali alla. diffidenza e al sospetto : ,wn si eleva, ·il ton.odella scuola pubblica adeguandola, per ·1net.terlain concorrenza con le scu.ole priva.te, al live/.lo di queste, qua.ndo tu.tti sanno com'esse sia.no degenerate per essersi ridotte a. istitul-i di prepara.zio-ne di privatist~ a esami pubbrici. 4. - Ispirata al fine di stabi.lfre o alimentare la concorrenza è anche la p,,oposta del Gentile, di una riduzione de/. nmnero delle scuole medie pubbliche : propo-st.ache quando fu lanciata nel 1918 in 1ma lettera aperta a S. E. Berenini, la qual.e rispondeva negati~•a-m,mtealla domanda : « Esiste wna. scuola itàliana? » ,ft, interpreta-la come t111.a boutade satfrica, non original·issinw, e ispirata a una visione soverchiarnenl,e pessimist·ica delle cond·i.zioni dei nostri istituti di istr·uzione 1ned,:a.Ma il coro dei soliti pappaga.ll-i fece eco : e per forza di s11ggesl,ionesi propagò il convincimento che per avualorare la Swola di Stato bisogna. conservarne pochi esemplari, quasi modelli ai. qioa/.i le swole concorrenti debba.,w informarsi. Corre spontanea alle labbra la obiezione : se /.'istruzione è .funzione P·ubblica, può lo Stato limitare a,,tificioso,mente la o,O'erta,ammet/;,mdo nel.le sue scuole soltanto 1m numerus clausus di eletti, passati •ai va.glia di 1m concorso? Mai no - si replica. : la wllurn su.f,eriore è bensì funzi01,e -i1n111anentdei Stato: 1-ha lo Stato ncm deve concej,i.re la istru.z-ione p11.bblica. in forma di monopolio, che i,npone un onere insopporlabi/.e al.l'erario e, affollando 1110stn,.osamente gli istituti governativi, sopprime ogni libera iniziativa privata. Lo stesso concetto della. sc11oìadi Stato segna i lh-niti, posi.i all'obbligo dello Sl,ato : qtresto si esl.ende fi.n dove si estende l'in,teresse pubbl-ico : ma al di là del pubblico b·isogno la srnola media di-venta interesse 1'>r-irntdoi cui lo Stalo 1101, ;b,uò farsi gerente e 1'>rovvedilore. Tale è la tesi che il M. batte in breccia., dopo aver add.ot.to argo,-nenti per conl.estare che la concorrenza sarebbe feconda d·i res11 Ilati e/fica.e-i sid miglioramento qiial·itativo degli insegnanti. Jn,-f,ugna. in primo luogo la distinzione fra bisogno pubblico e inte,,esse privato: l'interesse del p-riva.toa esercitare una professione o una funzione che gli deve da.re i mezzi di 1:ita, non siissisternbbe, se non vi fosse un bisogno pu.bblico, al.lawi domanda vengo a CMrispondere l'offerta dei singoli : queUo che 1,isto da mi lato è interesse individuale, dall'altro lato è bisog110 sociale e pi,ò essere l'uno in quanto sia l'ali rn: a un'esigenza sociale, sòlf.a.ntouna ft111zione pvbblica p1iò rispondere, e no,i è ammissi:bile che se ne lasci l'adempimento all'alea d'iniziative private, che forse mancherebbero o fallfrebbero, mentre il bisogno sociale è certo cost.nn/e progro,ss·ivo. Alla utililà sociale può essere conforme lo sfollanumto del/.a scuola inedia di coltiira, co,,,,la creazione cli a.lire scuole af,posite che richiamino a sè gli aspiranti agli impieghi : ma la istit·iizione e il ma.nteniniento di queste sc-iiole non cessano di essere funzione pubblica. In secando luogo, è da dissipare la pe,,icolosa conft,sione tra servizio pubblico e monopolio : la scuola no,; è e non deve essere monopolio, che signij,ca divieto di privata iniziativa in nome del prem·inenl e diritto dello Stato: ma è servizio pubblico, cioè dovere dello Stato, senza esclusione della libertà dei singoli di conij>iere di loro iniziativa le stesse funzioni, a1tche in concorrenza con la f1mzione di Sl,ato. I criteri da applicare nell'esercizio della ftmzione non possono essere, nel secondo caso, come so;w nel primo, prevalentemente fiscali, cioè comn;ierciali o 1111dustriali. Il servizio jmbl,liço non può concepirsi se n.on come connesso e subordinalo alla visione di tutta l'eco1U>1nìsqociale; l'opera rli privati o di enti locali può essere tul.- t' al jJiù secondaria e su.,sidiaria, inferiore sempre alla natura pubblica delle esigenze da soddisfare e alla vast1tcì loro, e incaj,ace di fnr fronte alle crescenti esigenze, che possono essere sodd,isfalle soltanto dall'indirizzn dinamico. della orf?'anizzazione. Si f,otrà osservare : « Ed i danni clell' accen.lra111e11to? ». Ma il M. ritie·ne meno gra1Ji i danni di un eccessivo decentramento, e propuJ?na la amministrazione regionale delle sc-i,ole medie, sopra/ tutto tecniche e professionali restando riservate a una rinnovata a111>~inistrazione centrale le funzioni di coorrlin~- menlo e di alta direzione. Certamente egli non vedrà preparala la via al trionfo di queste sue idee dalla ,wta riforma amministrativa del Gentile: poichè questa condanna a scomparire quei funzionari che seco,ulo il M. dom'ebbero nei consigli regi:onal-irappresentare lo Stato (Provvedit01'i prov'Ì!n<:iali e Ispettor·i regionali). il mio modesto avviso, in Italia la.coscienza e il sentimento regionale so,w i~,. talimi lu.oghi e strati della. popolaz·io1ie così. poco spiccati e saldi che 1,1,n ordùM.mento a.mministrativo irn.perniat.o su,lla regione avrebbe u.,i carattere troppo artific·ioso : mentre altro. ve son così forti; e tenaci che l'ordinamento si.esso potrebbe essere pericoloso per la un,i- /,à della com,Pagine ·1rnzionale.Comunque siq cii ciò, lo Stato, limitando il numero degli insegna,nti e delle scuole, e lasciando .campo aperto alla concor·renza, ven'eb.be d,u,nque 111-enao wt suo dovere: certamente fare meno. o non fare è più conwdo; che non risolvere il problenia., ad.ot/.ando quelle provvidenze relative così alla condizione giu.1•id·icae.d economica dei professori come a.Ila.sistemazione delle scuole, che valgono a elevare nella classe -il senso della disciplina e della responsabilità, ma anche della siwrezza e della fiducia, e a.d attrarre verso il pubblico insegnamento, sempre in maggior 1wm.ero, gli elementi migliori. Il Mandolfo non fa prop.'io il c011cettopart·icolaristico dello Sta.to, coricepito come semplice strumento della classe dominante, ritenendo invece che nella dia.lett.ica storica. la dol.h'ina socialista abbia.a.1'appresentare precisanwn,te l'antitesi, /.e esigenze ideali tmiversalistiche. Lo Stato 110nè necessariamente il com·it.at; esecutivo della classe domina.nte : e invero poichè esso è; nella stia co;1sapevolezza ~d azione, il riflesso della coscienza e volontà pubbl-ica, anche la sua azione, a seconda dei vario grado d·i efficacia e d'intervento atti-u·odelle va,rie forze e tendenze, che nella società vivono ed op·erano, si. afferma o manca, resta deficiente o si presenta piena e vigorosa., e si or·ienta e si s-<JOlgveerso una. o l'altra direzione. Oggi una coscienza scolastica pubblica non c'è, j,erchè non è pienamente sentito il carnttern soc-ialedel bisogn.o a cui la sciwla risponde. Da un lato, Ì1t questa inconsape1.,'0lezza ha tro-,,•atoterreno fa.- -,,-orevole/.a campagna contro i.l protezionismo scolastico dello Stato e per la esa.!taz,ione della scuola pri·uala e del regime di conc01'renza, mentre dall'altro lato, la campagna stessa tende a rendere la inconsapevolezza più profonda. Rit.iene il M. che una coscienza scolast·ica pubbli.ca abbia bisogno, pei v·ivere e operare, dell'intervento di nuove e sane energie, che posson.o venire soltanto dalle classi lavoratrià. Egl·i crede., con Marx ed Engels, che il cmnp,i,to storico di queste classi sia dato dal loro essere parlatrici di esigenza universalistiche, onde la loro azione si rivolga a trasformare quegl-i organi e· rappo1·ti sociali, ùi cui persiste il ca.ra.ttere particola.ristico di stumenti di dominio e di privilegio, ed a sviluppare nella pi.enezza del. la loro effica.oia i germi ed.elementi esistenti di attuazione d'esigenze un,iversal-i. Un proleta1'ia.toche di queste fosse veramente ·consapevole, ,ion sarebbe i-ndifferente al pmblem.a della sc1wla media: le proposte ,·estrizioni, delle quali non si pu.ò con.testare il carattere antidemocratico - ba.sta pensare al.la diversa preparazione mentale con la qual.e si prese,iterebbero agl-i esami di concorso, per l'ammissione alla sc«ola media, i. figli del popolo e i figli dei ricchi - tendendo ad al.- lontana.re vieppiù. H proletariato dalle forme superiori della ct1.lturn, ritarda1w la formazione della coscienza scolastica piibblfra, e soltanto nel si-lenz·i.odi questa, posson essere adottate. Firenze, R. Istituto cli Studi Superiori. LUDOVICO LrMENTANI. Rooouo Mo:,;,nouo - Libertà della scuola, Esa• me di Stato e Proble·rn.i di scuola e d.i cultura. • Bologna1 Cappelli ed., 1922 - Un vol. iu-8° grande di pagg. 145 ; L. 8. m. Per noi non esiste una questioue dell'esame cli stato : per noi esiste la questione dello smontaggio della scuola regia e pareggiata: questo smontaggio non si può fare fi.nchè questa scuola conserva la privativa nello spaccio delle licenze: per abolire questa privativa le vie souo due: 1° Estendere a tutte le scuole, a.uche alle private, la facoltà di dis.1:iensare titoli con valore legai.e (a questo mirano, forse, i preti) ; 2' Togliere a-i titoli il valore_ legale, cioè svalu/.are il /.italo (licenza, chploma, laurea). La seconda via è la noslra. Come si giunge alla « svaluta2,ione del titolo »? Sostituendo alla licenza con o senza esame, l' am'missione al/.e soia/e superiori e alle carriere. Noi l'esame di stato lo intendiamo così. Croce a parole lo intendeva così, nei fatti lo voleva applicare come am1ll<issione e come baccalaureato. Gentile non si sa che c_osapensi, nè che cosa intenda o possa fare Hl proposito. Il baccalaureato, che funziona discretamente in Francia, in Italia non reggerà : ma m,i accontente1-ei anche di un esperimento ò11questo senso, perchè per esso intanto sarebbe abolito il monopolio dei titoli a f~vore della .'1Cuolaregia e pareggiata, e la non buona prova del bacca/aurea/o porterebbe, dopo pochi anni, aJla sua sostituzioae con l'aninz,i_ssione. (Si_capisce che l'ideale sarebbe: nè esaml, nè titoli, nè scuole: mn. c'è anche un altro ideale : nè cartelli, nè sfide, nè bastoni : e un altro ancora: nè Dio, nè padroni, ecc. ; ma come si fa?). (Da mia. lettera). AUGUSTO MONTI. IV. Le tendenze corporative e sindacali del dopo-guerra ci ha.uno_procurato tra gli_altri esperi,rr.enti di pohtica de, =npetent.i la :,,çoperta non nuova, ID?- tuttav.!Ja non meno allegra, di una politica scolast~ca Pt:'?posta, discussa e tentata da.i professon. Il p:m tra•- quillo liberale o -il più modesto psicolog«> avrebbero potuto indicare agevolmente l'e: qu:irvocodi queste abt1Sate sicum~re : per eh• abbia dimestichezza con la stona non sono invero necessarie nuove esperienze per dimostrare l'inferiorità della politica dei tecn!Ìk:i ò:nconfronto dei tecnici della,'politica. Invece le cose si condussero sciinoal fondo e assistemmo, secondo una logica prevista, alle più sottili trasformazioni, che nell'adegnMsi alla doppia logica del partito popolare, statolatra per favorire la media borghes1a e antistatale per seguire le trad•icziionicattoliche e autonomiste, cambiarono il programma deL la libertà della swola in una discussione professorale sull'esame di stato. Pare evidente che non debba acconsentire alla metamorfosi chr non ha perduto, nella pratica dell'insegnamento, il senso delle P,.'Oporzioni e dei rapporti tra scuola e cultnn. Il senso p[Ù palese della fornuùa • libertà della scuola» per un libe!'.a!e è per l'appun.- to la necessità e la volontà dii una liqui.clazione del dogmatismo xolastico, d~ un rùconoscimento del valore educativo contenuto nelle libere iniziative culturali che il mondo ~oclerno ha creato intorno alla ~cuola, i..s-titnto caratteristicamente sorto sotto l 'ù01flucn: za delle concezionv medioevali. La dimostrazione del nostro pensiero sca, turisce dalle considerazioni storiche più e1ementari che segnalano la coincidenza delle prime affermazioni: della libertà scolastica e dei primi istintivi ritrovamenti del pensiero e della civiltà moderna. Senza allontanarci dalla tradizione liberale p'Ìiemontes<epotremo incli<:areagevolme.r1te gli spunti di una concezione originale, anteriore ai cattohci liberali francesi suJla questione della libertà scolastica. Giambattista Vasco, economista torinese, (r733-I786) del quale anche 1,IPecchio loda la chiarezza e l'evidenza nella trattazione ilei problemi~ tecnki, Eberi\Sta convinto • non tanto per aver letto e ammirato SmJi,th, quanto per avere pensato da & », affermava pochi anni prima della rivoluzione francese che giova « sianvi scuole stabilite dal governo, potendo esse scegliere facilmente i più dotti professori procacònndoli anche da' lontani paesi, e somministrare agli studenti quei comodi che difficitlmente si avrebbero in altre scuole particolari, ,çome macchin,e,_di fisic~ istromenti di matematiche, ecc: ». Ma • ìa' concorrenza de' maestri privati coi professori (della scuola pubbJica) può essere util-is.- sima, sia per costringere questi a no.n trascurare il loro dovere, sia per formare ottimi cand-idat!i per le cattedre, quali saranno certamente coloro che con buona reputazione si sono molti anni esercitati ad insegnare nelle scuole particolari (priva.te) ». E per regolare questo pTivato insegnamento fis,sava due disposizioni: prima « non permettere ad alcuno d·i aprire scuole in casa senza una permissione speciale del governo che non s•i accorderebbe che a persone dabbene », seconda « costringere coloro che vogliono inseguare .in propria casa a farlo a porte aperte, cosicchè possa interveruire alle loro lezio.ni chiunque voglia, il che sembra uu sufficiente riteguo ». E « giammai non converrebbe spingere ]e precauzioni più oltre». (Delle Università e delle Arti e Mestieri. Dissertazi01,e di G. B. Vasco, Milauo Destefanis, 1804, pp. 195, 196, 197). ' Proponendo la pubblicità dell'iusegnam.cnto il Vasco no.o pensava alle difficoltà didattiche della sua proposta (se ne preoccupò invece nel 1876 il Bertini e risolse il problema negandolo) : fu questa della pubblicità idea diffusa e fortunata durante tutto l'ottocento e mertiterebbe forse un esame approfondito: ma noi dobbiamo piuttosto concludere dalle citazioni fatte la natura antidogmatica del pe_nsiero_liberale_ piemo.ntese. E nel 1846, agli albon della nvoluzione che doveva in Piemonte liqt~idare molti resti di medioevalismo, l' Albini, rosmiuiano in filosofia ma in politica costituzionalista, con tende~ze alla statolatria, riaffermava limpidamente con pr_ec.isioued•ugiurista l'idea cli libertà scolastica corretta mediante un eontrollo governativo. Tali professioni cli fede appaiono generiche anticipazioni dottrinali : tutto il sristema d'insegnamento vigente in Piemonte era in realtà nelle mani del governo, rigidamente cattolico, e cattolici erano n, pochi istituti privati. La concorrenza era un nome. Ma propri.o mentre l' Albini scriveva nel 1844, si svegliava quel movimento p~r le

s~uole cli metodo, da cui nacque poi tutto il giornalismo scolastico dello stato sardo. Fu un vero Slurm,_u.nd-d.1·ang pedagogico che ebbe, .uonostante la fretta una forte ef6cacia nella formazione dell; classe dirigente che guidò l'esperienza del '48-49. Dopo la gueiTa il problema si ripresentò nella forma più urgente, imprescindibile. Il 11u.ovostato, costirt:wito a democrazia scuza pàrtecipazione popolare, doveva prendere la sua posizione e la sua responsabilità di fronte a partiti inesistenti o immaturi, doveva affrontare un compito ikleale, non ancora sentito dai cittadini, l'istrnzione del popolo, e preparare per questo un.a.classe di maestri. I'er tale esigenza la politica scolastica liberale doveva venir sacrificata provviso!'iament,e a una politica scolastica unitaria e i_uman- .:aru,a citi nna morale e di uno spirito uazionale e laico si tentò di creare nna scuola di stato. La psicologia dell'italiano di fronte alla 1,-cuola fu caratteristicamente piccoloborghese e, per l'impotenza d~ preparare sntti.azibn~ sto1;che concrete d~ maturità, vagheggiò di sovrnp1xirre sui dissidi delle anime una tinta comu.ne di cultura generale ottimii:stica e borghese. Il dilettantismo della erudizione e la retorica fiduciosa dell'autoincensamento sostituiva la coscienza del produttore e la responsabilità del realista. Bisogna riconoscere tuttavia che tali vizi nacquero origiuariame.ute come ripari· 'della necessità; e l'espediente della scuola di stato venne alimentato in coscienze per natura libertarie o liberali. Dalla libertà come da punto di partenza inconcusso movevano per esempio Bertrando Spaventa e Domenico Berti : ma la libertà del Berti era quella del ,:-attolico diventato liberale per influenza dell'economia inglese e della recente esperienza 5toriqi; Spaventa cercava la li.bertà sognata da Cuoco e da Colletta nella g,i,ustificazione teorica di Hegel. Non pateva dnnque sfuggire allo Spaventa il carattere della civiltà m.cder:ua che noii chiede organi o istituti per u.na propagaiida dogmatica, ma si serve d~ tutte le antitesi e di tutte le critiche: egli infatti rifiutava ·irr1sede teorica persino il .:oncetto di una ,s,cuola di stato. Ma lo stato imliano, o per esso lo stato piemontese, deve difendersi <l'Ì! fronte al pericolo clericale; per- .:iò anche Spaventa pensa a un insegnamento ufficiale, timoroso della prevalenza cattoii'Ca, almeno fino che non fosse tolta alla è~iesa la. posizione di p1;vilegio -in cui la metteva il primo articolo dello Statuto. Il pensiero dello Spaventa nel r85r era dunque -identico col pensiero del Berti nel '49. - Senoochè ,1 Berti a due annà. di distanza aveva attenuato la polemica anticattolica, e colla libertà della scuola voleva avvicinarsi a Cavour per preparare intorno a lui la nota concentrazione, che fu per il Piemonte non infe- ~onda di successi politid. Anche il liberalismo del Berti dunque nascondeva un equin.-cv. Egli aveva compreso dall'esperienza della prima guerra che l'unità d'Italia sarebbe avvenuta soltanto mediante la transazione coi cattolici : perciò •verso la · scuola .:-attolica egli non, poteva pùù nutrire timori di sorta, anzi era tratto a considerarla come fattore primo d~ nazionalità. Un terribile problema poi incombeva sul nuovo stato: l'educazione di tutto il popolo; e a compiere questo dovere, secondo il Berti, bi.sognava che si t111iisserogli sforzi della nazione intera, senza distimzione di partiti; a questo solo patto era possibile la lotta contro l'analfabetismo: bisognava concedere la libertà d'insegname.nto a tutti, la libera concorrenza. avrebbe permesso poi che solo le .-;,cuolenuglton prendessero svilupJJO completo : le scuole limitate confe.<ss.ionaE non a- ,rrebbero avuto mai vita vigorosa : ~i sarebbero affaticati i liberali al lavoro a fondare anch'essi scuole private modello', e a dare "l'esempio ci sù era messo il Bert~ s.in dal '50. }.,fa un avversano della libertà scolastica poteva per le stesse ragioni storiche obbietta1·e: di fronte all'immensità del problema òisogna che da parte del governo venga u.na parola decisiva: lasciar la scuola alla bbera concorrenza vorrebbe dLre cond,urnare le region~ più povere a non avere scuole, a non èOmbattere l'analfabetismo: vorrel:}be dire r~nclere impossibile l'unità. Bisogna dunque che 11nuovo stato affermi la sua laicità anche a costo di sovrapporsi alle iniziative private: _b1_sognache s'impegni a da.re la scuola a tutti 1 comuni E se questo n~u fu il pensiero esplicito di Bertrando Spaventa diventò tuttaV'ia il urogramma del governo, che non si accont~ntò ,~1fare, ma ,·olle, e continua a volere stratare. ' Nel mon~ento presente nn'attiV'ità scolastica troppo mvaclente dello stato si riduce a sostituire· alla coltura i pregiudizi della burocrazia. Del resto Monti ha dimostrato che la Flit~ca scolastica dello stato italiano dopo il 70 e stata tutta orgamcamente diretta con i pregiudizi della- cultura generale, dell; neutralità del sapere scientifico, ecc., ad attuare una concezione dv classe e a formare uno spi1;to borghese anzi, diremmo noi, piccolo-borghese. La lotta politica intensa del .dopo-guerra p1'eparando la Jonuazione dei LA RIVOLUZIO~E LIBERALE 39 partiti capovolge invece tutto lo spirito della scuola italiana e instaura nn nuovo equilibrio di forze, desiderose di comballcre su ogni terreno. La formula dei popolari per la libertà scolastica in un ambiente siffatto non ha più nulla di clericale, ma dLventa un caposaldo di libera lotta co.ntro lo stato bnrocratico. D'altra parte l'esistenza di grossi nuclei organizzati e di precise tendenze psicologiche, drui socialisti ai popolari, a,i: combattenti, era, al tempo della lotta pei· la riforma Croce, la più sicura garanzia contro ogni possibilità di monopolio e di im,postazione dogmatica-partigiana. La tesi cLi Mondolfo e di Limentani diventava anacronistica e insufficiente di fronte alla esigen~ domiuante di far servire ogiii istituto di cultura alla lotta e alla elaborazione delle idee. In sede teorica si potrebbe anche ammettere l'attività scolastica come funzione di stato quando per stato s'intenda la sintesi delle ini.ziatcive dei cittadini. Ma l'equivoco dei socialisti riformisti e di tutti gli ammiratori della statolatria consiste per l'appunto nel confondere questo Stato ideale, oggetto caratte1;stico delle speculazionù dei filosofi. del diritto con lo Stato-amministrazione pubblica. Il fatto è che le funzioni del primo Stato non debbono affatto tradursi in organi di quest'ultimo. Nel momento in cui le funzioni cercano D loro organi entra in gioco il libero contrasto delle forze economiche ed amministrative. Solo uno Stato teocratico può rivendicare il diritto del monopolio scolastico; lo Stato moder.no non ha una funzione patriarcale di educatore e clri parla di un'etica dDStato parla per metafora, esaurendosi necessariamente la morale pubblica in quella dei cittadini e non potendosi parlare di nna civiltà sociale diversa da quella reaLi.zzata dagli indiV'rdui La scuola e la cultura sono state organizzate e promosse dall'alto. e si sono sorvapposte alle iniziative dei singoli m momenti ,storici specifici, e non la filosofi.a del diritto, ma la psicologia e la politica devono discutere questi limiti dell'empiria. La Chiesa ha creato l'università, e ha realizzato gerarchicamente la sua pred1icazione umanitaria per opporre alle invasion~ barbariche un l:}aluardoconservatore delle antiche civiltà. Le corti umanistiche promovendo la letteratura e la scuola di cultura sen>ivano all'arte loro cli governo ~n un tem,po in cm le plebi italiane sognavano un regime paterno. Oggi, di fronte al fascismo, una politica che rivendichi la libertà della scuola utile ieri, è diventata i.nsufficiente perchè ~on si può fare della tecnàca quando il fronte unico della lotta è diventato il terreno politiéo. La lotta contro la tirannide non sà può fare invocando riforme e concessioni dalla tiranni'<le, ma contrapponendole rinvend:icaz,ioni integra]~ di libertà. Il fascismo instaurando la sua politica scolastica di classe travolgerà le illusioni pedagogiche di Gentile e di Lombardo Radice e continuerà la scuola piccolo borghese e ·parassitaria della terza Italia. La pregLudiziale per proporre il vero proble"ma dell'educazione nazionale è dunque la noii co11aborazione. E' chiaro che in questo senso la nostra scuola non ha bisogno di swole, e possiamo discutere di problemi pratici soltanto in senso astrattb e per un vizio di progettismo. In un'Italia moderna, quale la veniamo preparando co.n la nostra lotta, in cui i cittadini sappiano creare la loro scuola « interessata » come la predica Monti, aderente alle lqro esigenze, contro la monotonia generica della scuola di stato, l'esame è natmalmente svalutato in quanto la scuola si fonde con la cultura e con la vita. Invece cli allevare impiegati lo Stato si r.iduce alla sua funzione di controllo. Se può sembrare interessante conoscere i nostri progetti confesseremo che prima del fascismo il problema di questo controllo si riduceva per noi neù termici segne11ti : r) per la scuola elementare : lotta diretta dello Stato contro l'analfabetismo, mobilitazione di tutte le forze nazionali, preti o massoni, bolscevichi o conservatori, poichè si tratta di preparare gli strument~ elementari deUa vita moderna indipendentemente da ogm considerazione etica. Affrontare risolutamente il problema nel Mezwgiorno come ha faHo l'Associazione: l'opera cli questa è m1rabile non per un valore eroico d,i,apostolato, ma per una precisa neces&i.tà amministrativa. Non si rinnoverà il popolo meridionale con scuole elementari improvvisate, ma la lotta contro l'analfabetismo è una impresci,ndi\>ile esige.uza _economùca.per il problema ettcamente e pobhcamente più importante del Snd: l'eruigraz.ione. 2) per la scuola elementare bisogna formare dei maestri, ossia lo Stato deve istituire delle scuole normali, anzi delle scuole medie modello, Llmitate di numero e coi posti concessi ad allievi per concorso; a integrare qnesta azione di stato provederà l'iniziativa privata : per fornire di scuole poi i paesi rurali .non c'è altra soluz:ione fuor di quella trovata dal Mmlti dell'assunzione d-i personale non d:iplomalo e dell'ab·ililazione. Ma della scuola normale o media non bisogna sopravalutare il significato : la qllf:Stione dell'analfabetismo si risolve solo creando una situa:cione rivoluzionaria delle vecchie abitudini e suscitatrJce di nuovi sforzi, come bene insegna Lenin in Russia. L'affollamento alla scuola media verrà meno non appena le Stato non darà più ai suoi studenti titoli o lauree : poichè lo postra piccola borghesia è diventata una casta che ha il suo titolo nobiliare nel diploma. Il problema del'università è identico con quello delle scuole medie e lo si potrà risolvere solo riconoscendo che da parecchie decine cl'annii la cultura universitaria è inferiore alla cultura del paese, alimentata sopratutto dalle libere inizia- • tive del gior.nalismo, dei partiti,, delle assot'Ìazioni. 3) Poichè queste riforme parranno alla nostra rea1,ionaria e demagogica borghesia troppo antidelll.OCratiche o rivoluzionarie si tratta di prepararle proponendole come rifonn.e essenzialmente economiche. La scuola cli stato infatti è diventata per lo stato uu problema di finanza che non si può risolvere se non sfollando gli istituti, coll'aumentare le tasse scolastiche (mettendo a concorso i posti gratuiti) ed eliminando il parassitismo professorale mediante il solo sistema infallibile di cui si disp:mga, ossia riducendo loro gli stipendi. • Il fascismo non farà ;inlla di questo perchè ba hisogno di gregari fedeli e non può otten.erli se non in cambio di un impiego governativo; non può lasciar libertà d'altra ~rte alla cultura per timore delle conseguenze e perchè in ogni tempo l'oscurantismo burocratico e la morale di Stato furono le migliori anni dell'assolutismo. Pn::1to GoEE1T1. Esegesi delle fonti --------- L'articolo di Carlo Rosselli e la postilla di T11llioLiebman nel!' ultimo numero di e Rivoluzione liberale, mi fanno pensare: perchè l'esegesi delle fonti non è altrettanto in onore nelle scienze economichee sociali come lo è nel diritto romano o nella storia dell'evo antico e medio? Non entro nel merito dei problemi trattati dai due scrittori; nia è evidente che in certi casi la forma ed il metodo decidono il merito della controversia. Il metodo tenuto da Liebman per criticare l;t critica di Mosca a Marx pare sia il scgueoté: - il materialismo storico è tma teoria diversa da quella esposta da Mosca; non dice che il fattore economico sia la causa' dei fattori giuridici, po1itici e morali (proposizione A) - esso dice invece che nessuno dei varii fattori è la causa unica o principale degli altri, ma che indubbiamente il fattore economico è il meglio atto a lumeggiare gli altri fattori (proposizione B) e quindi. la comprensione delle variazioni del fattore economico è atta a far comprendere (, com- ~rendere , e non I( cagionare '») le variazioni <lel fattore politico o giuridico (proposizione C). - Quindi Mosca perde il tempo a confutare A chè il materialismo storico è B e C. A è meccanicistico e superato, e sepolto; e B e C, che sono le vere essenze del materialismo storico non sono affatto materialistici. ' Osservo: l\foscacritica il materialismo di Marx e nou•quello di coloro che lo banno superato e sepolto. Per criticare Mosca con fondamento, occorreva dimostrare che Marx non espose la proposizione A, ma quelle B e C. Badisi bene che tale dimostrazione occorre sia data coi testi alla mano; i testi di Marx e non quelli dei superatori e seppellitori. Testi citati non a memoria, ma cou i brani precisi e le pagine ed i volumi; confortati, occorrendo,con le citazioni di altri squarci e pensieri dello stesso Marx o dei suoi contemporanei. Fino a che questa esegesi delle fonti non sia fatta, la postilla di Liebmaw, si potrebbe tradurre così: 1) Marx espone una proposizione A. 2) Molti scrittori confutano questa proposizione A ; ma poichè la proposizione A ha la vita dura1 ìVIoscaaggiunge ora un suo contributo a tale confutazione; 3) Constatato che la proposizi_oneA è infondata, altri sctittori, i quali amano, pur superando e seppellendo, di dirsi ancora materialisti storici 1 mutano la proposizione A in altre B e C. 4) Operata la trasformazione, tali scrittori guaràano dall 1alto iu basso coloro che seguitano a confutare' A; e dicono: « quanto siete ingenui ad uccidere un motto! ». Non è più elegante fare come faccio io; ossia copiare la vostra coufutazio11e, farla mia, e ripresentarla, sotto la Yeste di B e di C, col titolo di , vero• materialismo storico? '\'ella titolografia accademica il metodo è noto :il candidato ai concorsi, che non ha la forza cli creare da sè u·na dottrina nuova, se la appropria, le cambia faccia e poi sputa nel piatto dove ha mangiato, assalendo in nialo modo l'autore derubato. Non yorrei che Liebm.an, il quale probabilmente è un giovane sttirlioso, cadesse, senza volerlo, per bramosia di ragionamento, in uno dei più brutti peccati della nostra vita accademica. Rosse11i vuole mettere in contraddizione gli economisti liberali; i quali constaterebbero cerli fatti in materia cli uniOI\Ìsmo operaio (tendenza al monopolio, '\Ila lotta di classe, all'egoismo) e predicherebbero certe massime tutte diverse (collaborazione col capitale1 difesa degli interessi col1ettivi, critiche dell'nnitatismo legalistico, ecc.J ecc.), e cadrebbero in siffatte contraddizioni perchè costru_iscouo la scieuza sulla base di un dogma fondamentale, quello della libera concorr~nza, elaborato più che cento auui fa da menti sovrane al primo sbocciare della economia capitalistica. Anche qui dico: fuori i testi! I testi autentici degli scrittoti in cui il dogma è esposto per la prima volta e poi ampliato e applicato i i testi da cui risulta che la scienza economica si fonda sul « dogma» della libera concorrenza i i testi da cui sia spiegata la ragione per cui, secondo gli economisti, sarebbero u non fatti " ,:, « non teor·ie » i mouopoli, i sindacati e non esisterebbe una teoria del prezzo di monopolio o questo sarebbe • condannabile , o , bio.- simevole .- in confronto ai prezzi di concorrenza. E' probabile si possa dimostrare che alcuni & molti economisti, dopo aver constatato scientificamente, ad es., che i dazi protettivi conduconoad uno sperpero di ricchezza (tesi scientifica) non si acquetano alla constatazione del , fatto , che il mondo è invece protezionista e lottano per sostituire, come talvolta sono riusciti, un regime liberistico ad uno protezionistico (atteggiament,, pratico); ma sarebbe interessantissimo trovace i testi dai quali risulti che gli economisti, noti contenti di affermare la tesi scientifica (coste dei dazi) negano l'esisten7.a del fatto protezionistico o si rifiutano a cercarne la genesi (tesi storica). E' probabile che si trovino dei testi nei quali sia dimostrato che io date circostanze un.a data azione delle leghe operaie cagiona una diminuzione dei redditi della classe operaia nel complesso; ma sarebbe curioso trovare i testi nei quali si neghi che nelle stesse circostaou quella stessa azione possa provocare, pro tempore, un aumento di salari alla speciale categoria operaia interessata. La esegesi delle fonti - quelle originali, genuine, non quel1e riportate o lette o indovinate di seconda o di terza mano riserva talvolta curiose sorprese ancbe a scrittori di grido. Non è stato forse di moda, Ira gli scrittori della scuola storica dell'economia, - e cito Scbmoller Knies Brentano, Held, Hildebrand, - afie~are eh~ gli economisti classici non tenevano conto delle condizioni di civiltà, di tempo, di luogo, assumevano l'egoismo individuale come unico movente delle azioni umane, reputavano che il libero sviluppo dell'interesse individuale coincidesse coll'interesse colletfr~:o, predica,·ano il e laisser faire », favorivano una teoria puramente negativa e dissolvente dello Stato neo-avano la •opportunità di limitare la libertà i~di~duale secondo le esigenze dell'interesse collettivo? Sono affermazioni che hanno una stretta aria di famiglia con ]a designazione di dogma fondamentale della scuola fatta dal Rosselli di un e libero gioco delle forze economiche ». i\1a è bastato che il dott. Riccardo Schiiller scrivesse un aureo libretto sugli e: Economisti classici ed i loro aYYersari • (trad. francese, pubblicata da Guillaumio, 1896) perchè il castello di affermazioni crollasse. , Schiiller paragona le , ricostruzioni> fatte dai critici delle teorie degli economisti classici con le parole scritte da costoro; e, testi alla mano, dimostra che le « ricostruzioni » erano parto di fantasìa e che gli econonllsti si erano espressi ben diversamente. Cosi sarebbe augurabile si facesse semore. Quando si critica qualcuno, o si espone llila ..teoria altrui, ci dovrebbe essere l'obbligo di non citar nessuno senza aver ,Usto, con i propri occhi, la fonte ed averla attentamente studiata. Titolo, volume e pagina : pedanterie, forse; ma necessarie se non si YOglionocombattere mulini a Yento. O dicasi chiaramente che è una propria concezione di cui si vuol parlare. E' lecito scrivere: 11 io ritengo che gli economisti abbiauo pensato cosi e cosi, o doYessero pensare così e così; e m..i propongo di dimost.J-arel'erroneità di tale at~eggian1ento >. Sarebbe chiaro che gli econo1n1sti possono non avere nulla a che fare co~il discorso1 e che può anche darsi si tratti di una mera esercitazione logica intesa a dimostrare con la posizione di 1ma tesi e cli un 'antitesi l'in~ gegno dello scrittore. ' Purtroppo, tutti abbiamo sulla coscienza ,rrayi peccati di interpretazione delle fonti ; e ne~uno più cli me propabilmente corre ogni giorno pericolo cli combattere contro tesi avversarie mala111enteinterpretate. Fin che ci si riesce, è preferibile perciò combattere la tesi dell'A 11anti / di quel numero e di quel gion10, piuttosto che quella dei socialisti in genere. La ricostruzione del pensiero altrui è una fatica tremenda e può dare origine a Yere creazioni. Forse è perciò cli~ in Italia abbiamo alcuni gioielli di teoria economica e finanziaria; ma non abbiamo ancora nessuna Storia della nostra Scienza. Ed è dubbio se quella storia sia stata scritta altro,·e. LUIGI ErNAVDI.

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