La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 24 - 13 agosto 1922

E?_ivis-ta Storica Se-ttima:n.ole di :Politica Anno I. - N. 24 - 13 Agosto 1922 --------- Ed-lta llall<t --------- Per il 1922: L,. 20 (pagabile in due quote di L. IO) . Sostenitore L. 100 - Estero L. 30. IL BARETTI SUPPLEMEIITO L T ERARIO MENSILE Non sl vende separatnmeute Casa Editrice Energie Nuove fondata e diretta da PIERO GOBETTI TORINO - Via Venti Settembre, N, 60 • TORINO UN NU::IMERO LIRE (Conto Con·ente Postale) SOMMAR I O: C. E. SUCKERT: Le ultime eresie d'occidente: Il desiderio anglo-sassone del divino. - A. J)'E:\''l'REYES: Genealogia marxista. - E. JWSSJ: Note di legislazione sociale. - C. CATTANEO: L'agricoltura lombarda. - P. G.: L. EMERY: Note di politica interna. - E. CORBINO: Note di economia. - !:\'TlGUELFO: Esperienza liberale. Notizie. Le ultime eresie d'occidente ILDESIDERIO ANGLO SASSONE D LDIVINO Chi volesse oggi, disgustato della pazzia slava, andare in cerca di drammi meno feroci di quelli europei, non troverebbe soddisfazione se non tra i popoli anglosassoni del nuovo continente, ossessionati dal desiderio del d.i-,1ino. Infaticabili accumulatori di ricchezza, costruttori di città immense e di palazzi altissimi sovrapposti a gradini, (non per tentare la scalata a un nuovo olimpo transoceanico, puritano e •dry», ma per compiere l'irriverente missione alla quale sono desti.nati i • grattacielo•), superbi dominatori di terre e di acque, imbottigliatori di fiumi vorticosi, affennatori di un imperialismo filantropico a base di restrizioni puritane e di listini di Borsa, i popoli dell'America anglo-sassone non sono ancora riusciti a crearsi un Dio confacente al carattere della loro civiltà. Sarebbe loro necessario, forse, una specie di colosso di Rodi a tre gambe, ritto a strapiombo sul Pacifico e sull'Atlantico, con un piede in America, uu altro in Europa e un terw in Asia. Soltanto questo mostruoso idolo di cemento armato potrebbe soddisfare il loro titanico e affannoso desiderio di divinità. Un dio imbevuto di teorie economiche e uma. nitarie, che avesse l'humour di Twain, l'ideologismo romantico di Emerson, l'asma panteistica di ì,Vhitman, le allucinazioni di Poe, la rud<>zzadi Jak London e l'inventività di Edison, un dio che rappresentasse la civiltà dei grattacielo, delle sterminate officine, della • dry-low » e della Salvatiqn Army; qualcosa come una proiezione, nel mondo religioso dello spirito, dell'enorme potenza materiale della Confederazione. Un dio simile a una gigantesca bottiglia di Leida generatrice di energia metafisica, l'unica energia della qua. le gli anglo-sassoni d'oltre =ano si sentano irrimediabilmente privi e che non sappiano riprodurre. Questa ricerca del divino è venuta prendendo fra gli americani, in questi ultimi anni, tutti i caratteri dell'ossessione. Al culto primitivo, impostato dall'Inghilterra, degli eroi, dei « representative me.u » di Emerson si era già sostituito da tempo il culto del'. !'ttom.o sociale, della volontà, della attività creatrice. ì,Vhitman era venuto ad annunziare i « re nuovi,,. Nia sebbene alla generazione degli idoli vani dai nomi sonori, santificati da Emersou, fos.se succeduta la generazio.ne dei Morgan, dei Wauderbilt, dei Rokfeller, dei • self made men » e dei re delle materie prime, nel culto popolare era rimasto molto di quel postroma~1tic1smo che ha accompagnato il forn1.ars1 della moderna civiltà meccanica. Le correnti _idealistiche tedesche e francesi, importate m America dagli epigoni del simbolismo e dagli ultimi he<>eliani avevano av~to il_tempo di penetrar; prof;nclamente pello sp1nto ancora incerto dei discendenti di W~llington, prima _che il tentativo « pragmatista» d1 James, riuscisse a fissare e a divulgare le leggi di un nuovo ideo/oo'ismo mate-rialis:a, tendente a :levare I' ttlilità a dogma. Cw spiega perche 11pragmatismo, filosofia dell'uti]jtà pratica che si potrebbe de6uire una specie di epicureismo economico, t1on sia mai andato al di là del tentativo e :ome non abbia mai potuto, JJemmeno in )Ìccola misura, soddisfare quell'affannoso de. ;iderio di divinità e di religiosità che costi- ,uisce uno fra i più caratteristici aspetti de!- 'inqu.ietudine speculativa degli anglosassoni. Quest'ultima considerazione, forse, potrà meravigliare molti, che degli americani si son fatti un co.ncetto di popolo rozw e pieno di appetiti materiali, affannantesi intorno alla risoluzione di problemi puramente economici e negato a tutto ciò che noi europei, gente racée e tradizionalista, chiamiamo cultura, vita interiore, i.ntellettualità. Ma, nei fatti, l'intima struttura di questo popolo giovane e sanguigno ha una sua caratteristica fragilità che non a tutti è facile comprendere a prima vista : non sarebbe impropria agli americani la definizione che Alessandro Blok, negli « Sci ti », ha dato degli slavi, popolo • pesante e delicato ». Poichè, chi non avesse seguito con estrema attenzione i singolari fenomeni della vita sociale americana di questi ultimi anni, non saprebbe, ad esempio, rendersi co.nto delle ragioni cht hanno determinato un popolo così smanioso di «comfort» e di appagamenti rapidi e concreti, (e il concetto di « comfort » contiene anche l'idea che gli americani si son fatti della libertà democratica) all'accettazio.ne di leggi spesso paradossali, • uncom. fortable », e contrarie al più elementare concetto di libertà, come le famose leggi proibizioniste. V'è una contraddizione, in questo fatto, che il tradizionale rispetto alle leggi, così radicato negli anglo-sassoni, non riesce a spiegare e a conciliare. Le teorie eugeniche del puritanismo sooo lontanissime dalla mentalità popolare, specie nei riguardi della drylow, ìegge che proibisce l'uso di qualunque alcoolico in gran parte degli Stati Confederal1; l'accettazione del proibizionismo di Stato è dovuta, più che a preoccupazioni cli natura igie.nica, a quell'elemento ancora impon. derabile, e di natura più che sociale religiosa, che fa parte del carattere degli anglosassoni e li spinge a una continua. ricerca cli leggi e di modi, i quali tengan loro ufficio di pratiche religiose. Elemento che informa di sè le ultime correnti spiritualiste americane e che si potrebbe chiamare un prodotto dell'attuale trasfonnazione dell'a.ntico concetto democratico anglosassone. La completa astinenza, liberamente accettata, può essere, per un po. polo di bevitori, una forma di misticismo. E che una specie di misticismo, in vari aspe>.- ti, sia alla base di ogni democrazia è stato rilevato sin dall'antichità. ' Chi abbia seguito con attenzio.ne il sorgere e 11 delinearsi del proibizionismo puritano anglosassone, non può in nessun caso essere rnclotto a considerarlo, nei suoi effetti, come n.n fenomeno puramente pratico. e disconoscere guanto di religioso sia entrato per mezw del puritanismo, nel concetto democratico americano. Non bisogna dimenticare che 11 movimento proibizionista è sorto da una ideologia moralista e religiosa, e non si debbono ccmfondere le intenzioni dei leoislatori, che a quell'ideologia hanno dato: per forza di legge, una attuazione sociale e pratica., con le intenzioni dei promotori, preoccupati più della morale che dell'igiene pubblica. Il proibi7ionismo puritano, bandito e sostenuto da u11amentalità religiosa, che agisce al di fuori dello Stato democratico in forma di chiesa o di libera associazi<me, non si è risolto in legge, in norma pratica, ma si è trasformalo in elemento sociale per risolversi in elemento religioso e morale. Il processo continua tutt'ora, e già mostra di giustifica1·e i mezzi col fine da raggiungere : che è d'introdurre nella mentalità americana il concetto religioso della pri,,azinne, cioè l'ele. me.nto indispensabile per dare al mondo moderno una nuova mentalità religiosa sulle antiche e insopprimibili basi del pensiern cristjauo. Ciò spiega la campagna proibizionista e i metodi pratici adottati : l'opera pesuasiva e educatrice delle varie chiese protestanti, dalla luterana a quella della Christian Scieuce, non aveva fin qui e JJOTIavrebbe mai potuto raggiungere, senza l'aiuto incollSapevole della mentalità e dei metodi democratici, alcun risultato. Questo concetto-base della privazione, soffocato dalla democrazia apportatrice di ricchezza e cli benessere, sta ora rinascendo per merito appunto della stessa democrazia. Quel che la propaganda dei pastori anglicani e delle corporazioni religiose, guaii la celebre Y.M.C.A., non aveva potuto introdurre e far valere, sta ora prendendo forza. di obbligazione per mezw delle leggi democratiche. La « dry-low » ne è una prova. I tentativi, sinora mal riusciti, di dar forza di legge alla campagna da lungo tempo intrapresa dal puritanismo co.ntro l'uso del tabacco ne sono una conferma. Che l'igiene, poi, e il miglioramento della razza non siano la precrcupazione maggiore di questa campagna proibizionista, è dimostrato dal fatto che il progetto di legge, più volte presentato, contro l'uso del tabacco, si limitava a proibire di fumare solta.n.to in pubblico. Ciò prova che le intenzio.ui puritane non toccano l'igiene, ma la morale. Non è chi non veda, da questi pochi cenni, come si tenda a far della democrazia americana, oggi ancora di schietta essenza positivista ed economica, =a democrazia sul tipo delle greche antiche e di quella medesima di Roma repubblicana. J Catoni anglosassoni protestanti o talmùdici, nqn mancano di cultura, di pretese neoclassiche e di riferimenti storici; questo ch'io dico può essere da tutti riscontrato nei fatti e nei discorsi d'oltre oceano. Ma ciò che appare certissimo, ripeto, dall'esame di fenomeni così vasti e complessi, quale il proibizionismo, è il tentativo di introdurre per forza di legge, nella comune mentalità, il sentimepto religioso attraverso il concetto della privazione. La disciplina SOciale può ancora tutto,. come ben si vede, anche contro il pervertimento causato dall'eccesso di ricchezza e di «comfort». In fondo, anche il proibizionismo rientra nelle teorie di Monroe, le quali so.no poi, a ragion veduta, teorie imperialiste. Questo appunto è ciò che noi europei, ingannati dalla famigerata filantropia anglosassone, non riusciamo a capire : ci è troppo difficile persuaderci da noi stessi che il proibizionismo non è se JJOTIun tentativo di dare al popolo americano quel sentimento religioso, senza il quale nessun imperialismo effettivo è possibile. Ma anche di questo avremo il tempo di persuaderci, dopo che avremo capito come avvenga che un bicchiere vuoto, in virtù della • dry-lo\\· •, abbia in America il s.ignificato di un cilicio. C. E. St:CKERT. GENEALOGIA MARXIST~* 1 Se il problema dell'interpretazione del marxismo, agitato dapprima in sede ideale ai tempi della • Crisi ,, e ora trasportato uella polemica quotidiana circa le norme dell 'az.ione immediata, è, si può dire, ancora sempre all'ordine del giorno (perchè procede dal dilemma fondamentale in cui si dibatte tutta l'azione proletaria, e che dne nomi sintetizzano: Marx-Lassalle); l'altro problemo della critica, quello della coru1essionestorica ed ideale del fenomeno marxistico, delle premesse filosofiche a cui ricorrere in cerca di una solida base, pare sia da noi, oggi, per concorde coti5enso di autorevoli iuterpreti, definitivamente risoluto. Varie sono le ragioni di ciò: prima fra tutte questa : la tradizione che si persegue da noi attra\·erso uomini come Antonio Labriola, Gentile, Croce, Mondolfo. Questa interpretazione cli :Marx, è, per vero, essenzialmente idealistica, per cui non fil è uenuneno potuto affacciare i1 dubbio cbe 1,,Iaterialismostorico e i\fanifesto ad altri che a Hegel dovessero riconnettersi. Grazie a questa visione, se necessità cli fondamento ideale era sentita questo clovcYasi per certo ricercare in Hegel, e del pari egli solo poteva porgere la chiave della genealogia marxista. C'è poi in 110ianche questo: che l'IdeaJismo ci ha reso fa1nigliari certi abiti di pensiero cli origine prettamente marxistica; oIJde 110n proviamo riluttanza ad ammettere le relazioni fra l1una e l'altra tradizione. Ragioui di ciò si potrebbero frovare a iosa, già nella semplice counessione che certa filosofia dello Spirito ha, attraverso all'alta visione filosoficadel I-~briola, con la filosofia della Pra• xis: perchè solo per avere di questa assimilata la parte veramente vitale, poté apparirne la legittima supe.ratrice. Tutte qneste ragioni fanno sl che per noi pare oramai accertato e indubbio il procedere di Jllarx da Hegel, onde alla luce di questo vagliamo quello, ed anche, in taluni casi, vice\-ersa. Questo libro di E. Schlund, Die phi!osophischen Probleme des Koin-mun.ism:u.s, ci pruva iu\·ece, che, -in Germallia, la questione di cui s'è sopra discorso è sempre aucora. <l'attualità. Esso ci riporta indietro a.i tempi in cui si clibattè la famosa polemica revis:ionistica, quando Bernstein volle lanciare anche in seno al socialismo quello che era stato il grido dei neo-kantiani: Zuriick. auf Kant! Il grido di Bern.steinera anche troppo giustificato in quanto poneva in viva luce la necessità di elaborare le pren1esse ideologiche del sodalismo, di approfondirne, poichè i tempi portavano una sosta ncll'ÌlTUenza dell 1azione e l'alba della rivoluzione pare\·a lontana, I 'elemento teorico, e, diciamo pure, i problemi filosofici, primo fra tutti quello della propria posizione storica, e della base specula.ti\·a a cui riannodarsi Ma a questo scopo Bernstein additava Kant, e,· d~~ Kant, A. Lange, il debellatore del materialismo. Parallelamente agli sforzi di colorò che si a\"- \·iarooo per questa Yia, ed alla clamorosa disputa che il grido del rinne![ato Bernsteiu sollevò stanuo i pareri dei più n~ti neo-kautiaui, ed edco, ad esempio, Coben proclama.re(nelb prefazione alla St. d. Niat. del Lange) Kant il vero e proprio autore del sociaJismo tedesco, e Vorlander, in numerosi scritti, tentare di dedurre dall'insegnamento kantiano - hoc opus! - il socialismo. Cbe la questione sia ancora di palpitante interesse viene a dimostra.re, implicita111e11te, lo Sch!uucl col suo libro; poicbè più che le ampie informazioni e i ragguagli sulla polemica kantiana che in esso1 chi ne desideri, potrà b"o\·are, è eloquente il fatto che per il nostro A. una disamina che Yuol abbracciare tutti i problemi filosofici del ComUllismo (questo è anuuuciato come il primo di una se.rie di studi sull'argomento), abbia doYuto, a parer suo logicamente, incominciare coll'andare al fondo della questione : Kant e il Comuu.ismo. Còmpito che per lo Scblund non consiste nell'esaminare la connessione storica e nemmeno quella ideale del comunismo con Kant, nè tanto meuo la possibiltà di fondare sistem..1.ticameute per mezzo di Kant i! comunismo, ma. « se Yi sia110 in Ka.ut elementi, pensati od esposti con significato comunista, o che possano esserlo: che cosa Kant abbia in sè del comunista• (p. 27). Ricorderò che l'A. anerte sin dal-

88 le prime pagine - dopo una breve ma acuta discussione - cli voler adoperare il tennine Comunismo in tu1 significato molto largo, intendendo con esso abbracciare quella che a noi piacerebDe di più chiamare_. in generale 1 concezione sociale, in contrapposto alla concezione individualistica che, con Protago1·a. dponga 11ell'individuo la mis1..ua di ogni cosa. Cosi, indipendentemente da ogni preoccupazione che non sia di pura dottrina, l'A. \'iene a pone nettamente l'antitesi che l fondarne11tale1 raggiungendo un criterio sicuro ed assoluto di giudizio. Le conclusioni? Se desideriamo una nuova conferma di ciò che per noi è utì punto acqttisito, non possiamo che rallegra.rei dei risultati della s.:1.piente ricerca àello Schlund. Il quale, esaminata la questione rifefendola agli aspetti che, fondamentali secondo lui per la Yita umana, Io sono anche per il comunismo, l'aspetto economico, sociologico-politico, religioso, e, infine, etico-filosofico, perviene a una conclusione pieuamente e assolutamente negath-a. L'impossibilità di vedere iu Kant un precursore del comunis~o balza viva e palese dalle conclusioni dello Schlund, il quale, negando che Kant abbia potuto o Yoluto essere un comunista, rile\-a necessariamente che la coucezione kantiana del diritto, della società e dello stato è, malgrado tutto, da chiamarsi individualistico-liberale, e che e bei Kant im.mer noch clas Individuu1n im Vordergrund steht • (p. 278). La ricerca è, come dicemmo I condotta cou una notevole profondità ed accuratezztt; cop·iose le fonti; ricchissime le indìcazioni bibliografiche; la precisione e la minuzia spesso tali da riconfePmarci ancora una volta nella nostra opinione su certi metodi tedeschi. Tralasciando di discutere l'opportunità dei termini e della partizione adottata dallo Sch., a noi premerebbe ricordare certi punti in ctù l 'aual isi delle parti salienti della filosofia giuridica e poli" tic.a kantiana (tali il significato della communio originaria, lo stato, l'individuo, la libertà, l'eguaglianza, il criterio teleologico), ça particolare interesse per i nostri problemi. Se inYece dobbiamo limitarci a un breve resoconto, gioYerà ricordare solamente che i vari risultati si mantengono press'a poco su di una linea costante: ch'è qnel tante volte lumeggiato e non mai abbastan7..a rilevato Formalisnio, in cui è ad un tempo il valore eterno e l'incompiutezza della speculazione kantiana. Vediamo questo là do,·e lo Scb. mette in luce che l'individuo, in cui sta il fondamento ultimo del diritto per Kant, è individuo inteso astrattamente e razionalisticamente, che potrebbe altrettanto bene esistere isolatamente (p. 105). Perciò la libertà presenta due aspetti : uno interno e l'altro esterno: e, anche in quanto principio esteriore, è puramente formale : una possibilità che si con- \·erte in an limite, un diritto che è un do\·ere (p. 245 e segg.). Abbiamo cosi il valore dello Imperativo Categorico. E' assurdo volere da esso (particolarmente nella sua seconda formulazione), dedurre 1.lllll filosofia sociale: « appunto il carattere formale dell 'I. C. di.mostra che, se anche la costruzione di un sistema etico-<:omunista su fondamento kantiano è possibile, pure a questo la filosofia kantiana non de-ve necessariamente condurre. Su fondamento kantiano è possibile anche un'etica individualistica e dualistica., come ·dimostra la storia, ... e meglio di tutti Kant ste&- so costruendo nella seconda parte della Metafisica dei Costumi il sistema di una etica individualistica , (p. 245). A questa conclusione noi possiamo sottoscrivere interamente, consci che il principio formale dell'etica kantiana potrà essere stiracchiato in tutti i sensi fintantochè in esso si vorrà ricercare un contenuto inesistente, mentre il suo valore, come ha dimostrato il D1artinetti, è appunto questo: il Formalis'mo che ne fa una misura a cui si potrà sempre con certezza ricorrere. Ma noi sappiamo anche quésto : che superamento inevitabile del formalismo di Kant, altro non è se. non integrazione del suo insegnamento. Questa integrazione fu compiuta da Hegel : ed ecco perchè se si deve ricercare una base filosofica ad un marxismo speculativamtnte vacillante, t a Hegel che si deve e si dovrà ricorrere: e Clò non soltanto per le note connessioni crcnologie, e JX:1" la indiscussa paternità della sinistra hegeliana, ma, dottrinalmente, sopra tutto r..er qlli:sto: che la battaglia che Marx combatte sul terreno pratico è quella stessa e identica che Hegel, contro il formalismo ed a.stratt{.smo etico e giuridico, sostenne in sede speculativa. Chi non abbia presente questa mirabile correwzione non speri intendere il valore ideale del ~laterialisrno Storico, valore che permane anche se si tratta di una posizione superata. Mentre invece al] 'intenditore avvertito, si palesa que.<;t'intim.a corrispondenza, fra Hegel schernitore dell'« intell<:ktlli:lle .-'\nschauung, e del « diritto astratto , , e Marx ribelle contro .allo , stretto orizr.,OTitedel diritto borghese,; in entrambi comune j] reahsmo, fierissimo nemico di ogni S<"issione della realtà; il desiderio ardente di una visione integrale dell'individuo, che più non sia separato artificialmente in un astratto cittadino e in un reale 1,w1no. Ed ecco, per ultimo, ::.ipparire che si tratta di una vera e propria nuova concer,ion<cdella libertà affacciata dalla sp<oculazione begeliana, e di questa libertà la realizzazione, :\1arx addita come compito al proletariato, , er~de della filosofia classica tedesca•· Questo fugace accenno ad un'opinione; che vogliamù un 7ion10 (listesamente ragionare, affinLA RIVOLUZIONE LIBERALE chè non possa credersi che si yoglia per parte uostra proclamare un'identità che non esisterebbe se non nel nostro cervello, ma anzi, in un con le simiglianze, si precisino le differenze sostanziali e irdducibili fra i due peusatori, ci conduce a discorrere dell'ultimo dei« Phi.losophische Vortrage » pttbblicati dalla « Kant-Gesellscbaft , , lo studio di S. l\1arc.k., Hegelianisnuis -nn. Ma.rxisnrn.s. E ciò tanto più che già il tiolo è pieno di promesse, tanto che da esso potremmo aspettarci qualcosa di simile a que1l1ecc-e1lente la\·oro del Plenge (J. Plenge, Marx und Hegel. Tubingeu, 19n), in cui è magistralmente trattata la questione di cui ci occupiamo. Per vero, dice l'autore di essersi proposto con questo scritto, nou tanto di recare un contributo alla connessione storica dell 'hegelismo e del l\1arxismo, che egli ticonosce essere oggi « dominio comune della coscienza scientifica », ma di vagliare i rapporti intriused, oggettivi, delle due dottrine. Vanta l'A. • die Venvickeltheit und zugleich der unerschopfliche Reiz des Problems ,, sul che siamo perfettameute d'accordo. Passian10 al contenuto. In uu primo tempo, 1'A. si propone di co1npiere alcune considerazioni « formali e metodologiche », e cioè uu confronto dei presupposti teorici, fra cui pri1neggia la dia~ lettica; e iu questa pritna ricerca, avverte l'A., fatalmente dovrà venir in discussione lo stesso contenuto sistematico dell'hegelismo, discussione in cui im,po?'teranno senipre i suoi rapporti col. criticismo filosofico. A compiere questa prima ricerca terrà una parte seconda, che traccerà uu parallelo fra le due dottrine in quanto filosofie politiche. Ed ecco il Marck si fa ad analizzare la dialettìca hegeliana, a rilevarne i caratteri e 11essenza, mette.ndo in luce - piace a noi, fra le varie sue considerazioni, questa sopratutto ricordare - il valore di questa contro ~gni romantico Rousseauanismo e conseguente apologia dell '111genuo. :Ma a questo punto ci imbattiamo in una sconcertante contrapposizione fra dialettica hegeIi~na e ilialettica « critica », ed in una polemica che tutta si svolge nelle se.iene ina gelide regioni della logica pura, ove noi Yolentieri seguiremmo il Nostro, se vedessimo chiaramente dove egli ci vuole condurre. Non che con questo si voglia lontanamente negare che il problema dell'interpretazione della dialettica non sia fondamentale, e di quelli con cui bisogna tosto o tardi fare i conti: e ciò sopratutto ove si tratti della famosa opposi ... zioue fra il e sistema chiuso» e quello «aperto», fra una dialettica ortodossa e una riformata. Ma confessiamo di non essere riusciti a veder chiaro in questo concetto di 1.lllll dialettica criticamente intesa che il Ma.rck qui introduce, e meno ancora a discernere· di quale g:iova1nento possa riuscire una L--iledisputa nella trattazione del tema proposto. Si passa quindi a r-i-Iarx,ed a lumeggiare l'uso che della dialettica vien fatto nel materialismo storico. A questo riguardo seguono giuste, per quanto già note, osservazioni; così è della CTitica che il M., con poco merito personale, co1npie delle applicazioni che Marx fece in vari sensi della dialettica, e di un giudizio complessivo sulla posizione del mat. stor. come filosofia rispetto all'Idealismo .hegelia.no. Sorvolando sul modo in cui viene spiegata la concezione marxistica dell'individuo, per non dilungarci più oltre, veniamo alle più importanti quanto gratuite affermazioni del nostro A. Eccolo infatti a rivendicare in Marx il metodo critico contro , die Einkleidung des Hegelianismus, (p. 19). Il pensiero cli :Marx viene rappresentato co1ne moventesi fra i due poli dell 'hegelismo e del positivismo : esso raggiunge la sua fot·ma perfetta. soltanto quando s.i trova nel mezzo, nel Criticismo. Ora questo è contrario alla più intima essenza del pensiero di Marx: per il qu·ale la realtà è praxis, costnizione Yirn e salcla dell'uomo (si tratterà poi di vedere <li quale uomo). Premessa teorica questa cui 1101.1 fu sempre conseguente lo stesso Marx, onde le frequenti deviazioni in senso ingenuo-realistico (più evidenti ancora in Engels), ma che porge un criterio unificatore indispensabile e foriero di viva luce all'interprete, i1 quale altrimenti, ingannato dalle facili apparenze, brancica nel vuoto, arrancando invano dietro a un inti1no nesso che gli sfuggirà scm pre. Data questa pregiudiziale, ci spieghiamo facilmente le seguenti osservazioni del Marck. Il quale. concede - bontà sua! - che: « accanto a queste grandi opposizioni si trovano punti cli contatto fra hegelismo e marxismo sul tentuo della filosofia dclla .storia, (p. 20), e prilllD fra questi nel fondamentale realismo. Ma anche qui differenze non mancano, ed anzitutto la concezione della storia, intesa da :!\1arx come svolgentesi secondo una e evoluzione lineare,., , puramente causale> ( !). In. secondo luogo, - e qui è il più bello! - l 'A. ravvisa nel Marxismo un forte residuo di gius-uaturalismo, e una specie di ptssimismo nella critica della civilizzazione, per cui Marx potrebbe essere collocato nella linea dei pensatori che va da Rousseau a Nietzsche, e si contiJJua in Simmel, Somhart, Schelér, Speng-ler, Rathenau ... (p. 2.5). Ond<: conseg-tt<: q11e:staec11ficante conclusione: essere Rousseauanismo <'he, nella visione ,lella storia marxistica, si riveste. di terminologia hegcliana. Cosa rispondere i Se i· appunto qui rer noi uno dei punli cli co1Jlalt0 fra ITcgel e Marx : lo scherno del diritto naturale, (costellazione di Termidoro, diCE:YaAntonio Labriola !), la condanna di qu;,nli rimpiangono 1a feli<'ità dc·llo 5tatù cli natun:i, mentre invece la vita è lotta aspra e' incessante, dura conquista la civiltà: , duro lavoro contro la setnplice soggettività del comportamento, coutro l'immediatezza degli istinti, rome contro la vuotezza soggettiva del sentimento e contro 1'arbitrio del libito » (Hegel, Fil. de/. Dir., § 187 ann.). Ma per questa via soltanto - Hcgel e l\1arx proclamansi concordi - è possibile la J.iberazione; liberazione che è per Hegel nel raggiungimento dell 'i<leale della « bella Eticità », per l\1arx, nell'avvento della società futtu·a. Poche parole ancora a proposito della filosofia politica. Qui il contrasto è sintetizzato dal Marck come quello di una filosofia riconciliatrice con la realtà, e 1111 pessimismo eccitatore di rivolta. Senza dubbio, è proprio in questo campo che l'analisi urta nelle più gravi difficoltà, e dove nn parallelo fra Hegel, filosofo di Stato e conservatore indurito, e Marx rivoluzionario, pare un'impresa disperata. Ma il critico deve anzitutto aver presente la visione filosofica centrale, per poi poter vagliare nelle particolarità del sistema, ciò che è irriclttcibi!mente antitetico, ~ ciò che invece riesce storicamente spiegabile. Non staremo peraltro a ricordare come sia invece proprio qui che, malgrado le apparenti opposizioni, riesca cli scorgere quella concordia nella spietata critica di una concezione astrattamente individualistica che abbiamo per lo inna.nzi ricorclata. :Ma qui non ci si. 'contenta di star paghi di quello che sell7.a fatica si può dalle apparenze ricavare, ma la critica dell'idealismo di Hegel procede da una desolante incomprensione. Poichè quest'idealismo vien presentato come l'elevazione di tutto -il reale alla dignità di raziona1e, con conseguente « apologia dello stato contingente ed empiricO ». A questa deifica7,ione degli aspetti storici in cui naufraga « un assoluto idealismo che 11011 conosca il dualismo del Sollcn »; viene contrapposta la violenta critica pra.xistica del presente Of\- dinamento della società, come salutare reazione. Ed al nostro A. non passa nemmeno per la mente il dubbio che una simile interpretazione della proposizione « tutto il reale è razionale » ecc. meriti un po' di discussione; che valga 1a pena di domandarci quale sia la realtà che Hegel spaccia per razionale, e se in un.a proposizione come questa, che pOne come somma realtà l'idea, non ,sia contenuta la più potente arma rivoluzionaria, il giorno in cui la formula magica (del He~ xenmeister goethiano), dal tranquillo laboratorio e dalla cattedra universitaria \"enisse nelle mani di spavaldi quanto inavvertiti discepoli, ai quali sarebbe facile giuoco dimostrare che una realtà più vera e più alta è sorta a contendere l'esistenza. di quella che è irrazionale e superata. F~nniamoci qui. Poichè non s'addice dire cosi di passata cli qttello che è il problema Yitale dell'idealismo; ma, di fronte a un così mal celato scouosdmento, non dico dell'essenza di questi massimi problemi, ma pure della loro esistenza., basterà se la mano impaziente- cootelli di punti interrogativi il margine delle pagine scorse. ALESSANDRO n'ENTRÈn;s. E. ScHLUNDi Die philosophische11 P1:oble·med.es Kommz.un-is111..1tS 1 Mitnchen, Pfeiffer, 1922. S. l\1ARCK, I-legelianis1nus u:n Marxism:u,s) Berlin, Reuther e Reichardt, 1922. Nodteilegislazione s ciale La 1egge dell'assicurazione obbligatoria per la invalidità e la veechiaia quale è stabilita. dal decreto 29 febbraio 1920, n. 245, non pnò essere difesa eia aknna persona in buona fede. Anzi dovremmo f.are di tutto per buttarla a mare, giacchè ancora deve essere portata a11 'approvazioue del Parlamento. Con questa legge più che a raggim1gere lo scopo della assicurazione si è pensato a creare un nuovo ambiente adatto allo sviluppo del mostruoso polipo bw-ocratico che sta assorbendo ttttte le energie vitali della Nazione. Anche se lo scopo che c¾ si propone con l'assicurazione si volesse raggiungere i mezzi dovrebbero essere completamente diversi. Non lasdamoci trascinare dalla corrente umanitai-ia oggi cli moda. Sappia1no anche noi, che sarebbe beìlo, giusto e santo che gli operai, tutti quauti, avessero, dopo una vita <li la\·oro, assictuato un minimo di rendita per campare in caso di invalidità e nel la loro vecchiaia. E non tiriamo fuori la stupida asserzione che i buoni operai, quelli che sanno lavora.re ed hanno volontà di lavorare, quel• li che 11011sprecano la paga all'osteria, riescono a risparmiare tanto da provvedere poi per proprio c011toai casi loro. E' qnes.ta 1111asloria simile alla storia del buon Carlello scrilla nei libri di lettura per rincretinire i hambini delle scuole elementari. Sappiamo che non f;;; cosl e che purtroppo C1sono plUC: dei buoni operai che patiscono la fame e 11011hauno ak-un sostegno quando ~r ln. invali<lilà o la vecchiaia non possono più lavorare. Jfa ocrorre vc<lc:re se questa ingiustizia sacrale sia 1ma di quelle ingiustizie a cui si può porre riparo. Ci :--:.0110 degli individui che nascou'o dechi <: degli iJJdiviclui c-hc nascono con ottima vista. E' una grave- ingiustizia, ma 11cssu110, al~ meno pc·r ora, ~•e: messo a imprecare contro lo , Stoto capit.,,Jista • che permette nua tale i11famia, ed ha richiesto che esso dia ai ciechi la vista. E bisogna vedere se anche potendo riparare a questa ingiustizia ciò sarebbe conveniente. Se si potesse rida.re ai ciechi la vista, riducendo. a 111onocoli tutti i veggenti forse, data la proporzione minima dei ciechi, non se ue farebbe nulla. Quando lo Stato non è riuscito e non riesce ad assolYere i compiti suoi principali, quelli che costituiscono la sua stessa essenza, ci sembra assur~ do affidargli compiti diversi. . . . Quando lo Stato, per esemp10, non è nuS<:tto iu tanti anni a troYare i fondi necessari per costruire gli edifici scolastici per l'istruzione priu1aria, dobbiamo consentire a che venga permes• so il versamento di 150 milioni all'anno per l'assicurazione obbligatoria per l'invalidità e la vecchiaia? Se si potesse disporre cli 150 milioni ogni ann~ pensiamo che si dovreQbe intanto provvedere ai problemi _ri1nasti fino ad oggi insoluti per mancanza di fondi. Ma purtroppo non è cosi. Non è che lo Stato dia 150 milioni ogni anno, come dice la legge, ma li promette. Anzi è ancora peggio. Lo Stato promette di dare, ma per ora non fa che prendere. Per ora l'assicurazione rappresento un introito. Fra quaranta, cinquant'anni ..• chi ci pensa? Ogni ministero vive alla giornata, ed il futuro è nelle mani di Dio. Naturalmente lo Stato non si mangia mica senz'altro i denari raccolti con l'assicurazione. Siamo ben lontani da un tale sospetto. Lo Stato prende i.n prestito dalla Cassa per l'assicurazione qnelle centinaia cli milioni di cui ha bisogno (ad esempiq per la legge nlti1na sulla disoccupazione) garantendo la restituzio1Je del capitale con gli interessi consueti. La Cassa, si capisce, non può mantene.re infruttuosi i suoi capitali e li impresta allo Stato come li impresterebbe ad ttn privato qttalsiasi. Ma potrà poi lo Stato restituire quello che ha preso e che ba impiegato in operazioni certamente non di rendimento economico, e versare in più il contributo promesso per ogni assicurazione? Offrono questa garanzia i vari governi che si succedono e che continuamente accrescono il deficit spaventoso del nostro bilancio? E ancora : la propaganda della legge è fatta necessadamente per mezzo di concetti molto semplici, di idee generali. E' impossibile spiegare alla massa dci lavoratori tutti gli articoli della legge, ed insegnare il calcolo per cui si arriva alla de· terminazione della pensione in rapporto alle quote yersate. I lavoratori dei campi, ai quali principalmente Yorrebbe rivolgersi la legge, sentono per anni ed anni parlare di una assicurazione che li aiute.rà quando non potranno più lavorare a causa della invalidità e della vecchiaia. Pagano. A sessantacinque anni riscuoteranno U11a pensione di 300-400 lire. Si accontenteranno, comprendendo di non aver diritto ad altro per la tenuità delle quote periodicamente versate, o dimostreranno che con tale somma non è possibile vivere neppure per uu mese e richiederanno aumenti cli pensione invocando quei principi di giustizia sociale da cni è stata informata la legge? E se si desse il caso che la potenza di acquisto della moneta attuale diminuisse ancora non anebbero da. parte loro anche t111 buon pretesto per avanzare questa richiesta, essendo stati obbligati a versare della moneta corrispondente a dei beni che non si possono più acquistare con la stessa n1onet.a? Si guardi quello che è successo con i pensionati dello Stato che pure hanno una influenza politica disprezzabile in paragone di quella che avrebbero i lavoratori assicurati, e, facendo le proporzioni, si pensi al baratro finanziario che la legge sull'assicurazione per l'invalidità e la vecchiaia prepara per i governi futuri. Dopo tali ragioni di di iudole generale restano le osservazioni sul modo con cui viene applicata la legge. ì\'la queste si faranno in un prossimo articolo. ERNES'roRossr. •:• Qua.le sciOCcapreStlllZioue è codesta del professor V. Totomiauz che ci viene a impartire lezioni di Storia delle dal.trine economiche e socia.li, (To1;uo1 Bocca, 1922 - L. 14, pag. 214) e ii1 ... comincia cou l'aflennarc: u Iu Italia nonostante l 'abbo11danza di libri geniali pubblicati sulle questioni cconom.iche, dopo Luigi Cossa la· storia delle qnestioni economiche è stata completamente mcs.;a da parte » ? ~1a chi non sa che le opere mo1mmc11tali cli Giuseppe Prato sono tra le pili importanti della letteratura storica europea? J1 signor Totomianz ignora le ope.re storiche di Luigi Einaudi, di A. Graziani, di G. Ricca Salerno, del Pugliese, <le! Bertolini? l\1a forse noi vogliamo t.roppo da ltti. Egli ha dovuto occttpare il suo tempo a studiare le opere dell'eminente indianista Luigi Luzzalli per proclamarlo poi (p. 214) "apostolo» e inauguratore della « corrente eticocooperativa •· Luigi Luz1..atti lo ha largamente ricompensato dettaudo una bolsa prefazione lirica al libello del Totomianz: La cooperazione in Russia, i\fonza, 19-r9 . •:• Ettore Lo Gatto fa 1·isorgerc Russia, la. sua bella rivista di letteratura e di storia che ha avuto il merito cli far conoscere per prima ag1i italiani, oltre a poeti e rom..1.nzieri, le opere dei critici 1·ussi. Si tratta di c011tinu.are per la stessa via e preparare i materiali per una conoscenza. e una storia della Russia adeguate alla cultura moderna.

l'AGRICOLTURA OMBARDA .: li una scortese e sleale aJse,·.:lone quella che atu•ibulsce oani cosa fra nol at Jaoo,·e della natura e all'amenità del cielo; e iC il nostro paese è ubertoso e l;etto· e nella re- ;1ione dei laghi forse il pitl 1)ello di tutti, possiamo dire ezlandlo che ncJtsun popolo svolse con tanta perseveran~a d'arte i doni che gll confidò la cortese natura~. Abbiamo accennato a principio io quale stato la natura desse ai primi nostri progenitori questa ten--ache abitiamo : al basso, una vicenda d'acque stagnanti e di dorsi arenosi; all'alto un labirinto di valli iute1-cette da monti inospiti e di lagbi. Abbiamo detto quali popoli ci furono maestri, o almeno fratelli di cultura : i Liguri, gli Umbri, i Pelasghi, gli Etruschi, i Romani, i quali ne furono inciampo su la via della civiltà, la quale tre volte s'arrestò e decadde; oell'èra celtica, nella bizantina, nell'ispanica. Nessuna istoria offre una più frequente alternativ--adi beni e di mali, e una più manifesta prova di ciò che è veramente giovevole, o veramente avverso all'umana felicità; il nosto incivilimento tre volte tornò uno sfrondato tronco; e ogni volta nel rinverdire apparve. più rigoglioso e fiorito. Noi possiamo mostrare agli stranieri la nostra pianura tutta smossa e quasi rifatta dalle nostre mani; sicchè il botanico si lagna dell'agricoltura, che trasfigurò ogni vestigio della vegetazio.ne primitiva. Abbiamo prese le acque dagli alvei profondi dei fiunti e dagli avvallamenti palustri, e le abbiamo diffo_ se sulle aride laude. La metà della nostra pianura, ]'.iù di quattromila chilometri è dotata d'irrigazione; e vi si dirama per canali artefatti un volume d'acqua che valuta a più di trenta milioni di metri cubi ogni giorno. Una parte del piano, per arte che è tutta nostra, verdeggia anche nel verno, quando all'intorno ogni cosa è neve e gelo. Le terre p.iù uligiuose sono mutate io risaie; onde sotto la stessa latitudine della Vandea, della Svizzera, della Tanride, abbiamo staì:,ilito una colti'vazione indiana. Le acque sotterranee, tratte per arte alìa luce del sole, e condotte sui sottoposti piani, poi raccolte di nuovo e diffuse sopra :ampi più bassi, scorrono a diversi livelli con e-al. colate velocità, s'incontrano, si sorpassano a ponte-canale, sù sottopassaoo a sifone, s'intrecciano in mille modi. Nello spazio di S<;°r, duecento passi, presso Genivolta, la strada da Bergamo a Cremona incontra tredici acquedotti, e li accavalca coi Tredici Ponti. Alla condotta di queste acque presiede un principio di diritto, tutto proprio del nostro paese, pel quale tutte le terre sono tenute a prestarsi questo vicendevole passaggio, senza intervento di principe, o decreto di espropri=...io.ne. Non è questo un vincolo che infranga il sacro diritto di proprietà; ma una utile aggiunta al diritto per rendere più fruttifera ogni proprietà senza eccezione. Gli scoli di tutte codeste acque sono muniti ai loro sbocchi di chiuse, che arrestano il rigorgo dei turgidi fiumi. Un canale attraversa per mezzo tutta la provincia Cremonese dall'Olio al Po; tutti gli acquedotti che corrono a fecondare la parte inferiore, lo attraversano con ponti di pietra, lasciandovi traboccare le acque che per avventura eccedano la prefissa misura; e se avviene che diuturne pioggie. rendano superflua l'irrigazione, si chiudono con porte gli acquedotti, e le loro acque precipitate nel sottoposto scavo si deviano tutte nell'Olio e ne.I Po. La provincia mantovana è una terra conquistata sulle paludi; le stesse acque che accerchiano la città, sono una palude trasformata per arte io lago navigabile. Un paese al tutto mediterraneo come il nostro s'avvicina per questo aspetto all'Olanda. I. nostri canali, navigabili ad un tempo ed irirgatori, sono costrutti sopra un principio speciale; ma sono veri fiumi, prima inclinati fortemente, poi progres,sivameote modera ti, per accogliere di tronco in tronco le disuguali masse <l'acqua, che l'irrigazione vie.ne successivamente emuogeodo. .Una volta impresso il moto, quest'ordine di cose si continuò unifonoe attraverso alle più varie vicissitudini dei tempi. Ogni anno segnò sempre per noi qualche nuovo grado d1 prosperità; ogni anno più vasta la rete st~aclale_;o~i an.no più folta la piantagione dei gelsi, pnma riservata ai colli, poi distesa IO ve.n boschi sui piani dell'Olio e del!' Adda e salita fino a mille metri d'altezza nelle valli alpine, prnduttrice di un'annua raccolta di cento milioni di franchi, io un territorio che corris1:011d_ealla ve~tis_eiesima parte della Fra.oc1a. _::iempre pm diffuse, ma più accurate e qu10d1 meno 10salubri, le irrigazioni·; s1 mutano IO buone case i tugur, dei contadini; penetra in tutte le comuni rurali il principio dell'istruzione; tolta cogli asili dell'infanzia l'abbietta ferocia e la rozzezza ai figli della plebe; gli studi delle lettere e delle arti acc11munati al sesso ge.ntìle; e colle solenni mostre di.ffuso l'amore delle bel.le arti LA RIVOLUZIONE LIBERALE n~ poP?lo, e un abito di eleganza negli utili mcst1en. Su la nostra pianura tutti gli abitanti si collegano con buone strade, che ragguagliano 111 circa un chilometro di lunghezza per ogni chilometro di superficie. La rete stradale in volge ormai tutte le colline, sino all'altitudi,ue di ottoce11tometri; trafora con galle.rie le rupi verticali che interrompono ]e riviere dei laghi; s'insinua nelle valli alpine raggiunge i sommi gioghi; difende contro I~ valanghe i più alti passi carrozzabili che siano sul globo. La via del Sempio.oe, che fu il modello di tutte, è opera dei nostri ingegneri che condussero anche quelle dello Spinga e dell0 Stelvio. Ingegneri nativi di quell'antica parte del nostro territorio che aggregossi alla Svizzera, tracciarono le vie del Gottardo e del Bernardino. I nostri imprenditori sono sparsi per le terre dei Grigio.oi de.i Tirolesi degli .Illiri, dei Boemi, dei G;liziani, iose'. gnando loro a protendere attraverso ai monti i vincoli d'una crescente civiltà. Le nostre opere stradali portano tratto tratto i segnali d'_uoa magnificenza romana; il ponte che cougmnge le due rive del Ticino, a Boffalora, s1 stende per trecento e più metri con undici arcate di granito. Le strade ferrate non ci sono ignote; una li.nea è compiuta da quattro anni; due sono cominciate; altre sono studiate e discusse. L'uomo, con tutte queste opere d'acque e di strade, ha preso possesso di tntte le terre coltivabili; e ad ogni condizione di terreno adattò un ordine proprio di coltivazione un più ampio o più minuto riparto nella ~ssidenza, un proprio tenore di contratti. E' assai malagevole porgere una: succinta idea_della nostra agricoltura nelle nostre provmc1e, per la strana sua varietà. Mentre in una parte d'un territorio il riso nuota nelle acque, u.n'altra non può abbeverare il bestia.- me se non di vecchie acque piovane o colaticcie, o tratte a forza di braccia da pozzi profondi fino a cento metri. Un distretto è continuo prato, verde anche nel veroo, folto d'armeoti. ridondante di latticini; uo'altro radu.na a stento poco latte caprino, coltivando piuttosto a giardini che a campi l'olivo e il limone, la più elegante di tutte le agricolture. Ne.i monti si coltiva la canapa ed è quasi ignoto il lino; intorno a Crema ed a Cremona il lino è primaria derrata campestre, e la canapa è negletta. La pianura pavese si allarga, in amp[e risaie, poco cura il gelso; e. la pianura cremonese _neha le più folte e robuste piantagioni. Il vino è la speranza dell'agricoltura in ambo le opposte estrentità del paese, nella boreale e alpestre Valtellina, e nelle australi pianure di Canneto, di Casalmaggiore, e dell'oltre Po. L'agricoltura bresciana solca profondamente a forza di bovi un terre.no tenace; la lodigiana sfiora i campi con un lieve aratro tratto da solleciti cavalli, per non smuovere le povere ghiare, sopra le quali il lavoro dei secoli ha disteso uno strato artificiale. Le circostanze naturalì che vogliono questa varietà nel modo di coltivar le terre la vogliono anche nel modo di possederle. Nella pianura irrigua un podere che non avesse certa ampiezza ,non si potrebbe coltivare con profitto, perchè rinchiude cc,mplicate rotazioni, culture molteplici, difficili giri d'acque ed una famiglia intelligente che ne governi la complicata azienda; quindi ogni podere forma un considerevole patrimonio. La famiglia che lo possiede è già troppo facoltosa per appagarsi di quella vita rurale e solitaria, io luoghi non ameni; dimora du.nque io città; viileggia sugli aprichi colli e sui laghi, e sovente conosce appena per nome il latifondo che la nutre in quel!' w...io. La coltivazione trapassa alle mani d'un fittuario, il quale per condurre. debitamente l'azienda debb'esser pure lui capitalista; e ve ne ha taluni più ricchi dei proprietari, e talvolta possessori essi d'altre terre, confidate ad altri coltivatori. Vivendo nel mezzo d'ogni abbondanza domestica, circondati da numerosi famigli e cavalli, fonnaoo quasi un ordine feudale in mezzo a un popolo di giornalieri, che non conoscono ulteriori padroni. Qui sorge un ordine sociale affatto particolare. Un distretto che abbia una ventina di comuni e misuri un centinaio di chilometri, conta, in ogni comune quattro o cinque di queste famiglie, cbe spesso vivono in casali isolati a guisa degli antichi _Celti. Sono sparsi fra mezzo a loro alcuni curati, qualche medico, qualche speziale, il commissario, il pretore che amministra la giustizia e le tutele famigl ia.ri. Questa è l'io telligeoza del distretto; tutto il rimanente è numero e braccia. Ogni coltivatore vende grani e compra bestianti, e. occupa fabbri e falegnami; ma il commercio e l'industria non vanno oltre; appena qualche bottega serve al rnstico apparato del contadino. Si direbbe che questo è l'antico modello su cui s,i formò l'agricoltura britannica. Ecco gli uomi.ni che sotto le mura di Pavia e appiè del castello di Binasco andavano senz'armi ad affrontar Bonaparte vmcitore di Monteootte e di Lodi. Se dal fondo della pianura saliamo ai monti, troviamo un ordine sociale infinitamente divei·so. Le ripide pendici, ridotte in faticose gradinate, sostenute con muri di sasso, sulle quali talora il colono porta a spalle la poca terra che basta a ferma.re il piede cli nna vite, appena dàooo la stretta mercede della manuale fatica. Se il coltivatore dividesse gli scarsi frutti con un padrone, appena potrebbe vivere. La terra non ha quasi valore, se non come spazio su cui si esercita l'opera dell'uomo, e officina quasi del lavoratore; e il paesano è quasi sempre padrone della sua gleba, o almeno livellario perpetuo; con altri patti le vigne e gli oli veti ritornerebbero beo presto selva e dirupo. Mentre una parte della famiglia vi suda e alleva all'amore del suolo nativo la povera prole, un'altra parte scende al piano ad esercitarvi qualche mestiere, o s1 sparge trafficando oltremonte, e riporta alla famiglia i risparmi che le dànno la forza di continuare la sua lotta colla natura e colla povertà. Un distretto cli questa fatta conta tante ntigliaia di proprietari quante sono le famiglie; ma la ricchezza non viene dal suolo, e vi s'i.nveste come frutto delle arti e del traffico. Laonde si vide una singolar mistura di costumi rusticali e d'esperienza mondana,' l'amore del lucro e l'ospitale cordialità, la facilità di saper vivere io terra straniera, e l'inestinguibile affetto di paese, che presto o tardi fa pensare al ritorno. In alcuni monti la possidenza privata è ancora un'eécezione; il comune possiede vas~amente i pascoli e le selve e le acque e le miniere; nè basta sempre l'esser nato cli gente nata in paese; ma bisogna appartenere ai patrizi del comune, agli originari. Senza avvedersi, essi couservaoo ancora una comunanza, la quale rimonta alle genti celtiche; appena ha fatto luogo qua e là al possesso romano; e non mai sofferse vera signoria. feudale, ma onorò solo negli antichi conti e capitani il nome del principe e l'autorità delle leggi. Alcune di queste comunanze, pochi anni sono, tenevano ampie valli; la Levantina, lunga più di trenta miglia, era un solo comune, e si suddivise p,rima in otto e poscia in venti; il distretto di Bormio era un solo comune e ancora co.nserva indivisa fra i nuovi comuni molta parte dell'antica proprietà. In molti luoghi il comune piccolo si distingue dal col]].uoe. grande., o diremo la moderna parrocchia dal primi.tivo clan.o. Questo regime appare più puro ed assoluto in quelle valli che si aggregarono alle leglre de.i Grigioni, e sopratutto nella Mesolcina, perchè sfuggirono alle riforme dei govem.i amministrativi. Alcune delle estreme valli sono troppo alpestri per l'agricoltura; la neve le ingombra nove mesi dell'anno, ma le trova deserte e silenziose. Chiusi i poveri casolari il pastore discende per le valli coll'armento; gli uomini appiedi; le donne sui cavalli, cogli ìnfaoti nelle ceste, come le tribù dell'Oriente. A brevi gio.rnate di cammino la. carovana si arresta dove il contadino del piano l'aspetta; le vacche alpine stanziano qualche giorno a brucare gli esausti prati; poi, inseguite dalle brine, passa.no a più bassi campi, fino ai prati perenni. Quando la natura si riapre, la famiglia ritorna al suo viaggio, rivede fioriti i campi che lasciò bruni e squallidi; risale lungo i tortuosi torrenti, trova i pochi che rimasero nella valle a diradare le selve e sudare alle fucine, e si sparge sulle a!pi che così ehiama ancora quei pascoli dove la primitiva comunanza non conosce altra disegualità che il numero degli armenti. Fra questi estremi, sono le belle colli.ne coltivate come il ,µonte, ubertose come il piano. Quivi una contadinanza la quale non possiede la sua terra, eppure non emigra, può tributare al padrone il frumento, divider seço il vino e i bozzoli, e serbar tanto pe.r sè da viver colla famigliuola., e allevarla nel semplice tenore dei suoi padri. Quivi un comune è disseminato in venti, in trenta, io quaranta casali di vario nome, che la chiesa, posta sul poggio più ameno, raccoglie io un comune sentimento di luogo. Liberi di coltivare la terra a loro talento, purchè no.n si defraudi del pattuito frutto il proprietario, essi le sono affezionati come se fosse loro proprietà. Se il padrone si muta, il colono subisce la legge del nuovo; e talvolta una famiglia dura da tempo immemora]:,ile sullo stesso terreno. Tutto l'anno è un continuo lavoro; le viti, il gelso, il frumento, il granoturco, i bachi, le vacche, la va.ngatura e la messe, il bosco e l'orto dànno una perenne viceuda di cure, che desta l'intendimento, la previdenza e la frugalità. Lavorando sempre io mezzo alla famiglia, senza comandare oè ubbidire, il contadi.no pur si collega al lontano commercio per il prez,zo dei suoi bozzoli e per il lavoro che la seta. porge alle sue donne. Nei siti meno lieti e pùi ripidi, dove il cittadino non ama investire capitali~ l'agricoltore è spesso il padrone del suo terreno; e rappre89 senta quello stato sociale ch'era così sparso negli aborigeni, quando furono i secoli della maggior for7.,a d'Italia e del più puro costume. Questi aspetti della vita rnsticale nel piano, nel monte e nel colle, si spiegano talvolta in modo aperto e risoluto; ma trapassano per lo più dall'uno all'altro, con varia tessitura, che il commercio e l'industria rendono più complicata. Questa varietà palesa quanto l'agricoltura sia antica fra noi, ed io quanti particolari modi abbia sciolto i singoli problemi che le varietà naturali del paese le avevano proposto. 1884. CARLO CATTANEO. Dalla introduzione alle Notizie naturali e cf... vili sulla Lombardia, il capolavorodi C. Cattaneo NOTIZIE ❖ Gli esuli russi ci ripagano dell'ospitalità di cui godonocon una miserabile produzione libraria di politicanti. Solo un rinnegato meno che mediocre quale Vladimiro Frenkel poteva scrivere un opuscolo come Amore e bolsce·oismo Talmud e Khamstvo (Roma, e La Rapida,, 1922), dove si profana la Russia e si pretende dare giudizi politici discorrendo di oscen.ità. In W. Frenkel c'è l'incultura di un intellettuale con una incoscienza plebea e con la meschinità di un diffamatore. li curioso è che questi traditori della patria, che chiacchiérano all'estero mentre i veri russi si sforzano con ogni sacrificio di çostruire il loro Stato, diventano in Italia runici e ammiratori dell'Idea Nazionale (pag. 70): essi poi sono cosi analfabeti delle cose loro che vedono dei , profondi conoscitori della Russia • in Napoleone Co. laianni e in Armando Zanetti ! Ma neanche i lettori dell'Idea Nazionale leggeranno le spiritosità sgrammatica.te di uno ~ie(;C0 çome W. Frenkel. •!• Giuseppe Prato è venuto facendo nel corso di alcuni anni, nelle sue lezioni alla Università Boctconi, una storia economicacompleta. Perchè non la pubblica? •!• Si costituisce in Milano, sotto gli auspici del Partito Indipendente del Lavoro un Circolo di Studi Economico-sociali per le Classi Medie. Per un Partito, il quale, se abbiamo da guardare in fondo alle sue speranze e ai suoi fini dichiarati, tanto più numerosi quanto men chiaramente determinabili, mira a restituire in dignità e in potenza le classi impiegatizie, dando il meritato posto al • cervello della Nazione , , tentare preliminanne.ute di far pe,,sare questo' cervello è una ottima idea. Vinciamo il nostro scetticismo per augurare che da una profonda meditazione economico-sociologica sorga il pensiero, se non di abolire il partito, per lo meno di snellirne e immodestirue il programma: p~ chi ci riesca sarà già una grande opera ridurre in sindacato economico l'apatica ed eterogenea classe degli impiegati. Quanto al farsi di essa una scala ed un appoggio per l'attuazione di quelle riforme, che io mezzo allo sfasciar~i di luoghi comuni democratoidi e d 1iudigesti sindacalisti, alcuni ispiratori Rathenauiani riuscirono a far emergere nel progra,nma il gioco che non vale la candela. Di inframettenze statali ne abbiamo anche troppe perchè altre ce se ne procurino, auspici gli impiegati, attraverso le ubbie dei governi economici. •!• Lorenzo Viani è un pittore degno di nota; ma come scrittore è un anacronismo; la sua esal ... tazione di Ceccardo è una cosa tronfia, falsa ed esteta: è un'ap1wnata .. Da Ceccardo uomo non abbiamo nulla da imparare: era un garibaldino con la cravache al posto del fucile e la goffa maniera invece dell'eroismo. Viani poi è incorso in una lieve dimenticanza: s'è scordato appena che Ceccardoè un poeta elegiaco e che solo per questo ci può interessa.re, non come caposcuola del-- 1'ege><nchismo e dell'·anarchia. •!• Nella nuova edizione de La 1\1011.archiasocialista (Bologna, Zanichelli : rileggerla) Missiroli sopprime l'ultimo capitolo: C1 è un. ·maestro i.n.fallibi.le. Ossia Missiroli è (ed era già nel r9r4) uno storico: la sua personalità di studioso è abbastanza diversa cl.allesue deduzioni di pratico e resta estranea ai suoi antichi amori con la teocrazia come ai recenti coi socialisti. Missiroli ha ragione di sostenere di essere coerente nelle sue presunte contraddizioni: il torto è vostro. Ma solleYate la vernice (il polemista) e vi troyerete sotto lo storico e il teorico della sto1ia che si fa. "Cuffi devono leggere e d,jjondere FORMENTINI COLLABORAZIONISMO il pi-i, importante l-ibro d·i pensfo,·o pol·itico àel dopo-gnerra. Esce in agosto Ai prei-:i.otatori. - Li.re e'$ Per lo sci.opero La Rivoluzione Liberale non è poiii/"a 11scire la sellirnana scorsa. Il prossi-nw nwnero ,.,scircì pi,re i.n ·ritardo per le ferie esthe delle m.aest ranze t.ipografiche.

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