La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 19 - 25 giugno 1922

~ivista Anno I. - N. 19 Set:tima:t:1ale di J?olitica -------- Edita dalla -------- Casa Editrice Energie Nuove fondata e diretta da PIERO GOBETTl TORINO • Via Venti Settembre, JI. 60 • TORINO Affff"NAM~NJI , Per il 1922: L. 20 (pagabile in due quote ff un LII , di L. 10) - Sostenitore L. 100 - Estero L. 30. UN NUJUERO LIRE 0,'50 (Conto C01·1·ente Postale) ---- SOMMAR l O: G. RRUGUIER: Interessi politici e interesei agrari. - G. .A.NSALDO: La confereaza di Genova. - L. EMERY: Poetille. INTEREPSOSLIITEICINI TEREASGSRI ARI .J:a crisi agraria in Jtalia Dopo gli scritti del Valenti, dell'.U!piani 1 deJl' Azimonti, del Prato, del Serp1en, ~ d! altri - non molti - profondi conosciton dei problemi agrari italiani, il volumetto di Pier Lodovico Occhi.ni « La cr1S1 agrana in Italia,, (1) ci giuuge iuevitabilmente aocompagna.to da u.n certo senso d1 diffidenza. Ancora un libro su questa benedetta agn: coltura italiana, che ha fatto scorrere tanti ru.scelldti d'inchiostro, anche da parte di chi la. nostra campagna conosceva soltanto attraverso il prezzemolo di cucina o il vaso di giranio aulente sul terrazw_ di casa! Forse si deve a questo senso d1 diffidenza, se 11 libro dell'Occhini è stato letto poco, o letto affrettatamente di sull'indice, come si suole fare quando ci perviene il libro da recensire. (Un libro se.nza indice chissà se troverebbe mai il su.o recensor,e !) ; tanto è vero che quasi nessuno dei giudizi, anche dei ben~voli, che ho •visto espressi qua e là nell~ R1,".iste mette in rilievo quello che di nuovo c e m questo contributo dell'Occhini. . IP. generale, qu'.111~0~ si m~tt~ a studiare il problema agrano italiano, c~ s1 colloca _sul terreno prevalentemente tec.m_co-_econo=c<?. Così fa il Valenti, così il Serpien, econOllllsti eminenti oltre che tecnici, così un tecnico valoroso quale l'Ulpiani. Si stud\a, ci"Oè, 1:3' naturà fisica chimica, dei terrem, le possibilità agra.ri~, i bonificamen~i idranlici o agrari che si potrebbero _compiere, le nuo~ culture che converrebbe mtrodurre, i conCJmi o le macchine di ctù diffondere l'uso, le riforme da attuare nell'ordinamento economico-giuridico dell'azienda, allo scopo -~i rendere questa uno strum~nto_ sempre prn perfetto di produzione, e via dicendo. Tutte bellissime e santissime cose, ma che, a parer mio non esauriscono il campo di studio, e nero'meno gettano sul problema. agrario tanta luce q~nto .ne basta per porre iu rilievo tutte le varie parti di quel delicato congegno che è l'agricoltura italiana, sì da far vedere dove è il punto debole o il guasto. L'Occhini invece vede nel problema agrario un. problema essenzialmente politico; e se crisi agraria vi è, questa è una conseguenza. della crisi politica. • Sfor;:i di rinnovamento Scorriamo il suo volnmetto. Che cosa hanno fatto gli agricoltori? • In questi ultimi sessant'anni, alme.no tre volte, !'.agricoltura ha cercato di soll<;varsi, di _dare un grande impulso alla prodU:"ione. Veri fremiti di rinnovaz10ne e grandi speranze sono passati, almeno tre volte, per le nostre campagne». Ciò avvenne rntorno al 1860, al 1890 e nel periodo dell'immedia:to a.ntei0erra. 11 <valoredella nostra produz10ne agncola complessiva che da 3 miliardi nel 1861_sale 3clmenoa 7 miliardi nel 1913 (Valent1) 1 1~ produzioue del grano che dai 34 m1hom d: ettolitri del 1861 (Correnti, Maestri) tocca 1 58 milioni nel 1913, i concimi chimici la cui somministrazione all'agricoltura. raggiunge probabilmente i 18 milioni di quintali e insieme lo sviluppars,i di colture di piante industriali (lino, tabacco, canapa), e di piante specializzate e di industrie di prodotti agricoli fiorentissime (marmellate, uva da tavola; conserva di pomodoro, esportazioni notevoli di uova per oltre 59 milioni di lire nel 1914) sono indici eloquenti di un notevole risveglio riell'att!vità ~;Ì~ente ?perosa nei nostri agricolton. Ch1 e v1SSuto m mezw a proprietari fondian, sa con_q1:anta_tenacia e con quanta :fede non pochi di essi cercas- (1) Fi<renze • Vallecchi, edit. 192r. sero di introdurre continui 1niglioramenti, sia iniziando ai·dimentose opere di bonifica, sia modestamente dedicando le loro cure alla selezione dei semi, alla applicazio.ne di nuovi metodi culturali, e cercando di vin.cere l'ostilità innata del contadino ad ogni novità, con un paziente lavoro cli per&u.asione sperimentale. E tutto questo lavoro di rinuovameuto si è svolto in massima parte al di fuori della a.zione dello Stato ufficiale p<ermerito di coraggiose iniziative ~ndividuali. Lo Stato italiano, come constata ora ]'Occhini, e come a suo tempo aveva eloquentemente ·deplorato il Valenti, non si è mai seri.à,me'nte occupato della sua terra. Quanto lontani sono i tempi nei quali un Cavour, presidente del Consiglio, sceglie~a. pe~--~èi) portafoglio dell'agricoltura! O_ggi i mmistn han.no ben altre preoccupazioru. Nè gli agncoltori sono gli elettori - o almeno tali erano fino alla guerra - che dànno maggior rendimento; ond'è che su quasi tre miliardi di spesa totale del nostro bilancio, forse poco più di 20 milioni si dedicano ali' Agricoltura (1913). Ma come· nei primi anni del Regno d'Italia lo sfor7,0 degli àgricoltori si infranse c0.ntro l'incliriz7,0 della politica e della finanza volto a richiamare il risparmio degli investimenti a,gricoli ai prestiti pubblici, a comprimere la proprietà fond_i~ so_tto1;n enorme peso fiscale, così oggi 1nostn agricoltorl devo.nolottare nei loro tentativi di rinnovamento .contro due ostacoli, gravissimo il primo! meno dannoso il secondo : l'azione demagogica dello Stato, le agitazioni coloniche per le riforme dei rontratti agrari. <;li ostacoli La storia delle agitazioni agrarie nel nostro dopo guerra è ancora da scrivere. Il Serpieri, in un su.o noto volume • Studi sru contratti agrari » (1) ha ristampato una _s':8-Relazione • Le agitazioni dei conta.diru nel- ]' I tali a :setten trion.ale e centrale e la rifonna dei patti agrari » presentata al Comitato tecnico dell'agricoltura. Questa Relazione oggidì è stata superata da a,,v~nimenti poste: riori che hanno ·- almeno 1.n alnIDe parti d'Italia - modificato il carattere delle agita7.ioni agrarie quali esse sorsero; eppoi il Serpieri per l'indole del suo tempernmento e dei suoi studi, è portato a porre m un ~econdo piano il lato politico delle quesbom_ ~ a dar ma,ggior rilievo agli aspetti ~co1;10=<;1 e giuridici. Sotto questo punto d1 vi_sta 11 lavoro del Serp;ieri resta anche oggi una magistrale indagine del conflitto agrario. , L'Occhini invece ci dà anzitutto un quadro di quella che fu la politica degli a.noi r9191920 e in quella incastona il particolare aspetto agrario. Ma il carattere generale e a sommi tratti della trattazione non gli consente di scendere a pm-1:icolari, onde manca anche qui.la Storia., e non abbiamo che i criter·i per una storia. Ma il problema è bene inquadrato, e la visione è esatta. Stancata, S11ernava dalla ignorante e soverchiante azione della burocrazia nel periodo della guerra, con le sue innumerevoli ordinanze e i suoi centomila moduli e precetti, per cui .agenti di campa.gna, fattori e proprietari non avevano più il tempo di sorvegliare e dirigere i lavori culturali per_de: dicru-si invece alle clilettose occupaz10m eh riempire stampati, avanzare domande, richiedere 'permessi, stendere denunzie su denunzie - ·colpita nei suoi interessi da mal disposte requisizioni e da cl.annos,i calmieri, (1) .Bologna - Zan,it:helli, 1920. da limitazione di fitti e da fissazioni arbitrarie di prezzi - danneggiata da una tariffa doganale l'he si pl'.epara~'a attraverso _le_mene dei gruppi indu&triali prevalenti (si ncord1 che nella Commissione per lo studio dei nuovi trattati di commercio gli agricoltori non erano rappresentati) - isterilita dalla mancanza di mano d'opera e dal fatto che durante la guerra l'inamovibilità delle famiglie dal podere aveva.no creato spesso un evidente squilibrio tra estensione del fondo e entità della. mano d'opera - l'agricoltura italiana alla fine della guerra, mentre sperava di risollevarsi e di porre termine e rimedio a questi guai, fu investita dalla follia rossa che imperversò nelle nostre piazze, nelle nostre officiIÌ.e,e ahimè, nelle nostre aule legis.la.tive e giudiziarie nelJ.;an.no çli grazia 1920, imperante Francesco Saverio Nitti. C'era da progredire tecnicamente, da amnenta,e il reddito per ettaro del frumento, da estendere le conci,mazioni (contratte avanti la guerra) da bonificare, da riprendere le esportazioni dei generi alimentari, impedita per lo innanzi. Benissimo. Per agevolare gli agricoltori nel loro compito, lo Stato permetteva che le ferrovie più non. camminassero, che la sicurezza pubblica venisse a mancare, che le vie si trasformassero in campi di battaglia., che si occupassero le fabbriche, che oprassero impunemente leghe di ogni colore oltre ogni limite di violenza <: si arrestasse tutta quanta la produzione ùaiiallà, cht. si sostituisse,r01 Je gl,1'-l.tdie rosse ai R.R. Caiabinieri, e giudizi di operai alle sentenze d~la magistratura. C'è la-crisi agraria? Si produce di meno? E' vero che nel Ferrarese, mentre nel 1919 si erano requisiti per 900.000 q.li di frumento, non s-i era riusciti nel 1920, a requisirne 300.000 q.li? (Occhini). E' vero che sono andati perduti in Italia almeno un paio di miliardi di prodotti agricoli durante il 1920 e nel solo Bolognese per 51 milioni di fieno, 26 milioni di frumento e per 122 milioni di altre derrate? -E' vero che gli agricoltori si disamorano della terra? Ebbene, ecco il rimedio, ecco il Decreto Visocchi, ecco la terra ai contadini, ecco le proroghe alle ,disdette dal podere. figifa;:ioni agrarie in 'Coscana Ripeto. Non abbiamo ancora uno studio completo delle agitazioni agrarie in Italia. Possediamo per altro molto materiale sparso in pubblicazioni di enti sezionali, in giorriali locali; attraverso al quale sarà possibile al futuro storico di ricostruire i fatti nel loro svolgimento cronologico. Ma per intendere bene la ragione di certi avvenimenti, bisognerà conoocere •molti n,troscena, ohe io .non vedo accennati in nessuna. del!e pubblicazioni che mi sono capitate fra le maui. I6 mi riferisco alle agitazioni agrarie in Toscana, come quelle che conosco un poco, per esservi vissuto in mezzo a lungo. Sull'argomento hanno scritto il Serpieri, oltrechè nel suo studio già citato, recentemente nella « Italia Agricola» del 15 maggio 1922, in un articolo intitolato "I nuovi rappo,ti fra coocluttori e lavoratori della terra ·e l'agricolturn » - il Serragli, in nna memoria pubblicata dall'Accademia dei Georgofili, col titolo: « Le agitazioni dei contadini e l'avvenire della mezzeria» e qua e là su vai-i giornali. L'on. Martin.i ha poi pubblicato una specie di libro bianco : « Le agitazioni dei mezzadri in Prov. di Firenze" (1), dove si contiene la relazione documentata della vertenza tra l'Associazione Agraria Toscana e le Leghe bianche. Inedita ancora è la relazione della Commissione Ministeriale (Prof. Bianchi A., Avv. Zoli e Prof. Ferrari P.) nominata nel dicembre del 1920 per addivenire ad un acoordo tra i bianchi e gli agrari. (1) Firenze - Stab. Tip. Bach<rr, 192r. In sostanza, tutti questi studj si muovono su di un unico binario : esaminare il substrato economico delle agitazioni, vagliare le richieste degli uni, le concessioni degli altri nei riguardi della produzione, studiare prOJX)rre un ordinamento giuridico contrattuale che contemperi le necessità tecniche dell'azienda agraria con i desiderata dei contadini. Ora a me sembra che queste indagini non bastino a spiegarci il fenomeno e non possa.no quindi condurre a una soluzione pratica equa ed efficace, se si dimentica o meglio non si pone in evidenza un fatto che quasi tutti riconoscono come vero, ma del quale poi non ricavano tutte le logiche conseguenze : che cioè gli scioperi agrari del 1919 e 1920 sono scioperi politici e non econo1nici. Che manchi un fondamento economico alle richieste dei contadini, facilmente si a=etterà quando si veggano gli alti redditi di cui godono i contadini nella grandissima maggioranza. Poichè su questo riguardo si posseggono parecchi dati, che si trovano anche nelle succitate pubblicazio.ni, dò senz'altro per ammessa questa mia affermazione. Gli ste.~si popolari, quando non seri vono sui giorna.h o concionano sulle pubbliche piazze, son.o costretti ad a=ettere che i contadini non sono dei proletari, ma costituiscono classi -medie e che sono riusciti in questi ultimi anni a mettere qualche cosa da parte. No.n tanto qualche cosettina, aggiungo io, dal momento che le-casse e le banche rurali molti plicané, i loro depositi, e la fame di tecra. che da.ppertutto si manifesta è conseguenza evide1:te del portafoglio pieno. Ed è poi sintomatico questo fatto. Le agitazioni in Toscana hanno avuto il loro punto di partenza dalla Val di Cornia, .nei Campigliese dove la condizione dei contadini non è affatto in- _feriore a quella. dei contadini di altre regioni. Questo punto di partenza del movimento ci spiega parecchie cose. La Val di Cornia e precisamente la frazione della Venturina (be fu per così dire lo scoglio di Quarto di 'queste agitazioni, dista di pochi chilometri da Piombino, centro operaio e quindi centro di idee sovversive, anarchiche e socialiste. Da Piombino si è irradiata la infezione alla circostante zona rurale: !'on. Mazwni e I' Argentina Altobelli furono i veicoli dei germi infettivi. Onde avvenne che già nell'estate del 1916, aJ momento della trebbiatura del grano, si ebbero i primi movimenti, diretti allo scopo di ottenere alcu.ne modifiche ai patti colonici. Capeggiò questo movimento alla Venturina un tal Cipriani, detto il Barlettaio, cioè fabbricante di barili, il quale campava la vita fabbricando dei barili col legname che gli veniva dato dalle fattorie dei élintorni. Divenuto presidente della Lega dei contadini, seppe migliorare notev<Jtlmente la sua posizio.ne economica tanto che di lì a poco si ritirò dalla vita politica a vita priv;ata.. Tali le 01;gini modeste delle agitazioni ie quali. pertanto inopportuname.nte, a parer mio, vengono ricollegate con gli scioperi agrari che si erano avuti in Toscana nel 1902 e nel 1905 e cli cui il Guicciardini ci ha lasciato memoria in un suo studio pu,bblicato nella- « Nuova Antologia» del r6 aprile 1907 con il titolo « Le recenti agitazioni agrarie in Toscana e i doveri delle proprietà ". Agitazioni queste del tutto fallite ma che traevano le loro origini d'essere nelle condizioni veramente depresse della classe colonica. Il costituirsi del Partito Popolare nel 1919 e l'accapa1Tamento dei contadini in vista delle elezioni a gara tra questo nuovo partito e il partito socialista fu la causa del dilagare improvviso degli scioperi in gran parte della Tosçana verso l'autunno del 1919. Non si è posto in rilievo questo fatto : che le agitazioni - precedute dalla formazione di leghe - sono il frutto di pochi indivi 0 dui.

72 Noi potremnw seguire, nel tempo e nello spazio, il cammino percorso da pochi organizzatori, e vedere come sotto i loro passi, non più fioriscono rose, ma sorgono gli scioperi. E se ne ha anche la riprova : chè dove gli orga.nizzatori vengono a mancare (talvolta finiti in prigione per reati comuni) le leghe si sbandano, e i contadini tornano magari all'osse1°vanza dei patti primitivi. Per la qual cosa credo di poter affermare che la storia vera di queste agitazioni non si potrà scri-vere se 001, si conoscerà l'attività singolarmente svolta da questi organizzatori. Altrimenti molti fatti riescono incomprensibili : ne cito uno solo a "prova del mio asserto. In una certa zona del medio Valdarno i contadini non volevano coltivare il tabacco e preferivano la barbabietola; di questa strana predilezione non si riusciva a trovare la spiegazione finchè poi si -venne a scoprire che il capolega er.i stato efficacemente persuaso dai signori zuccherieri a far coltivare la barbabietola al posto del tabacco. Speculazione dunque politica, questa degli scioperi in Toscana, checchè si ostinino a sostenere in contrario akuni scrittori popolari. E si tenga presente anche questo fatto : nei riguardi delle co.ncessioni economiche (anticrittogamici nella massima parte a carico del padrone, abolizione di obblighi, di cap.ui), l'accordo fu facile coi rossi e coi bianchi. :Ma mentre coi rossi si potè concordare, nell'agosto del 1920, nn patto colonico unico e definitivo, giacchè i rossi limitavano le loro richieste al solo campo economico, con le leghe bianche un accordo generale non è stato tutt'oggi concluso, appunto perchè i popolari insistono su alcuni punti extra-economici che . sconvolgono ab 1:m-is l'istituto della mezzadria ma sono efficaci mezzi di propaganda elettorale. Tali per esempio la direzione del podere che deve essere esercitata in comune accordo dal proprietario e dal colono, o l'altro del diritto da parte del colono di tramutare il contratto di mezzadria in m1 affitto co:1 un annuo canone - beninteso - da stabilirsi non già contrattualmente, ma secondo criteri di equità. C:onfraffo di me;:;:adria o contratto d' affitto ? Su questo punto si sofferma il Serpieri nel suo studio pubblicato nell' • Italia Agricola > che ho citato più sopra. Il Serpieri dice alcune verità che vogliono essere considerate attentamente : « Kiuno più di me ha fede nel movimento di ascesa del contadino verso la gestione della produzione, ma a condi?Cioneche il movimento avve.nga sostanzialmente in un regime di libertà : più sicura e non sostituibile garanzia che il movimento stesso si compia con quelle modalità, con quelle gradualità, con quegli adattamenti, che. corrispondono alle esiaenze di una produzione economica, e con q~elle limitazioni agli elementi scelti, pronti ai nuovi compiti, che sola può assicurare il successo del movimento. li movimento si suole schematizzare così : da salariato a colono parziario, ad affittuario, a proprietario. yfa questo non è che uno schema. :;\ella realtà il movimento ora è così graduale ora è a salti; ora giunge all'ultimo anello della catena, ora si arresta a qualcuno degli elementi intermedi : ora avviene individualmente, ora avviene associatamente per gruppi. E tutte, tutte le varie modalità po&- sono volta a volta rispondere alla maggiore convenienza economica, in rapporto ad un doppio ordine di cause : le condizioni dell'ambiente agrario da una parte, le condizioni soggettive dei contadini dall'altra, cioè la loro preparazione morale, intellettua 1e, finanziaria, alle responsabilità ed ai rischi dell'impresa . .. . =:-;c,nci sono vincoli giuridici al salire del contadino fino alla proprietà : non ci sono vincoli economici ad_attuare quelle combinazioni e ord,inamenti che sembrino più redditivi : a lungo andare il successo economico arride a quelli che rapresentano la più redditiva forma di adattamento alle condizioni ambienti ed alle condizioni dei soggetti economici. Di questo sistema è elemento essenziale la libera circolazione della terra, la quale attraverso La libertà contrattuale tende appunto a giungere in proprietà o i.n uso di chi sa e può farne miglior uso, di chi sa e può farla produrre di più, e si trova appunto per ciò in grado di poterla pagare di più. ... Alla luce di queste considera7..ioni che, a mio parere, sono fondamentali, io vedo con la più viva preoccupazione affermarsi la tendenza ad immobi.Jizzare i coloni ~'UÌ fondi che lavorano. oggi con ).a sospensione delk disdette, domani col pretendere normai mente nn giudizio di giusta causa, che pratica~nte finirà per coincidere con una sospens10ne perpetua delle disdette, salvo casi_~~cezio11ali. E' invece attraverso la mob1lita, la circolazione libera, che ogni podere può trovare il suo contadino, ogni contadino il suo podere, cioè può attuarsi la combilla.7.ion.epi•l redditirn, socialmente più utile•. LA RIVOLUZIONE LIBERALE Le considerazioni del Serpieri si possono applicare a molti problemi che si sono agitati in questo dopoguerra : il problema degli af-ii.tti,quello della terra ai contadini, quello degli escomi e quello delle espropriazioni- del latifondo o delle terre incolte : problemi strettamente connessi tra loro tanto per l'indole quanto per le soluzioni, essenzialmente politiche, che si tenta di dare ad essi. Torniamo al caso dell'affitto. 1n Toscana non vi è nn problema degli affitti, poichè l'affitto è scarsamente diffuso. Soltanto in qualche zona, per esempio nel Pratese, si trova qualche caso dell'affittanza. E tanto meno vi è, nei contadini, un vivo desiderio di passare dalla mezzadria ad altra forma di condizione. Questo è stato riconoscinto dagli stessi popolari, i quali, iu sostanza, insistono sulla clausola che sia consentito al colono la variazione del contratto di mezzadria, più che altro per avere in mano un'arma da esercitare contro i proprietari che non vogliono acconsentire a concessioni di minore' entità. Effettivamente, la richiesta è assai grave, sia dal punto di vista giuridico, sia dal punto di v,ista economico e sociale. e della gravità della cosa sono pe,sua-si r...r i primi i popolari, i quali appunto da un canto avanzano questa pretesa, ma poi dall'altro la limitano con qualche circospetta condizione. Anche la questione dell'affitto è una questione politica e politica come ho già detto è la soluzione che ad essa si cerca di dare : perchè evidentemente non. basta stabilire la possibilità di variazione del contratto: occorre che la legge stabilisca anche l'equo affitto. Analogamente si era chiesto che la terra passasse ai contadini in base ad nn giusto prezzo, così si è chiesto e ottenuto che le disdette dai fondi si diano soltanto dietro giusta cau-sa, così. si propone che il prezw di esproprio dei fondi incolti o male coltivati sia fissato sulla base del reddito netto normale d1ti terreni stessi. ,'JI problema della ferra ai contadini A. questo punto, chi ha studiato un po' l'economia, nou potrà trattenersi dall'esclar mare, col Faust del Boito : « Questo era dunque il nocciolo del frate! •. Quando si tira in ballo la giustizia e l'equità, sappiamo già che c'è sotto uno sfruttatore più forte che sta commettendo una evidente ingiustizia _e iniquità a danno del più debole. Il prezzo politico, il prezzo che viene fissato non dal libero giuoco della concorrenza, m.z: da una autorità qualunque con criteri extraeconomici, è un prezzo che realizza per la collettivit::i un vantaggio sem~ minore de!- prezzo di mercato: questo è dimostrato matematicamente, ed oltre ad essere antieconomico, questo prezzo è socialmente pericolo-· so per le conseguenze .che, più o meno, a breve scadenza, ne derivano. Questo ha voluto dire il Serpieri nel brano che ho citato più sopra, questo ave.vano affermato il Prato e l'Einaudi a proposito della questione della terra ai contadini. Fino da allora, come oggi il Serpieri, si era messo in evidenza il danno che all'agricoltura sarebbe inevitabilmente derivato dal fatto che moltissimi terreni suscettibili di trasformazioni tecniche sarebbero passati in mani che queste trasfonn.azioni non avTebbero mai nè saputo nè potuto effettuare. Insomma, la « terra ai contadini , nel senso della proposta Drago significava decadimento dell'agricoltura, immiserimento di gran parte del ceto colonico, sostituzione di enti cooperativi a imprese individuali, infine la terragli impiegati, come ha detto argutamente il Prato. Ma c'è nn altro ordine di considerazione che nemmeno il Serpieri svolge e che merita di essere posto in evidenza. Supponiamo per un momento che il passaggio della terra ai contadini sia un fatto compiuto; sia mediante vendite forzate di terre a IY'-·e.zzicosidetti equi, vale a dire, spogliatori, sia mediante affitti anch'essi a base di giusti canon i. E' evidente che - a meno non si sia voluto addirittura dare gratuitamente la terra ai contadini, il che escludono anche i socialisti meno arrabbiati - una enonne massa di risparmi sarà dovuta passare dalle mani dei contadini a quelle dei proprietari. Quali le conseguenze? Affrettiamoci a dire che è Jiffìcile rispondere a questa doma.uda: ma il guaio si è che non veggo che alti·i abbia pensato a ri.~ponder'Vi. Quale l'impiego dei risparmi dei contadini • prima » dell'acquisto delle lerrc, qnaie l'impiego di questi risparmi una volta che siano passati nelle niaui dei proprietari? E se il contadino dovrà riclliamare dalle casse po.stali e dalle banche rurali i suoi depos1li per far front<: a qncsli acquisti, lo Stato potrà addivenire a lutti questi rimborsi, senza emissiom: di carta moneta? Quale l'effetto di un trasferimento di ricchezza da una categoria sociale a!l' altra (conseguenza dell'equo prezzo?). Per -intendere bene la portala di queste domande si tenga presente che io mi riferisco al caso che questi passaggi di proprietà avvengano sn vastissima scala, come avverrebbe probabilmente in seguito ad una legge che abbassasse forzatamente il prezzo della terra. E non basta. Vi è anche un altro ordine di considerazioni che veggo accennate dal Gnerrazzi in un suo recente articolo: « Il carrozzone del latifondo•, apparso nella "Vita Italiana» del 15 maggio 1922. Si domanda il Gnerrazzi quello che aV'Verrà della nostra borghesia, una volta che sia stata allontanata della terra; probabilmente la prossima generazione diverrebbe o una classe di .-entiers o di impiegati o di organizzatori. Ora qui ci troviamo di fronte ad 1.1.ll problema che, secondo il mio modo cli vedere, merita tutta la nostra più attenta considerazione, tanto più attenta quanto meno le nostre cognizioni in fatto di morfologia sociale sono estese e sicnre e quanto più diversa è la fisionomia delle classi agricole da regione a regione. Ben poco sappiamo della costituzione delle collettività in cui viviamo, dei gusti, delle tendenze dei vari gruppi, degli effetti che seguono e delle ripercussioni, dirette e indirette, dei provvedimenti sociali. Quale sarà l'equilibrio in una società nella quale si siano capovolte le funzioni di due classi? Già constatiamo quali turbamenti ha provocato la guerra con il suo spostamento di ricchezza; ed allora, domando, non c'è da aspettarsi che un provvedimento di questa fatta, come quello che si vorI'.ebbe attuare con la legge sul latifondo,, finirebbe per produrre turbamenti di gran lunga maggiori, col provocare artificialmente una circolazione di classi, che non sarebbe affatto una circolazione di élites? JI progetto di legge sulla frasforma;:ione del latifondo L'articolo che ho testè citato, del Guerrazzi, mi porta. a parl2re di una questione che in questi giorni si è assai dibattuta in Italia, quella del progetto sulla trasformazione del latifondo, presentato alla Camera. Se ne è scritto alquanto. Come tutte le questioni, essa può essere studiata dal punto di vista teorico, astratto, o dal punto di vista concreto, nei riguardi del progetto. Fermiamoci a questo punto di vista. :Ma anche così liinitata, la questione può essere studiata sotto vari aspetti : sotto l'aspetto tecnico la studia il Serpieri nella sua Relazio.ne pubblicata dalla Federazione Italiana dei Co,nsorzi Agrari, e giunge a conclusioni nettamente sfavorevoli. Non già che il Serpieri sia contrario ad una legge che apra la via alla trasformazione del latifondo; spontaneamente, pel solo guoco delle forze economiche, alla trasfonnazione del latifondo .non si arriverà mai, troppi essendo gli ostacoli che si oppougono all'interesse individuale. Deve inten,enire lo Stato : ma i compiti dello Stato devono limitarsi a questo : « che la terra oggi .a coltura estensi",a sia facilmente accessibile, a prezzi equi - cioè corrispondenti ai redditi che oggi se ne ritraggo.no - a tutte quelle persone ed enti che possono trovare convenienza nella sua trasformazione, sì che tutte le possibili forze siano poste in ginoco per raggiungere il fine; render possibile la trasformazione. coordinando strettamente ad essa la esecuzione delle correlative opere pubbliche necessarie, e concedere quelle agevolazioni finam;iarie che siano giustificate dall'utilità e corrispondenti allo spirito di tornaconto di dette persone od enti. In quanto alle modalità della trasformazione far sì che essa avvenga là dove conviene e secondo le direttive di maggior couvenie.nza. 1 indipendentemente da ogni preconcetto modello. Il Serpieri assegna allo Stato un compito in teoria ben definito, ma che ali'atto pratico, non si vede bene, come si debba realizzare. Più interessante è vedere il fato politico delia questione, che ci conduce a includere anche questo fatto nel novero di quelli che dimostrano come l'attività dello Stato sia di ostacolo al normale sviluppo dell'agricoltura, giusto quanto ho affermato più sopra. Lo Stato, o meglio, gli uomini che hanno presentato questa legge, di una cosa si sono sinceramente preoccupati : creare uno strnmenlo che consenta di sfruttare le masse elettorali agricole. E sotto questo punto di vista ci sono rillS{'iti egregiamente. Anzitutto il latifo11do è u.n argomento che si lancia bene: dal tempo dei Gracchi in poi, l'offrire la terra altrui è slato sempre argomento che fa guadagnare la estimazione altt-ui. Nel mondo ci sono due giustizie, eterne l'una e l'altra e inconciliabili : c'è la giu.stizia di chi possiede e la giustizia di chi non possiede: due concetli antitetici che i filosofi hegelani potran.no riuscire a unificare d;akllicamente, ma che le masse, nella loro attività storica, non sono ancora riuscite a conciliare. Una campagna elettorale ben condotta sul leilmolif di vaste espropriazioni per pubblica utilità può bastare a portare un uomo in Parlamento. Ma una volta eletto, il deputato deve mantenere, e per mantenere, poichè egli ha sempre promesso che avrebbe dato ciò. che 1;1on aveva, bisogna poter obbligare gli altn a. dare. Ed ecco la necessità di un Ministero a propria disposizione, ecco il portafo~lio clell'Agricolt1'.ra .mtenders1 ad nn partit~. Ecco i decreti m1rustenali che rogano le disdette · ecco le autorità prefettizie che tollerano 1~ violenze rosse o bianche : ecco marescialli di carabinieri che si pongono alla testa di contadini invasori per persuadere i proprietari ad accondiscendere alle_richieste dei coloni· ecco infine l'attuale disegno d1 legge il q~ale dà sotto sotto in mano al ministro un'arma potentissima per colpire gli avversari. Dove sia il pericolo ce lo di('.(! molto bene il Bruccnleri in un suo articolo nei "Problemi Italiani» del r• marzo '22, intitolato « Il diseo-no di legge sui latifondi•. Chi è che ema;a il decreto di espropriazione? Il Re su proposta del Ministro "per l'Agricoltura, sn conforme parere del Consiglio Superiore della Colonizzazione interna (art. 9 del progetto). Dunque in sostanza è il Ministro che espropria, perchè il Re non fa che firmare, e il Consiglio è composto di membri nam.inati dal Ministro stesso, e in maggioranza fn.nzionari governativi; vorrà quindi dire di no al Ministro? Adagio. L'interessato può ricorrere. A chi si ricorre? L'art. 9 ci illumina in proposito : è ammesso soltanto ricorso al Governo del Re ... ; sul ricorso si decide con Regio Decreto su conforme parere del Consiglio Superiore della Colonizzazione interna, cioè il Consiglio no-- minato. E' azzardato, si domanda il Brnccoleri, dire che il Ministro chiede il parere a sè stesso?» ... E il Bruccoleri continùa: « Avverrà necessariamente che quando ci sarà nn Ministro popola-re sarà la bazza delle organizzazioni bianche e dei proprietari iscritti al par·- tito che saranno lieti di farsi espropriare a buon prezzo qualche fondo che non riescono a vendere ad altri; quando ci sarà un Ministro agrario sarà la bazza degli agrari; e poi dei socialisti e così via di seguito. Il disegno di legge così dà ai partiti ed agli nomini politici l'arma legale più formidabile per rafforzare le proprie situazio.ni elettorali ». E il P. P. I. non contento di questa ipoteca avvenire ~he il disegno di legge gli offre, vuole addirittura un i=ediato beneficio : ed ecco ins.inuarsi quell'art. 14 il quale dispone che nelle vendite volontarie dei fondi rustici sia stabilito un diritto di prelazione a favore dei coloni ed altri coltivatori diretti de.i fondi stessi... E' una pretesa vecchia questa delle leghe .bianche, per la quale molto si è battagliato nella stipulazione -l~i concordati agrari in Toscana e altrove; vi. sto che da questa parte l'avversario non cedeva, i popolari hanno pensato di prendere la posizione di sorpresa, e in quel gran cavallo di Troja che è il disegno di legge sul latifondo ci hanno cacciato dentro anche questo. :JI vero interesse agrario qual'è? Se è vero che la crisi agraria è essenz,ialrnente una crisi politica, ciò non vuol dire eh•: la crisi politica sia tutto, e che accanto a questo non siano altri difficili, tormentosi problemi da risolvere. Anzi questi sono i -.-eri problemi; il problema politico sorge perchè si cerca di risolvere i veri problemi facendo della cattiva politica. Oggi l'Italia ha nel campo agricolo due principali problemi da affrontare : a) aumentare la produzione migliorando i metodi di coltttra b) dare nn assetto economico giuridico alla. proprietà fondiaria e ai contratti agra.. ri in modo da occupare stabilme.nte nell'~,hncoltura quanta più può di quella popolazione che non trova più occupazione nelle in dnstrie o all'estero. Non si possono affrontare questi problemi senza insieme cercare di anti,-edere le possibili ripercussioni degli e-,,entuali provvedimenti. Giova più all'incremento della produzione un ordinamento agrario a tipo industriale (vasti aziende, macchine, ma.no d'opera salariata) o un ordinamento a base di piccole aziende (mezzadri, piccoli proprietari)? E dato, e non concesso, che tutti i tecnici rii questo mondo rispondano affermativamente alla prima parte del quesito, vorremmo per questo decret~re per esempio, l'abolizione della mezzad~ta? E se viceversa giova la piccola propneta von-emmo senz'altro effettuare il passaggio della terra tutta nelle mani dei lavorato;i, vorremmo quotizzare la grande propneta, attaccare il latifondo dare a ogni cittadino che si dichiari agric~ltore la sua terra? Ogni soluzione estrema e immediata a parer mio, è pericolosa. Troppe sono 1e' incogmte che esse ci preseatano. In agricoltura le .trasformazioni perchè siano feconde, ri.- c~1edono _l'opera di parecchie generazioni. Nulla si improvvisa e quanto meno in questo campo. Ma se l'azione dello Stato deve essere lenta e canta, ciò non vuol dire che essa non deve esistere affatto. E' indispensabile anzi _che lo _Stato abbia una politica agrana defimta, chiara e costante, che non muti

col cambiare dei partiti al potere, che non presti comodo 11fianco alle cupidigie di questo o di quel Rabagas, che non serva a soddisfare gli ~ppetiti degli speculatori, siano essi_ deputati o burocrati, proprietari o. orgamzzaton. Se lo Stato riconosce co.nven1ente che la terra dalle mani dei proprietari che percepiscono le rendite senza apportare le 1oro cure alla direzione delle a,;iencle, passi alle mani dei veri coltivatori, ebbene: si tuteli questo passaggio. Esso a,1--vienespontaneamente, si dirà; è vero, ma 10 non sono tanto liberista da nou rico.noscere, d'accordo col Serpi.eri, che questo 11011 basta. Dove la terra è richiesta. essa sale eh prczw oltre ogni misura : onde si verifica i) fatto che a pochi chilometri cli distanza terre meno fertili sono pagate il doppio di terre assai più rimlll1erative. Ma il contadino che compera, vuole la terra dove egli abita e paga quello che il proprietario vuole, con quella larghezza che i .rispa.nni accumu.lati gli consentono. Ora è evidente che di qui a qu.a.lche tempo, quando la terra sarà meno richiesta e sarà calata di prezzo, il couta.dino si troverà ad avere assai male impiegato il suo denaro, e forse sarà costretto a vendere e a ritorna.re nelle condizioni di mezzadro o di salariato. Così resteranno danneggiati proprio quegli elementi migliori che lo Stato avrebbe invece interesse a tu.telare. Ma ripeto: tu.telare (e non suggerisco come, perchè confesso che non ho idee molto chiare in proposito) u.11movimento che già si verifica, non forr.,arlo o artificialmente provocarlo con provvec\imect.i legislati<vi che, s" sembrano ispirarsi a sani concetti economico-sociali, si ignora dove Yadano a riuscire. Così nel caso delle irrigazioni, delle bonifiche vuoi idrauliche, vuoi a.,,,orarie. Lo Stato deve aiutarne ogni forma e tentativo : ma - si tenga presente - lo Stato spesso e volentieri e specialmente del caso delle bonifiche, investe i suoi capitali a un saggio assai basso : in sostanza per il presente le bonifiche rappresentano un cattivo impiego cli denaro. Ma le venture generazioni si trovano ad avere un patrimonio fondiario accresciuto; quando forse il capitale altrimenti impiegato, dopo aver dato per un certo periodo di tempo interessi elevati, sarebbe scomparso del tutto. Vi è qnindi un interesse nazionale a che si bonifichi e si investano capitali nella terra. Ma anche qu.i c'è u.na certa misura che l'uomo di stato deve fissare. Epi:;oi sarà ma.le se l'impiego di questi capitali si farà con criteri di saggia economia? La dove lo Stato può spendere dieci, non spen_cla cento? Se si eviterà che ogni opera pu.bbhca sia una mensa imbandita agli appetiti cli impiegati, cli cooperative, di appaltatori e via c\icenc\o? Festina lente. Qu.ando io veggo presentare un disegno cli legge come questo sul latifondo che anche ammettendo fosse scevro di inquinazioni demagogiche ,e volto verso la giusta direzione - vuole però buttare sossopra tutto il nostro aspetto agricolo, mi sento venir la pelle d'oca. Vi sarà capitato cli ritrovarvi col vostro tavolo di lavoro ingombro cli carte, di fogli volanti, cli cartelle: avete mai pensato a metterci ordine con lo spalancare le finestre a tutti i soffi del libeccio o della tramontana? Si cita l'Inghilterra. Che ha fatto l'Inghilterra? La riforma irlandese fu cominciata nel 186o dal Palmerston e non fu compiuta che con l'Atto di Lord Ashtourn, successivamente modificato dal Balfour nel '96 e dal Wyn.dham del 1903. Quarant'anni cli tempo! do,·e noi vorremmo impiegarvi un giorno. Eppoi non sembra che i risultati siano stati troppo brillanti. Leggete nel Caroncini, cli cui in questi giorni si sono pubblicati gli scritti (1), qnello che scrive a proposito della legislazione agraria in Irlanda e della Riforma Agraria inglese. E dopo tutto che cosa rappresenta l'Irlanda nell'equilibrio eco.nemico del Regno Unito? Piuttosto che andare in cerca cli nuove terre, cli nuove forme cli conduzione, a base di cooperative, coltiviamo meglio le vecchie terre. Su cli esse troveranno lavoro altre bracci_a,e gli agri.coltori sapranno da sè trovare 11 modo per far loro posto. Lasciamo la terra agli agricoltori e gli agricoltori alla terra : non distogliamoli dai loro campi con le lotte elettorali! Le agitazioni agrarie, per concludere su quanto abbiamo detto sopra, non hanno mtaccato profondamente l'istituto della mezzadria, nè hanno economicamente c\annegfato i propri.eta.i : onde si potrebbero gmd1care sotto questo riguardo con animo mdulgente. Ma hanno avuto questa conseguenza c\a.nnosa: quella cli turbare l'anti-· ca bu?na armonia e_cordialità di rapporti tra propnetan e colom, senza di cui non vi è contratto agrario, pur perfetto nelle sue forme, che possa dare buoni frutti. Un po' più all'll.Ilo, un po' meno all'altro non ha grande importanza; l'importa.nte è che la borsa (:r) Problem:i di Politica nazionale. Laterza, 1922 LA RIVOLUZIONE LIBERALB da dividere sia abbondante : ossia che st coltivi bene, e non importa che il buon coltivatore si.a un grosso o un piccolo proprietario. Su questo punto c'è moltissimo da fare e da insegnare; e lo Stato fa poco e i partili politici niente. Gli agricoltori avevano fatto non poco da loro, prima e dopo la guerra, e so.uo convinto che 1110ltofarebbero e faranno per l'avvenire. rJ buon agricoltore investe i suoi risparmi nel fondo quasi per istinto, per a!Iezione, senza calcolare se qu~i:o capitale renderà il 3 o il 5 per cento, calcolo che d'altronde non riuscirebbe nemmeno a fare: la u.a terra è il suo salvadanaro. Ma egli vuole essere sicu.ro che a u.n certo m.omeulo non verrà 1111 Tir,io qualu.nque - esso fregiato di scudo crociato o cli falce e maii:ello - a portargliela via. Il cattivo agricoltore.. con il diffondersi delh, istitu.zione agraria, con l'elevarsi delle condi,,ioni generali dell'agricoltura - e magari col peso delJe imposte - vogliamo sperare che col tempo sparirà. Ma vorremo noi, per sopprimere il reato cli furto, abolire la proprietà' Milano, mag1;io r922. GJUSP.PPE BRUCHIP.R. ;\OT/\ );°cll'csarne della crisi agraria e dei movimenti proletari dopo la guerra crediamo c:be sfugga al Brughier la valutazione cli alcuni clementi politici, concreti uouostante l'apparente demagogia. Ma oggi, di fro-ute aU'insuJl:icienza delle illusioni collaborazioniste, la su.a critica è p<:-Tfeltamente giustificata. La Conferenza di Genova :\ppare.utemente, la delega1Jione tedesca era molto meno inquadrata e molto meno stilizzati,. cli quella francese. Mancava ill essa la pattuglia di universit.a.ri cbe c'era nella francese, e anche i diplomatici provenienti cl.alla vecchia diplomazia guglielmiua erano pochi: \"Oll Simon, segretario di Stato alla Wilhelmplatze, vo11Mahlzabu, di etti parlerò dopo, e von Prittwitz, diplomatico dal 11omefredericiano ma di orientamenti molto anglofili. Dne o tre altri 110a conta vano assai poco. Così, molti giorual:isti. resL.'tvauo sconcertati dalla mediocrità dell'ufficio stampa impiantato al Ba-caria, e diretto cl.al Frhr. von Tucher il quale parlava un po' l 'ita.lia.no ma non sapeva mai niente. Tutta la stampa :italiana non desiderava di meglio che le « suggestioni » t.edesche, ma i teqeschi erano troppo prudenti per impiantare un servizio aulico di informazioni crune funzionava presso i francesi. Preferivano lavorare iu altro modo. MinisterialdirektorM!iller Direttore ,·ero e ufficiale dell'ufficio stampa era il Dottor Oscar Miiller. Io lo avevo conosciuto cli passata a Berlino, nell'inverno del '20, quando egli era ancora corrispondente dalla capitale tedesca per la Frankfwrter Zeitung. Chiamato nell'autunno del '2r ad occupare stabilmente una posizione nell'alta burocrazia, il l\'Itiller, g:?lrnse a Genova, con un.a parte c1i prima impo1tanza : fu l'uni~o direttore cli Ufficio stampa che partecipasse alle 1iunioni dei capi della sua delegazioue : e spesse Yolte vere deliberazioni furono prese dalla terna Wirth-Rathenat1-Miil!e:-. Il 1narchese Visconti Venosta e Si-r Edward Grigg, che poi avevano niente da fa.re con I'Ufficio stampa, mette,·ano molta compiacenza a comparite trelle riunioni quotidia11e dei giornalisti della nazionaLità rispettiva: Oscar Mi.iller, al contrario, non amava affatto le comunicazioni coram pop!!lo. Egli parlava con pochi giornalisti tedeschi di polso, e per n1ezw di essi ti.rava uella scia governativa e rathenauesca tuttri i pesci piccoli, tedeschi e ... italiani. Questo gli era facilitato dalla preseuza a Genova dt due giornalisti ber1iuesi, 'l:'hcodor ì,Volff del Berliner Tageblat e Georg Ber-nhardt della Vossische~ che hanno uel g-iornalismo tedesco un'autorevolezza come nessun giornaìista italiano ba, corrispondentemente, nella nostra stampa: senza essere ufficiosi, si noti. Da noi, i <lue o tre giornalisti romani che hanao le loro grandi e piccole entrate alla Consulta, e che a Genova potevano, per esempio, parlare con Schanzer quando lo avessero voluto, non sono neppure essi ufficiosi, wa tanto meno autorevoli: auzi sono riconosciuti come emeriti fanfaroni. Il Bernhardt faceva parte, in qualità di perito, della Delegazione: e si vede,·a meno. 1fa Theodor Wolff riprese finalmente a Genova il suo ru0-- lo di 1nenager della stampa forestiera. Le sue in..fonnazioni erano sempre precise, controllate, rara.mente e, se mai, discretissimamente tendenziose: e, regalate così com'erano da un « eminente collega » nessuoo sapeva resistere alla teDtazione di tenerne conto nel compito serale. Iu qltesto risultato finale ed essenziale, si chiariva tutta la superiorità deli 'accapan-amento tedesco sugli <i: uffici» francesi dell'.Hòtel Savoy. Un altro giornalista contava la delegazione, Hilfferdiug: ma l'ex-direttore delìa Freiheit era perito fiuanziario effettivamente e faceva poca politica, auche per il fatto che Hilfferding si esprime con ,·ero stento tanto in francese ehe .. iu tedesco i pare ,be le parole se le tiri su con la carrurola da! fouclo dello stomaco : solo i -::ongn.ssi socialisti tedeschi hauno la sopportazione uecessaria per un parlatore simile. Del resto, quei tre primi erano sufficienti alla bisogna; la delegazioue tedesca era quella in cui l'opinione dei grm!di gioruali arrivava ufficialmente nelle più ristrette riunioni per mezzo del i\1iiller, e le dirctti,·c ai g-ior11alisli erano imp1·esse con maggior sicurezza per mezzo di Bcrnharclt e \YolfL !..'imprenditoreR11thenau L'atto priucipale della delegazioue tedesca a Genova - il trattato di Rapallo - è stato il risultato di una combinazione fra i sentimenti e i risentimenti di Rathenatt, da una parte, e le opinioni ben salde e circoscritte del Freiherr von rnn Mahlzahu, capo clell'Ost-Abteilu11.g al Ministero degli Esteri tedesco, dall'altra parte. I due uomini si incontrarono, e, ciascuno in base a motivi personali diversi, decisero di compiere quel gesto. Vediamo come ci si sia deciso Rathenau. Egli venne a Genova per compierd « qualche cosa~- Ratheuau t; rimasto quale venti anni di attività industriale lo haW10 foggiato: un grande intraprenditore moderno. L'cr affare» industriale ha semplicemente ceduto il posto, nella giornata di quest'uomo, all'« affare> diplomatico: il bisogno primitivo, direi infantile, del11azioue1 che è in fondo ad ogni intraprenclitore di raz7,a, egli lo ha portato entro il campo della sua attività diplomatica. L'errore inevitabile in cui Rathenau è caduto è stato precisamente questo : ha creduto che la posizione del grande imprenditore e del grande diplomatico rispetto al guadagno, fossero identiche. Scrive Rathenau in un suo vecchio libro (Refi.exionen): « lo non ho mai con.osci1tto u.n ~i;ero 1wn1-0 d'affari, per il quale i! guadagno rappresen'ta.sse la pri1icipale preoccupazione : e potrei a!Jennare che chi è attaccato al g1tadagno personale di denaro, nan può essere u.,i grande 1.w1110 d'affari,. Consideiiamo come sua questa riflessione dr Rathenau-imprenditore. E pensiamo che quest 1uomo, per venti anni, dalla sna attività professionale è stato disciplinato a stimare autentici il successo industriale di gran'- de portata, ed il guadagno in stretto senso (cioè il successo immediato, controllabile d.all'oggi al domani); che quest'uomo ha continuato a pensare che per essere lungimirante, fecondo, bali.11brecher, occorreva, prima di tutto, saper concentrare l'iuteresse sulla intrapresa: e L'obbietto, su. cui l'u.01110 d'affari accimutla il suo lavoro e le su.e preoccupazioni, -il suo orgoglio e i s1wi desider-ii, è l'intrapresa in. sè, qwzlunque essa sia: fabbrica, ba:nca, annaniento, teatro, ferro7ia. L'-uom.o d.i affari non conosce alcun'altra aspVraziane, all'infuori di questa: trasfm··mare l'intrapresa. -in un fi.orente e fo-rt,e organism,o ... )I (Reflexionen). Ebbene : quest'nomo è messo a dirigere la politica estera di uu grande paese, è inviato ad una grande adunanza internazionale. Qual'è il guadagno di un diplomatico, in questo caso? Ottenere libe1tà di iacontri, di discussioni, di combinazioni : ottenere la fiducia dei concorrenti : conservai-e la seggiola al tavolo, con su s'.critto il p1·oprio 11on1e. Questo e guadagno • immediato, precisamente, e non altro, Lloyd. George serbava alla Gemi.auia alla Conferenza: e questo guadagno, precisamente, Rathenau era dispostissimo a ueglettere o ad abbandonare, per concentrare il stto interesse sull'impresa concreta cui da tempo attendeva volt Mahlzhan : la conclusione di uu totale e clamoroso - indispensabile quest'ultima qualità! - e clamoroso accordo con i So,iet. ha storia di un appuntamento A questa pred,isposizioue generiea, si aggiunsero le moti.ifi.cazion-i ricevute, specialmente da Lloyd George. Rathenau è israelita. Del giuclaismo 1 questo gli è 1imasto: la vanità. Vanità di uomo superiore, ma eh~ si tradisce ugualmente nell'accuratezza un tantino ricercata e non sempre fine delle fogge di vestire, nel penchant alle comparse sensaziouali in mezzo ad una folla convocata. apposta per sentire le sne parole, uell'abitncìine, anche quando è en petit com:ité~ a non poter fare due dichiarazio:rui senza il pulpito di una seggiola, di una scalinata, di un tavolo; nella compiacenza 11.-i.aui[esta di usare cou padronanza assoluta le lingue estere: guardate che, mentre parta, egli contintt.c'la darsi all'aplo·mb della giacca e dei p:1.11• ta1oni d,iJige11tissi1name11tcstirali ... (Ancora un riscontro di Canues. Quando Ra· thenatt - primo tninist.ro tedesco che s.i prcsen73 ~s-e al Con&iglio Supremo non in condizione cli accu..sato - espose, in ge.nn.aio, dinanzi a Lloyd George 1 &,nomi e Briand, la situazione economica della Gennania, cominciò con queste frasi testuali : , Tralascerò di usare della. mia lingua, il tedesco, per risparmio di tempo, evitando l'interprele: e solo per questa ragùme. Mi esprimerò dunque direttamente in inglese, e poi tradurrò io slesso in francese. Solo per risparmw di tempo, ancora un.a volta - continuò rivolto all'on. Uouorni - credo opportuno astenermi dalla traduzione in italiano chiedendo--11,escusa all'(nt-0re1Jole Prùna Minisl-ro d'Italia 11. Non si sa se riman<.-Te più storditi cl.alla c:sibi,iione lnzzatti.aua cli questa prontezza poliglotta, o dalla ... squisitezza cli tenere un tale discorso dinanzi a due uomfoi notoriarnwte e disperatamente monoglotti, come Lloyd Ceorge ... e Bcmomi !) La vanità cli Ratbeuau, nelle prime giornate di C<:nova, non fu risparmiata. Tre volte egli chiese un colloquio a Lloyd George, ma questi, ingolfato nelle discu..ssioni del Club, gli fece tenere delle risposte in cui, stdngi, stringi, c'era questo: , Adesso non ho tempo,. L'ultima richiesta e l'ultima ripulsa furono scambiate il venerdì 14 aprile. Già in precedenza, Teodoro Wolff aveva invitato i maggiori giornalisti inglesi ad un ricevimento intimo nella Villa Croce-Sonnemherg, a Nervi. Xon è verosimile che questo ricevimento a uomini legatissimi a Lloyd George sia stato indetto, nella previsione di burlarsi cli loro e del loro patrono entro le 24 ore. Ratbenau passò ancora iu attesa la giornata di sabato, vigilia cli Pasqua. Proprio alla sera, e proprio durante il ricevimento 1 da :persone vicinissime a Lloyd George, fra l'altro da. M.r Ganvia, Rathenau venne a sapere che all'indomani il Premier inglese ave,.·a intenzione di solennizzare I.a festa. integralmente : messa e benedizione, partita. a e: goli I) in giardino, gita in automobile lungo la Riviera} nientissimo di politica: si noti che chi daYa queste informazioni era anche ).Lr Garwin, compagno ordina.rio di que~te réjouissan.c,es domenicali. Credo che nella serata, Rathenau si sia lasciato convincere a firmare il trattato: e all'indomani, Pasqua, andò a Rapallo. :'.\elle spiegazioni sulla propria condotta che Lloyd George do,·ette dare in seguito a Barthou, nel Club, egli disse fra l'altro: a: Io ten.tai di combinare -un incontro con ;l Cancelliere del Reich e con il Dottor Rathena.u 1iella giorn.ata di Pasqua : m.a la assenza del D.r Rathenau., che si tro-va1Ja già a Rapa.Uo, to impeài ,. Questa ,·ersione, L!oyd George la ripeté poi ,;arie volte, anche in pubblico, e anche, il 15 giugno scorso, alla Camera de; Comlllli : ed. è esatta, ma clisa,,--trosa per la serietà, o per la riputazione cli serietà, del suo autore. Il ministro Rathenau fece colazione al1' Eden, a Genova: e non parti da Genova prima del tòcco, anzi delle 14. Lloyd George fece telefonare all'Eden per avere un abboccamento con i minii-stri ledescl.J.i verso quest'ora, e non prima: non nella mattinata. Perchè non lo fece prima? Oh1 mio Dio : soltanto al tòcco aYeva incominciato a pioYere come Dio la mandava: e durò tutto il pomeriggio di Pasqua. Lloyd George - se<:ondo le solite relazioni degli intimi, ricercate come bollettini della salute del!a Couierenza - aveva passato la mattinata secondo il programma festivo stabilito: ma il tempaccio maledetto gli fece rinunziare al re:,--todelle sue distrazioni pasquali, con suo grande disappunto. Conclusione : visto che, per colpa dell'acqua, la gita in Riviera era impossibile, e che bisognava rimanere bloccati a Villa d'A.lbertis, Lloyd George si decise a Il combinare un incontro con il Cancelliere e con il D.r Rathenau ». , Or·mai - an·à detto il Pre·nder - ormai la giornata è sprecata ... Tanto -vale sentire u.n po' cosa "JUO!dirci co/.ui~ che per tre -volte mi ha seccato con le s·ue richieste di colloqui ... ». i\ia Rathenou era già a Rapallo. Cou questa diligenz.a e con questa previg-genza1 Lloyd George affrontò l'eventualità, a lui notissima, dell'accordo russo-tedesco!. .. li funzionario Uon-Mahlzahn Ratheuau - secondo me - stette indeciso fino alla ,·igilia della firma dell'accordo. Ma v'era uel,la deleg-azrione tedesca un altro uomo che, al coutrario, fu clecisiss-imo a concludere fino dal primo gioruo. Quest'uomo era il Freiherr von ì\1.ahlzahu, presente alla Conferenza in qualità cli Segretario della Pi:esidenza del Reich, l'autore vero del trattato, e il personaggio forse più iu~ teres&'lnte della delegazione. Vicli diverse volte il Mahlzahn dopo la conclusione dell'accordo di Rapallo: egli era difficilmente accessibile, perchè, cotn'egli stesso diceva, ormai quasi disoccupato. Alto, biondo, saklw anzu..g, nessuna cicatrice stadentesca che dettupi il v-iso regolare e calmo, nessuna abitu'- dine a stringere le mascelle, a spalancare gli occhi alla maniera di Federico il grande, come non è difficile che fattia qualche consigliere segreto dell'austro regime, per darsi un i. tono». Mahlzahn è , schlicht, : è semplice. Più che diplomatico, egli si picca di essere un « 1ueuagcr » politico di grandi affari internaziouali: e ce1io gli pare che questa sua fo1·uia di attiYità sia quella che più conviene agli J.ffari del suo paese: perchè, da buon tedesco liberale, ;\fahlzahu ha una viva ammirazione per l'Inghilterra, un.a vivissima per l'America, e per i siste1ni diplomatico-affaristici degli anglo-sassoni. ~fa egli rimane tuttada radicato alla \Vilhehn-

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