La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 16 - 4 giugno 1922

~ivist:a Storico Set:tima:na1e di l?olitica Anno I. - N. 16 4 Giugno 1922 Casa Editrice Energie Nuove A~~~nAMfnII • Per il 1922: L. 20 (pagabile in due quote di L. 10) - Abbonamento cumulatiYo con •IL • BRRETTI• L.32(pagabileinduequotadil.16. IL B·ARETTI SUPPLEMENTO L T ERARIO MENSILE Non sl vende separatame1Jte fondata e diretta da PIERO GOBETTI TORIIIO • Via Venti Settembre, Il. 60 • TORINO UN NU.:M::&RO LIR.& ------- (Conto (J()'rrente Postale) 0,30 SOMMARIO: C. E. SUCKERT: li clremma della modernità. - FESSIA: Il problema nailitere, .,. Lineamenti teorici introduttivi. _ S. CARA.lrELLA.: Politici meri. cli on ali ciel 700 e 800. - A. MONTI: La scuola normale. - BRIGHTON: Note nP.lla politioe fra o ce se l. - Un Unitario: Esperienza Ll berale. _ P. BI!LLI, X. LA.•- BERTI: Polem;ca fa .. cista. Il dramma della modernità Quando si parla dell'Italia e della cns1 i1:11ianasi fa comunemente questione di cap1tale e di lavoro, di produzione e di mercati, del difetto di materie prime e della sproporzionata altezza dei ~la.rii, di imp-2rialismi stranieri e dell'irrequieto spirito contemporaneo, a fondo sociale, che rode e impedisce ogni attività e avversa qualsiasi disciplina; si ha la tendenza, cioè, a spiegare la crisi italiana con i fatti di cronaca, c:on l'estrema mutabilità degli avvenimenti, a rame quasi una questione di noli, di trasporti e di cambi. Anche nella diagnosi del male di cui noi itaiiani soffriamo, lo spirito provinciale, gretto e goffo, ha modo di manifestarsi e di giustificarsi : che dramma, in tal genere di giustificazioni! Ma il problema è ben altro, vastissimo e profondissimo: tanto, che il solo enunciarlo mi sembra arrischiato e crudele, considerando il facile e comodo ottimismo di cui dànno prova i contemporanei. Il mio còmpito, però, è cli disilludere e di far male : padronissimi gli altri, se le mie idee parranno loro astruse o comunque condannabili, di considerarmi alla stregua di quel tal Lebedeff, uomo losco e commentatore bizzarro del!' Apocalisse, éhe nel!' Idiota di Dostoiewski s'imbiZ"àsce a dimostrare l'immoralità delle ferrovie, pelle quali egli crede di vedere uno fra i tanti aspetti d~ll' Anticristo. Qu.eila che l'Italia attraversa non è la crisi di una nazione, ma d'una civiltà. No,.1 sa,ltanto nel nostro paese, ma anche e_non meno palesemente in tutti gli al.tri, s1 assiste oggi alla decomposizione della modernità, al distacco irrimediabile delle due opposte tendenze che, una prevalendo sul1:~ltra, forma.no !'essenza d'ogni civiltà; dt~ac~o fatale e prevedibile sempre, perchè penod1co. Ma questa volta, sebbene nessun filosofo, o storico, o poeta abbia mostrato di prevedere questa decomposizione e di riconoscerne i sintomi, non v'è uomo che non sappia vederla e misurarne la profondità, come il malato fa del suo cancro, su se :r:nedes1moe sugli altri, ingannandosi tuttavia. suJla natura e provenienza del male e sulle sue po.ssibili conseguenze. Questa incapacità a far la diagnosi della « malattia del secolo" e a indagarne le origini, è storicissima, non occasionale e inclica appunto la natura della malattia.' Di una tale incapacità o ignoranza han.no dato prova sinora quanti, come il Vanderlip, il Keynes, Norma.n Angeli o Nitti, han preteso di spiegare l'attuale crisi europea col fatto economico o sociale o, perfino, col carattere duro e spietato delle leggi dettate ai popoli ";nti dai militari e dai finanzieri di Versaglia. L'impossibilità della scuola positivista a_dar ragione dei grandi fenomeni che, pe1:<xhcamente, mutano gli aspetti delle relaziom fr~ gli uomini e le cose, nel, che appunto consistono i mutamenti di civiltà non ?'era mai rivelata in modo così palese' come m ques~o crepuscolo storico. Il produrre arg?1!1'entt d'~rdine, direi quasi, meccanico, c1_oe_eco)lomtc? o_ sociale, per spiega.re le ragioru del penod1co ~istacco delle due opposte tendenze dal CUt vario contrasto nasce appunto l'alternarsi delle forme di civiltà è un diminuire l'importanza, del fenomeno' come sarebbe voler misurare la profondità di un'onda. soltanto dalla sua elevazione sul livello dell'acqua. V'è una radice subacquea dei fenome.ni, che è stolto volere ad arte ignorare. • Il fatto economico o sociale non basta a rendere ragione dell'attuale crisi europea, che uon è dei momento, nè è generata da cause che la guerra ha occasiona.Jmente prodotte: gli odierni perturbamenti economici e poìiLici souo soltanto un aspetto dello storicissimo male che travaglia, non da oggi solamente, ma da qualche secolo, la civiltà nostra. S'io fossi per metodo, propenso a stabilire sui calendario la data della nascita dei fenomeni storici, m'indurrei a riconoscere nella Rifonna il primo chiarissimo aspetto di quei!a decomposizione della modernità alla quale ho più_ sopra accennato. I segni, infatti, di questa decomposizione appaiono in piena luce col nascere dello spirito critico, di natura occidentale e nordica, opposto a quello dogmatico, di natura orientale e meridionale. Così dicendo, non è mia intenzione attribuire al solo Lutero il merito di avere i::itrodotto nel mondo il metodo critico : sono io pure infonn:ato della concezione positivista moderna, la quale, considerando il progresso, dagli antichissimi e oscuri tempi dell'Egitto in poi, come il prodotto di una continua e spregiudicata attività critica, contraria a qualunque dogn1a, mette Pitagora o Aristotele aìla pari di Lutero, di Galileo u di Darwin. Ho voluto soltanto additare un punto d.i rife.,,--imentoa qua.nti, nia}sicuri della storia, si mettono a ricercare le cause dell'attuale crisi europea in tempi troppo moderni o troppo antichi : precauzione quasi indispensabile, la mia, oggi che i propositi serii sono raccolti e seguiti solamente dagli ignoranti. Poichè è destino degli scrittori onesti d'ogni temJ-,'O (ma. qui sia detto senza soverchia intenzicme di raffronto, tan- , to pi.ù ch'io non sono un onesto scrittore) di far come San Paolo che, primo, pl'edicò ai Gentili.· Ho accennato più sopra, a p1:oposito della Riforma, al sorgere di quello spirito critico e scettico dal quale si è venuta detenninando e informando la modernità. Avrei dovuto dire, più esattamente, che la Riforma pon è la nascita dello spirito critico moder110, d'impronta occidentale e nordica, ma il distacco di qnesto da que.llo spiirito dogmatica,, cattolico, d'impronta orientale e meridionale, che forma l'essenza della ci'V!iltà latina. Quando avviene il distacco di queste due tendenze contra1;e, quando cioè una di esse si sottrae al predominio dell'altra o prende a sua volta il sopravvento sulla tendenza opposta, si determina naturalmente una crisi, che è d'eq•uilibrio. La storia d'Europa è tutta in questo inconciliabile contrasto. La crisi che prese il nome di Riforma ebbe sulle prime, in apparenza, un campo limitato di contesa: la 'Bibbia. Proclamando la libertà d'interpretazione della Bibbia, Lutero, che è sen:ra dubbio da considerarsi il primo uon10 modemo, non fece se non introdurre nel campo religioso e politico quello spirito individualista che i medici e i fisici ebrei delle corti s,pagnuole dei Califfi e delle Università francesi, e i navigatori portoghesi e italiani, avevia.D.Ogià insinuato nel campo scientifico, filosofico e astronomico. Però, mentre le dissertazioni di medicina e di teologia dell'ebreo Maimonide, il dottore dei perplessi, « More Nevochim », e i calcoli astronomici di Profatius giudeo, reggente della facoltà di Mo.ntpellier, come il viaggio di Colombo e le nuove costellazioni vedute da Magellano non avevano potuto mùtare l'essenza della ci'V'iltà dei tempi, ch'era rimasta, a malgrado di tutto, orientale e meridionale, cioè ferocemente cattolica, l'ostinazione ribelle del rozzo monaco tedesco era riuscita a mettere in valore uno spirito )lU.0rn, individua.lista i:,erciò antica.ttolico, nordico e cioè, per quei tempi, bax-baro. Grandissima impresa, sebbene infausta, quello di Lutero, non già per aver aiutato alla comprensione e alla divu.lgazione del Vangelo, di cui i moderni han mostrato di non tener conto. ma per avere compiuta qaella profonda trasformazione, o rovesciamento di valori, che ai contemporanei parve più matta che eretica, quale fu il trionfo dello spirito barbarie-o su eiuello della civiltà millenari.a cli Roma cattolica. ... Lutero, • quel monaco impossibile•, come lo ha chiamato Kietzsche, fu un rovesciatore. Rozzo, ignorante, presuntuoso e spregiu,dicato, chiuso alla comprensione della bellezza e della saggez:ra latine, gran bevitore e gran mangiatore, gargantuesco, più lanzichenecco che frate, attaccabrighe anche col diavolo, teàe5eo nella coliottola corta e grossa cc,~e in quel suo cattivo latino che suscitava lo scher.no superbo dei prelati italiani, eleganti nei modi e nella lettera; nomo di schiamazzi, di furberia grossolana e di cocciutaggine plebea, Lutero fece ridere ma s'impose. Diritto a gambe larghe nel mezzo dei messi imperiali, alla Dieta di \N"orms, appoggiato a un suo lungo croce1..!-l:ssocome a una pico, iroso e veemente come u.n capitano di ventura che desse ragione della sua parte di bottino, il pugno chiuso sul d01·sodi una. Bibbia tedesca stampata a \1/ittemb--...rga,no.n già )Y'...rfar giuramento, ma. per difenderla dalle dita bianche e molli dei legati papali, egli non si scagionò dell'accusa. di eresia, ma proclamò la ~-erità e la santità dello spirito nuovo, tedesco e barbarico, contro quello latino, non s'intestò a negare ma ad affermare. (Dietro di lui, un po' curvo e guardingo, ironico e sorridente come appare .nel ritratto che di lui fece Holbein il Giovine, stava l'autore della prima. opera luterana, i « Loci comriiun.es D, Melanchton, il primo apostolo e al tempo stesso il San Paolo e il Sant' Agostino della Riforma, spiando le faccie dei messi dell'Imperatore, lieti dell'umiliazione papaJe). Invece di difendersi, come già gli Albigesi o \,Viclef, Huss o Giovanni Ziska il Cieco, Lutero accusò il Vicario di C1;sto d'eresia e d'empietà tirannica e sollevò_contro il fantasma onuipos-sente di Roma tutto il mondo barbarico del settentrione, si fece quasi il banditore e il profeta dell'occidente, da cui dovevano sorgere la scienza e la morale laica, contro il mondo orientale, che aveva generato la fede e la saggezza cattoliche. In difetto di teologia., egli chiamò in aiuto i filosofi e gli uomini di scie.u.za.;ignorante di greco e di latino, e gli si fece il San Girolamo della Riforma e, come aveva già scagliato un calamaio contro il demonio, scagliò contro il fantasma di Roma la sua traduzione tedesca della Bibbia. Anbandonato anche dall'Imperatore Carlo Quinto, Lutero si volse al popolo, alla plebe nemica. di Cesare e di Pietro, e, introducendo i concetti 'democratici nell'interpretazione del Vangelo, togliendo autorità alla religione col dare a ognuno la possibilità di farsi sacerdote di se medesimo, il che significa mettersi a. tu per tu con Dio e trattarlo da persona di famiglia, sconfessa.udo profeti, martiri e santi e abolendo nella religione ogni concetto cli gerarchia e d'aristocrazia, venne naturalmente ad agitare il popolo contro le forme monarchiche- della Chiesa e dell'Impero, si . fece, senza averne forse coscienza, il banditore della democrazia, cioè, ancora una volta, il profeta della civiltà democratica, occidentale e nordica, contro ouella teocratica e aristocratica, cattolica, di .natura orientale e meridionale. I7:19uesto I.a Riforma, che da Lutero prese mu.10 e nome, può chiamarsi il primo '.15pcltodella. modernità. Poichè, quando per 1] passato la. morale si era fatta dipendere dalla religione, ch'essendo cattolica avev--a dato origine a una morale cattolica chiosa e feroce e insofferente di compr~ssion.i dalla Riforma. in poi la religione, e non sol~ tanto nei paesi protestanti, ha dipeso dalla morale. Ii che può facilme;ite riconoscersi considerando l'essenza della religione riformata, la quale tende a giustificare e spiega- 'le, non, come la cattolica, a santificare e a rendere dogmatico. Ora, dunque, chi non riconosce nella modernità questa tende.n.za.,universale e minuziosa., di origine nordica, alla spiegazione e alla gius_tificazion_edi tutto, delle leggi e dei fenomeru naturali, delle cose come degli uomini, del bacterio come del cosmo, della. cosci:nza e della fede come dei fatti incomprenS1b1he in.spiegabili ai quali gli antichi attribuivano un origine divina~ Te_nden.za piena d'ombra, che la. grazia non illumina. Di qui nasce il dramma della modernità; dal distacco, cioè, della tendenza. critica da quella dogmatica, e dalla decomposizione, che ne è seguita e tuttora continua nella civiltà nostra. ' ~,on è difficile, da quanto ho detto più sopra, dedurre gli aspetti dell'insanabile antagonismo che si è venuto via via esa.sperand? :fino ai nostri giorni tra l'elemento nordico e quello latino. .Mentr:e I?"...rquasi due secoli, fino agli Enciclopedisti, la lotta si è svolta unicamente nel campo religioso tra Roma e la Riforma e q_uind_iper un altro secolo e mezzo sin~ agh uJtnni anni dell'ottocento, 'fra la ~orale _puntana anglosassone e quella cattolica la~ma per la deter:1llinazione dello spirito etico _moderno, oggi la lotta si 9Volge e si ~ccarusce sempre più nel vastissimo campo ctell~ forme del viver ci,;le, per la determinazione, cioè, della. moderna forma di civiltà, in quanto essenza, aspetti e organa.mento Che ampiezza, in questo contrasto! Non è più l'antica l~tta fra due concezioni teologiche fra la. Chiesa Romana e le libere chiese delle nazioni nordiche ma una nuova e vastissima tra due diver~ e contrarie concezio- -~, della vita. Il _contrasto, irriducibile non è ptu nella concezione del]' al di là ma dell' al di qua : il u mondo", la mala be'stia nemica di Cristo, che il cattolicismo ha combattuto con la rinu~_ìfl: e cou l'espi.azione, con l'amore del sacnf1C10 e del dolore oggi trionfa non più in aspetto di belli;sime fe=in~ tentatrici, o di monaci grassi predicatori di eresie, ma nelle •varie e innumerevoli forme della modernità. I roghi e le preghiere a .nulla valgono contro questa nuova insjdia del serpente. L'antica concezione cattolica della vita si è ormai ridotta in seno alle nazioni meridionali d'Europa, che, schiacciate dalla prepotente civiltà delle nazioni nordiche, son costrette a vivere dei succhi rimasti nell'humus della. loro cu.ltura e grandezza di un tempo : ma il terre.no è arido e la sete feroce. Qui comincia ad apparire, anche ai più chiusi, quello che è il dramma della modernità. J:>erun paradossale capovolgimento di valon, che sembra un comune destino di tutti i popoli, nazioni un tempo :floridissime e potenti sono oggi soverchiate e oscurate da altre già barba.re e -vilissime. Quella che un tempo era. una falsa e barbarica concezione della. vita, oggi detta le leggi della civiltà moderna. In Italia e in Ispagna, dove generazioni di asceti, di filosofi e di artisti erano riusciti, in tempi non lontani, a ritrovare le radici dell'antica saggezza e a farne fruttificare i modi nuo,,; e gloriosi di una civiltà meravigliosa, dominatrice della be-

60 sti;tlità stra~era, oggi tutto è morto e quel po che res1n~a ancora è vile e pestiale. Quel che la latiruta aveva deprezzato e schernito co~e b~barico ed empio. oggi trionfa e domma. Nelle città d'Italia, • bellissime un tempo e popolate d'uomini grandi, d'ingegp_ovasto e lieto, solare, quel che in età non lontane rappr_esentava la saggezza del mondo e dava la misura della civiltà della terra o~gi è _rid~tto a u1;1cul~o segreto di pochi t1moro.."'ld esser chiamati barbari dai sorridenti seguaci della nuova legge. Le nazioni Ghe un tempo erano barbare, oo-2"isono considerate civili, e quelle ch'era;; civilissime hanno stinia di barbare. Che tremendo destino è questo, o che pazzia? che sciagura, o che stoltezza è mai questa? Incapaci di assimilare la civiltà nordica di farne proprio lo spirito e d'imitarne i mu~ ternlissimi aspetti, le nazioni latine si trovano oggi in istato d'inferiorità a petto di quelle anglosassoni. Il che significa, senza dubbio alcuno, che le nazioni latine sono im[>roprie alla modernità, che sono rimaste antJche e c];ienon potranno divenire moderne senza perdere la loro originalità storica. Quello che Leopardi osservava per le lingue_ spagnuola e italiana, ch'egli stimava antiche e non atte a rendere. ao-ilmente il pensiero, si verifica per i popoli ';tessi non essendo nè gli italiani, nè gli spagnuoli 'adatti ad essere inciviliti, (nwdernizzati) perchè nmasti tuttora quelli che erano tre secoli or sono. Questo stato d'inferiorità delle ·nazioni latine rispetto a quelle ano-losassoni fa sì c_he l'italiano e lo spagnuolo, ma pi~ l'italiano, (del francese, di questo parassita della latinità, rinnegatore e traditore della comune _origine, non è esatto parlare a proposito di latzm) siano naturalmente i nemici della civiltà anglosassone oggi imperante e che si possa in loro riconoscere quell'elemento perturbatore, disgregante, che è una fra le cause dell'odierna crisi europea, cioè di quella decomposizione della modernità alla quale ho più sopra accennato. Ora, questa irriducibile aV\-ersione dello spi,;to latino, mend1onale, contro quello nordico, è l'elemento storico dell'età nostra, quel che determina ie oscillazioni delle attuali forme del nvere civile e che dovrà decidere delle forme furure. Chi mai, infatti, consi<lffando ì'estrema ,;talità e la forza di reazione dello spirito latino, cioè di ciuel!o che oggi sembra barbaro, non è spinto a porsi i termini di quel fonnidabile problema, sulla soluzione del quale poggia l'avvenire di tutta la civiltà moderna? Quale è da considerarsi barbara : la civiltà anglosassone, protestante e puritana, oggi dominatrice, o quella latina, cattolica, oggi schernita e soffocata? Di chi sarà dunque l'avvenire, del IIJl:'zrogiorno o del settentrione? Questo il problema, vastissimo e profondissimo; quanto più vasto e profondo di quel1o che ordinariamente si pongono i contem!X)ranei, preoccupati di spiegare i grandi fenome.ni della storia col solo aiuto di formule economiche! Qui si vede b ragione del perchè io abbia preso le mosse della Rifonna e luno-amente insistito sui fatti e sulle ~rsone del dramma che, imperniato in un primo tempo »u!la Bièbia, è venuto via via assumtndo aspetti nuovi e impre,,;sti secondo che lo storicissimo contrasto fra le due tendenze quella ~~tentriouale di .natura critica e quel'. la mend1onale d1 natura dogmatica, agirn. sullo svolgersi progr,·ssivo della civiltà ::noderna. La questione, più volte posta negli ultimi tre secc.li, di una prete~ necessità di adattame_ntodelle forme latine di civiltà a quelle nordiche, non h1 altro significato all'infuoridi una pretesa piena accettazione, da parte nostra, dello spirito della Riforma. Non è chi non veda come non sia possibile, pe:- q:i.ei popoli ancora imbevuti del trndizionale dogmatismo cattolico, accedere senza tragedie, o travisamenti, all'etica moderna, che· é nata dalla Riforma. Que~ta nostra impossibilità naturale ad essere moderni n011 è ma.i tanto chiaramente apP-arsa quanto nel secolo passato, di fro.nte al delinearsi della grande cm:rent'! liberale anglosassone, e quanto ogg1 al contatto del nuovo c.lemeoto storico nazionale, di origine nordica, che è il socialismo. Cli stessi grandi mediatori èella statura di Cavour nulla possono .nel campo delle attua:,;ioni pratiche, se la ::Uentalità dei popoli non cambia. .Ciò sig~ifica, in_altre parole, che i popoli di mentalità cattolica (e alla mentalità è nC!- cessario aggiungere i costumi le tradizioni la cultura, for7e imponderabili ed enormi) sono destinati a rimanere esd1L,i d:illa civiltà moderna, nata dalla Riforma., civiltà che nulla può conciliare con qlli:lla latina, antica, nata dal tronco millenario del cattolicif.imo. Il che potrebbe essere doloroso per LA RIVOLUZIONE LIBERALE noi, popoli condannati a un'antichità insopprimibile, e per questo, appu.oto, a uno stato d'inferiorità, che molti han chiamato barbarico, rispetto alle forme anglosassoni del viver civile, se non ci soccoresse il pensiero cl;ie le probabilità di un movimento di rinascita non sono ancora <lei tutto perdute. Chi osservi attentamente gli aspetti del- ]' attuale crisi della ci·V'iltà anglosassone e ne indaghi le cause, può rendersi conto dell'importanza di queste probabilità. . Rendersene conto è facile; più difficile è il non aver timore di pronu,nciare, a questo punt;>, _una parola che ha uu certo suo profondissimo e pr:eoccupaute significato storico: Ccmtronforma. Poichè nessuno fra noi p-uòdire a.ucora che cosa oo-gi significhi per l'Italia questa parola; la q~e ha avuto tutt~~ _per i russi, or sono quattro anni, un s1gruf1cato non (eri:-'>momentaneo e trascurabile. Ma se è facile, attraverso l'ortodossia e lo slavofilismo, giungere al bolscevismo, è altretta!llto sommamente difficile dal pjeno cattolicismo, sboccare in uua ~tica nuova che stia nella tradizione e che la superi. C. E. SucKERT. PROBLEMA MILITARE I. Lineamenti teorici introduttivi Dove11ù.oaffrontare nn problema, qnaluoque esso sia, appare indiscussa condizione csse1niale per l 'iudagine 1'esatta compreusione dei suoi dati; mn anche quando essi siano con ogni cura chiariti e fissati, una seconda difficoltà si presenta nel porre la nostra m,ente in grado di iuYestigare con la più perfetta obbiettività le possibili soluzioni del problema in rapporto ai dati stessi. Esaminando i recenti numerosissimi scritti irt- . torno al problema militare, in ciascuno di essi si constata l'insufficienza, o della ricerca delle premesse, o dell'obbiettività della investigazione; in generale il metodo seguito consiste nel proporsi, a priori ed empirican1ente, una soluzione del problema stesso, e quindi foggiare simulacri di ragionamenti critici diretti a suffragare le proprie preconcette conclusioni. La grave difficoltà incontrata nel ricondurre alla necessaria obbiettività il proprio pensiero, principalmente nei problemi militari, è però spiegabile in quanto le n1enti sono in generale straordinariamente perturbate da un fenomeno che, in"""· questo campo stesso, per ampiezza e potenza ha superato e sconvolto ogni precedente conccziolle in merito. Riesce quindi naturale che, affront;.;'ludo il problema la mente abbia già in pronto delle soluzioni aprioristiche che scahtriscono in modo immediato dall'immensa congerie di fatti osservati, e che in taluni casi, inoltre, non coincidono con le conclusioni a cui condurrebbe un esame approfondito ed obbiettivo dei fatti stessi. Sono cosi stati elaborati sistemi di ordinamento militare che, tenendo conto dell'evoluzione delle condizioni sociali, tendono in effetto a creare strumenti di azione bellica capaci di affrontare nel miglior modo un cimento congruente a quello testè sorpassato. Con ciò si vengono implic\tamente ad ele\·are gli insegnamenti del presente conflitto al rango di teoria generale della guerra, mentre essi han· no valore soltanto nel loro campo particolare, poiehè e la guerra nasce e riceve la sua forma dalle idee, sentimenti e relazioni esistenti al momtnto in cui e,sa st.oppia • (Clausewitz). Quindi gli insegnamenti i11 questione potrebbero essere applicati soltanto quando si riprcsenL,ssero situazioni storiche in cui iàce, sentimenti, e relazioni fossero analoghi (tenuto conto clcll'e\"Oluzione attraverso i periodi storici) a quelli antecedenti la lotta da cui furono derivati. Come conseguenza evidente risulta che, Hr.!111 sola ipotesi che effetti'IJamente vi sia uua forte probabilità cbe questa analogia possa prossimamente verificarsi, i sistemi ùj ordinamento militare, di cui si <liseorrc, sono corretti. Riesce cosl acquisito che ogni tenL,ti\"O di investigazione del problema militare, anche scmplicemenle considerato come parte del problema politico-sociale, deve tassali\·amente pr<Yaedereda una esatta definizione della attuaie situazione storica del paese cui ci si riferisce. Senza affrontare le difficoltà gravi che si verrebbero così ad incontrare per porre la nostra questione, si può riguardare la situazione stc,rica sotto gli aspetti negativi, cd in tal caso affermare, ;;idun primo esame, cbe essa si ri·vcla oltremodo lontana da quella occorrente come base pe:r lo sviluppo di una teoria della guerra che diremo assol1tta od fatej{rale, cioè spint:.,~alle sue c•treme conser;uen1,e di intensità ed estensione . In modo molto grossolano si può dire che, dal punto di vista milita.re, questi anni ci riavvicinano ben più al periodo che scgul alla caduta di !\apolcone, cd al conseguente particolare aspetto del problema militare, che non gli ultimi decenni di preparazione bellica. Jid in proposito, •ia pennesso citare Fo<11: • En pr(;sence d'une: Europe faliguée cl i:pui ,éc < por le,; luttes qu'elle venait cle soutenir ... !:i « France demandait à son année, mise au besoin « en mouveruent, le 1noyen <le teni~ son rantT... « D'où tlll état militaire spécial: recrnteme 0 nt « iustruction, système de fortification, et un en: , tcndcment particulier•de la guerre. D'oà l'étu- « de et la préparation cl'nne gue1Te déte.rmiuée « la guerre des cabiuets, qui siiffisait aux besOin~ • de l 'époque , . Chfa.ram-eutesi vedono qui delineati i concetti della dipendenza della teoria della guerra dalla situazione storica, ed, in conseguenza, della teoria suffi.cie11te e part-icolare in contrapposto alla teoria assol·uta e generale. Già taolti indizi in questo momento ]asciano prevedere il ritorno degli eserciti al posto tenuto in passato nella politica internazionale, e poichè come si è visto non appare possibile lo sviluppo della teoria integrale della guerra, occorre ricercare la soluzione del problema proposto, cui validiss_imo ausilio possono portare gli iusegnamenh della storia, in vie assai dicordanti da quella attna)mente seguita. Con altre parole: reso impossibile lo sviluppo della teoria integrale, non riescono logicamrnte attuabili gli ordinamenti pratici corrispondenti, cioè, al presente non si possono tradur-re in pratica gli insegnamenti della guerra. testè com.-- batt1<te. Fissata così, per esclusione, la via su cui l'indagine dovrà proseguire riesce però evideute che, poichl quando la situazione storica andrà mutando anche lo strumento bellico dovrà di conseguenza essere mutato, questa transformaziouc dovrà essere predisposta. Le difficoltà che si frappongono a lente trasformazioni militari non sono quasi mai di ordine materiale; è lo spirito che presenta una specie di isteresi (cioè resistenza all'orientamento) rispetto alle nuoYe concezioni. Ocorre fin da ora prepararlo per il momento in cui la mutata situ.azioue storica imporrà la ripresa in esame di una teoria della guerra se11za limitazioni. Quindi, qua!twque sia la conclusione a cui potrà averci condotta l'indagine sulla attuale soluzione pratica, cioè m.ateriale del problema, occorrerà considerare come compito primo la formazione dello spirito militare di domani. . Ed è solta~to lo spirito che può raccogliere gli insegnamenti della grande guerra, perchè il perpetuare le sole forme materiali da essa censeguenti, quando esse non sono corrispondenti alle necessità del momento, non può servire che a far ripiombare le concezioni militari nel più gretto formalismo. A'nticipaudo conclusioni cui si Q"luno-erebbein altri ca1npi di indagine si può affermbareche· il conflitto che si produrrà quando si sarà verificato il_ cambiamento in situazione storica come abbiamo sop1-aaccennato, aYrà ancora i caratteri di un accanito conflitto di genti diverse. Si tratta quindi di formare lo spirito militare occorrente nel caso ineluttabile in cni si dovesse guidare un popolo in un conflitto spinto a fondo. Compito ter~ibile che diverrà imperseguibile se non s1 sara provveduto in temno a creare gli uomini capaci di risolverlo prep;rando loro nello stesso tempo, la via. ' _ Uu'analisi approfondita di questo nuovo e più nstrelto problema non c'interessa che sotto un aspetto : l_apreparazioue degli elementi di pens1ero uegh uomiui che dovranno d01nani risolvere le <1t1cstio11imilitari. Cioè, riportandoci alla radke: fa ricootruzione (che potrà impiegare molti anm) della teoria integrale (e d'ora innanzi non parleren10 che di quella) della guerra. I metodi d'indagine critica storico-militare hauno nell'Ultimo secolo fatti grandi progres•si, e souo, per nostra fortuna, oltreino<lo distanti i tempi in cui si credeva di poter codificare la guerra. Oggi pensando che vi fu un tempo in cui le azioui belliche erano giudicate soltanto secoudo i precetti della teoria allora in uso, non possiamo f:enare u11 lieve sorriso; scornmento profondo c1 produce però il -sentire ora affermare empiric:unentc che tutte le teorie sono crollate. :K"oi concepiamo la teoria dcl1a guerra come una legge che si trae da una serie di fenomeni della stessa classe; ora, è evideutc che ogni fenomeno apporta nuovi elementi per l'affinamento della legge m., I: altrettanto vero che la legge non può essere esclusivamente la parafrasi dell'ultimo fenomeno, ma bensì la sintesi cli esso, e di tutti g-li altri presi insieme. Ciò è tanto più vero se del! 'ultimo fenomeno non si banno che notizie grossolane, in attesa di poter ricoslrnire tutto quell 'i:isieme di elementi cbe lo individuano nella sua interez1...a. Riesce cosl evidente essere errato il modo abituale di porre ;1 proble1na della teoria militare delb guerra da parte degli storici politici che 111 for;,,.atamancanza di conoscenze tecniche adeguate, sono c-onùotti a trasportare 1'e\·oluzione dci melocli atttici nel t-ampo della teoria mede· si1:n.a. Riesce inoltre dimostralo: essere assurda la distru1,ioue immediata c-d a priori della teorh pcrchè in essa (sopratutto nella /orma esteriore) 11011appare facilmente inquaclrabilc l'ultima guerra; e, in via subordinata: essere però necessaria la esall.'1 ricostruzione dj qucst;.;'1medesima guerra onde poterne tener conto nella nuorn teoria. Evidentemente ciascuno dei due problemi subordinali qui lumeggiati : ordinamento (materiale) militare, e formazione dello spirito militare meritano un'analisi approfonùil~. No11credo di poter preludere meglio a una serie di brevi saggi sul libermismo hegeliano di alcuni nostri pensatori del )!ezzogiorno, quali i dtte Spa,·euta e il Fiorentino e il De Sanctis e il De !IIeis, che discorrendo del recente volU.Ineded:cato da GUIDODE RUGGIEROal Pensiero politico 'iJz.eridionalcnei secoli XVIII e xix (Bari, Laterza, 1922). Il quale intende a presentarci il pensiero politico meridionale di quell'epoca secolare ci.Ie ,·a dalla pubblicazione della Scienza .\"uo-;Ja. e della Storia civile det Regno di Napoli al 1848 nelle sue pecnli.arità essenziali e con tutte le sue caratteristiche di corrente autonoma, che solo dopo la crisi spirituale dctenninata dalla rivo1uzioue qu.a.rauJottesc:.asi viene a confondere col movimeulo nazionale propriamente detto. Due sono gli uomini che stanno a!le origini di questo pensiero e proiettano in Yaria misura sopra di esso la luce emanante dalla loro speculazione e dalla lorp slessa tempra pcrsonalc-: Vico e Giannoue. Dei quali il secondo sembra più vicino alla realtà storica perchè iutimame11te legato ai problemi della politica contemporanea, e più lo:itano inYece da essa il primo, come assorto u.ella sua inàagine m.etafisica e nella sua coutcmpl~ioue deH'antichità mediterranea. ò1entre è proprio il contrario : 1 'a.strattismo giuridicolegalista del Giannone si tisolve in un effettivo antistoricismo, là do\"e.Vico è il grande padre dello storiciRmo mode1·no. L'influsso di ~Giannone è limitato a una sfera ristretta, come breve ~ la ,·ita della scuola anticurialistica da l.ni diEcesa, che mira a creare una coscienza politica indipendente, n1a senza determinazioni positive e concrete. Di fronte al filone giannoniano, si formano da Vico e su Vico Mario Pagano e la Yera sostanza del pensiero di Filangleri e la mente più alta di tutte, Vincenzo Cttoco. Nel Cuoco e negli scrittori prerivoluzionari o rivoluziouari che gli fanno corona si può dire che il problema storico e il problema legalistico si faccian.o veramente polit,içi : fondendosi nel vivo problema dello stato, della sua funzione etica, della sua intrinseca e spirituale validità. Ma di fronte a) Russo o al Salfi, di cui è caratteristico, per intendere la specialissima forma in cui l'illuminismo francese fu assimilato da questi pensatori del ~1e1.,zagior110,il Saggio di. Je-nmneni antropologici in occasione del terremoto famoso delle Calabrie), il Cuoco ci appare ,·eramente in tutta la sua grandezza di superatore dell'astrattismo e del plo.tonismo politici e instauratore di una nuova politica idealrealistica, che precorre mirnbilrneute il più elevato pensiero del Risorgimento. Dopo il Cuoco, la ricerca del De-Ruggiero, eh<." nel capitolo dedicato al pensatore molisano assume forse la sua forma migliore, si addentra nel perio,lo di preparazione e nella fase eroica del nostro moto d'indipendenza, e considera di preferenza il pensiero politico nel suo Yivo contatto con l'3zione. L'analisi dell'intervallo fra il Ventuno e il Quarantotto si svolge così con gran.dc. precisione e sobrietà, sebbene trascuri il pensiero consen·atore (Bozzelli, De Si\·01 ecc.), cbe ha pure qui la sua importanza e può dar luogo ancora una ,·olta a interessanti ossen·azioni sui rapporti tra i politici meridionali e il pensiero francese. A questo puuto l'esempio del Cuoco si molt:- plica: e come in tut~ _lanostra storiografia prequarantottesca, la ns1one storica concreta di- \"enta la forma preferita attraverso la quale si determina il pensiero politico speculativo. Questo pensiero per altro non riassurge ancora alle attezze del Cuoco per ciò che riguarda il problemadommante, quello cioè dell'unità nazionale. •Di f_ro~te:d e~, troviamo, abilment.e tratteggiati aal nosuo scnttore, i liberali e de11'ordine costi- ~uito • che riescono in fondo antiunitari quanto 1 conservatori puri e superstiti del sanfedismo. ; i liberali di idee più larghe, che vorrebbero l'unità, sì, ma co:ne promossa e compiuta d::i1Re<YUO di ):apoli, - borbonica insomma e uou saba~cla - e i democratici e i mazziniaui: accu..mtwati in un ,·ago astrattis1110. Th'fa il Quarantotto compie con la su.a.crisi, la catarsi e la chiru·ificazione di tutte queste coscienze: e il potente influsso cultnro.lc di Gioberti ne effettua il compimento, sebbene sembri fa,·orire il particolarismo. Cosi, dopo quest'epoca, il pensiero meridionale, dice il De Ruggiero, si avvia ormai liberamente verso quella concezione nazionale unitaria che sarà poi la politica della Destra e si confonde con essa. Ci sono tuttavia le proteste autonomistiche dei giobertiani « ortodossi » e guelfi : a cui si oppone con immensa superiorità il pensiero degli heae1iani su cui qnesto libro, dato il suo scopo en il su~ tema, dà solo qualche rapido cenno finale che attraYcr8? I--lcgel valorizzano un G. più ve:o. _Ossei:v1amo per conto nostro però che questo g1obert1smo, cieco o chiaroveggente che fosse, non può essere preso come indice della estinzione soecnlativa del meridionalismo: anzi proprio per esso quest'ultimo vive ancora in tutta una generazione, e fa suo davvero Gioberti mentre la corrente settentrionale lo trascura va. _ è assumere Gioberti significava abbandonar Vico: perch~ di _Vico il più grande scolaro diretto è proprio Gioberti. ~ di ciò i nostri pensatori meridionali, quando assunsero ltti per maestro, ebbero certo coscieu7,.a, sictui com'erano di non abbandonare così la ~na tradizione. SA~TI~o CARAMELLA.

haseuolnaormale Anzitutto a noi pare che in questa materia, se si vuol arivare a concludere qualcosa, uon sj debba parlare cli riforma della. Scuola Nom1ale, della Scuola Te:,tùca, ecc., ma bensl cli ,ma Scuola Normale, di 1Hta Scuola Tecnica ecc.,, ossia cli una Scuola Normale riformata, di una Scuola Tecnica riformata, ecc. O meglio a noi pare 1101s1i debba pa1·lare neanche di scuola riformata, ma piuttosto d'insegnanti rif01'nz.atorii vale a dire « di un gruppo o di gruppi di inseguanti i quali insieme, in regime di autonon:Ua scolastica, attuino una riforma di metodi scolastici da essi escogitato o da essi accettato. Per cui il mistro Anile, se vuol fare opera buona.1 pràticamente, dovrebbe pigliare una Scuola Normale e in questa scuola piantarci quattro professori di sua fiducia, e a questi professori, . in questa scuolA, dar l 'inca.rico di sperimentare la riforma che egli è veuuto escogitando. La quale rifonna, per quanto si sa dai giomal i, avrebbe le seguenti uote caratteristiche : 5 auui di Scuola Normale, a cui si accede da trna scuola media inferiore o da un corso popolare, aggruppa.menti dj discipline, latino, storia dell'arte. Questo per le linee fondamentali ; fra le disposizioni secondarie ce ne sarebbe una per la quale i licenziati dal liceo, con previo uu piccolo esame d'integrazione, sarebbero abilitati ali 'insegnamento elenientare. Della 1iforrna Anile la cosa più importante e più buona a noi pare precisamente che sia quella tal disposizione secondaria riguardante i licenziati dal liceo. Una Scuola Normale ottima, se 11011 perfetta, noi in lt:alia ce l'abbiamo già ed è l'attuale ginnasio liceo classico. Stabiliamo, appunto come farebbe l'Aniie, che la licenza liceale abiliti, così senz'altro, o, se si vuole, con una integrazione, all'insegnamento elementare, e la riforma della Scuola Normale sarà cosa latta, almeno per una buona metà. E insieme sarà cosa fatta per intiero anche la riforma della nostra scuola classica; la quale cosi cesserà di essere quella preziosa inutilità che è attualmente, per divenire viva e proficua. Ma la coltura generale? ! La coltu.r2. generale non esiste, o, se esiste bisogna àistiuggerla. Ottima scuola di coltura sarà la migliore delle scuole professionali, come l'ottima delle scuole professionali sarà quella che darà ar.che una soda, se non larga, coltura. Ogni scuola, se vuol essere scuola, deve essere interessata, per i suoi scopi it:nmediati, disinteres- _.sata, per i suoi effetti più remoti. Una scuola che si proponga d.i essere d.isinteressaia è un assurdo. La scuola romana formava l'1io1no o il cittadino (scuola disinteressata) attraverso ]'ora.- tare (scuola professionale, interessata). La scuola militare forma I '1<omc, il cittadino attraverso il soldato. La nostra scuola classica, se vuol formare qualcosa e qualcuno, deve formare 1 'italia- -11.0, il ciitadino, l'uom.o, attraverso il maestro; deve ·essere professionale, interessata (Normale) per il suo scopo immediato, disinteressata, di coltura generale (umanistica), per il suo risultato ulti1no. M.a il liceo nom1alizzato potrà darci il maestro buono per le scuole dei grandi centri urbani, e per la scuola primaria di preparazione alla secondaria. Questo maestro sarà fuori di posto nella scuola elementare popolare e nella scuola rnrale. Per ,queste scuole ci vorrà un maestro che venga da una scuola fatta apposta per lui, da una scuola veramente e solamente magistrale. Questa scuola, secondo· noi, classicisti a oltranza, non dovrebbe avere come materia centrale il 1atino. Le ragi0ni per cui su questo punto dissentiamo, modestamente, dal ministro Anile, sono due : r) noi non abbiamo in Italia buoni maestri di latino che bastino neanche per le duemila classi dei nostri \Ginnasi regi e pareggiati I dove si andrebbero a pigliare i maestri cli latino per tutte le Scuole Normali di nuovo tipo? 2) protestano già contro il latino dei ginnasi tante famiglie, che pur sono della buona borghesia; immaginate voi che repuguanza dovrebbero avere per il latino i ()lienti della Scuola Normale, tutti borghesia minuta e contadiname? La nuoYa Scuola Normale invece dovrebbe avere due materie centrali: Francese, affidato all'insegna.ute di lettere e storia -nat1<rale. Accanto .ad ognuna di queste scuole per i maestri del popolo ci dovrebbe esserè o un orto o una bottega da falegname o un laboratorio di sartoria, con ,dentrovi 1111 ortolano autentico o un falegname autentico o utt sarto autentico. Abbiamo detto che un maestro uscito dal liceo sarebbe fuor di posto in una elementare rurale o in una popolare; aggiungiamo ora che anche un maestro il quale provenga da u11a Nonnale comecchessia riformata si troverà fuori di posto in una povera semestrale di Sommaprata in valle Camonica o fa una desolata mista di Casa del Conte in Basilicata. Già ora, allo stato attuale delle cose, un mae- .stro discretamente pagato, mediocremente colto, agevolmente trasferibile, in codéste disgraziatissime residenze, non ci vuole stare neanche in pittura : e son quelle appunto che più di tutte ha1Jno bisogno di un maestro proprio e stabile. Aumentate gli stipendi, aumentate la coltura ciel L A R I V O L U Z I O N E L I J{ E R AL E maestro, questo parlicolare stato ùi cO'".,enon farà che aggravarsi. E allora, come fa.te? Come assic.urarc ai derelitti figli di Somm.aprata e di Casa del Co11te un 101·0maestro, per la loro scuola? Qt1i, secondo noi, bisogna venire, o tornare, all'assunzione di personale non diplomato e al- ]'al.Jilitazione. Ci souo sempre, anche in paesi come quelli che abiamo 1101ninato per esempio, delle persone munite ci colttLra e di attitudini sufficienti per esercitare con qualche efficacia le ruuz.ioni del maestro dcmeutarc; in molli luoghi, specialmente _cielSud, persone come io dico già t-;i dcdica.110di fatto all'insegnamento libero. Non resta altro che dar per legge alle autori.tà la facoltà di assumere localmente codesto personale 11011 abilitalo. Tnseguanrlo imparerà; l'ispettore, se arriverà 611 lassù, gli potrà dare qualche consiglioi qualche libro, qualche rivista, poca roba, glieli potrà fornire il Gmppo d'azione; un corso estivo o due gli daranno un'ultima ripulitura, e poi il maestro così raffaz1,011.atopotrà aucbe avere la cresima della abilitazione, abilitazione che valga però fl)lamente per quel l.uogo. Così anche Sommaprata in Val Camonica, anche Casa del Conte in Basilicata potranno avere il loro maestro stabile, affezionato, sufficiente ai bisogni. Altrimenti no, mai. Aocus'ro MONTI Notseullpaolitficr ancese I. La politica francese nel momento attuale è legittima, logica e pedett.a per. cbi, trascurando le necessità superiori cli una ricostruzione europea, la consideri a parte, secondo il carattere e la storia del popolo che la fa. Perchè in primo luogo occorre persuadersi che il governo ha con sè, in linea generale, il paese:· è noto che la concordia della stampa è dovuta ad un'unica fonte ufficiale, si sa che le voci isolate dei giornali conuwisti e dell 'CEu-vre di Téry non banno seguito, che il gruppo Clarté non trascurabile come manifestazione di individualità jnteressanti, non ha nessuna risonanza profonda. Udrete pure, parlautlo, delle disapprovazioni per la maniera mde, forte, di Poincaré. L'uomo ha delle antipatie anche in certi ambienti moderati di borghesi, che lo trornno eccessi,;o: le linee diretti ve della sua azione non sono invece criticate. Se qualcuno ha rilevato l'esagerazione di coloro che cominciavano a biasimare aspramente Barthou come troppo remissivo, si contrappone tuttavia l'operosità del Presidente del consiglio odierno alla seducente pigrizia di Aristide Briancl. ' I comunisti stessi, più che pensare a un piano organico di assestamento dell'Europa, si espandono in clamori contro il pericolo di guerra o consen·ano con amqrosa cura il I[ cliché » della rivoluzione n1ssa. Ripercorrere, a qualche giorno di distanza, il fascio di tutti i giornali contenenti lo svolgimento della conferenza non è consigliabile a coloro che nella politica Yedono uno dei più nobili e più alti giuochi dell'intellig~nza. Sembra ohe gli avvenimenti siano stati determinati da forze oscure e o-li svolti e le crisi appaiono procreati dal ~O- La Francia ha avt;to un proposito solo: non collaborare alla Cotµerenza, e vi è riuscita. Visto da Parigi, il corso dei lav9ri consiste in una lunga, interminabile serie di discorsi noiosi, rotta qua e là dall'opposizione francese, bramosa di roYesciare ogni cosa per Iitornare al problem:1 impellente: la Germania, i pagamenti rldi:1 ·..:.er mania. Anche la Rlllisia è stata, più che altro, un pretesto: qui della ·Russia si ha ancora h visione terroristica delle corrispondenze Vancher, Naudea_u: le informazioni, i commenti, le 'inchieste nÒn sono spassionate, non tendono a ren-. dersi conto, a comprendere, ma a biasimare. Suquesto terreno cresce e fruttifica la pianta Mereskowsky, trionfo dell 'apocalissi. Lo spirito francese non è curioso delle novità straniere: per sua natura refrattario alle civiltà diverse, egocentrico, attaccato a1la sua nazione, intensamente I[ proprietario ». E' ormai corrente l'opinione rhe i popolani sono in fondo piccoli borghesi : il socialismo non alligna che in misura ridottissima. Orbene, chiuso raccolto nei suoi interessi e nella sua terra il francese non ha sentito punto le preoccupazioni di un problema più ampio di quello che lo riguardava persona]mente. Se vi sono ancora spiribi. europei nessun spettacolo deve averli resi pensosi quanto questa mancanza di apertura che si traduce in difetto ,li sensibilità dell'intelligenza. Ad una persona molto colta di studi e cli dottrina non soltanto francese la mia domanda: • perchè uçssuno pensava ad una politica europea ~ suonò ovvia e quasi ingiustificata. ~1i rispose testualmente: , Finchè non ci saremo sbarazzati della questione tedesca non potremo lare della politica filosofica ,. Le critiche potrebbero dunque continuare cominciando dalle abitudini giornalistiche per finire col più testardo e ristretto nazionalismo. L'enfasi naturale e spontanea il clonchi- • sciottismo patriottico che formano la parte pitì aspra ed ingrata, scabra e inintelligente del carattere francese hanno magnificamente rooperato al superbo isolamento prodotto altresì dalla coscienza. di poter bastare a sè stessi anche cco110micamente. Sola tra tutti gli altri stati ia Fcancia 110n aveva che un problema economico interno e particolarissimo : la ricostrnzione de11~ regioni eleva.tate: la disoccupazione inglese e italiana non l'ù1teressavano. La lesi francese è la seguente: abbiamo conosciuto lre aggressioni tedesche in nemmeno un secolo, e ne siamo stanchi. Al principio della guerra in ciascuno di noi è sorto spontaneo il scuso di liberazione dell'incubo, è nato ardente il desiderio di chiudere la partita. Ora, dopo l 'armi~tizio, ci siamo accorti che la lotta, anzich<:'.terminata, verrà ripresa domani, da u.na Cermania appoggiata alla Russia, e pronta ad assorbire la l'olonia e i nuovi piccoli stati. Siamo da capo Si aggiunge che le nostre regioni devasta,e lo furono in modo cosi metodico ed infernale che a tutt'oggi, in parecchie zone, le !ainigiie vivono ancora nelle cantine. La Germania ha pagato ben poco, e quel poco è stato preso dall'Inghilterra; a noi non è toccata che Lilia m.inima parte in natura. Il compito di ricostJ-uzio11eè immenso: abbiamo miniere da rimettere in efficienza, e d'altr011de il contribuente è oberato da imposte. La nostra camera dei deputati h'1 origine da elezioni fatte poco dopo la pace, e quindi ha una m<e-ntalità di guerra: 1;1oidel resto abbiamo, e possiamo avere, una politica e.stera che non si basi su quella interna. Del la guerra di domani abbiamo la sensazione precisa : la Francia si sente minacciata e si difende. Altri due elementi contribtùscono: il ricordo del rapido versamento dei cinque miliardi nel 1870, il fatto di p,,ssedere attualmente l 'ese1cito più forte. Da questo punto di partenza - che, come dicevo, è in sè l~gittimo, corrisponde mirabilmente al temperamento nazionale e si rafforza <li una logica stringente sebbene angusta - le conseguenze serie e inagionevoli, meditate e paradossali, false e calunniose, brulicano. La Francià teme tuttora il pericolo comunista e se ne guarda. li primo ministro inglese non è celebrato per il suo equiJibrio, e la sua condotta è apprezzata come ripercussione di necessità di politica interna, diretta a rompere tutte le alleanze cli guerra, e questo paese cosi scarsamente e male informato di ciò che avviene all'estero prevede che il contegno' di Lloyd George sfascierà l'Impero. E verso l'Italia assume un'attitudine di diffidenza, diffusa ormai nélla maggioranza. Riconosce di aver mancato verso di noi, non vuol dar valore a continui attacchi personali di pub~licisti, ma ci sente lontani ed estranei, forse ostili. Reciprocamente. Gli appunti che ho tracciato risultano da un esame spassionato compiuto sul luogoJ da conYersazioni, da lettere, da testimonianze. Hanno il tm:to cli non prospettare le due teorie vigenti : l'una che ammira la Francia come sola potenza che è sulla verità, l 'alt:ra che la pone alla testa della reazione. Il dissidio tra la luce internazionale che per un momento brillò a Genova e la tenebra nazionalistica si spiega studiando la mentalità del popolo francese. Noi non pretendiamo punto determinare a priori i segni caratteristici e immutabili cli una razza, e crediamo più che a una somma di rassomiglianze a una miriade cli differenze individuali. Ma esist,,uo - e specie negli istanti critici - quelle reazirJni significative che cotir-:(:ntonodi por,,·. 1n chiaro i sentimenti profondi di una collettività. Nel periodo politico che ci occupa è mancata ogni forza spirituale che uscisse dalle linee che abbiamo abbozzate : nessuna voce importante si è al 1...a ta a chiedere un cambiamento d! rotta. La Francia difficilmente (yorrei piuttosto scrivere mai) potrà comprenderci : siamo troppo liberi e complessi e non ci lasciamo ridurre al semplice schema di un erotismo alla Stendhal. La mobilità italiana non muore nel cinquecento, e la facoltà di adattamento, il dono cli rendersi ragione Yivono in noi fortissimi. Le metamorfosi della nostra politica sono qualificate sottigliezze, e ci viene rimproverata 1 'inrostanza : quel che di disinteressato e di aperto è in noi riu~drà sempre misterioso allo spirito fran~ese, chiaro e logico, ma preciso e fondato. A nostra volta, vediamo di comprendere la Francia. Bando alle fraternità e alle fratellanze btiue, alle leghe italo-francesi, alle nazioni più o meno sorelle. Per mettere le cose in C'hiaroè necessario osservare che sino ad oggi I ed anche ora, l'Italia si è divisa in due coLTenti: quella appiccicata. alla Francia come un 'ostrica al'lo scoglio, che ] 'ba presa quoticliauamente a modello e che va dal partito dei principi clell 'Sçi e clell'auticlerical 0radicalismo alla setta nazionalista che, osteggiandolo, copia il corrispondente gruppo francese; quella che è oscura.mente, ma risolutamente nemica della Francia. Tra i due estrenù noi crediamo che sia possibile, equo, e desiderabile cercar di raggiungere uon una conciliazione, ma una posizione superiore, che una cultura intelligente dovrebbe suggerire. La nostra parola è : comprendere la Francia., ossia studiarla con imparzialità accurata. Allorchè le nozioni acquistate avranno sorpassato i due momenti elementari che abbiamo segnalato noi uon ci sentiremo punto invasi da sconfinato an1ore o da sdegnoso odio. Rimed.io di lUl intellettuale, si dirà, ma non credo che ve ne sia un altro. E poi non è esente da constatazioni maliziose : oggi andremo a vedere la statua di GioYanna cl'Arco adorna delle bandie,re della repubblic; laica, e non ci stupiremo se, mentre l'Europa è in crisi, i giornali recano in prima pagina il pa11egirico della vergine cli Orléaus. Parigi, 111aggio. 1922. BRTGHTOX. 61 Esperienlizbaerale Caro Gobetti. Questa volta esporrò qualche mia impressione sull'indirizzo della Rivoluzione liberale. Premetto c:he, come Lei press'a poco sa già, non ho familiarità coi termi.ni filosofici nè con la filosofi.a (sono anche in questo salveminiano), e che quindi. posso non aver inteso bene le idee della • Rivoluzione Liberale, e posso esprimere qualche idea sbagliata dal punto di vista filosofico; ma spero cli farmi capire ugualmente. C'è indubbiamente un profondo clivario fra il modo cli vedere la politica che avevamo noi (mi considero ormai un oltrepassato, se non un trapassato) e quello che hanno loro giovani. Come spe.<ssoin filosofia per loro è chiaro quello che per me riesce discretamente oscuro e vago, cosi in politica sarei sovente tentato di scambiar, di posto i termini astratto e concreto, e quindi di chiamare astratto quello che loro giudicano concreto e viceversa. Così per loro le-grandi parole della rivoluzione francese e quelle che Mazzini seri veva con lettera maiuscola: l'Umanità, la Giustizia, la Fratellanza ,sono astrazioni, anzi astrattismi, sono frutti di intellettualismo incapace di afferrare la realtà. Noi non usavamo più quelle parole al modo e con lo spirito di Mazzini, perchè troppo abuso se n'era già stato fatto: non usavamo neppur più adoperare le parole di patria e democrazia, perchè troppa merce avariata avevano servito a ricoprire, troppa rettorica era stata fatta su di esse. 1\-Ial'idea che esse esprimevano non era per noi una cosa astratta, cioè vuota e senza vita, era una cosa vivente e trascinante quanto può esserlo un 'idea, era qualcosa di molto simile a quello che è per il credente la fedeOra loro vedono le cose diversamente, ed io non voglio sostenere che avessimo ragione noi: qualunque modo di vedere può essere buono se conduce a operar bene. Voglio invece fare una osservazione. Quegli astrattismi, qnei miti, quegli ideali, comunque si voglia chiamarli, ci servivano di guida e di impulso per la nostra azione, in essi avevamo la mèta a cui tendere, la sintesi che illuminava e allacciava le singole azio-. ni per la soluzione dei problemi concreti. Per esempio l'Unità che secondo molti era una cosa fredda e senza unità, per me ne ave-Vanna t:hiarissima, benchè non espressa quasi mai, ed era la giustizia. Ad essa si riallacciavano le lotte cqntro tutti i privilegi, dai siderurgici ai cooperatvistici. Può essere che quella mèta fosse in gran parte illusoria, e che l'utilità reale del movimento fosse soltanto quella di illuminazione e di iormazione delle menti; ma ci aiutava a vivere. Ora la • Rivoluzione Liberale • propugna il movimento autonomo spontaneo delle masse e non si preoccupa eccessivamente dei conflitti a cui necessa.riamente porta, anzi si preoccupa che essi possano cessare, perchè solo nel movimento, nella lotta c'è la vita, si forma la civiltà (qui forse ci starebbe bene la -dialettica della storia, ma non so come ficcarcela). E va bene. Può essere che questa concezione della vita e della storia sia giusta, e ad ogni modo può essere utile· come guida per studiare e comprendere la realtà. Ma questa concezione non può fare la funzione che avevano per noi i no.stri miti, i nostri astrattismi. Dire che bisogna muoversi, che solo nel movimento è la vita pnò essere giusto ed utile, ma non è sufficiente; bisogna anche sapere, bisogna anche dire in quale direzione occorre muoversi, verso quale mèta, e non soltanto le mète singoie e distinte, come potrebbero essere la libe1tà commerciale, le autonomie regionali e cosi via, ma la mèta unica e superiore nella quale le vie additate si congiungono. _ Forse Lef potrà rispondere che non sente il bisogno di questo mito, che anzi è una v;ttoria l'agire senza bisogno di illusioni menzognere; ma non so se sia possibile far muovere le masse, e forse neppure gli indiviàui, senza queste illusioni. • Lei può anche aggiungere quello che mi ha già detto altre volte: riconosciamo pure l'utilità dei miti, anche di quello comunista, benchè noi lo giudichiamo falso; es·so, suscitando le energie autonome popolari, gioverà aU'ope.ra a cui noi tendiamo. Può essere che Lei veda più lontano di me e che 11avvenire I.,e dia ragione; ma siccome per agire oggi abbiamo bisogno di una idea che ci convinca e ci attiri oggi, e il cui potere di attrazione non sia subordinato al verificarsi di un evento futuro; io sento sempre qualcosa che mi manca. . Non mi persuade, insomma quest.'indifierenza per la mèl:a o per il mito. Lasciamo che le masse vadano verso il comunismo : tanto concludono al liberalismo, che è l'opposto. Probabilmente il mio cervello è troppo semplice per afferrare questa verità. Un filosofo potrà esprimerla, e potrà essere nel giusto; ma chi vuol essere guida~ tore di anime oltre che di intelligenze (guidare i soli cervelli non basta) deve additare un fine cui tendere, sia esso la patria nell'umanità di l\Iazzini, sia l'umanità senza patria degli internazionalisti, sia un altro ideale che con la sua fiamma abbia la forza di scaldare queste anime. UN UNITARIO.

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