La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 6 - 26 marzo 1922

'.~ivista Storico Setti.man.a.le di :Politica Anno I. N. 6 AHB~nAMfnII Per il 1922: L. 20 (pagabila in due quote • di L. 10) - Abbonamento cumulativo con •IL • BRRETT/> L.32(pagabileinduequote dtL.16) • i s O MM ARI O: G. ANSALDO: In. margine al processo di Torino - B. GIOVENALE: L'agricoltura piemontese • III - Il Cronista: Valutazione marginali - Esperienza Liberale - Il critico: Note. INMARGINE ALPROCESSO DITORINO Poichè tu, mio caro Gobetti, rifiuti la inia « conclusione imprecisa» - eh, se fossi capace di tirare qualche conclusione precisa dalla storia italiana, tirerei- anche uno stipendio da qualche sportello di Tesoreria della Banca d' Italia! - e dài un calcio alla classe di manda.r.ini a=inistratori che mi è tanto cara, vediamo cosa riescano a combinare « i conflitti e le int1·a.nsigenze suscilatrici di 1.1.nafede laica.» quando sono- portate in mezzo al nostro popolo, come surrogato di quella preparazione ascetica, che io credo sia l'indispensabile presupposto d,;Jla economia capitalistica. Abbiamo ~ott'occhio :in episodio, d:'bita:;. mente scarru.ficato e seuonato alle· As&1se d1j Torino: l'uccisione di Simula e Sonzin,i:, 0 Ed è aIJJcheil momento di tentare una dif_e~àf_ degli imputati, o, S[a pure, degli assasslm,it da un punto di vista un po' più elevato di ✓ quello degli avvocati difensori. • - Le -poche volte' che, trovandomi a Torino,~ cooii{,isi la stoltezza di laSA:iareil Molinaril o ~affei per andare un po' in giro, e mi avv!nturai verso il Regio Parco e verso la Boraata Monterosa (proprio il quartiere dove è su~cesso il fatto), come del resto ogni volta che vado attorno per le cosidette città tentacolari italiane, io sempre mi chiesi quale fosse l'allenamento spirituale, l'indurime11to coriaceo della µelle e la, lunghezz.a del pèlo sul cuore che il villico italiano ha raggiunto, prima di inwrbarsi, cioè· prima di acclimatarsi nei desolati quartieri, che un aggettivo tra questurinesco e filantropico denomina popolari. • La grande città è infatti com:e il deserto : biso2'11ache l'uomo delle campagne, che v1 si d;ve stabihre in margine, disponga di una certa dose di noma,.dismo fin dal momento in cui lascia il suo paese : IJisognache qualche stile o metodica di vita lo abbia piegato ad e:;sere il touareg, uno dei tantissimi touareg della civilizzazione. Soltanto chi non ;, già più, per nessuna fibra del· cuore, legato al contrapposto diretto della grande cittàdeserto, alla foresta,, soltanto chi non si indugia più « im feuchtem Moos ,md triefendem- Gestein », può, come l'ebreo di Polonia o di Galizia, a.ffrontare l'inurbamento co11 piena sicurezza di diyentare 1l1l. cittadino equilibrato e un pr?duttore accam~o. . I qua.rtieri opera.i e la grande 111dustna - correlativi inseparabili - vogliono l'uomo aià squadrato direi già scozzonato e imbrigliato : se no'. il suo _funzionamento si incaglia, perchè l'uomo soffre troppo e rende _troppo poco. lo non conosco nessun sociologo, nesstm_ vo!!eswirtshafller, nessun profe:,sore che c1 abbia èlato il tipo dell'uotpo richiesto da,lla g;;ande industria e dalla grande città, come Gottfried Keller nella novella : «. Vie Dre-i gerechten Kammacher », i tre probi pettinai: Circostanze che non si ripresenteranno mai più (la coru_;ervazi_onenei canton~ ?vizzeri dell'apprendissaggio degli art1giam, 11tardo sviluppo dell'ind~stria zurighese e bernese, e infine la vecchia allegria paesa11a, che rl Keller ha poetizzato nella.« Gente di Seldwyla. »): hanno lasciato ancora vedere al Keller come l'ascesi laica prodotta dalle sètte protestanti, avesse gi~ ~qu~drato, scozzonato e imbrigliato gh uomm1 pnma della trasf~rmazione industnale. « I tre probi pe_ttma1,, sono già l'operaio moderno: la: poeS1a delle . grandi città è in questa __n~v:'lla kell':.nana più, più che in tutto il 1mstic1si:rw soc1al1sta di Emilio Ve,rhaeren. ' Ecco Jobst, il primo dei tre pettinai che capita in Seldwyla, presso il fabbricante di pettini che faceva dormire tutti i suoi garzoni in un letto, e in inverno dava !_oroil sarcrau d;cendo che era pesce, per mandarli via alla prima protesta : « Un puntuale e. tranqi,illo a.pprendist,i, pa.rtito da. non so che paese della Sassonia, si a.da.ttm.,>a. a tu-tto, lavorava come una bestiolina., e non c'era mica. verso d·i cacciarlo via ". (Chi ha da fare coi tedeschi che cercano impiego fuori di Germania, ne sa qualcosa di questi Jobst). Jobst aveva il suo piano di rimanere .ad ogni costo in Seldwyla : • ,iia.·il mostruoso, ·in questo piano ascoso e ben giiarda.to era solo, che J obst lv a.vessa progettato : perchè niente in cuor suo !o forzava a rima.nere propr•io ·in Seldwyla. : nè una preferenza.· per la. contrada, per ln. uente, nè per la costituzione politica di q7testo paese, nè per i suoi costumi. ·Tutto questo gli era, così indifferente, come la sua /.r.rra, di c,ii egli non sentiva nessuna nost.a.lgia. : ma egli non aveva scelta. libera., e nel suo a.rido wo1·e (in seine·m ode11Sinneì .si appigliava ,il p1·imo casuale filuccio di speranza, per attaccarcisi e s,icchiare ». Il nomade marcia, attraverso il desnto, sull'oasi: Jobst sulla fabbrica di pettini, di ~ui egli vuole diventare il s.uccessore. Ma arnva il primo competitore : Fridolin, il bavarese. « Come fu tutto meravigliato Jo,bst, quando i! « nuovo », per quanto fosse ba~•arese, ;-1, mise a letto a.cca.ntoa. lui con ,un sa,luto tu.tto 'gentilissimo, se ne stette, come lui, t,it.to composto e pa.cifi,cosull'altra. sp'01idadel letto : e durante tutta. la. 1wtte non gli diede neppure 1.1.ncalcio » ! La gara fra i due fi_lugelli comincia: « Jobsl, alla. 1110-ttina,dritt.o come un fuso se .ne corse giù, e lavorò co1:1ie se si fosse trattato di prowedere di. pettini il mondo intiero : e Frido/.in lawrò come se per buona. giwnla, anche il cielo dovesse essere pettinato coi loro pettin4 ». • N o,i era. neppur per sogno una. scommessa: era l'~- sercizio di una. valentia da.1naest1·0ben meditata. in cui ness,mo dei d·u.esi vergogna.va.di pre,;dere I.' altro d modello,_e di copiargli ttt,tli i più fini tratti di una. p,erjet_la.metodica della vita che a. lui mancassero ancora.". S~ è vero che l'ascesi puritana, rende ~l) uo1uini capaci di affermare i lorò « lllO?V 1 costanti », e a fadi prevalere sugh « affetti ». cioè a foggiare delle « personalità » nel, senso fomi.ale-psicologico della parola_; se e ''.ero questo - come è vero - 1 p~ob1 pett111a1cl~ Seldwyla sono delle perso□ abta : s~o ~onac1 in cui si manifesta il processo d1 sviluppo dell'ascesi calvinistica, sull'P..scesi med'oevale : eliminazione dei " consilia, eva.n.gel1ca. ;, e concentrazione dell'attenzione metodica sugli affari di questo mondo. A Jobst e a Frido1in s.i ag;ginnge, terzo pettinai:o lo svevo Dietrich : un gentleman (egli è uU: gentleman, letteralmen-te) così comi-• 1r, \~'!,,~ c,·,1a•~clot1~tt.:!.e tre se n.e andavano a letto « s~mpre a.ncora.un. pochet,tino di posto rimaneva. fra. i /,re apprendisl-L, e il copriletto si distendeva su di essi, com~ un pezzo di carta su tre a.r~nghe »_. . . Gli-impagabili d\sc?rs1, grav1 _e compun~1 che i tre apprendisti ~Q _sc~m_b~an?,com: spondono ai raffinamenti pietrshc1 d1 uno dei più importanti li_bri del mondo, Tl1e ~i(; grùn-s Progress d1 Bunyan. ~e! Bunyan e L casserolaio poetante che fa f111~a <l1 confor: tarsi, in p1-igiohe, clell'a,pprovazi~ne degli altri perernnanti verso la Celest1a1 ~1ty; . nel Ke!Jer" è il pettinaio che fa frnta di cer: cate l' approvazione degli _aHri. co11corrent1 alla. successione della fabbrica d1 pettini : la disperata solitudine del puritano esige sempre l'osservanza di questi rispetti umani, come altrettanti posti di controllo sulla pista della corsa, che dura tutta una vita, verso la ricchezza e il paradiso. Ma a Seldwyla, lo svevo Dietricl1 intmagina, come espediente professionale, « di innamorarsi e chiedere la mano di una persona., che possedesse press' e, poco tanto c;ua.nt.oil Sassone e il Bava.rese avevano nascosto sollo ·i mattoni». La persona è Ziis Biinzlin. Ziiz Biilizlin, figlia d,i una lava"9-daia,è andata a· scuola ed. è una rruissionaria vera : alla domenica ricopiava, di quà e di là dai suoi libri,- i più stravaganti componimenti : « sull'utilità delle tettighe, sulla morte, sulla efficacia. della. rinuncia, sulla <rra.ndezzadel mondo visibile e sui misteri dell'invisibile, sul.la.vita. campestre e le siie gioie ... : li leggeva. ai su~i • conoscenti e adora.tori, e a. chi voleva proprio bene o-/.iene regala.-z,<a. uno o due, che se h mett~s~e nella. Bibbia». L'America è pienissima di Ziis Biinzlin che fanno all'amore così. I tre probi pettinai le stanno dietro,_perchè Jobst e Fr.iclolin pretendono anch'ess.i la s~.a mano come mez,r,odi co11correnzacontro D1etr:ich.' Per ognuno dei tre pettinai la succes: sione nella fabbrica di pettini e la mano d1 Ziis Biinzlin - cioè la fortuna professio- " ,1,, - sono cose che non ammettono dubbio : ed è giusto : perchè la loro religioue indica l'incessante attività professionale come un mezzo sicuro p,er raggiuIJJgere la c~rtez2'.a di essere eletti, ed essi sono tre p,robi e diligentissimi pettina,i: cl'alka parte, tale certezza sarebbe fortemente compromessa da un insuccesso materiale indizio cli insufficiente grazia divina: quindi non bisogna d_u~itare, « è peccato» dubitare. I tre apprendisti s':'no perfettamente armati per la Strenmts Life, sono tre asini cui., come la favoletta racconta, l'asinaio ha messo il peperone nel posteriore per farli trottare. Il padrone, infatti, usa prop~o _il pep~- rone. Per levarsi di torno due cle1c,vettom, e decidere chi debb.1.avere la fabbrica, impone ai tre aptprendisti pettinai una specie d\ cor:sa da una collina fuori delle mura d1 Seldwyla fino al laboratorio. I disc~rsi co1;- solatorii che Ziis BiinzliIJJfa ai tre èisperatI, sono assoluta.mente il saggio tipic'} dell'eloquenza wilsoniana o ·a:ei memol'Ìali .• ricostruttori » che Lloycl George manda a1 Consigli sùpremi invece che alle università popolari: «_Com.eil vincitore non deve mena·r vanto della. sua felicità, così i soccombenti non devono 1·Q1J11.marica.rsi _oinf11,ria.rsi : essi -sarannopresenti alla nostra. memoria., e come allegr-i apprendisti (Wanclerjiin?linge) se ne andranno per il mondo : poiche gh uomim hanno costru.i.lomolte oittà, perfino più belle di Seldiwyla.: Ronw è uma gran città _meravigliosa., dove abita. il Papa, ·mentre in Costantinopoli conia.nda.il Sidtano, d., fede musulmana.: Lisbona 1.1.no-•iornofu distnl'tta da 1.14iterremoto potentis~i-mo, e rifai ta : ~ieci volte più bella... » Segue la... descnz10ne clel mondo: esattamente come succede oggi nelle Conferenze interna.vionali. Ma s1! i tre pettinai sono dispernti. _l,I padron· pettinaio è un piccolo Calvmo piu cattivo e più esoso, il quale non solo d1c:e che soltanto uno di essi satà salvato, ma rimette la decisione, non p,iù a dopo morto, ma a dopo una: gara di corsa di lì a. q~alche ora. Le grida con cui i tre pettma1 s1 lanciano 2"iùdalla collina verso Seldwyla, sono nella ~ovella del Keller, l'esatto riscontro delle g 1-ida di' Cristiano nel d''ilg,·i·m's frogress » : Quando Cristiano _s1accorge cli essere nella « città di dannazione», c la vocazione lo afferra di muovere verso la città celeste. Moglie e figli gli_ si attacc~no al!e vesti, - ma niente, lm s,1_ficcale d'.ta nel~e orecchie e via attraverso 1 prati e 1 campi, gridand~: « L-ife, eler11allife ! ». Con questo grido, e non altro, l'nrtigiano inglese è entrato nella manifattura, così come i tre probi pettinai svizzeri si slanciano verso Seldwyla e la fabbrica. Aggiungere che, neila novella di Gottfried Keller vinse lo svevo è utile, per riportare la chiusa : • Dietrich lo svevo soltamto-rima.se un gi~sto e fu considera.lo nella cittadina.; rna non ria ebbe poi tanto gusto, perchè Ziis, sua. sposa., non glie ne lascia.va.il vanto, lo con,w.ndava P lo umilia-va, e considera.va sè stessa come unica scaturigine di ogni bene». Cosl l'epopea del tipico lavoratore moderno finisce col presagio del fenomeno, che, nei p~si in cui il grido « Life, etemal life • si fece sentire da,vvero, è ormai una modesta e controllata realtà. Gli operai, che negli altri p,aesi sono stati forniti alla grande industria, erano tagliati iu questo legno. È agevole dedurre dalla loro formazione mentaJe, quali energie rivoluz,ionarie - qui sì, qui clavrvero! - ma'.tura~ero in loro. Quando, nel corso di poche generazioni, il meccanismo dello sviluppo industriale si incaricò di dimostra.re che la loro teodicea era fa.Isa : che la gi·azia di Dio coronava. quasi mai il coscenzioso adempimento ,ìel lavoro professionale : che Dio negava la fortuna quaggiù anche a chi si sfiancava per tutta la vita nella fabbrica: allora il compito dei profeti della l9tta di classe fu facile e sicuro. In una inchiesta condotta, nel r906, dalle Sozialistische Mcrna.tshefte fra operai non credenti, soltanto la infinita minoranza addusse a ragione della sua incredulità raffaz· zonamenti cli teorie naturalistiche . la infin:ita maggioranza tirò in campa 1a ragione delle ragioni : I'« ingiustizia» delle cose di questo mondo. (Io credo che uillJJinchiesta fra gli abbarbagliati operai italiani darebbe risultati perfettamente opposti). Proprio e soltanto perchè constatarono l'insnfficienza della teologia antica, gli ,infiniti fratelli spirituali (anglosassoni e tedeschi) dei tre probi pettinai di Seldwyla si accinsero a rifabbricarsi un dio in cielo, portando la giustizia su questa terra, cioè accettando i sistemi della lotta cli classe e il postulato della rivoiuzione (Marx in funzione di Giovanni Battista, Precursoce). Ecl essi affrontano cosl le crisi capitaìistiane e le chances rivoluzionarie con le identiche qu,1.lità, che Gottfried Kell<'r espose così bene nei suoi Tre probi pet.tin.ai; e cioè : r0 ) Il loro no,madismo (distacco dalla heimat. indifferenza. ai paesi in cui si va soltant~ « per la'VOrare », come muli muniti cli paraocchi) torna _cligr3:n van_taggi? n~lla organizzazione pratica cl~1movimenti nvolu:1;ionar.i. r0 ) La loro contegnosità (ted. Jelbstbeherrschung - ingl. Reserve)_ dà loro_una tenuta rivoluzionaria che è ind1spensab1le per conservare la fiducia. nelle proprie file e incutere rispetto e timore negli· avversari. 00 ) Il loro razionalismo nel la,ioto profess.i01~ale,la loro metodica cli vita, l'essere sta_ti abituati a coordina.re ogni loro atto al dopp:o fine del gna.dagno terreno, prova e gagg10 della sal;az.ione ultraterrena, dà loro una salda metodica; sovversiva, che può condurli a<l essere sangui nari, ma sanguinari sistemat1ci : che lascia loro. sempre il controllo degli avvenimenti. ' fi movimento rivoluzionario di un anno fa in Mitteldeutschlancl che io potei seguire da vicino e confrontare' col nostro deìl'Ottobre 1920, 'mi confermò tutto 9~esto. Potei, per esempio, -il 29 Marzo, v1s1;8re le !,-euna.r Werke presso Merseburg. L occupaz1on:' da parte degli insorti della immensa man1yat: tura si clistingn.eva dalle nootre occupaz10111 di fabbriche per tre caratteristiche : r0 ) Concentrazione mpidissima di comunisti estranei alla fabbrica, fatti venire. da

Lipsia, da Balle, da tutta la MilteldeutschLand: leva di giovani operai wvversivi nelle campagne, spediti a un centinaio di kilometri dalla loro fabbrica e dalla !oro casa, senza che questi dovess~o temere di essere respinti dalle maestranze della Leu.nar, come le maestranze degli stabilimenti italiani respingevano, nell'Ottobre 1920, i temutissimi « estranei ». In un solo giorno ne entrarono nèllaLewwr duemila. 2°) La disciplina, nella Leunar, era assoluta. Nou vi si fecero gli stolti tentativi di lavoro come da noi, ~rchè i capi sapevano troppo bene che qualche inconclndente tentativo di lavorazione non avrebbe servito ad altro che a distrarre gli insorti dal compito principale, che era quello di marciare su ìviersel:>Urge Balle. 3°) Non vi furono assassinii alla macchia, come quello di Simula e SonziIJi. Vi furono invece gli attentati terroristici su larga scah e, sopratutto, difesa a mano annata contro fa Sipo (Siclzereits Polizei). L'impressione complessiva che lo straniero potè ricavare .dal movimento, fu questa : tutte le forze organizzate in conflitto proc_edevanocon estrema violenza e sapevano fare il loro mestiere. Da una parte 1a polizia, scarsa cli numero ma scelt:;i e munitissima (le Leunar furono bombarclate), e i volontari studenti (paragonabili ai nostri fascisti) disposti a pagare cli persona,, senza la protezione della po\izia: d(tll'altra una minoranza operaia freddamente decisa a spingere la crisi al suo acme. Proprio il contrario delle intenzioni e clella rnttica che polizia, organizzazioni fasciste e minoranze operaie hanno dimostrato e attuato in Italia. Vediamo infatti qualche aspetto dell'atteggiamento dei nostri operai, come è messo in rilievo clal processo di Torino. (S'intencle, qui nou ci interessano i casi patologici, come quello clell'imputato Sironi, ecc.). J1Iancanza d.i nomadismo. - E singolarissima la preoccupazione, che tutti ebbero, di non lasciare entrare estranei nelle fabbriche durante l'occupazione. Il Biava, e in genere gli imputati appartenenti alla maestranza della Nebiolo, debbono aver considerato :a ~ 1-::-...·ofaobrica com:t Li..d }JO"dt::cc,o111eun proiv- ,,idenziale asilo nel mare sconvolto clella rivoluz,one. Dalla ciuta clegli stabilimenti occupati, gli operai guarclavano i violenti, che cercavano di fare cjavvero la ri,·oluzione, come il contadino clell'oasi guarcla il Touareg. Sraclicati, inurbati, travolti ci"lla vita capitalistica in una clelle sue manifestazicni ordinarie, questi operai ricli,·entano villici - e bnon,i villici - nella fabbrica occupata. );essun maggiore controsenso, "in Tta!ia, che i camions rossi proposti come strumenti per la rivol-u.zione proletaria! .'1ancanza di te,wta ri·voluzionaria. Questi" imputati sono stati - somme tout - <lei coglioni. Le tre clonne furono tutt'altro che tragiche' vergini rosse, come favoleggiarono i giornali : e lo strano, egregio presidente Daviso, è proprio qui : che non 'o siano state! La Actis, anche quando ·gli • estranei » tanto temuti parlavano cli inscenare un episodio terroristico, rimaneva sempre la clonnetta che - secondo la deposizione <lei principale - « quando le si faceva qualche osservazione si: rn,ette1Jasubilo a piangere, riconoscendo però la giustezza delle ossen:azioni • Le altre due passavano la giornata... facendo della telegrafia senza fili con i giovanotti dello stabilimento vicino. Eppure i più modesti ricordi di crisi rivoluzionarie dicono che furono sempre le dom:e k più sanguinarie! Baste,ei.;be !'episodio, che nessun stabilimento voleva ac~ogliere nella sua cinta lo Simula, condotto da1le lance spezzate della rivo! uzior.E:: basterebbe la osservazione troppo spiritosa per essere cinica, di quel ragazzotto che sentendo' parlare di bruciar vivi i due; esclama : « Prima però spogliamoli! » per capire che,, nei recinti delle fabbriche, era ntorna,r. precisamente un soffio di quella baldoria da ,·illaggio, di cui il vero operaio non è, non pnò essere più capace. Mancam.za di metod.ica sovversiva. Il presidente e il procuratore generale hanno spesso nel corso del dibattito, fatto della facile ironia sulla incerte-,;za dei ricordi degli im· putati. Jl caso del giovane Biagiotti è caratteristico: questo sradicato, che nell'istituto degli Artigianelli ha raggiunto tanta capacità tecnica cla prendere non so che diplomi, alle domande dell'inquirente non fa che risponclere dei • mi pare •, che - si noti - non vogliono neppure mentire, non vogliono salvare nesuno. Il P. G. si meraviglia: Che mentalità avete? si trattava di gettare un individuo in un forno. E' cosa che non si usa fare tutti i giorni : e rispondete con un • mi pare! • Perchè si è di fronte ad una cosa orribile, ad una strana cosa, ad una cosa feroce, e voi nou avete altro che delle impressioni, non rispondete che con dei • mi pare». Gettare un uomo i1) un forno, vi p'.1re che sia cosa possibile, razionale, da poLA RIVOLUZIONE LÌHERALE terla così facilmente climenticare, da affermare con tanta imprecisione? Ma non è proprio niente da meravigliarsi. La figura clel complice e delatore Bertero è anche più interessante : questo individuo, nella spossante ricerca cli lavoro si. vergogna di presentare uua fedina poco pulita : salvo poi a tenere per le braccia, al momento dell'esecuzione, i due assassinati. Sono tutti così, questi imputati : erano tutti così, nel critico Ottobre clel 1920, gli operai italiani. Oggi, a clistanza, gli uomini saggi, come i magistrati, domandano: " Ma eravate allucinati?" Essi erano precisamente allucinati : per pa.-afrasare un celebre titolo, erano i figli delle nostre allucinale cam·pagne, erano gli operài fratti nell'ingranaggio clella grande industria senza nessuna preparazione e squadratura. Allucinati dalla sofferenza perchè certù in nessun paese il processo clell'inurbanamento costò a.i singoli tanta nostalgia, tanto malessQre, ·ta.nto nascosto dolore. L'errore di aver vohito provocare· in Xtalia uno sviluppo inclustriale cui manca ogni base economica, non fu scontato con la rivoluzione, precisa~ mente perchè i proletari italiani mancavano assolutamente cli ogni presupposto per fornire una classe operaia: l'allucinazione degli imprenclitori avventurieri fu trionfante per l'allucinazione clegli operai. In questo paese, dove non nacquero mai tre probi pettinai come qnelli di Seld~yla, la classe degli avventurieri del capitalismo si può permettere qualunque audacia, perrhè non vi è una dasse di operai che stia pronta all'attacco: non vi è, non è sorta lentamente attraverso una preparazione religiosa e un filisteismo pietistico, non si è maturata negli esercizi che - negli altri paesi - fecelì' agrrieo1 tdrta JII. Lacoltura deicereali nell'ultimo quarantennio 1° - FRUMENTO. - Stando ai dati delle statistiche ufficiali che possediamo ]a produzione del ,frumento avrebbe variate, seconclo 'le cifre seguenti : Area Quantità Prodotto' coltlvata prodotta unitado Ha. Ql. Ql..-,, Media delquinquer.nio 1379-1383235.260 2.276.470 9.67 1890-1894276.294 2.867.852 10.37 1901-1905(1) 3.399.630 Media delsmenio1909-1914(2) 315.000 4.000.000 12.7 1915-1920 (3) 328.800 3.815.000 11.78 QLtalche commento intorno a queste c.ifre è necessario. Da es.se risulterebbe che la superi, cie coltivata a grano è anelata via via cn,scendo, come ,pure, anche più rapidamente, se si ecoettua l'ultimo sessen.io, la relafr;a produzione. Quali le cause di tali aumen·:i? P,rima cli cliscutere quelle che gli situdiosi hanno indicato è necessario, per quanto concerne il Piemonte, portarsi un po' più addietro nelle indagini. Per l'attuale regione piemontese l'annuario statistico del 1853 dà Ulla produzion~ cli frumento di ci1,ca 3.690.000 quintali mentre le rilevazioni del perio,ìo 1870-74 dànno una procluzione meclia cli meno clella metà, e quelle successive dànno cifre -sempre inferiori a quella dell'annuario 1853 -· salvo le più recenti della nuova statistica, che la sorpassano, ma non cli molto, - Come spiegare così enormi sbalzli se non con gravi etTori di rilevazione? E come non rimanere assai dubbiosi cli fronte alle illazioni che clall'esame delle statistiche relative agli ultimi clecennii furono tratte, per quanto caute esse siano e per quanto calcolo si sia tenuto dei diversi metodi di rilevazione adottati dalla nuova statistica instaurata nel 19,09e quella prececlente? E la diminuzione non si verifica solamente p(;r il grano ma anche per gli altri' cereali e per il vino (lascianclo da parte gli altri prodotti), senza notare che• le differtnze appaiono an.:he più notevoli, e nel1o stesso senso clelle prime, coi dati dell'annuario del r864. - Non si può negare che la cifra dell'annuario 1853 sia esagerata tanto pi,ì s<> confrontata colle medie dei decenni prece- (r) Questi primi tre gruppi_di dati sono desunti dalle tavole che l'Avanzi compilò e riportò in Appendice acl 1111 suo libro. Cfr. • Influel17~'t che il protez.ionismo ha spiegato sul progresso agrario in Italia, - Pisa, 1917, Tav. JIT. (2) Cfr. VAJ.F.NTr: , L'Italia agricola dalla costituzione del Regno allo scoppio della guerra europea 11 - Tavole statistiche in appendice, nel fascicolo r0 dell'opera , L'Italia agricola e il suo avvenire - Roma, r918 - Pagg. LXVI e seguenti. /3) Cfr. ZA"t'"rtNI: , l;a potenzialità attuale della produzione del frumento in Italia in base alla statistica ciel clodicennio 1909-,920 in Kotizie periodiche di statistica agraria " - Settembre 1920. ro dell'artigiano un perfetto utensile prima ancora. ch'egli avesse messo piecle nella manifattura. In tutti i pae.s.iche hanno tentato uno sviluppo caipitalistico in grande stile, figure come quelle tipiche, definitive, <lei tre probi pettinai sono state frequenti : in Italia furono sconosciute, Perchè in nessun paese la preparazione ascetica ,.ai sistemi ,F proclu· zione capitalistica è stata nulla come eia noi : e i miserabili relitti finiti slli banchi degli imputati alle As5'ise torinesi, sono 1\ appunto a te~timoniare, anche se colpevo1i, appunt0 perchè colpevoli, quale· violenza profoncla sia stata perpetrata su un popolo per c.ui i desolati quartieri popòlani sono sempre umilianti come un ghetto, e le case operaie, cui i bòrghesi clelle amministrazioni comunali dedicano tanta attenzione sono sempre 'impestate clal fetore dell'ergastolo : quale violenza enorn:ie sia stata perpetrata su uomini, couclannati a migrare nel deserto della grande inclustria e clella grancle città, acl affrontare lotte sindacali, occup:azioni clelle fabbriche ed esperimenti rivoluziomri., quando ancora tutte le loro abitudini e la loro mentalità si indugiano nel « feu.chtem' Moos in,d. triefendem Gestein » dell'economia precapitalistica e della 1·eligione cattolica. GrovAN:\'I-ANSALD0 I zioni unitarie, con l'ausilio delle macchine, d 1 concimi, e di buone pratiche culturali? • E ritenenclo che sia logico, egli conclucle che nell'Italia settentrionale gli agricoltt>ri, a differenza di quelli dell'Italia meridionale, poterono e seppero trar profitto clalla protezione (pag. 238). L'atitor~, che procede ,semp.:·e con grande circospezione per trattare , I problema colla massima obbiettività, fa qui un ragionamento che fila diritto e sicuro, ma che io non oserei app,licare all'agricoltura piemontese dopo l'esame di statistiche tant,) contradclitorie. E per conto mio non credo che l'area coltivata a frumento sia stata estesa : tutt'altro. L'annuario clel 1853, per l'attuale regione piemontese indica: terreni aratorii (compresi i yjgneti ba. 1.170.081 prati naturali e artificiali . 304.508 boschi . 335.588 Dalle nuove statistiche si clesumono i dati segLtenti: terreni ara.torii (compresi i vigneti prati naturali e artificiali (esclusi gli erbai) boschi . ha. 891.000 .557-360 " 496.899 avvertenclo che nel computo non si tenne conto clelle risaie e che i dati dell'annuario 1853 poco clifferiscono da quelli clell'annuario r864. . Postilla Se è <la escluclersi un aumento cli superCar~ Ansaldo, in'V1Ccedi coutinuare una ficie forestale per le contrarie informazioni . . . . . . . . . che possediamo, qualunque sia il valore delle polenm:a 1_n CUI 1 te~m del dissidIO sono cifre riportate (cifre ia cui rilevazione <' orma.i ch1an prefensco nspondert1 con _ semp1·e difficile ed imp • ) • ' - t d. ·tt · lt · t · 1 t· recisa , s1 puo acco uno s u 10, scn ° 1_n a n emp1 , c 1e 1 gliere con maggiore ficlucia il risultato delle chca _che cosa 10 ho V1stone! !nov1mento_co- altre ,cifre, vecchié e recenti, che hanno un mumsta t,onnese: Lo leggerai nel prossimo fondamento egualmente sicuro e sono state numero. fuo Ptero Gobett1. raccolte da persone diligenti e coscienziose; Piemontese denti, e colla cifra dell'annuario 1~64, ma !? differenza resta pur sempre graudissima. - Nè si può dire che le statistiche piemontesi fossero fatte co11negligenza : l'annuario del 1853 (cliretto dal Maestri) fu compilato con gl_istessi criterii co11cui, per opera <lei Correnti e del Maestri si preparò qr;ello <lei 1864, che fu assai encomiato dal Valé:nti per la base territoriale che vi si dette alla rilevazione della produzi0ne agraria c per '.,1 cura con cui le rilevazioni furono fotte. E se .anche si debbono litenere esagerate le cifre dei varii annuari comparsi prima clel r865 - mi pare che, almeno per il Piemonte, esse s.iano assai p[Ù attenciibili che non le cifre delle statistiche successive (4) -- riflettendo che i principali· compilatori,' forniti di esperienza e dottrina, potevano indagare direttamente in nn campo più ri-- stretto, per cui era m·aggiore la loro competenza, erano più controllabili le informazioni e potevano giov.aa-s.idi indagini ufficiali fatte da parte di un Governo -che sopra il ,Piemonte poteva co11più facilità e sicurezza ch<l per altre r~gioni esplicare la su.a azione amministrati va. P,erciò ritengo che, se si vuole istituire confronti per la nostra regione ciò si possa fare, colle clebite ·cautele e senza pretesa cli trarne conclusioni in·efutabili, tra le cifre clegli annuarii citati e quelle che periodicamente ci clà la nuova statistica agraria a partire dal 1909 (5). Orbene, possiamo ammettere sicura.mente che il protezionismo abbia contribu.ito notevolmente all'aumento della produzione granaria nell~ nostra regione? L' A va.nzi nella già citata opera afferma che nel quinquennio 1890-94 si nota una forte depressione generale nella produzione agraria italiana., « la quale si può mettere in rapporto col clisagio ecouomico cli quel tempo e con i metodi di rilievo adottati » (pag. 251). Aggiunge che si rileva anzitutto una riduzione per la coltura clel grano sia riguarclo alla superficie, come rispetto alla produzione complessiva, ma che tale ricluzione non avviene nell'Italia settentrionale. Negli anni successivi la produzione e l'area coltivata sono in allmento e nell'Italia Settentrionale « la maggiore produzione unitaria., sono state più rilevanti che nelle altre parti <lei ten;torio nazionale» (p,a.g.231). E più in là seguita : « Do-· po aver ri~contrato il grancle progresso della granicoltura nell'Italia settentrionalt, dobbiamo v.e;~amente,concludere che la pro· tezione non vi abbia influito? Dobbiamo ginclicare alla stessa stregua l'inclustre ag1-icoltore settentrionale ed il pigro latifondista del Mézzogiorno? Non è logico ammettere che gli agricolto1; più intraprendenti abbiano saputo sfruttare il premio concesso dal Governo, tendendo jlcl ottenere alte proclu- (4) Sul valore cli queste statistiche Cfr. .VA· LF.N'l~I: «_L'Jtalia agricola nel cinquautenmo ", pass11.~1,111(( Studi, ecc.» ed anche ETN~um: «-Log1ca protezionista )I I in « Riforma ~ocin!e •, Dicembre 1913. (.5) Su11e quali non ~i può giurare: tntt'altro. almeno egualmente nelle due epoche. ,Da queste cifre si può indurre che, in linea cli m2ssima, la coltura <lei cereali si è ristretta a vantaggio della coltura foraggiera e-vitifera, (per quanto qllest'ultima si sia estesa pure in sostituzione del bosco). E che le coiture foraggiera e vitifera si siano estese sa.i·ebbe, <lei resto, confermato dal grancle progresso avvenuto nel1'allevam:ento del bestiame, e dalla procluzione viruicola fortemente accresciuta. Dal fatto della restrizione della coltura <lei cereali non si. può sene' altro argomentare per concluclere che anche l'area coltivata a grano è diminuita, ma non si può é.èrto .affermare che sia aumentata, e, d'altra parte, l'aumento un po' esiguo clella produzione durante,_oltre mezzo secolo inclicato clalle statistiche non si può neppure mettere -in rapporto cogli innegabili progressi tecnici avvenuti in tale p,eriodo (6). Si aggiunga che è grande in Piemonte il numero degli agricoltori proprietari, special: mente piccoli proprietari,- assai più che non in altre regioni, che molti <lei giornalieri erano, e sono tutt'ora, parzialmente pagati in natura, che i fittavoli potevano facilmente compensarsi del basso prezzo del grano, facendone caclere le ·conseguenze sui fitti che pagavano, senza essere costretti a intensificare la coltura. Ora, una grande parte del grano proclotto, è tutt'ora consumato da costoro e dalle loro famiglie, ed è soltanto ,sopra una parte generalmente piccola che si fanno sentire g1i effetti dei prezzi correnti. Questa circostanza. e la difficoltà con cui i piccoli coltivatori si inclucono a mutare l'equilibrio culturale delle loro aziende non pennette cli credere che il protezionismo abbia esercitato un forte stimolo ad estendere la coltura del frumento. A completare queste sommarie congetture riporterò un passo d'un articolo del Lissone: "Io ho sotto gli occhi u.n quadro clella produzione granaria nel Piemonte dal 1710 in poi. Ora la produzione si mantenne intorno agli otto o nove ettolitri per ettaro fino al 1860, epoca in cui, per merito speciale di Camillo Cavour, si introdusse il guano, al quale seguirono i concimi chimici. Salì allora il prodotto a circa 12 quintali per ettaro, e purtroppo bisogna constatare che da oltre un ventennio la produzione clel grano è stazionaria quindi o le statistiche ufficiali sono errate, ~ ha ragione l'On. Camera nei Slloi apprezzamenti intorno alla efficacia della pro-. paganda teorica ». Distribuendo -per zone granarie le cifre della ptoduzio,ne gra.n.a:ria per il decennio 1909-20 avremo : ArcncDltlvata Quantitàprololla P,·odottoonftarl• Ha. QJ. QI. Montagna 17.4-00 153.000 8.88 Collina 147.600 1.702.000 11.5 Pianura 155.600 2.048.000 13.1 Totale 320.600 3.903.000 12.2 Confrnntanclo questi dati con quelli _corrispondenti delle altre regioni dell'Italia settentrionale si rileva che il Piemonte ha la produzione' unita.i·ia· più bassa, quantunque (6) Da ricerche [alte in vari luoghi risulta che la produzione unitaria è. ge11eralmente più alta cli quella indicata al solito.

superiore a quell_a <:!ellerestanti regioni italiane. Dalle statistiche si rileva inoltre che l'area occupata dal frumento in confronto con queHa occupata dai prati artificiali è anche più ampia che nelle altre regioni vicme. . La località che ha una produzione unitana maggiore è la pianura di Marengo presso Alessanch,ia, e la provincia che ha la produzione unitaria minore è quella d1 Novara. Le cause di questa procl=iooe unitaria non molto elevata sono da ricercarsi nella natura del terreno non dappertutto adatto alla produzione di questo cereale· anche se più o meno largamente vi si coltiva; io couétizioni cli clima sovente sfavorevoli a cui è soggetta tutta la pianura padana, e più par. ticolarmente nelle pratiche colturali e nelle rotazioni, ,tutt'ora difettose, nonchè nella scarsa concimazione; ma di queste cause particolari avrò occasione di parlare più in là. Durante la guena l'area coltivata a frumento si è estesa nella nostra regione, come dimostra.no i cl-ali raccolti nello specchietto all'inizio della trattazione di questo argomento, e dalla recente e più volte citata statistica del Zattini risulta che l'accrescimento coincide coll'epoca del decreto IO maggio 1917, specialmente nelle provincie di Novara di .-\lessanclria e di Cuneo. Ma la statistic'a medesima rivela che, ciononostante tanto la produzione unitaria quanto quella complessiva sono diminuite, come pure è diminuita la superficie colti'Vata uegli ultimi due anni. Le cause della Gisi si riscontrano facilmente nella più scadente lavorazione e nella più .deficiente concimazione ,cagionate dalla scarsezza di mano d'opera e di concimi, specialmente artificiali, durante la guerra. Ed a queste sfavorevoli circostanze è da aggiungersi la politica granaria seguita dal go- ,•erno, con sistemi di requisizione e di prezzi d'imperio inferiori al costo, regolati da decreti portanti quasi serp.pre illusorie disposizioni per incoraggiare la coltivazione del ce,eaie che costituiva l'incubo dei nostri reggitori (fu chiamata l'ossessione del grano) al punto da stimolare ed agevolare mercè il sullodato decreto IO maggio 1917 il dissodamento dei prati da parte dei conduttori di fondi còn infrazione dei patti sti)Ylllati nei contratti d'affittamento. L'insufficienza della produzione nazionale al fabbisogno del Paese e le conseguenze cla essa prndotte dnrnnte e dopo la guerra, sul bilancio dello Stato, in connessione cdl prezw politico del pane e l'altezza dei cambi e dei noli, cons,eguenze assai note per le discussioni e le polemiche sorte in occasione della legge per l'aumento del prezzo del pane; hanno reso più attivi e frequenti gli studi e le proposte per aumentare la produzione del frumento nel nostro Paese. In sostanza si è tutti d'accordo nel ritener che la coltura del grano non debba estendersi in superficie, essendo anche già estesa in modo eccessivo. Piuttosto si invoca di intensificare qruesta coitura con un impiego adeguato cli concimi chimici, dei quali il GO'Veruodovrebbe agevolare la provvista agli agricoltori, congiunto a migliori pratiche colturali e a più progredite rotazioni secondo il noto sistema Solar·i. « È da augurarsi - scrive l' Azirnont.i - ché la successione èlel frumento alle leguminose da foraggio, con tutte le nonne razionali che la devono accompagnare, si diffonda per tutta Italia, e allona. soltanto si raggiUJ1gerà il desiderato aumento della produzione granaria, cou vantaggio degli agricoltori e ciel paese ». In Piemonte siamo ancora lontani da siffatte condizioni, più ancora che nelle altre regioni dell'Italia, settentrionale, come già ho rilevato in parte. RISO. - Nel sessenio 1909-14 l'area coltivata a riso occupò in media ha. 68.ooo, dando una produzione complessiva di quintali 2.150.000 contro ha. 145.000 ed una produzione media di circa 4.900.000 quintali in tutta l'Italia. Secondo le statistiche ufficiali degli anni 18io e seg11enti, la superficie coltivata a riso in Italia da ha. 145.000 indicate dal Ma.estri ue'.l'aunuario del 1864 sarebbe passata nel qumquennio 1870-74 nientemeno che ad ha. 232.000 per poi continuamente ridursi di nuovo al limite primitivo nell'ultimo decennio. }fa di fronte a statistiche 'indicanti così forti variazioni in breve volgere di anni gli studiosi restan_o ~n po' perplessi, a quel che pare; e non s1 clwebbe che vi prestino una fede cieca, quantunque sembri, per la limitata estensione della coltura risicola che I~ statistiche stesse non dovrebbero c~nten~re cifre troppo !onta.ne dal vero.· Ed è per quest'ultima r.agione che ritengo le cifre stesse atte 'ad essere accolte come indici di un movimento .realmente avvenuto. Il quale però, in Piemonte, non è andato c1;_ pari passo con quello di altre 1·egioni. Da LA RIVOLUZIONE LIBERALE noi la superficie si estendeva quando in altre regioni già appariva in diminuzione (1), nè quest'ultima, avvenuta specialmente nel decennio prima della guerra, fu così forte come in Lombardia, nel Veneto e nell'Emilia, dove l'area coltivata è scesa parecchio al disotto di quélla indicata nel!' annuario 1864, poichè in Piemonte l'annuario stesso notava 42-429 ha. cli risaie mentre la superficie di esse nel sessenio 1909-14 fn cli 68.ooo ettari. La produzione indicata dal Maestri per il Piemonte si può ritenere all'incirca di 800.000 quintali cli risone, con un prodotto unitario di quintali 19 per ettaro. Nell'ultimo ventennio la coltivazione si è molto intensificata. Una sensibile tendenza a volgersi verso forme di coltura più razionale e più redditizia si manifesta verso la fine del secolo passato, con migliorate rotazioni, concimazioni più adatte, con maggior impiego di concimi artificiali e restrizioni nella coltura stessa, là dove a1Ypaiononecessarie. L'intensificazione è progredita continuamente dal 1900 in poi sotto lo sti):110!0delle agitazioni semp[·e più minaicciose e sempre più esigenti dei contadini favoriti dal progressivo scemare della mano,d'opera disponibile. Proprietari e conduttori hanno costituito forti e disciplinate associazioni volte non meno a frenare la violernza dei lavoratori che a rendere più lilIIJÌtato il bisogno di mano d'opera, mediante l'introduzione cli macchine più perfezionate, ecl a rendere con nuove applicazioni sempre migliore la coltivazione onde fronteggiare con aumentati prodotti il costo via via più gra'V<:della mano d'opera. Il prngresso avvenuto si 1nisura dalla accresciuta produzione unitaria. Questa che al principio del secolo attuale, non superava generalmente i 25 •quintali per ara, è ora di quintali 31,6 (r909-14) cifra che per altro è inferiore a quella della Lombardia (36,9j e dell'Emilia (37,5), benchè superiore a quella del Veneto (26,4). 11 Piemonte è la regione che dà il massimo contingente alla produzione naziona,le. La coltivazione è concentrata quasi tutta nel. Jr pianura irrigata dalla Provincia di Novara, salvo un breve tratto in quella di Alessandria (circa 2.000 ha.,) : non si coltiva più riso nella provincia cli Torino. . • Ormai le condizioni di questa coltura s1 sono fatte migliori : si è riuscito a rendere minima l'influenza delle malattie che, un tempo, infestavano la pa:od=ione; le concimazioni, e gli avvicendamenti- si vanno facendo secondo le norme più recenti, ma l'irn,piego di macchine agricole è ancora piut-' tosto lontano dalle proporzioni in cui dovrebbe essei;e fatto. Durante la guerra superficie coltivata e prod=ione sono in forte aumento rispetto alle medie del sessenio 1909-14; basti di.re che per un ·continuo accrescimento esse hanno toccato un massimo cli 74.500 ettari e 2.839.900 quintali nel 1918. Anche la produzione unitaria _è__i]!_g_l},es_ti anni notevolmente niiaggiore della media calcolata pel sessennio precedente : essa oscilla intorno ai 38 quintali per ha. Anzi l'aumento appare fortissimo, se no~--~~~o enate le ·cifre cavate dalle statistiche. Quindi si può dire che la guerra non abbia esercitato un'influenza sfavorevole sulla coltivazione del riso : le cifre indicano il con" trario; ed è certo che se la produzione non avesse trovato un esito particolarmente conveniente non avrebbe avuto un così sensibile incremento. Nel 1919 l'area coltivata fu di etta1; 70.700 e la produzione di quintali 2.654.000, cifre inferiori di parecchio a quelle dell'anno precedente. Ma la diminUZ<ionesi rileva fortissima nel- !' anno 1920. E' dovuto, il fatto, alle agitazioni dei la'V:oratori nella pr.imavera del 1920, che ritardarono i lavori di semina, tuttavia se le cifre rispondono a verità, esse non diedero luogo a dilillÌnuzione di prodotto unitario: notiamo .anzi un aumento dovuto forse alle c\ll'e con cui si è cercato di riparare il clanuo accennato. Iu questi anni le sorti non pare volgano molto propizie ai proprietari ed ai conduttori delle risaie. Il crescente costo della mano d'opera derivante da aumentati salari. e da diminuito rendimento colla introduzione cli orari più brevi e l'obbligo assunto dagli agricoltori cli impiega.ice un.a detenninata quantità cli lavoro in ragione di perticato; gli aumentati pi·ezzi degli alti'i fat· tori di produzione; e la scarsità degli sbecchi della prod=ione miuacciano gravemente il •oruaconto degli agricoltori stessi, e tendono sempre più a diminuire l'estens,ione delle 1;saie la cui coltivazione dis-oenta passiva. E imUa meglio può valere a precisare l'odierna .situazione che qnanto sc1;ve il Comm. Voli: « L'economia agraria della zo- (7) Cfr. PrNOLr,:,.;1: :< Il riso e la sua co1fi\·a- %ione )l - Milauo, 'rgoo - Png. 6. na risicola è gravemente compromessa: si sta operando una notevole trasformazione; ii frazionamento dov'è possibile ed il subaf-fitto con i contratti in compartecipazione ed esperimenti d'affittanze collettive si rendono necessari per superare l'attuale ~riodo di assestamento sociale : ciò diminuirà sen7.,a,dubbio la produzione di quelle tene feco.ucleed ubertose, che una benemerita classe di proprietari e cli conduttori resero tali con enormi sacrifici, per bonificare, migliorare ed estendere l' irrigazione, ma talvolta occorre servirsi di rimedi dolorosi per ritornare allo stato normale ». Nè ci è dato di sapere come si risol'Verà l'attuale fase di incertezza. Mutate condizioni politiche ed economiche hanno reso meno pesante il problema della mano d'opera; ma in complesso è certo che per ora degli indizi buoni non ce ne sono. GRANOTURCO Dal!' anuario del 1864 si può desumere che la produzione cli questo cereale per l'attuale territorio piemontese fosse calcola.ta cli quintali 2.800.000. Le statisti-che recenti stabiliscono pel quinquennio 1909-14, una media produzione di quintali 2.500.000, sopra un'area di ettari 150.000. Anche qui le statistiche ufficiali degli anni 1870 e seguenti, presentano lo stesso andamento di già osservato per il grano, cioè grande differenza in meno per gli anni 1870-74 rispetto ai dati dell'annuario 1874, e poi ascesa di superficie coltivata e anche più di produzione complessiva . Per tutta la penisola invece la media produzione del 1870-74 è enormemente supe• riore a quella indicata dall'annuario (anche per la produzione del frumento si nota la stessa cosa) e questa produ2Jione va crescendo ancora fino a prima della guerra europea mentre invece la superficie comp_lessiva dal 1870 è in notevole diminuz1one. Da ciò l' A'V'anziinferisce logicamente che grandi miglioramenti sono avvenuti negF uitimi decenni in questa coltura; miglioramenti che hanno permesso di restringere la superficie destinata a, granoturco pur con aumento della produzioné complessiva. Per il Piemonte tuttavia, si pnò credere, dalle cifre che possediamo, che sia diminuita la superficie ·coltivata ma anche la prodUZ1one complessiva. Non sap:piamo a quanto si estendesse la. superficie a granoturco tra il 1860 e il 1870, non di meno possiamo studiare abbasta.nza bene Ìl movimento cli questa coltura nella provincia di Cuneo, per la qua.le possediamo dati attendibili. Dai calcoli del Casalis e del Lissone, si rileva che in questa provincia, intorno al 1880, l'area coltivata a granoturco saliva a etta1; 44.551 con una produzione di hl. 980.178; cioè ettolitri 22,23 per ettaro pari quintali . J6,45. Ora, la media produzione unitaria del sessenio 1909-14, per la stessa provincia è calcolata di quintali 19, e quella complessiva di quintali 595.000 (ugnaJe ettolitri 84.054) su un'area i~ media 31.000 ettari. Come si vede, assistiamo ad una diminuzione notevole di superficie e ad una diminuzione pur non trascurabile di produzione complessiva sebbene sia aumentata la pro• d=ione unitaria, .indice di progressi avvenuti. Questa co11clusione potrebbe essere contestata qualora fossero messi in dubbio i dati prodotti per gli anni della Inchiesta Agraria, ma c'è da osservare che i citati autori avevano piena conoscenza del tenitorio su cui fecero le loro indagini; che qileste. indagini furono fatte con grande dil'igenza e che perci.ò le cifre riportate sono degne di fiducia, e almeuo quanto quelle della statistica: ufficiale cl'adesso. La riscontrata diminuzione della produzione complessi,va in provincia di Cuneo collima calla dimim.1Zione della produzione stessa in tutto il Piemonte rispetto a quella indicata dall'anuario 1864. In conclt1sione, per tutto quanto ho detto credo di non essere in errore 1;affermanclo che non solo la superficie è dilillÌnuita in Piemonte ma anche la produzione totale pur con notevole aumento della produzione unitaria. La diminuzione, che va crescendo, è da attribuirsi all'introduzione di altri avvicendamenti che quello grano-granoturco, tutt'ora non poco segi.ùto; e specialmente « alle miglio· rate condimon.i economiche della popolazione in genere, e cli quella. rurale in ispecie, la quale va gradualmente sostitue1iclo nell'alimentazione il grano al granoturco" (Av"1nzi). 4° - SEGALE - Farò appena un cenno cli questo cereale la cui coltivamone in Piemonte è notevolmente più estesa che nelle altre regioni. Per esso l'annuario del 1864 indicherebbe una produzione di circa un milione di quintali; le statistiche· successive segnano il mO'V~me.ntogià illustrato a proposito del granoturco e del frumento rispetto alla cifra del 1864; e precisamente indicano una progressiva diminuzione di superficie a;ccompagnata eia un lento movimento escendente della produzione complessiva. 23 Ora la superficie coltivata ascende a 50-55 mila ettari e la produzione oscilla intorno a 600.000 quintali. Io, dando come al solito la preferenza alle cifre dei vecchi an· nuarii, ritengo che questa coltivazione sia diminuita e per superficie e per prod=ione complessiva; mentre la produzione unitaria, non può non essere aumentata per i progressi fatti dall'agricoltura negli ultimi decenni. A spiegare l'avvenuta diminuzione valgono le ragioni già addotte parlando dello stesso fatto per il granoturco, e non è qui il caso cli ripeterle. BERNARDO GrovENALE A i prossimi numeri: I V e seguenti. Valutazioni marginal Intenzioni Le valutazio11idel pratico sono valutazioni empiriche. Ma per chi aderisce alla Rivoluzione liberale la valutazione empirica come riconoscimento di immediatezza e di spontaneità è una forma d'azione e di creazione sociale. Di qui la co11traclizionedel cronista che mentre fa della tecnica realista in quanto si mette iu posizione ili governo, vede nel suo giudizio stesso una volontà nuova suscitatrice di forze. La contradizione è feconda fi.nchè non si vone un astratto program.ma, finchè si vuole liberisticamente attuata una legge d'autonomia. In questo modo il tecnicismoha i suoi limiti ed è compreso in llll pit't amp.io problema morale, il quale, d'altra parte, non rimane astratto. Politica Estera Il cronista professa incompetenza. Crede pochino ai piani rumorosi dei nazionalisti, alle formule sempliciste ùei socialisti. ?\on è capaçe c!i ammam1ire al pubblico aneddoti strani o indiscre-,ioni diplomatiche: occupazioni nelle quali si richiede lunga specializzazione e. volontà di abitar Montecitorio. Nè, loiitano dai cent:-i della diplomazia, è possibil~ tracciare le linee di una cronaca di politica estera. M.agli italiani, e i lettori della Ri1Joluzio11eLi~ berale specia.hnente, sentono sopratutto il bisogno di una politica es-tera come esame di coscienza e preparazione spirituale. La preparazione consisterà in UllO studio degli organismi politici mondiali che presentino UllO specifico interes,se per la nostra azione nazionale. L'esame di coscienza deve darci la serenità di una visione realistica. La.politica estera italiana ,è stata sinora troppo schematicamente scissa tra una visione nazionalista e u11a visione democratica unilaterali e imprecise. Il nazionalismo adatta all'Italia formule valide altrove, cozzanti tra noi contro una insuperabile tragedia di immaturità di coscie111.a nazionale. La de111ocraziasogna il teuue idillio cli Ull accordo a priori cli tu.tti gli spiriti e cli tutte le forze. Tra le due esigenze generiche il governo segue or gli uni or gli altri nell'errore e all'estero per giocare d'astuzia si lascia giocare. Così pare che sian cPaccordo ormaì tutti i giornali romani di giudicare la politica di Della Torretta, un Federzoni che ha attenriato gli e11tusiasmi vestendo i panni del diplomatico. e continuando ad ignorare tutte le più solide realtà spirituali. Schanzer vorrebbe essere - dicono - un Della Torretta che non si lascia giocare. Lo attenderemo all'opera. Certo ali 'Italia oggi 11011 occon-erebbe di più. Favorire un equilibrio in cui la nostra indipcu• denza sia riconosciuta. Bandire i sentimentalismi, gli odi ve1'Sole; altre nazioni. Odiano gli impotenti, amano i deboli che cercano protezione. L'Italia sottra1=ndosial giogo della Triplice Alleanza che ci garantiva la vita limitandoci libertà e dignità, rinunciando a rillllovare lo stato di schiavitù con l'adesione all'imperialismo francese o al blocco anglo-americano, è riuscita ve- ,.. ramente a conquistare la modesta posizione di dignità che le è necessaria. Chiediamo al G·o• verno soltanto che non comprometta questo equi• librio. Senza fare la politica .antiinglese, perchè l'Europa ha bisogno di lavoro, I'Italia •è riuscita sinora per opesa precipua del suo più grande ministro degli Esteri (così ingiustamente disprezzato e negato) a rompere il pericoloso dominio auglo-americano e a valorizzare le forze del~a. Russia. e della.Ge1111ania.La nostra politica nou deve ricerca.reavventure impetialistiche; non può se non vuole isolarsi e negarsi nell'equilibrio e1,1.- ropeo, ricostituito, dopo la guelTa, su nuove basi di dignità senza convenzionalismi diplomatici. Sorge oggi in noi una coscienza nazionale: e abbiamo bisogno di pace per poter 1avorare a organizzarla, a fortificarla. Questo è un lavoro fbe si svolgerà fumi dei partiti, che realizzeremo realizzando una cu1tuxa superiore, uua coscienza dei massimi problemi dello Stato. La guerra insieme all'indipendenza concreta (che va assai oltre l'occupazione di Trento e Tdeste) ci ha dato la capacità elementare di uno ·sforzo unitario, il principio di una lotta politica. Di fronte agli stranieri possiamo fare onnai semplicemente e reci~amente nna questione cli dignità: non si

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