La Rivoluzione Liberale - anno I - n. 5 - 12 marzo 1922

RIVIS---r A STORICA SETTIMANALE DI POLITICA flnno I. N. ~ - 12 marzo 1922 ~dita dalla CASAEDITRICENERGIENUOVE A~ .~ 1• Per il 15122: Lire 20 (pagabile in due quote • di.., L. 10). - Abbonamento cumulativo con onamen I. IL BARETTI: L. 32 {p111blle 1, ~aequotedl L.16). IL BARETTI Supplemento letterario mensile. .. Non si vende separatamente .. fondata t diretta da PIERO -GOBETTI Via XX Settembre, 60 • TORINO UN NUMERO LI RE o, 50 Con-=> Corren• Peste.le SOMMARIOs G. SAt:VEMINI: Il Partito Popolare !I. - I precedenti. - II. - Le condizioni attuali. all'epoca dell'Inchiesta agraria). B. GIOVENALE: .L'agricoltura piernonteee (Dal 1780 IL PARTITO I. PRECEDENTI Il " non expadi~ "· Negli anni, che succedettero immediata- .mente al 1870, molti cattol\ci, cominciando da Pio IX, aspettarono da un vero· e proprio miracolo del cielo la fine della tirannia liberale penetrata in .Roma attraverso la breccia di Porta Pia. Passa un giorno e passa l'altro, il miracolo celeste non arrivò. E allora s·i cominciò ad aspettare la fine della servitù di Babilonia da un alti:o miracolo, terren,o questo: la rivoluzione. Come in Francia, una prima volta dopo la rivoluzione del 48, e una seconda volta sotto la minac.cia della Comune df Parigi nel 1871, le classi pos~identi avev.ano cercata la loro salvezza nell'alleanza col clero e nella sottomissione alla Chiesa dello Stato, così in Italia la borghesia liberale, giuntasull'orlo della rovina e travolta in una rivoluzione repubblicana, sarebbe stata costr~ta a ritornare, pentita e contrita, sotto la pr2_tezione della Chiesa. I cattolici dovevano J"ifiutare ogni partecipazione alla vita pubblica, e così accele-· rare la crisi, sottraende ai partiti di governo • tutte le forze conservatric-i che si raggruppavano attorno 'al clero e scalzando la monar.chia unitaria· dalla destra, mentre radicali, repubblicani, socialisti l'assalivano dalla sinistra. 1. • L'Italia - scrive la Civiltà cattolica nel maggio del 1896 - è divisa in tre parti : nella legale, che va sotto il nome di sabaudista, e comprende il liqeralismo d'ogni-grado e colore, fino al democratico, - nella socialistica, che raccoglie i radicali, i repubblicani, i socialisti delle varie scuole e dà la mano agli anarchici, - nelia cattolica, che sta in fotto col"Papa, del quale propugna là indipendenza. Da sè sola, la legale si sente mancare pian piano il terreno sotto i piedi, nè ha la forza· di vincére la socialistica. Quindi, per la sua salvezza, implora il concorso della cattolica. Tuttavia i cattolici considerano che altro è concorrere a salvare l'ordine !jOciale< nell'Italia, ed, altro concorrere a salvarvi l'ordine politico. Nel primo si asside l'Italia reale; nel secondo si asside la legale. Or qual dovere può spingere i cattolici a farsi conservatori dell'Jtalia legale? 11socialismo cresce e si dilata ;ì, nell'Italia; ma non è ancor prossimo il suo trionfo. Il pericolo pizi imminente non è, fra noi, quello di una riv(liuzione o di una evoluzioAe sociale, è quello di itna rivo__l11zione o ài una evoluzione politica. E se i nostri li·berali sab_audisti vogliono essere sinceri, debbono cqnfessarc r.he·il loro jnvito aì cattolicì p.er soccorso, concerne la causa degli interessi politici /oro, e non quella degl'interessi sociali della nazione. Se l'Italia, raffazzona,ta dal liberalismo si scompiglia, tal sia di chi /' hà in questo modo raffazzon'àta. Grande errore sarebbe che, col pretesto di frapporsi ad untfrionfo remotamente futuro del socialismo, i cattolici rinforzassero, col loro concorso, la esosa tirannide del liberalismo. Lasciamo che i morti del liberalismo seppeliscano i loro morti ~. 1 •cattolici, dunque, debbono tenersi da parte, organizzandosi nella astensione, e aspettare con l_earmi al piede che la monarchia un1tana vada in frantumi per le difficoltà interne e. - per le disavventure esterne. Non. appena ~a rivoluzione politica abbia fatto piazza pul'.ta dei partiti liberali, i cattolici debbono far~, avanti come esercito di riserva consér".at;ice; pren-d_ereil posto dei liberali, andati i,n ";alora in~ieme alla dinastia; e sai vare ·l Italia dalla rivoluzione' sociale, facendone la terra pr.o'."essa del cattolicismo. E nella nuova ~talia, governata· dai cattolici, sarà ripresa rn esame la _questione del dominio terpporale: e sara riPOPOLARE Invece di. aderire al programma dei cattolici-nazionali, il Vaticano tenta, nell'ultimo decennio del secolo XIX, un'altra soluzione: chiesta secondo che il Pontefice sentenzierà quella .di creare anche in Italia un movia suo tempo, nella pienezza della sua libertà mento cattolico di sinistra, a somiglianza e a.ella sua vittoria. • di ciò che avyiene in. Belgio, in Francia, Questa tattica di preparazione nell'.asten- in A,ustria. Sorge così, verso la fine del sione ,si riassume nella formula del non secolo·,--1a democrazia cristiana. expedit, èioè del divieto fatto ai cattolici In altre parole, il Vaticano, dopo ventifraliani çli parteéipare, sia come eletti, sia cinque anni di non expedit, riconosce .che la come elettori, alla formazione della Camera massa cattolica -perderebbe ogni peso nella · dei. deputati. , vita pùbblica italiana, se continuasse ad Contro questa forma di cattolicismo in- essere composta dei soli vecchi elementi transigente, _catastrofico, massimalista _g; conservatori, che ,sono rimasti fedeli al concome diremmo oggi - resistevano meglio trollo del clero: perchè il partitu liberale che potevano alcunì nuclei _di cattolici col- assorbe via via tutti i nuovi venuti dalle Jaborazionisti, o riformisti, o cattolich·na- classi possidenti. Perciò J'ufficio•d'ingrç,ssare zionali, come allora si chiamavano. I qmaìi Je file dell' « esercito di riserva > in vista dalle pagine della.Rassegna Nazionale di Fi- della crisi rivoluzionaria, è affidato alla derenze predicavano èhe la tattica intransi- mocrazia cristiana. La quale ha un duplice gente. preparava difficoltà' formidabili alla ''compito: - tenere immuni le moltitudini Chiesa, oltre che allo Stato. Un'opera di operaie e contadine dalla propaganda soconservazione preventiva occorreva, e non cialista; - e organizzarle per ii giorno in l'illusione di poter salvare in un secondo cui, caduta la monarchia sabauda, la bortempo l'ordine sociale, dopo avere lasciato ghesia liberale dovrà cercaré nelle forze andare in• malora in un- primo teJ.'.l)pO!'or- cattoliche il punto d'appoggio necessario dine politico. Dalla borghesia italiana, in alla· difesa dell'ordine sociale e della proregime repubblicano la ·Chiesa non avrebbe prietà. 0tten1,1~0p.iù di quan.to n0n potesse ottenere Fu per alcuqi anni un curiosissimo moviin regime monarchico. La-rest:tuzione --del •-mento di' propaganda, in cui e1:ano agitate dominfo temporale era divenuta prmai im- insieme la questione romana e la questione possibile; e se possibile, avrebbe arrecato sociale, i diritti de-I pontefice e della Chiesa al Pontefice infinite difficoltà, e nessun reale e quelli de\la classe operaia. Quella nuova vantaggio. Il problema dell;;,.posi~one giu- democrazia, sorta per disputare le moltituridica del Pontefice in Roma poteva e do- dini lavoratrici al socialismo rivoluzionario, veva essere risoluto senza ritardo, n1ediante assumeva atteggiamenti socialistoidi,efaceva un sistema di compromessi e cli conciliazione uso spesso e volentieri del frasario rivolupiù perfetto di 'quello stabrlito dalla legge •zionario. delle guarentigie, ina non molto diverso. I I conservatori ··- tanto liberali, quanto chttolici intransig~nti e temporalisti sacri- ~attolici _ ne erano scandalizzati e preocficavano a vieti risentimenti e ad un vano cupati. Il Gove!no credè ad un'alleanza fra miraggio gl'inter_essi non solo del trono, socialisti e clericali. E in occasione dei turna anche dell'altare. multi annonari del maggio l 898, sciolse E J;,_ espcrien1.a degli anni riesciva sem- insieme cfrcoli socialis\i e, circoli cattolici; pre )liÙ a vantaggio dei cattolici nazionali. arrestò, processò é condannò, tutti insieme, II Vaticano aveva mal calcolato la vitalità radicali, repubblicani, socialisti e clericali: dei partiti liberali-conservatori e la forza di Filippo Turati, direttore della Critica socia.le,. assalto dei oartiti rivoluzionari. I.a crisi di e- don Davide .A1bertario, direttore dell' Ossmar;·iment~, che avrebbe dovuto condurre seri:a./ore• catto'lico, furono condotti, ammi1.-· la ,borghesia liberale ai piedi del clero, non nettati, neJlo stesso corteo di prigionied, arrivava mai. , per le vie di Milano. Viceversa, la tattiea astensionista dava A questa raffica i socialisti resisteltero risultati del tt1tto contrari a quelli che'. ne vigorosamente. Guidati dalla magnifica esperavano gli assertori di essa: rendeva nergia di Leonida Bisso!ati, fiancheggiati impossibile il formarsi in Italia _G!iun pa:• dai repubblicani, trascinandosi dietro i _ratito legittiinista, analogo a quelli che dclt- dicali aiutati sottomano dai zanardelliani e ziavano la Francia; cioè liquidava nell'jner- dai giolittiani, pararizzafono 1 coll'ostruzio~ zia di cinquant'anni tutti i' fedeli dei regimi nismo, per un anno il lavoro della Camera; preunitari, e consolidava, invece di i nd ebo- sconfissero il Ministero nelle elez.ioni genelirle- le nuove iscituzioni nazionali. rali del giugno 1900; respinsero con ferAnzi l'astensione cattolica facev;c il gioco mezza il contrattacco_ -conservatore che si dei partiti d,;,mc;,cràtici ed '!-J!ticlericali: in scatenò contro di essi in occasione della qtrnnto le forte liberali-monarchiche erano uccisione di re Umberto (luglio 1900); ini- • costrette a cercare nelle correnti democra- flOSero al Governo ';J rispetto del diritto di tiche quegli appoggi, che venivano rifiutati sciopero con lo sciopero génerale di Geno1·a da una parte, così co~picua, delle forze con- (dicembre 1900); fiaccarono definitivamente servaJié;, Quelle stesse frazioni dei parti ti_ • 1 ogni tentativo della destra par amenrare con ·nazionali, che sarebbero state larghissime la formazione del Ministero Zanarde1li-Gi0 di favori al clero, se il Papa non si fosse ac- litti (febbraio 1901) campato ostile al nuovo stato di cose, - si I clericali temporalisti e intransigenti, inastenevano per dispetto e per rappresaglia vece, che si offrivano pronti in ogni conda\ resistere a:lie iniziative dei gruppi anti- gresio a versare il sangue per ]a liiiertà clericali con la dsolutezza di cui sarebbero della: Chiesa e del Sommo Pontefice, si stati capaci, e magar( le secondavano, in • 1 sbandarono iguominiosamente per_ a paura quanto l'anticlericalismo, contrastando !'in- di andare in carcere insieme a don Alberf!uen~a intellettuale, sociale, politica, del tario, e per la preoccupazione·del pericol9 clero, mirava ad annientare un grave peri- socialista, che si rivela\7a più grave di colo per l'unità nazionale. quanto i gesuit( della Civiltà cattolzra non credessero ancora nel 1896. Anche gli eleLa demacraziacristiana. menti più ben pensanti. o meno mal pensanti, ,]ella democrazia cristiitna, per esempio l'on. Meda, si avvidero eh<>non era pruclente scherzare col fuoco, " andnrono a ingros-. sare lA fì 10 cons0rvatrici. Ma finchè visse Leone X'III, le teorie dei cattolici nazionali nnn ebbero fortuna, salvo qualche leggera oscillazione nel_ primo decennio. E la borghesia liberale italiana dovè difendersi sempre su due frontf: contro il clericalismo e contro il raclicalismo e il S<?,· cialismo ad accentuazioni più o meno rivohizionarie. Cominciò a cleterminarsi quel ravvicina, mento fra conservatori-libPrali .e CO>lservatori-cattolici che i cattolici-1rnzionali avevano per· tanto t~mpo predicato invano. La paura del socialismo: invece· di condurre la borghesia liberale ai piedi dei clericali, condusse i clericali a rivedere la loro tattica di intransigenza catastrofica verso la borghesia liberale. Ben diversa fu lj!<reazione psicologica fra i più giovani e i più vivaci fra i democratici cristiani. Questi, capitanati da Romolo Murrt, si staccarono con sdegno·e dispre7zo dai vinti del '98, e si gettarono fra le moltitudini pr9Jetarie - specialmente rurali dell'Italia centrale - a farvi la propaganda delle loro idee, in concorrenza coi socialisti. Messisi così' a contatto con la realtà immediata delle moltitudini lavoratrici, comin- • ciarono a dimenticare anch'essi, come face- •van·o i cattolici-conservatori per pat1ra del socialismo, il potere temporale. Trovandosi inceppati dalla, gerarchia ecclesiastica., nel loro _lavoro di propaganda, si dettero a rivendicare l'autonomia del laicato dal c1ero sul terreno delle lotte politiche. Trionfarono nel Congresso cattolico di Bologna del novembre 1903; e avevano la protezione del cardinale Rampolla e del cardinale Svampa. Ma questa prevaleftza democristiana - che oggi è richiamata dall'on. Murri, per dimostrare come la aconfessionalità del P. P. si .riattacchi a quella prif!'a aurora - fu _di breve durata. La politicadi Pio X. Fra il 1901 e il 1902, conquistato dagli operai con Io sciopero generale di· Genova del dicembre 1900 e col nuovo ministero Giolitti-Zanardelli il diritto di organizzazione, fu per l'Italia un vero ciclone di scioperi e di altre agitazioni. I socialisti riformisti, che facevano capo a Turati e a Bissòlati, e cercavano di moderare la tempesta, ed avevano ottenuto la maggioranza al CongrPsso di -Imola del 1902, furono ben presto sopraffatti dai socialisti rivoluzionari. Nel 1903 p·erclevano I'A1,anli. Nel maggio deJ 1904 erano battuti nel Congresso di Bo~ legna. Nell'at1tunno deJ·1904 uno sçiopero generale a carattere politico e rivoluzionario metteva sossopra tutta l'Italia. Fu una nuova corrente di pà'lico per i clericali a superare i dissidi dei precedenti cinquant'anni. Nello stesso tempo, il movimento modernista - in parte di origine razionalista, col Loisy, in parte di origine mistica, col Tyrrell - minacciava la integrità dei dogmi cattolici. E alcuni democratici-cristiani italiani si facevano propagatori di massime moderniste nel campo religioso oltre che di teorie socialistoidi nel campo sociale. La mancata rivoluzione politica, l'accen- . tuarsi ·del pericolo socialista, il serpeggiare della eresia modernista nelle file democri, stiane, spiegano la 'reazione, che nel primo decennio cli questo secolo si manifesta nel mo{•imento clericale contro la tendenza democratica e il lento, ma continuo abbandono •dell'antic~ temporalismo catastrofico' È questo nuovo orientamento coin_cide, com-e spesso avviene, con un 1nuta1nento di· Papa. Infatti, nell'agosto del 1903, moriva Leone XITT, e gli succedeva Pio X. Questi, covne patriarca di Venezia, aveva fatto una sistematica politica d'intesa fra cleric;;.li e moderati in tutto il Veneto; ~ve·va consentito a incontrarsi più volte col Re Umberto; -reva tollerato fino dal 1896 che il Municipin clerico-moderato di Venezia celebrasse il XX: Settembre. Si disse nel 1903. con rag-ione, che il veto contro Rampolla fosse stato· presentato· nel Conclave da'! Governo austroungarico, d'accord@ col Governo italiano, e che la elezione di Pio X fosse stato un trionfo della Triplice Alleanza nella politiça internazionale, e dell'on. Giolitti nella politic_a interna dell'lts>lia. Per opera del nuovo Papa, i cattolici· conservatori trionfarono ,su tutta la linea: l'organizzazione dei Congressi cattolici, in

18 '"<i cui i democristiani prevalevano, fu sciolta nella primavera del 1904 • la democrazia cristiana fu nel 1905 e ·1906 condannata, scompaginata, soffocata. Quanto al problema rÒman6, Pio X ripetè le tradizionali formule cli protesta. Anzi la rottura delle relazioni diplomatiche fra la Francia e il Vaticano fu determinata, oltre che dai contrasti per la legge di separazione, dal viaggio del Presidente Loubet a Roma, avvenuto in ispregio della opposizione papale. Ma alla ripetizione delle formule e delle riserve temporaliste Pio X non dette più quel significato di attesa-catastrofica, di cui erano state gravi'ai tempi cli Pio IX e cli Leone XIII. Nell'autunno del 1904, proprio all'indomani_ dello sciopero. generale'. gli elettori ~attolici ebbero il permesso d1 partecipare alle elezioni politiche, perchè votassero per i conservatori liberali, caso per caso, secondo il criterio delle autorità ecclesiastiche locali. Nelle elezioni del 1909, le eccezioni furono moltiplicate. Nelle elezioni del l\J13, col famoso • patto Gentiloni », il no11expedit fu, oramai, di fatto, abrogato. Un numero crescente di candidati, esplicitamente clericali, cominciò ad affrontare e superare la prova delle urne, raccogliendo voti liberali, in compenso cli quelli, che in altri collegi i liberali ottenevano dai clericali. L'Italia sembrò avviarsi verso la formazione di una maggioranza parlamentare conservatrice clerico-liberale, nella quale il nucleo dei clericàli puri tendeva ad ingrossarsi continuamente a spese dei liberali. Ma siffatto continuo, per quanto lento, moltiplicarsi di deputati clericali non avveniva senza proteste, spesso rumorose, dei giornali conservatori-liberali. Il parroco del villaggio è lodato come ottimo sacerdote, e riceve laute elemosine per la messa, ed è magari invitato a pranzo alla villa di Donna Paola Travasa, finchè predica la rassegnazione ai contadini e raccomanda nelle elezioni_ il candidato di Donna Paola; diventa un politicante volgare, e non riceve più nè messe nè inviti, dal momento che l?retende pensare colla sua testa nelle elezioni, anche se non è uno di quei demòcristi che « mettono su» i contadini. Così, accettare i voti cattolici per i candidati liberali contro i socialisti, era buona cosa e utile; vedere sparire i candidati propri; e dovere accodarsi ai clericali per paura dei socialisti, ,era imbarazzante .è pericoloso. l liberali avrebbero voluto relegare i clericali nell'ufficio di semplici ausiliari, meno che di alleati. I clericali non si contentavano cli essere alleati, e non appena potevano, la facevano .da padroni. LE CONDIZIONAITTUALI. La crisi della guerra. La guerra e la crisi postbeiìica, ingigantendo la minaccia del socialismo rivoluzionario, ha precipitato il processo che si era andato preparando nei primi quindici anni del secolo. La borghesia liberale, atterrita dai fenomeni di violenza e di rivolta che si generalizzarono non appena ven;ie meno, nel 1919, la compressione del tempo di guerra, rotoìò affannosamente verso l'organizzazione cattolica. Alla sua volta il clero si gn<>rdò bene dal respingere i nuovi venuti con la pregiudiziale temporalistica e antisabauda del 1870-1900; rinunziò finanche ad imporre la pregiudiziale confessionale, con grande scandalo dei tradizionalisti, come l'arcivescovo di Genova, cardinale Baggiani; il partito Cattolico si trasformò in partito Popolare per poter inquadrare anche degli. .. ebrei. Ma tutta la ·,ecchia massa clerico-moderata di Pio X si travasò nel nuovo partito ; e il clero continuò a dargli come base d'operazione la sua organizzazione secolare. Fu un'opera febbrile, affannosa, cli propa- - ganda in tutte le classi sociali e con tutti gli argomenti possibili. Ai contadini si prometteva la terra, e ai proprietari si assicurava la riscossione delle rendite. I liberali potevano vedere nel nuovo partito il difensore di tutte le libertà contro ogni tirannia; e i cattolici potevano aspettare il trionfo di un nuovo ordine intellettuale, morale, sociale, sotto il controllo della Chiesa. La politica neutralista e tedescofila dei giornali quotidiani del trust cattolico e gli sforzi del Rapa per mettere fine alla , inutile strage •, servivano a conciliare le simpatie di chi non aveva voluto la guerra o era stato esasperato dei danni di essa; la partecipazione dell'on. Meda ai ministeri di guerra, e di molti propagandisti e organizzatori /l,lla guerra stessa, aprivano la via alla penetrazione nei gruppi interventisti e intesofili. Si prometteva una nuova politica di pace ai democratici ; e si protestava contro le delusioni dalmatiche e coloniali del Congresso di Versailles, in. compagnia dei nazionalisti. Nella enorme confusione di idee, che ottenebrò lo spirito italiano fra 11 1919 e il LtA. ~IVOùOZIOjllE 111.BE~AùE 1920. e cli cui ·il nostro paese è ancora beu lungi dal1'essere guarito, qu'èsta tattica di prometter tutto a tutti ebbe un successo sqperiore a qualunque aspettativa. Nel 1914, alla vigilia della guerra, le organizzazioni economiçhe catteliche contavano, in tutto, 103.326 aderenti; nel Ì.916, in piena guerra, il numero degli aderenti scendeva a 92.998; nel 1820 gli .organizzati erano 1.180.000, di cui 935.000 agricoltori. E questa massa dava, a un tratto, nelle. elezioni politiche del 1i·19, cento deputati popolari che prendevano il posto di altrettanti deputati della vecchia 01aggioranza liberale. Ed ha conservate le conquiste del 1919 nelle elezioni del maggio del 1921. Tutte queste fqrze sarebbero andate a fit:,jre nel partito socialista, se il partito popolare non le avesse inquadrate. E sotto' questo punto di vista si può affermare che il partito popolare-ha compiuto efficacemente quella .funzione di difesa preventiva delle istituzioni borghesi e moqarchiche, che Pio IX a;.veva assegnato al '-(,ecchio partito clericale. - • Strana difesa in verità: la quale non ha impedito al partito popolare di tenere nel 1919, e cli conservare largamente nel 1920, e .di non condannare mai esplicitamen1e neanche nel 1921. certe pratiche bolscevizzanti anzichenò di parecchi suoi seguaci. E questo spiega perchè molti elementi borghesi, che si erano precipitati a flotti nel partito nel 1919, se ne 'sieno andati via via ritirando nel 1920, dolendosi che gli elementi irrequieti non fossero repressi o respinti, e che la funzione conservatrice del partito 11011 si manifestasse così rapida e intensa come la patfra e l'avidità e i... sacrifici finanziari ed elettorali avevanp ·creduto di poter sperare: motivo per cui moltissimi industriali, e proprietari terrieri, e bottegai, e professionisti, a cui nel 1919 si era rivelata la luce del cristianesimo, hanno accolto con nuovo entusiasmo e nuovi ... sacrifici finanziari ed elettorali fra la fine del 1920 e i primi del 1921, la rivelazione del fascismo. Ma i magnati e le gentildonne e i nuovi ricchi, che nell'estate e nell'autunno del 1919 si afferrarono al nuovo partito come all'àncora del_la salvezza, non commisero nessun errore di calcolo, se non si spaventarono delle attitudini piuttosto incomposte di quell'improvviso pescecane elettorale. Senza voler negare la buona fede cli moltissimi fra i J)ropagandisti minori, e anche maggiori, del partito, è innegabile che nella psicosi postbellica le movenze agitate erano ind:i:;,. spensabili a chi voleva tenersi a contatto con le multitudini esasperate per sottrarle alla c.onquista del bolscevismo vero. Essere • convulsionari- era allora la sola via pratica per evitare le vittorie rivolu:donarie. Fu una specie di vaccinazione antitetanica. Anche molti socialisti riformisti dovettero fare del mimetismo leninista per non rimanere a predicare nel deserto, rifiutati dalle moltitudini. E la borghesia italiana, éedendo al partito popolare cento-posti alla Camera, non pagò a prezzo troppo caro l'opera di conservazione, che il partito popolare fece, con l'impedire che quei cento posti fossero presi dai ri voluzi,rnari veri e propri. ., E via via che si va calmando la tempesta, da cui siamo stati sbalestrati nei sette anni trascorsi, noi vediamo che gli atteggiamenti del partito popolare diventano sempre meno incomposti. Il Congresso popolare di Bologna dell'estate del 1919 fu u·na specie di eruzioBe vulcanica. Il Congresso cli Napoli dell'autunno 1920 ebbe ancora una sinistra bolscevizzante, ma già ridotta alla impotenza dalla ostilità della maggioranza. Il Congresso cli Venezia dell'ottobre passato si è tenuto in condizioni di equilibrio quasi perfetto: le contorsi6ni del dopo guerra immediato sono ormai passate di moda. E' su per giù un processo di assestamento analogo a quello, che assai più lentamente si va maturando l\eL partito socialista, e le cui tappe sono segnate dai Congressi di Bologna 1919, Livorno gennaio 192), Milano ottobre 1921. I Conservatorei democratici. Sarebbe, per altro, grave errore considerare il partito popolare come una semplice continuazione ingrandita del vecchio partito clericale di Pio X. I ]'fon la sola borghesia qpattrinaia, infatti, si è precipitata nel partito popolare, insieme alla vecchia organizzazione clericale dell'anteguerra. Ma vi sono entrati quasi tutti gli antichi democratici-cristiani, che quindici anni or sono erano stati sbanditi da Pio X, o costretti a subire in silenzio la nuova disciplina. Don Sturzo proviene appunto da questa origine. E vi sono accorsi molti giovani intellettuali laici: che dalla crisi della guerra e del dopo guerra erano stati rivoltati contro i partiti cli governo; ma si senti vano offesi o spaventati dal rivoluzionarismo catastrofico predicato dai socialisti; e cercarono nel partito popolare un'attività, che conciliasse la protesta contro il passato, la ripugnanza contro il bolscevismo, e la speranza indistinta 111a vivace, di una nuova vita. Vi sono accorsi anche - perchè n,;i -- n1olti avventurieri, anche 111assoni, che fiutato il vento della vittoria, si crearo·nu a un tratto nel nuovo partito una subitanea fortuna politica. Tutti questi elementi non hanno nessun legarne necessario con laborghesia industriai.e e terriera; e forn1ano ,buona parte dell'ufficialità, che inquadra tutta quella massa anonima del proletariato, specialmente rurale, e della piccola proprietà, e delle/classi medie, che hanno cercato, _fuori dei •partiti borghesi e foori del partito socialista, un terzo partito. Ed ecco delinearsi, nel partito popolare, la lotta fra la tendenza clerico-conservatrice, che continua la poli;tica di Pio X, e la tendenza democratico~cristiana, in cui rivive l'opera violentemente troncata da Pio X nel 190'l. ' I~ tendenza cleuico-conser.vatrice è forte· dei personaggi più annosi e più autorevoli, onusti di titoli, di esperienza e di abilità,; gode le simpatie dell'alto clero, ha l'appoggio dei quotidiani del trust cattolico, i quali non rifiutano --- si dice - neanche i sussidi siderurgici; fa assegnamento sulla maggioranza dei deputati; è invitata continuamente ad andare verso destra dai naziona- • listi, dai fascisti, dagli agrari. I democratici-cristiani non voglionn saperne di alleanze coi partiti conservatori e nazionali.èti; sostengono la necessità o della intransigenza o dell'alleanza coi socialisti; tendono ad occupare nella vita pubblicà italiana il posto che è rimasto vuoto per l'ignominioso tradimento, che deg·li ideali della democrazia hanno compiuto i radicali in questi ultimi vent'anni e che la nuova(?) « cle1nocrazia » - accozzaglia di ·conservatori e di nazion·alisti, paurosi di mostrarsi quali realmente sono - cerca di perpetuare sotto n_µovo nome. In questa sinistra del partito popolare milita non solo la grande maggioranza deg·li organizzatori e degli organizzati nelle leghe e nelle cooperative popolari, ma anche - ed è questo un punto importantissimo - una gran parte del basso ciero. Questo fenomeno del basso clero democratico si era rivelato già lra il 1901 e il 1905; e in questo campo si era più specialmente concentrata la repressione conservatrice di Pio X. Durante la guerra, i sentimenti soffocati nel precedente decennio si sono ria-ccesi nei giovani cappellani, che facevano la vita del campo e della trincea e condividevano il lungo dolore della povera'-gente. Nella crisi monetaria del dopo guerra, il basso clero si è vista ridotta a misura· irrisoria la capacità cli acquisto degli stipe_ncli tradizionali annessi ai benefici ecclesiastici, è precipitato in una vita di ristrettezz~ penosissime; ed in quanto è costretto oramai a vivere prevalentemente d"elle offerte dei fedeli, si è sottratto alla dominazione economica e disciplinare dei vescovi dispensatori di benefizi e di stipendi. I democraticicristiani, rifiùtando scrupolosamente ogni scoria modernista, che possa tu_rbare la compattezza dogmatica della Chiesa; sen: tono di avere nel basso clero un alleato sicuro ed una rete efficacissima per la organizzazione e_-la propaganda. Mentre i clericali conservatori godono dell'appoggio del Cardinale Gasparri, Segretario f cli Stato di Benedetto XV, i democratici-cristiani si prevalevano - stando alle loro affermazioni - deUa tacita simpatia di Benedetto XV in persona. Benedetto XV fu, quando era· semplice Monsignor Della Chiesa, uno dei fedeli del Cardinal Rampolla, che i democratici-cristjani ricordano con venerazione, insieme al Cardinale Svampa, come patrono ufficioso del loro primo movimento. Durante il p'bntificato cli Pio X, Mo~gnor Della Chiesa fu relegato nella diocesi di Bologna: e qui oppose una tenace wsistenza passiva a tutti gli sforzi, che i liberali conservatori facevano per trascinarlo contro il movimento socialista ad una politica di collaborazione analoga a quella, che grazie al Cardinal Sarto (Pio X) aveva assicurato nel Veneto, dnrante il precederite decennio, il dominio ai moderati. Salito al trono pontificio, Benedetto XV conti·nuò la politica elettorale della diocesi di Bolognà: che consisteva nel non fare nessuna politica elettorale: lasciò che agi'ssero nel movimento cattolico le forze spontanee, senza nessuna preferenza nè per le conservatrici nè per le d;,mocratiche; e con questa astensione, lasciò campo libero in Italia alle forze dembcratiche, dichia-rnndo che il Partito Popolarn agiva sotto la propria esclusiva responsabilità, all'infuori di qualunque controllo delle autorità ecclesiastiche. Nel Congresso di Napoli del 1920 il contrasto fra conservatori e democratici sembrò minacciare l'unità del Partito. Nel Congresso di Venezia essa è sembrata quasi svanita, perchè i conservatori, sentendosi \n grande minoranza, non hanno osato dar battaglia. Ma sul tema della tattica parlamentare i due indirizzi nòn hanno potuto non venire a contrasto. Alla fine la proposta di r consentire le alleanze anche coi partiti cli destra, e quella cli escluderne proprio i partiti di destra, si conciliarono in un compromesso, che dava prefereg-za alt' indirizzo democratico, senza escludete qualche giro di valzer con la destra conservatrice. Ma un incidente caratterist~, sulla fine ciel Congresso, rivelò che c1è nel blocco una incrinatura -più profonda che dai più non si creda; un gruppo conservatore anonimo, .per protestare contro l'ammissione cli alcuni antichi democratici-cristiani del 1903 nel Consiglio Kazionale del Partito, tentò di far votare una lista propria in contrasto con quella concordata ufficialmente nelle trattative preparatorie, da tutt~ le frazioni. Contro i promotori di questo oscura scaramuccia elettorale, la grande maggioranza del Congresso si rivoltò, e don Sturzo non dovè penare molto a sventare la ·manovra; ma l'incidente rimane come indice di una antitesi, che continuerà ad affaticare·; con maggior o minore violenza e chiarèzza, secondo le circostanze, la vita del Partito: perchè nasce dalla natura eterogenea degli elementi sociali, che convergono ad alimentare il movimento. Fra conservatorie socialisti. E già nel gennaio passato (1922) una campagna sistematica contro le deviazioni troppo popolari e non abbastanza cattoliche del Partito di don Sturzo cominciava ad essere _sferrata nella stampa cattolica più conservatrice. Aprì il fuoco l'Osservatore Romano, rimpiangendo i bei tempi, quando « l'azione cattolica teneva davvero il primo posto e imperniava in sè tutte indistintamente le energie nostre,, mentre o,ggi « l'azione schiettamebte e apertamente cattolica è meno sentita da uomini politici, da organizzatori e da scrittori». Continuò il Cittadino di Brescia invocando che si riprendesse la « gloriosa tradizione», quando al dire del!' Osservatore Romano l'azione cattolica era « base, luce, anima vivificatrice, forza di c9orcliname:1to,punto di partenza> dei cattolici organizzati; e attaccava esplicitamente il Partito Popolare e la organizzazione economica dipendente dal Partito , Popolare, perchè mettono in primo posto non l'azione cattolica, ma la politica e una « politica anche la meno soda». Accorse ai rincalzi il clerico-fascista Avvenire d'Italia di Bologna, analizzando il pericolo che certi « mastodontici organismi », cioè le organizzazioni del Partito Popolare, si trovassero senz,c • quella forza vivìficatrice che è solo rappresentata dall'azione cattolica•,_ Era arrivata stil terreno a far coro per le « gloriose tradizioni » cli Pio X, anche la Unità Cattolica di Firenze. Quando la improvvisa morte cli Benedetto XV interruppe la campagna, -che era evidentemente il risultato di una parol_a d'ordine venuta dagli ambienti più conservatori del Vaticano non certo favorevoli all'opera di don Sturzo. Don Sturzo ha risposto a questi, assalti, riaffermando nettamente il carattere non rigidamente confessionale e niente affatto conservatore del Partito Popolare. "";-che il nostro Partito - ha dichiarato a un corrispondente dell' Echo de Paris del 22 febbraio 1922 - éhe il nostro Partito sia animato da uno spirito di buona volontà, di carità, di p1ce, di fratellanza cristiana, è certo; ma che sia partito religioso, confessionale, è falso. Nella nostra organizzazione quasi tutti sono cattolici : ma il nostro partito 11011 è un partito catto'lìco. Noi siamo dei cittadini !iberi che lavoriamo su basi determinate: politiche, democr~tiche, economiche, sociali, per l'organizzazione dél paese; riconosciamo, tuttavia, che in Italia, per assicurare lo sviluppo pacifico ~e! nostro genio tradizionale, bisogna assicurare alla Chiesa la completa libertà nell'adempimento della sua divina missione. Voi non ignorate, d'altronde, che non mancano cattolici che hanno conservato un atteggiamento mollo diverso dal nostro e interamenteconservatore... In fondo, la tattica cli don Sturzo dovrebbe essere approvata con entusiasmo proprio dai cattolici più schizz1nosi; il Partito Po_... polare, operancl}' sottò la pr.opria respo~abilità, senza coinvolgere ne~ sue lotte la gerarchia ecclesiastica, rifiutando il carat- • tere confessionale, assume su cli sè tutti i pesi della battaglia e tutti i pericoli delle sconfitte; n;ia qualche conquista via via, è tanto cli conquistato per l'influenza cattolica: il Papa mieterà, a suo tempo e senza rischio, quel che don 'Sturzo avrà seminato e sarà riuscito a portare a maturità, Ove troverebbe la Chiesa una situazione migliore di questa? Ma i cattolici-conservatori rinfacciano al Partito Popolare di non essere abbastanza cattolico, poichè non osano rimproverargli cli non essere abbastanza conservatore. Peccato che don Sturzo non sia un poco modernista! Sarebbe così facile, allora, sbarazzarsene! Quando si vuole ammazzare un cane, si dice che è arrabbiato. Per abbattere don Sturzo, bisogna dire che non è cattolico abbastanza. S'intende che in perfetto collegamento coi conservatori-cattolici agiranno sempre i

b conser\'atori fascisti, nazionalisti liberali agrari <e... democratici. Per co~toro do~ Sturzo è diveriì:ato una specie di bestia nera, specialméntc, dopo che ha osato, nella crisi ministeriale ùel febbraio, mostrare di possedere una volontà inflessibile, ed ha imposto quella sua volontà a11che a\l'on. Giolitti. La borghesia iraliana credeva di farne H suo cappellano; e si è avvist:1 ct'é~vere un padrone. Pei conservatori-cattolici e per co11servatori-liberali democratici, l'ideale sarel.Jbe che il nuovo Papa, Pio Xf, ritornasse alla politica del suo omonimo. abbandonando la tattica del predece_ssore im'inediato. Papa Ratti, se obbligasse don Sturzo ad abbandonare la Segreteria del Partito Popolare, e mettesse l'azione elettorale e politica delle organizzazioni popolari sotto il controllo dei vescovi, e scoi1fessasse l'on. Miglioli, diventerebbe subito un gran Papa per gli agrari lombardi e toscani, e per tutti i candidati del liberalismo, che non è liberalismo, di destra, e della democrazia, che non è democrazia, cli sinistra. Ma sembra assai difficile che Pio XI voglia tentare oggi, contro il Partito Popolare cli don St,urzo, una nuova edizione della spietata operazione _chirurgica compiuta da Pio X, fra il 1904 è il 1906, contro la democrazia cristiana cli Romolo Murri. Ai ~mpi di Pio X, non era scesa ancora in campo una massa di più che un milione di org;1nizzati, in maggioranza piccoli proprietari di campagna, fittabili, contadini. Un orientamento del Partito Popolare verso la destra fasèista, nazionalista, agraria getterebbe lo sfacelo in queste moltitudini. I socialisti mieterebbero dove i popofari hanno seminato. ' Assai probabilmente, quindi, ilnuovo Papa· non modificherà la politica cli Benedetto XV. Cercherà tutt'al più di accentuare quella evoluzione verso forme più composte cli azione economica e politica, cli cui già si sono manifestati larghi e molteplici sintomi, non appena ha cominciato a raffreddarsi la scalmana del 1919. E i'l Partito Popolare continuerà a raccogliere, come fa il•Partito del centro in Germania, correnti borghesi L' agri coltura Il. Dal 1780 all'epoca dell.'..inc.hiestaagraria. 1. - Sulle condizioni dell'agricoltura in Piemonte alla metà del secolo XVIII ampiamente fu scritto,· ed il risultato delle indagini fatte e riesumate per quel!' epoca costituisce un ottimo 1punto di partenza per lo studio di epoche successive. Tuttavia, per queste, molti eiementi, sopratutto statistici, mancano o sono difettosi; dimodochè gli studi relativi, per quanto diligèn.- temente condotti, non potrebbero essere esaurienti se non per qualche località. Con tutto dò si può ritenerè che i dati di cui disponiamo ci consentono di farci un'idea abbastanza .chiara dello ·svolgimento dell'agricoltura piemontese durante il periodo indicato, a11neno nelle sue n1assin1e linee. E' noto che intorno al 1750 l'agricoltura nei varii paesi si trovava in condizioni non molto progredì te rispetto a quelle di parecchi secoli innanzi. Gli strumenti erano rudimentali, mille prPgiudizi, le traccie dei quali sono tutt'ora numerose, erano le sole regole che presiedevano allè . colture; le scarse comupicazioni non potevano lasciar luogo ad ·un commercio molto attivo e qtiindi l'agricoltura, volta esclusivamente a soddisfare le esigenze del consumo familiare e locale, non poteva inrlirizzarsi a nessuna ben netta specializzazione. Solo nella viticoltura un certo progresso era avvenuto; e, nella zootecnica, solo l'allevamento dei cavalli, per le necessità b,eìliche, era molto curato. Assai misere erano in generale le condizioni della popolazione rurale. Venendo in particolare ad esaminare lo stato clell'agrrcoltura piemontese troviamo che la proclè,ttività media delle terre adibite alla cultura dei cereali è piuttosto bassa, raggiungendo soltanto nei luoghi più favoriti. il sestuplo della semente, ma rimanendo àbitualmente ad un livello assai inferiore; che la viticoltura, notevolmente estesa anche in pianura nella forma di atteni, era_ ancora, nel suo complesso, in uno stadio piuttosto empirico, lontana dalla perfezione mirabile raggiunta nel secolo successivo; che la c4ltura dei prati non si presentava neppure essa molto più progredita delle a),tre culture, salvo nei luoghi favoriti dall'\rrigazi9lil.l., specialmente nel territorio fra Torino e Cuneo; che l'allevamento del bestiame, non sujlìcientemente proporzionato alle ,necessità della coltivazione, e soggetto all'influenza della guerra, e di frequenti epizoozie, era principalmente LIA ,RIVOùUZIONE ùLBERHùE e correnti proletarie, dando la prevalenza ora all'una o all'altra corrente, secondo le diverse regioni e secondo le circostanw di1·erse. Certo, un grande aiuto alle correnti borghesi e conservatrici nel Partito Popolare lo dà la tattica del Partito ~ocilista. La intransigenza, infatti, che i socialisti hanno prima praticato di fronte a lutti i parliti, - aggravata nei rapporti col J. artito Popolare dalla tradi'zione anticlericale del socialismo e dalla concorrenza che i due partiti si fanno nelle organizzazioni economiche - questa intransigenza paralizza tutti i tentati vi, che fanno i democristiani per portare il Partito Popolare verso sinistra. Nelle discussioni coi democristiani sulla tattica, i conservatori del Partito Popolare portano in dote le offerte di alleanze, che agrari, liberali, nazionalisti, fascisti ripetono ad ogni circostanza: non appena si costituisse una alleanza fra popolari e destra parlamentare con l'adesione, che non mancherebbe, cli tutti i numerosissimi avventurieri della sinistra cosicletta democratica, si costituirebbe nella Camera e nel paese una situazione conservatrice solidissima, in cui/i Popolari avrebbero una posizione predominante e detterebbero la legge. Invece i democristiani non possono presentare verun programma concreto di azione immediata: il rifiuto di alleanza dei socialisti li mette fuori della realtà. Chissà che il problema non sia risoluto, alla fine dai fascisti: i quali sembrano essersi proposto lo scopo di costringere i ,socialisti ad abbandonare la intransigenza rivoluzionaria, e ad allearsi coi popolari, e ad andare al governo, per forza an zichè per amore, a furia di bastonate e di rnvolverate. Questo, ad ogni modo, sembra sicuro : che il contrasto fra elementi conservatori ed elementi democratici i1el Partito Popolare merita di essere seguito con grande attenzione. L'abitudine cli mettere insieme, come scherani della borghesia, gli aderenti al Partito Popolare, è '-una. s"opravvivenza di situazioni e di idee, che non hanno più veruna rispondenza esatta nella realtà attuale. G. SALVHMINI. Piemon te~;e. basato sul pascolo e sull'alimentazione con foraggi inferiori. A questo punto giova ricordare che allora era diffusissima l' idea dell,,i necessità di conservare ,accanto ai terreni coltivi in ogni territorio una conveniente estensione cli terre lasciate a gerbido per il vago pascolo. Era quindi grande la superficie non sottoposta a cultura. Tenendo conto di tutte queste circostanze sapremo meglio valutare l'asserzione del Baretti che affermava non esservi in Europa tranne in qualcuna delle migliori prov'incie 'Inglesi, terre più fertili e meglio coltivate delle Piemontesi. Diremo cioè che, date le condizioni in cui si trovava l'agricoltura in Europà, il Piemonte pur- nelle sue;, forme arretrate di èoltiVazione, si trovava tra i primi paesi. Si sa, del resto che < l'irrigazione del territorio era in ogni sua parte assai estesa, e, fatta la ragione dei tempi, appariva tra le più perfezionate del continente» (Prato) E poi afferma il Balbo che le terre del Piemonte non erano così fertili come si veniva dicendo, e che l'altezza del quantitativo di fn\tti ottenuti si doveva al notevole impiego di capitali, alla buoila qualità di stnimenti che si usavano, alle buone attitudini del bestiame al lavoro, se non ad altri prodotti, al conveniente frazionamento delle proprietà a seconda delle necessità delle culture, non essere quincli impiegati il maggior prodotto e le migliori condizioni della nostra agricoltura. La pi,çcola proprietà allora già largamente diff,1sa, la pratica generale della mezzadria tradizionalmente conservata nella maggior parte del(e antiche provincie, la non grave pressione tributaria e degli oneri ecclesiastici e feudali concorrevano a far sì che :1 tenor medio di esistenza dei contadini piemontesi non era, rispetto ai generi cli ,Prima necessità, di molto inferiore all'attuale, -e in generale poteva considerarsi se non agiato, almeno assai diverso dal grad'b di miseria che alcuni autori si compiaèquero di descrivere. Ma nella seconda metà del secolo X VIII una grande trasforn1azione 1 che troviarno già iniziata nel 1750, doveva aver luogo nei sistemi di coltivazione in Piemonte. «L'ascendere continuo dei prezzi dei principali prodotti dovuti non meno al moltiplicarsi _della popolazione' che a cause monetarie generali, unitamente agli innegabili progressi realizzati dall'industria agraria, erano a poco a poco venuti elevando la rendita media dei fondi, che, mantenendo a base di calcolo la metà del valore dei prodotti, ammontava ora a lire italiane 17,58 per giornata di terreno, se allodiale, 12,48 se ecclesiastico, 9,79 se feudale" (Prato) mentre agli inizii del secolo ammontava a 10,05 per i terreni allodiali e 8,48 per i feudali. Ora l'aumentato rendimento delle intraprese agrarie ùa un lato e il ribassato saggiodeU' interesse medio nel paese dal l'altro, affrettarono « la formazione di una numerosa classe di speculatori intermedi, forniti di sufficienti capitali e disposti a farsi attivi strumenti di una totale rivoluzione nei metodi dell'agricoltura tradizionale assumendone a gara l'iniziativa ed i rischi• (Prato). In queste condizioni e circostanze, la vecchia aristocrazia piemontese già usa a vi vere molto in contatto dei coltivatori delle sue terre, ai quali si associava con sistemi fondati sulla mezzadria, attratta dalla aspettativa di cariche ed onori nella capitale, alla Corte del nuovo Re Vittorio Amedeo III, e spinta dall'esempio della fastosa aristocrazia lombarda proprietaria delle terre recentemente aggregate allo Stato, nella parte orientale del regno, "'che lasciava in affitto per vistosi canoni fissi a conduttori imprenditori, si lasciò in breve trarre a forme di conduzione men◊ patriarcale ma molto più proficue: all'affi.ttamento delle terre. < S'infrange da allora irrimediabilmente la stabilità di equilibrio sociale che le vecchie forme di ripartizione a'Ssicuravano. La concorrenza accanita dei conduttori di fondi spinge ben presto la rendita al suo estremo limite commerciale, ma si ripercuote inesorabilmente sulle sorti dei coltivatori spogliati a poco a· poco dei contratti di partecipanza e trasformati in salariati, le cui mercedi nominali duramente risentono l'influenza del progressivo rincaro dei prodottj >> (Prato). I Il movimento indicato non era una particolare manifestazione della regione subalpina, ne troviamo di analoghe in altre regioni italiane e in gran parte dei paesi di Europa; ciascuno adattato alle forme dell'ambiente in cui avviene, e tutti rispondono a quel vento di innovazione e di riforma che in ogni aspetto dell'attività umana spira durante il secolo XVIII. Il sistema degli affittamenti, interessando potentemente il c6nduttore a trarre il massimo utile dall'impresa agricola, rese dure le condizioni della popolazione rurale trasformando i mezzacli:i in salariati, sfruttando più profondamente la mano d'opera impiegata, passando dal salario in natura al salario in denaro, dati i prezzi sempre crescenti dei prodotti, distruggendo le piccole proprietà di quei coloni che •sperarono di reggere alle nuove condizioni e furono poi costretti a vendere i loro terreni per disfarsi dei debiti contratti a causa delle onerose itnposizioni. Tutto ciò diede luogo alla formazione di una classe di avventizi sempre più numerosa e sempre più misera iJ cui flutto anelò in gran parte riversandosi nelle città a costituire spesso un ceto di mendicanti e di infirna plebe. Della realtà cli così tristi conseguenze sociali del nuovo sistema non c'è da dubitare. Ed esse furono fatte preser\,ti al re in" una lamentazione popolana anonima che reca l'indirizzo del 22 dicembre 1792. Ne conseguì un'inchiesta ufficiale nelle varie provincie, da cui uscì precisata l' importanza del fenomeno, e in cui i vari funzionari fra le altre, raccolsero l' accusa di perniciosi effetti che esso avrebbe eserc,itati sull'agricoltura. In realtà il sistema degli affitti, ormai, salvo che in collina, generalmente estes9, assun1eva, non di rado, la \forn1a di uiì'intermecliazione parassitaria eseguita da speculatori- che pagavano un canone fisso ai prnprietari e poi subaffittavano il terreno in piccoli lotti ai contadini a prezzi tirannici senza preoccuparsi della coltivazione. Ma più spesso i 'conduttori si oçcu''pavano direttamente della coltivazione dei fondi e si può ritenere che, intelligenti e forniti di capitali, non fossero restii.alle utili innovazioni. Basterà notare che dal 1752 al 1792 la produzione del grano aumentò nella proporzione di 1 a 1 1/, e la produzione agraria ,complessiva in quella di 1 a 13/,; il che è rilevante in un « paese da tanti secoli notissimo per buone pratiche dì coltura, e per numerosa popolazione>. Quanto alla crisi del bestiame che allora imperversava e cli cui si a_ccusava pure gli imprenditori agrari, che avrebbero fatta scomparire per i coltivatori la convenienza all'allevamento con tr.oppo onerose•imposizioni sul godimento dei prati, c'è eia notare che, pur prescindendo dal maggiore consumo di foraggi che· avrebbero fatto i più numerosi cavalli di lusso della nobiltà ormai definitivamente inurbata, non tale del resto, io credo, da determinare effetti così gravi quali sono quelli ad esso attribuiti da numerosi ,scrittori e funzionari contep1poranei, alcune importanti circost'.'lnze erano sopravvenute; grande dissodaménto di terreni, il che, se ricordiamo quanto_ il pascolo in ogni località contribuisse all'alimentazione del bestiame, .deve avere mo19 mentaneamente, nel passaggio a pit razionali forme di sfruttamento, contribuito alla crisi, il consumo notevolmente aumentato di carne bovina in quest'epoca, l'epizoozia che scoppia e si diffonde a partire dal 1792. Che d'altra parte questi a_nni segnassero il periodo di un forte risveglio agricolo basterebbe a dimostrarlo la larga fioritura di memorie accademiche e cli trattati sul1 'agricoltura e l?<traduzione di trattati esteri, che negli anni medesimi si ebbe, e non si può certo credere che nessuna favorevole eco dovesse questo fatto avere nelle campagne, pur senza ritenere che i consigli degli studiosi avessero largo seguito. Nota infatti il Giobert, oltre il già Citato abbandono della pratica dei riposi, il progresso nella coltura. dei foraggi e quello grandissimo nella viticoltura, con rinnovamento del vecchi vitigni ,e introduzione, per innesto, di vitigni nuovi e pregiati. Del resto il risveglio è potente in gran parte di Europa e il Piemonte non fa che partecipare ad un fenomeno che è generale. Siamo all'epoca in cui il nome Bakewell è già. di ventato illustre per i miglioramenti operati nei suoi greggi mediante la selezione; Colling inizia il miglioram·ento delle razze bovine inglesi, e Daubenton e Turgot promuovono l'introduzione di merinos dalla Spagna ed il perfezionamento delle razze francesi che doveva essere completo mezzo secolo dopo, mentre il g_rande Lavoisier pone· le basi dello studio scientifico dell'agricoltura. Ritornando al nostro tema degli affittamenti diremo che il Governo, raccolte le lagnanze delle popolazioni, dopo l'ordinata inchiesta, colpì dapprima con speciale imposta le locazioni (ciò tuttavia, quasi esclusivamente in vista di scopi fiscali obbedendo alle necessità delle finanze ormai stremate della guerra) e poi, dato il grave periodo cbe il paese attraversava, e per assicurarsi açl ogni costo la fedeltà dei contadini, con editto 19 luglio 1797 pose limitaziopi e modalità restrittive ai contratti d'affitto stabilendo non poter essi per ogni imprendi• tore eccedere la somma di L. 5000 e di L. 10000 per i terreni coltivati a riso. < L'invàsione stranieta, che pochi mesi dopo venne a privare il Piemonte della sua vita autonoma, ci toglie di constatare quali siano stati gli effetti pratici dell'editto, e fino a qual punto esso abbia avuto effettiva esecuzione. • Durante questo travagliato periodo d'altronde l'instabilità degli ordinamenti pubblici, le continue minaccie alla proprietà ed allà sicurezza dei raccolti, le requisizioni, le carestie, gli aumenti di mercedi allontanarono dalla speculazione coloro che erano soliti a concorrere agli affittamenti, e pe_r tal modo quasi tutti i proprietari, comprese le maggiori opere pie che erano state le prime a locare i loro stabili, dovettero acconciarsi nuovamente alla coltivazione diretta od ali~ mezzadria» (Prato). 2. - Il quinquennio 1797-1801 fu un periodo tristissimo per l'agricoltura piemontese. L'irruzione francese, la successiva invasione austro-russa, la nuova calata dei francesi, tutte accompagnate da movimenti sovversivi di borghesia giacobina, e reazioni delle popolazioni rurali fedeli alla \l_ecchia monarchia, le sommosse delle plebi esacerbate dalla miseria e dalla fame devono aver avuto una rovinosa ripercussione sull'agricoltura. « Tutti saccheggiavano, rubavano, imponevano col1tribuzioni, consumavano le risorse del paese» (Segre). A tutto ciò, alla fame che facevà vittime nelle terre più povere, si ag·giunga la recrudescenza della epizoozia dopo l'invasione aùstro-russa, che faceva larga distruzio1te di bovini. , « La pace cli Lunéville mise termine a questo stato di cose e per circa tredici anni il Piemonte goçlette cl'un'amministrazione regolare» (Segre). Le vie di comunicazione del Moncenisio, del Monginevro, del Colle cli Tenda tra la Francia ed il Piemonte, favorirono la circolazione dei prodot.ti, e si può ritenere che i nuovi sbocchi agevolassero il progresso dell'agricoltura dandole modo cli i;imarginare le piaghe recenti, sebbene l'epidemia infuriasse sui bachi da seta e la già avviata distruzione del patrimonio forestale ricevesse nuovi e più forti impulsi sotto la dominazione francese. B. ~ Scarsi dati abbiamo intorno all'agricoltura piemontese durante i regni di Vittorio Emanuele I e di Carlo Felice. Certo è che la pazza politica commerciale dei primi anni del restituito regno, e lo zelo. reazionario degli ultra, i quali, qui come in Francia, soffocavano ogni buona disposizione del Re, contribuendo a richiamare in vigore istituzioni ormai sorpassate ed impedirne il sorgere di nuove più rispondenti ai nuovi bisogni, non devono essere state molto propizi) al progresso del\' agricoltura subalpina. Basti ricordare, pei primi tempi, il divieto cli circolazione dei prodotti agricoli fra il Piemonte e la Savoia, e il'man-

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