RE NUDO - Anno XI - n. 89 - agosto 1980
RE NUD0/15 James Chance: NO WAVEE STAR- SYSTEM. L o avevamo capito tutti, appena messo sul piatto il No New York, che quel giovane, scontroso James Chance avrebbe fatto della strada. Perché, se la base ritmica dei Contortions poteva bastare per facili sconvolgimenti, l'ingresso del sassofono aggressivo e perentorio non lasciava dubbi: la figure dominante (del gruppo, dell'album, della neonata no wave) era lui, il cantante-fiatista dal volto di ragazzino cattivo. E ci siamo dovuti abituare presto al Mick Jagger / Ar– chie Shepp/ Johnny Rotten con tratti isteroidi; sarà la tranquilla sicurezza che ha mostrato gettandosi sulla scena di un rock straaffollato, sarà la consumata tec– nica strumentale, o forse l'esuberanza delle idee. Sta di fatto che James Chance è ormai uno di quei personaggi di cui non possiamo più fare a meno. Nel bene e nel male. Contort youself! J ames Siegfried nasce nei sob– borghi di Milwaukee, intorno al I954, da rispettabile fami– glia borghe e. Starà ai diligenti bio– grafi degli anni a venire, stabilire quanto del ·uo sadomasochi mo mu icale sia da attribuirsi alle suore (!) che in giovane età gli impartirono le prime lezioni di piano. I nashe di leggenda che lui con– cede di raccontarci ce lo mostrano, studente qua i modello, scoprire a 19 anni il sa afono e i mondi di Charlie Parker e Alberi Ayler; cercare di impadronirsi del ja1.z in con ervato– rio; emigrare a ew York alla ricerca di fanta mi free; rimanere deluso da quanto era rimasto dalla gloriosa new 1hi11g dei '60; infine, lanciarsi a corpo morto nel rock della new wa– ve: è il 1977. ascono i Teenage Je u & The Jerks: James al ax, Lydia Lunch alla chitarra Gordon Steven on al basso e Bradly Field alla batteria. Diven– tano subito star in locali come il CBGB'S, ma presto si sciolgono: due personalità come James e Lydia non sono fatte per la tranquilla convi– venza. Con l'autunno del '77 siamo già ai Contortion prima versione: chitar– ra, slide guitar, organo, ba o, batte– ria e naturalmente James, ora ribat– tezzato Chance, a condurre con ma– no di ferro. Nei due anni successivi le forma-.tioni cambieranno con ritmo vertiginoso, ma inalterata rimarrà la struttura del gruppo. Arriva, pochi mesi dopo, anche la consacrazione, ad opera del solito Brian Eno, che, producendo No New York, porta da– vanti agli occhi del mondo quella che ormai è la no wave. Supernuo dire che a Chance i panru di uomo-nowavevannostret– ti. Ecco che si dichiara pubblica– mente annoiato del rock, si innamora della disco-music ("è molto più afri– cana del jazz"), e ne fornisce la sua personale versione con James White and The Blocks. Ben presto anche questo diventa gruppo di punta, ed attrae nella sua orbita personalità come il trombonista Joseph Bowie (fratello del Lester dell'Art Ensem– ble) e il sassofonista Henry Thread- gill. Ormai l'ex James Siegfried, por– tando avanti contemporaneamente i due gruppi, si è imposto come ultima versione della rock-star, una rock star in panni tutti negativi e scostanti. Si presenta in scena vestito di smo– king e farfallino, aggredisce gli spet– tatori, i circonda di ballerine per improbabili dance revival. Ma at– tenzione: sotto la maschera c'è un musici ta che, come lo Zappa dei tempi migliori. scrive le partiture n ta u nota e le impone integral– mente ai suoi mu icisti; e .ino show– man che programma le performan– ces con cura maniacale. James Chance è sempre perfettamente consapevole dei suoi mezzi e dei suoi fini: questo è un dato da non di– menticare mai. Estetica della dissonanza e hi ascolti i Contortions non può non parlare di angoscia. Sono i suoni cechi e violenti, è l'estraneità della voce, è l'ostilità malcelata di tutto l'insieme. Ma quello che rende angoscianti (e an– gosciati) que to e tutti gli altri gruppi della no wavc è l'uso delle dissonan– ze. Certo, il free ci aveva abituati a dissonare con larghezza senza paura, con vitali mo incrollabile (non è ca– suale che Chance l'abbia tanto stu– diato in gioventù). E Cage avverte ormai da quarant'anni che il nostro amato istema tonale non è che un caso particolare in un universo di suoni refrattari alla gerarchia. Ma guardiamo meglio i loro suoni: non c'è angoscia in Coltrane o Coleman, nonc'è estraniamento in Cage. Ce n'è nei Coniortions, e non tanto per il assofono che ben ricor– da l'Archie Shepp di quindici anni fa: è che la dissonanza non è asso– luta, non è dato stabilito una volta per tutte: è dato relativo. Ed espri– me ango eia solo quando è inserita dove non dovrebbe essere (I). Nella musica dei Contortions è stravolto l'universo gerarchico del rock, i suoni dissonanti non sono orna- mento per a soli, ma i infiltrano nelle trutture portanti: da qùi l'in– quietudine, il enso di estraniamen– to per orecchie acclimatate da anni di tacito beatlesiani mo. La disso– nanza rock & roll stride nelle strut– ture. Questa è forse la prima volta che un attacco tanto deciso viene portato ai canoni che regolano l'a– scolto di una musica che, dopo tutto, ha continuato a ritener i ed essere ritenuta mu ica di con umo (2). Chance, dalla parte sua, va anche oltre, arriva al punto di cantare, con precisione chirurgica, fuori tempo, trasgressore di una legge rispettata dai fuorilegge più feroci. (I) Questo aveva realizzato il primo Schoenberg. Più tardi Penderecki; nella Threnody.farà il contrario, in– serendo pochi suoni tonali in un in– sieme atonale. (2) Po1remmo fare eccezioni per Frank Zappa, che però ha usato le destru11urazioni con intenti pura– mente dissacra/ori. Forse il vero caso anomalo del rock è Capt. Beefheart, rimasto comunque profeta inascolta– to. J ames scrive canzoni con la loro cansione-come-si-deve, ma nel cantarle le separa dalla base ritmica (almeno in No New York, mentre in Buyc'è già più ortodossia). Anche qui crollano tut– te le previsioni subliminali, e di conseguenza quello che poteva es– sere il piacere sottofondistico di un Rock & roll riverniciato ma sempre uguale a se stesso. Oh s1·,la sa lunga il nostro Chan– ce, su come spremere la propria alienazione, e istruisce il suo gruppo con con cguente mae tria. Ed è fa– cile, anche e non proprio imme– diato, scoprire la strutturazione precisa dell'apparente caos rumori– tico. a1uralmen1c, tra con onanza e dissonanza si crea una contraddi– zione, come pure tra ritmo e non– ritmo. E non basta: l'ostinazione della ezione ritmica, per esempio, crea una splendida contraddizione con la libertà dei solisti. Proprio questa è la forza mu icale dei Con– tortions: essere, fino in fondo, una somma di contraddizioni. (Più o meno lo tes o discorso va– le per James White & The Blacks, arricchito appena da richiami alla ritmica nera, e soprattutto dal passo avanti verso lo pettacolare. Il gruppo nofimky è il prolungamento dell'anima di cntertainer perverso di James, che qui sostituisce all'ag– gres ione anche fisica dei suoi primi stage-show una maggior blandizie, estendendo ai comprimari quella programmazione degli effetti che è sua caratteristica costante. Ma non è difficile riscoprire sotto mentite paglie tutta la logica Contortions). Palingenesi della rock-star D 1c1amo che James Chance non è comunicativo. O me– glio, che comunica come po– chi altri la sua non-comunicazione. li temperamento, del resto, è pale– semente narcisista, l'ego è dilatato qu.,nt'è possibile ("Composed, pro– duced, arranged and mixed by Ja– mes White", specifica la copertina del Buy Contortions). E' logico che sia. la sua, personalità adattissima a rapprc entare la generazione per– duta della cw York contempora– nea: il nostro Jame è. in fondo. l'uomo giu to al po to giu to. Dopo le orge di comunicativa ad ogni costo (prima floreale, come voleva la Woodstock Generation. poi malvagia, secondo il vangelo punk) la cena era pronta per un·inversione di tendenza, in dire– zioni più scabrose e meno gratifi– canti: lo dimostrava il successo, più che musicale "di tendenza", degli stc si Devo. E' arrivato, nelle sue varie incarnazioni. James Siegfricd. e non ha fatto fatica a diventare l'uomo del momento, senza far nul– la per apparire il alvatore del rock. anzi accentuando la comodità della ua figura: ama i soldi più della musica, la mu ica più del pubblico ecc. Anche qui. però, si crea il per o– naggio, il musici 1a tutto negatività. E', in ultima analisi, il maledetto mito della rock- tar. Con tutto il suo genio indubitabile, con tutta la sua ostilità genuina, James Chance è anche il miglior manipolatore e propagandi ta di e ste so, forma estrema di divo solo apparente– mente capov Ila. Si torna, per forza, all'a sunto iniziale: il musici ta Chance, il pcr– formcr White. conoscono molto be– ne modi e tempi per raggiungere i propri obiettivi. L·uomo White è (forse: la verità non la sapremo mai) vittima di un se stesso troppo esi– gente. Ben venga, dunque, il ass - fono al vetriolo: ma quanto alla rock-star no, speriamo di chiudere definitivamente il capitolo. Paolo Bertrando
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