RE NUDO - Anno XI - n. 87 - maggio 1980

RE NUD0/2 lettere lettere - lettere - lettere - lettere - letter Maggio 1980 n.87 Redazione di Milano: via Pastorelli, 12 Tel. 02/83.54.496 Redazione di Roma: c/o Giacomo Mazzone Tel. 06173.84.31 Redazione: Paolo Bertrando, Adriano Bosone, Swaml Deva Majid, Pino Franzosl, Andrea Sciamé, Tiziana Tempo, Piero Vemi. Redazione romana: Gaetano e Tomangelo Cappelli, Giacomo Mazzone. Segreteria: .Tiziana Tempo. Amministrazione: Adriano Bosone. Impaginazione e grafica: Umberto Raimondl. Coordinamento: Pino Franzosi. Inserto musica: Giorgio Adamo, Paolo Bertrando, Luisa Cunterl, Mas– simo Gino, Francesco Pacella, Sergio Parini, Marco Rossi, Michele Sigurani. D.R. Deva Majld (nome legale Andrea Valcarenghl) reglstr. Trib. di MIiano n. 215, In data 8/6/1971 Stampa Litografica s.r.l., via Rieti 6, Busto Arslzlo. No Copyright per la stampa APS Prlnted In Italia. Dlstrlbuzlone edicole: per l'Italia MESSAGGERIE PERIODICI S.p.A.; aderente A.D.N. - via Giulio Carcano 32, MIiano - Tel. 84.38.14172t3r4. Copertina: Art/Umberto Raimondi Artist/Franco Sodano Consulenza grafica: Massimo Gino • sommano Christian la ...................................................... 3 Hell's Angels ................................................... 4 Territorio che passione .................................. 6 Viaggi: Amorgos ............................................. 8 OHre l'Immagine ............................................. 1O Ultravox ...... ............................ ......................... 12 Lou Reed ......................................................... 14 MIiano rock ....... ............................................. 16 Lanf Martin ..................................................... 20 Intervista a Bertoncelll ................................... 23 Cinema ............................................................ 24 Storielline ........................ ;............................... 26 TUBANDOINISLANDA Devo scegliere tra una inter– vista per "Re Nudo", numero di telefono dell'agenzia pubblici– taria 25483, o un salto disperato nelle memorie del passato re– moto, "Discreet Music". L'I King propone di telefonare per l'intervista a mezzogiorno e nel fraltempo giustificare il mio si– lenzio con il fruttuoso e natura– le esercizio del nostro spirito che è la conversazione. L'I King conosce bene Brian Eno e i suoi lavori, per cui sospetto che il consiglio sia intenzionale. in parole povere la conversazione non può che riguardare le pro– spettive future e i massimi si– stemi della musica, dopo "Di– screet Music" e "Music for·Air– ports", come disse qualcuno, "il terribile è già accadutq". La musica elettronica non ha ancora fatto il suo tempo, tra gli scarti e le stanchezze, l'unifor– mità dei paesaggi e i cieli grigi, senzala tara del commerciali– smo qualcuno usa le macchine come letame per far crescere suoni nuovi, la ragione è pro– fonda, secondo Battiato si trai- ta di una ricerca ai limiti della. schizofrenia razionale, dove la forma matematica assume nuove fattezze nel suono, il musicista è alchimista nella forma moderna del termine, cioè manipolatore, anche esor– cista, e, se tanto fortunato da trovare la pietra filosofale. in– comprensibile. Brian Eno non è uno dei do– dici apostoli, né uno dei sette re di Roma. e pure dovrebbe pas– sare alla storia per aver massa– crato i suoni in modo piacevole e originale. Il rock è pieno di errori, soppesando le sue oc– casioni mancate ci è facile va– lutare dove posare uno sguardo interessato, anche estetica– mente, e liberarsi da tutto il re– sto come ci si libera da una malattia, con pena e pazienza e combattendo le orecchie con la Ragione. La musica rimbomba a lungo, da un luogo all'altro del nostro cervello come una com– 'pagniadi Soldati mandati dal musicist!ra conquistare un re– gno, nessuna compagnia è pia– cevole a lungo andare, e talvol– ta il combattimento tra i vari eserciti ci toglie l'aria e i! gusto, stimola troppo artificialmente.le reazioni e provoca noia. Il rock non è ancora un albero secco, sopravvive pensando alla possibilità della morte, rac– coglie esempi dal folklore, si sbeffeggia, si politicizza, si spoliticizza, si carica di simboli religiosi e sociali, impara a vi– vere e a vendere, e soprattutto vuole essere in grado di ri– spondere ad una funzione. Sono in grado di polemizzare soltanto su quello che per me è l'aspetto più interessante della questione, quello logico: là do– ve nessuno è mai arrivato non esistono sentieri, se il rock ha una funzione che non sia sol– tanto quella di autoriprodursi questa sarebbe la costruzione di nuovi sentieri. Che io abbia sofferto molto della morte di Demetrio è dovuto proprio a questo, la nostra cultura alter– nativa non ha mai abbandonato il modello umanistico della ri– petitività, ed è rimasta per molti aspetti pateticamente scolasti– ca, la perdita di Demetrio, oltre a lasciare la bocca disperata– mente amara per motivi umani, vanifica la conoscenza di un nuovo orizzonte in una terra dove nessuno ha ancora messo piede. La memoria mi aiuta molto più a scivere di musica che ad ascoltare, personalmente ho'– l'impressione che molte tigri degli anni 70 siano diventate cani; il passato parla la lingua di David Allen, Kevin Ayers, John Cale, Morrison, Nico, Wiatt, ma anche Don Cherry, Corea, Miles Davis, e tutti gli altri possibili e immaginabili che abbiamo scelto a rappresentare una corrente di pensiero aggancia– ta alla psichedelia, alla religio– sità orientale. alla rivoluzione di costume e di pensiero, alla poesia di Ginsberg, ai viaggi, a Warhol, tutto quello che non a torto si chiama "cultura alter– nativa". ii presente vorrebbe parlare una lingua diversa con gli stessi termini, e per questo ne sminuisce il valore, la manda a puttane e la distribuisce e macina nei meccanismi di po– tere. Non credo che il rock de– menziale e il punk abbiano niente a che fare con Cage, non credo che occuparsi di musica sia soltanto ascoltare di tutto e abbandonare tutto al disco che gira e agli amici che ballano, non credo nei musicisti che "soffrono" la loro musica infil– zandosi spilli nelle dita dei pie– di.Ouelli che non riescono a ri– cordare il passato sono con– dannati a ripeterlo, per mio conto non soffro di amnesie e non mi sento di fare buon viso a cattivo gioco. fermo restando il diritto alla libertà espressiva, mi sembra di conoscere e ricono– scere abbastanza bene ciò che va a beneficio di una cultura al– ternativa e ciò che la ridicolizza. Il passato d'altronde è già noto, e in tempi di crisi questo si può tradurre in stasi o in ricerca di novità. per la cultura rock tutte le novità sono finora una ricon– fermadellastasi. Si ha l'impressione di trovarsi in un vicolo cieco. ci si chiede: che cosa c'è da riconoscere nel rock e nella sua figura sbiadita? Ne/l'intervista a Franco Ba11ia10 pubblicma sul n. 84 abbiamo amibui10 la/rase "il giorno della fine non 1i servirà l'inglese·· a René Guenon. mentre appari iene allo s1esso Ba11ia10.Ringraziamo il cantautore siciliano per avere rilevato /"er– rore e gli facciamo gli auguri per il prossimo album dal.titolo "/ telegrafi del martedigrasso" che uscirà dopo /"estate. Il riconoscimento della figura , dell'artista come simbolo ogni yolta differenziato e ricomposto dalla macchina e dal pubblico è già un fatto scontato. Il criterio è simpatetico, il principio-metodologico è: «Me– glio il nulla che la noia•. A cau– sa di difficoltà, probabilmente matematiche, neppure Eno ha trovato un modo pratico di uscire dalla sua teoria con una dimostrazione sperimentale, infatti c'è tanto oro nel suo cer– vello che alla fine se ne deve essere stancato. L'intera vita è quotidiana– mente ripercorsa attraverso motivi personali, la musica si chiama vecchia, ma resta e percorre ogni giorno la stessa strada. finché si deve cambiare la musica e contare lo sviluppo, del rock a cicli, come le stagioni e la flora batterica. E tutto non si esaurisce qui, perché i motivi personali a ben pensarci sono soltanto la parte più appariscente e immanente del processo di creazione della musica. sono semplici e puri desideri e ambizioni che con il tempo si smarriscono lasciando il vinile indelebile. I musicisti bussano da tutte le parti, e se noi ascoltiamo il loro punto di vista senza chinare la testa di fronte all'arroganza della parlata e il volume dei suoni, potremo udire in sotto– fondo se la memoria merita di vivere o è uno scherzo dell'im– maginazione. Saremo sicura– mente sempre più schiavi del giudizio del pubblico, perché il pubblico che dipende da noi esige di essere riconosciuto, e poi naturalmente tiranni, in– gabbiati da possibilità limitate e privi della libertà di essere semplici, siamo tutti qui a por– tare ordine dove c'è il caos. Mi è capitato recentemente di pas– sare gionate terribili, quelle che non finiscono mai, ascoltando qualche decina di dischi rac– colti in Islanda, non.solo di mu– sicsti islandesi ma anche molto nuovo punk, gli ultimi Floyd, Jefferson, J.J. Cale e cosi via. Non mi sento di difendere i limiti pur giusti della libertà di espressione, sono del parere che un risanamento giudizioso vada fatto, al di là dei gusti "dobbiamo" stabilire chi vale, due e chi vale cento, perché i prodotti di cultura vanno razio– nati, altrimenti la cultura diven– ta un colabrodo inservibile fo– rato da sperimentalismi senza senso. Abbiamo un criterio estetico per giudicare se un disco meri– ta la nostra attenzione? Sono più che convinto che nella glo– balità il mestiere di recensire dischi e di giudicare persona!- mente gli artisti è troppo dipen– dente dai gusti del pubblico e dalle scelte delle case disco– grafiche, per cui se volete manca un criterio gnoseologico adeguato e i risultati sono spesso raccapriccianti. Il sog– gettivismo è come la lampada di Aladino, una mescolanza di fin– zione e realtà che può essere anche sinceramente accolta quando si è fatto piazza pulita di mezzo chilo di peyote, ma che bisogna mettere da parte quando si accetta il gioco bor– ghese ereditato sotto forma di giornale. Lo scherzetto del "TEDIUM VITAE" patrocinato dal buon Paolo mi sembra il cacio sui maccheroni. qualsiasi ranoc– chio si trasforma in princpe sotto le mani esperte di un pro– duttore discografico e di un critico poco accorto, ed alla fi– ne si scopre la bolla di sapone quando si sono spese parole e lodi non certo dovute ad un du– ro lavoro intellettuale. O.K., mi rimetto alla caccia del mio tizio per combinare una intervista con i "Pursallokkur", un gruppo molto famoso in lsland,i e nei paesi scandinavi, loro esistono non c'è dubbio, vedrò di farveli conoscere me– glio. Con amore e fraternità Marco

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