RE NUDO - Anno XI - n. 87 - maggio 1980
RE NUD0/18 Recensioni a cura di: Antonella Adamo, Giorgio Adamo, Riccardo Bertoncelli; Paolo Bertrando, Gigi Marinoni, Giacomo Mazzone, Francesco Pacella QUANTUM JUMP Barracuda (Electrlc Records) Conservo nel mio archivio (farò un discorso personale) un dossier intestato a Simon Jef– fes. Non è molto ricco: qualche recensione in merito a Music From Penguin Café, l'unico al– bo che fino ad oggi gli è accre– ditato, la lettera di un amico che mi comunica di averlo visto in concerto, Londra, Portobello, con altri di quella memorabile Società. Scrive, per il mio stu– pore: "Ci crederesti? Non han– no usato gli archi ma soprattut– to percussioni". Quel prodigioso esteta, quel teprico sottile della "musica coloniale" (quella la chiave per decifrare il suo mondo) dove mai potrà essere? Meglio: chi mai sarà, finalmente? Ne parlo ancora perché in quest'albo (1977, solo ora giunto tra le mie mani) si trovano sue tracce, così come di altri membri dell'onorato consorzio dei pin– guinidi. La funzione marginale che gli è assegnata (arrangia– tore, In qualche caso direttore d'un quartetto d'archi) fa sì che il disco non regga il paragone col Penguin Café; ma qualche aroma di quell'impagabile mu– sica si certamente, certi violini verniciati di accidia, e frivolez– za, la fede incrollabile nel futile, la mano leggerissima nel do– sare la musica (suoni che sci– volano come miele di castagno: il consumatore si riscopre gourmand!). Mi interessa certa indiscrezione sonora, quel che deve avere convinto anche il Brian Eno, ai giorni della Ob– scure, lui che di certe faccende è maestro; Neighbours, ad esempio, il brano d'apertura, è un funky spiritual trattato quasi alla stregua di una romanza dell'Ottocento, così ingenuo e stupefatto. Non quello comun– que il brano migliore: Blue Mountain Aloha Green Sea, in– vece, che ha pause delicate e voci di violini che, suggestione del titolo, portano alla mente palmeti hawaii il gran pacifico, senza volgarità alcuna. (Post Scriptum. Penso di do– vere un'avvertenza. Gli altri di– schi di Quantum Jump, più fa– cilmente rintracciabili, non val– gono Barracuda, spostati di qualche grado in terra di kitsch. Jeffes, oltretutto, non c'è, con tutti i suoi pinguinidi). (Post Post Scriptum. Auspico che nel frattempo sia sorta una Penguin Café Appreciation So– ciety. Ai soci non manchi il conforto di una preziosa se– gnalazione: un probabile Pen– guin Café, tra le pieghe di un film recente Saint Jack, di Peter Bogdanovich. Nobile edificio bianco tra le piogge e i caldi di Singapore, con l'erba ricca di un giardino che porta appese le note e note di chissà quali con– certi). Riccardo Bertoncelll GOD SAVE THE QUEEN Robert Frlpp (Polygram) E così anche lui si è converti– to all'establishment? Forse aspira ad esser insignito baro– netto ed allora ha scelto un ti– tolo così elogiativo e tradizio– nalmente inglese, come Dio salvi la Regina qualche tempo fa beffardamente irriso dalle pi– stoledelsesso? Non è vero niente. Anzi tutt'altro. Nelle sue vesti di produttore multiforme e poliedrico si hanno notizie cer- te che l'ultima band su cui ha messo mani è qualcosa che'ha a che spartire con gli XTC, band inglese fra le più spaccatimpani esistenti sulla scena new wave. Ed anche come musicista in prrima persona Bob non scher– za. Le buone promesse conte– nute in "Exposure" non sono affatto state mantenute in que– sta facciata "discotronics": la forma canzone che lì era svi– luppata e portata ad una dire– zione del tutto insolita si è qui persa per strada, lasciando lo spazio a variazioni al sinth sul tema dell'inno nazionale ingle– se e chitarre che sembrano tratti dalla stessa session di "Swastika girls", all'epoca del suo primo incontro con the wiz Brian Eno, Un passo indietro? Sarebbe un errore di valutazio– ne clamoroso. La nozione stes– sa di passo e di avanti o di in– dietro non ha senso con uomini e dischi come questi, dove la forma del suono non è mai de– finita o tutt'alpiù è circolare, cioè, per definizione, senza so– pra né sotto, senza avanti né indietro. UNDER HEAVY MANNERS Robert Frlpp (Polygram) Nonostante si tratti del lato 2 (detto "Frippertronics") dello stesso disco Pòlygram 2311 005, e che le scarsissime note di copertina non rivelino al– cunché, temo che questo "Un– der heavy manners" sia un messaggio di Fripp a lui non ascrivibile. Anzi forse non è neanche lui. O almeno non è lo stesso che vuole sia fatta salva la regina. Siamo infatti di fronte ad un clamoroso caso di schi– zofrenia esplicata alla luce del sole. Qui ·1aforma canzone su basi reiterative in nuce conte– nuta in "Exposures" (ad ecce– zione di "Water Music I & 11") è infatti dominante. Se non te– messi di esser tacciato d'eresia citerei a paragone di qualche punto più osé del disco i tanto deprecati Faust ... Giacomo Mazzone ARTBEARS Wlnter Songs (Ralph Records) Dalle ceneri degli Henry Cow, gli alfieri del Rock in opposition, che tanto hanno nutrito le no– stre fauci affamate di delizie sotterranee, ecco spuntare, senza dar troppo negli occhi questi Art Bears, un piccolo gruppo alla ricerca di una di– mensione quasi filosofica della musica, o meglio dell'arte. Dagmar Krause, splendida vocalista, "figlia adottiva di Kurt Weill e di Mariane Dietrich'", Fred Frith, la chitarra più crea– tiva nel grande teatro della tec– nica mostruosa che è il mondo rock attuale, Chris Cut[er in batterista "diverso" che per– cuote lo strumento seguendo il pulsare del proprio mondo in– teriore: 3 musicisti al loro 2° Lp. Dopo le "speranze e le paure" (Hopes andfears)ecco arrivare la certezza .la voglia di farci riflet– tere con queste canzoni inver– nali (Winter songs). Comeabbiamo detto siamo in presenza di un raro esempio di rock filosofico,. musica colta che comprende come si possa creare una atmosfera di abis– sale mistero senza ricorrere alle sabbe infernali o agli sconvolti funerali elettronici. Dagmar e Co. cercano invece la proprietà pietra filosofale, alla stregua di certi illustri processori quali ad esempio gli alchimisti della Third ear band, attraverso una misicalità colma di drammati– cità e di echi ora solenni, ora atavici, e la ricerca, nei testi di riferimenti simbolici ai misterio– si bassorilievi delle cattedrali francesi. I brani si sussegono, legati da un oscuro riferimento ossessivamente presente nei testi, ad una ruota in perpetuo movimento, nel corso del tem– po e delle stagioni, fino ad as– surgere a simbolo finale del passaggio dal non conoscitivo al conosciuto: la musica si di– spiega a questo messaggio esoterico con toni ora dolcissi– mi, ora folklorici, ora cupi, ora infine terribilmente violenti co– me in Rats and Monkeys (fra l'altro pubblicato anche su 45 giri!) L'etichetta è la Ralph re– cords, quella dei Residents e di molte nuove Band di Frisco: segno forse che anche gli Art Bears vogliono, a modo loro far sentire la propria voce nell'e– splosivo universo del nuovo rock degli anni 80. Tommaso Ralmondl Gang of Four come il Pop Group appartiene al versante più politico della new-wave in– glese. Cresciuti enormemente dal punto di vista strumentale dai tempi dell'esordio, hanno messo a punto un linguaggio particolarissimo: naturali epi– goni di Joy Division e di molti altri gruppi provenienti dalle città grigie ed alienanti del nord-Inghilterra suonano un rock scheletrico, lasciando alla chitarra, ben sostenuta da rit– mica e canto l'assoluta libertà di spaziare a proprio piacimen– to con frequenti effetti di feed– back. L'apparente essenzialità del suono è bilanciata dalla rie~ chezza dei testi e dalla radica– lità con cui attaccano tutto il si– stema di informazione: "Man– giando il mio pasto stò seduto e guardo la goccia rossa dell'uo– vo che sembra tutto ,il sangue che non puoi vedere alla TV". I brani sono scos~i dal medesi– mo impulso tanto da sembrare tutti molto simili ad un primo ascolto: ma "Enterstainment" è un disco da scoprire a poco a poco. Molte belle sulla prima faccia "Ether" e "Damaged good" segnate da una struttura canto-controcanto che danno ai brani un impronta molto ori– ginale. Gang of Four: un me– dium per la rabbia dei giovani inglesi, contro una civiltà senza amore, contro il monopolio del– le coscienze. Francesco Pacella Benvenuti all'accademia del– la risata! Ecco i Genesis della new-wave: quaranta densi mi– nuti di furioso rock creativo, ma anche di lezioni ben impresse nella memoria. I Punilux recu– perano molto di ciò che venne definito rock decadente, ma lo firmano con grafia nervosa, ti– pica dei gruppi educati nella stagione del Giubileo. Mike Howlett (ex-Gong) ha voluto produrre questa fantastica rap– presentazione rock, una sorta di magico musical in cui scena– ri/atmosfere si succedono in sequenza allucinante, senza caduta di tensione, dalla prima all'ultima nota. Da "Puppet li– te", il loro "manifesto" artistico, ad "Obsession" che riporta ai tempi di "The lamb lies down...", alla funkeggiante "British baboon", alla conclu– siva "Laughing academy" si percorre un itinerario visionario e simbolico, adatta colonna so– nora del Teatrino Magico di Hesse. Il loro show dal vivo la– scia ampio spazio alla teatralità più clamorosa, nel preciso in– tento di trascendere il mero fat– to musicale. li loro sforzo li por– ta a volte ai confini del kitsch, ma questa è veramente l'unico neo di una proposta "difficile" ma affascinante. Giorgio Adamo Altra scoperta della attivissi– ma Rough Trade: un gruppo di Cardiff (Galles), due uomini e una donna, dalle idee molto es– senziali e molto particolari, per un disco senza tempo, slegato da qualsiasi tradizione, vecchia e nuova che sia. Ingrediente fondamentale è la delicatissima voce di Alison Station, che ri– cama flebili melodie su una ba– se molto omogenea di basso e chitarra e (attenzione, attenzio– ne) priva di batteria. Il risultato è una musica calma, fluida e cri– stallina, evocatrice di atmosfere rarefatte, da ascoltare nella pe– nombra, con scioltezza. I 15 brani, brevi e incisivi, restano più o meno tutti sullo stesso re– gistro, dando all'album una uniformità che a tratti piò risul– tare forse un po' troppo marca– ta. Spiccano alcu~i brani, come Choci Loni, Wurlitzer Juke-box, che sono davvero preziosi. Viene da fare una considera– zione questa multiforme new– ware non smette davvero mai di stupirci, cambia forma e colore, si traveste, sfugge, ma lascia sempre le tracce per tenerla d'occhio: ma ricchezza espres– siva e un bagaglio di idee come raramente la cultura musicale ha avuto prima. Antonella Adamo SWELLMAPS "A trlp to Marlnevllle" Rough Trade Irriverenti come bambini con uno studio di registrazione a propria disposizione. Invece di crearsi un'immagine da sfrutta– re, Swell Maps funzionano a in– termittenza tra sistemazione del rumore e un rock carico di energia. La natura camaleonti– ca di questo gruppo permette loro di vestire panni diversi, sputtanando senza scrupolo certe "penose vicende" dietro le quinte del rock. La loro furia iconoclastica li porta ad invitare il pubblico a suonare il disco a 16, 33, 45 o 78 giri, secondo l'inclinazione del momento e la disponibilità collettiva a smitiz– zare i troppi palloni gonfiati og– gi sul mercato. Ineguagliabile è il piacere nel fare danni a ma– teriale di indubbio valore: ad esempio "Gunboats" dall'ince– dere lento ed oscuro, capola– voro scandito dall'attesa della sua esplosione ritmica, il che puntualmente non avviene. Op– pure "Harmony in your bath– room" dove il linguaggio mag– matico e affascinante del brano viene "disturbato", in secondo piano, da un rubinetto lasciato aperto, che li obbliga ad un certo punto a nuotare invece di suonare. Esemplare è l'uso di strumenti "impropri": "My Lii' shoppes 'round the corner" è addirittura registrata al telefo– no. Destinati a sollevare "con– flitti di competenza" con tutti i mostri sacri del dadaismo so– noro, Swell Maps aprono la strada per il sabotaggio delle troppe "normalità" del nuovo rock, veleggiando verso l'indi– viduazione di nuovi significati. C'è anche l'energia sufficiente per superare i propri modelli: da Cage, a Zappa, alla carica sel– vaggia dei primi Stooges, tutto è rimodellato personalmente verso una difficile ma appas– sionante definizione dei nostri tempi. Francesco Pacella UNBEHAGEN Nina Hagen Band CBS Incazzata più che mai, ecco tornare a noi la dolce Nina dallo sguardo stravolto. Il suo se– condo lp "Unbehagen" pur– troppo, ancora una volta, non è disponibile in Italia se non d'importazione, ma già questo è un passo avanti, rispetto al primo che non era disponibile in alcun modo. Questo dal pun– to di vista distributivo, e da quello che si suol definire arti– stico?
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