RE NUDO - Anno XI - n. 86 - aprile 1980

RENUD0/18 CONCERTI • • Police,Swell Maps PALALI DO/MILANO E oni di tempo sono trascorsi dagli ulti– mi episodi di luddismo contro l'im– placabile show-biz. Ricordate Santana in fuga per una sconsiderata molotov al Vigo– relli, le lattine su Lou Reed? Oggi tutto è cambiato: la parola d'ordine è "have fun" e su questo leit-motiv s'inseriscono i recenti episodi di gastronomia rock d'alta classe, ormai frequenti anche da queste parti. Questa volta sono di scena i Police, atte– sissimi da settimane. Il pubblico (13.000!) è estremamente 'iterogeneo: dalle disco-giri agli ultimi punk, dai frikkettoni ai ragazzini delle medie. Tre musicisti di grande carisma per uno spettacolo degno di un'epopea dell'aggregazione disimpegnata, tantoché un gruppo di sicuro interesse, anche se di gestione difficile, come i Cramps~support nell'occasione, veniva travolto dall'antien– tusiasmo in attesa del momento catartico. Che prima o poi giunge: signori l·POLICE. Delirio. Si arriva al sodo dopo due pezzi di rodaggio. "Walkin'on the moon" accende definitivamente un pubblico infiammabilis– simo. "Cant' stand losing you" I "Roxan– ne( I "The bed's too big without tou" tirate al limite con frequenti sospensioni basso I percussioni / effetti elettronici, "fanno" definitivamente i 13.000 del Palalido. "Re– gatta de blanc" si trasforma in un happe– ning pagano di cori e percussioni: tutti par– tecipano coinvolti e convinti. Sting aizza ul– teriormente il pubblico: "Message in a bot- tle" col refrain cantato dalla platea illumi– nata a giorno è uno spettacolo nello spet– tacolo. Il più è ormai stato offerto. Rituali scontati procurano due bis. Ancora entu– siasmo. Stlng, Summers e Copeland hanno indo– vinato tutto: il loro è un sound talmente sin– tetico e godibile che è raro trovare qualcu– no che storca il naso. E' un successo mon– diale e perentorio: hanno fatto il pienone anche a Bombay e Bangkok. Non è possi– bile prevedere la durata di un fenomeno così macroscopico: da un sincretismo reg– gae/new wave potrebbe svilupparsi un filo– ne di vaste proporzioni e di grande clamore commerciale: già nella più parte delle di– scoteche la disco-music è stata messa in disparte a favore di un sound come questo dei Police. Su di loro, ultimamente, si è detto e scritto di tutto: dal ritorno del trio, dieci anni dopo i Cream, al sottile fascino del biondo platina– to Sting, al loro indubbio valore tecnico e via dicendo: per ora comunque la chiave del loro successo sta nell'estrema popolarità, nef vero e giusto senso di pop, della imma– gine musicale proposta senza cadere nella demenza dell'easy listening. Ritorno del pop, quindi, in grande stile quando da anni sembrava dimenticato, sepolto dalla ec– cessiva frantumazione e specializzazione dei vari rami delle nuove musiche. Giorgio Adamo SWELL MAPS / 2001, MILANO concerto presenta Tracce distinte e è molto ritmato e riporta indietro alle prime epserienze punk, ma tutto sembra essere esposto impietosamente ad una rilettura "inconsueta" dove Nikky Nelson (chitarra e voce) &C. lasciano filtrare gocce di materia sonora come corpi estranei apparente– mente senza possibilità di sistemazione in un contesto simile. E invece è proprio que– sto aspetto di "disordine" dissonante e surrealista, di "mimica del suono" a dare uno spessore particolare alla band che nei momenti di alta tensione espressiva sem– brava ricordare influenze che vengono di lontano, forse dal Sid Barrett dei primi giorni all'Ufo club di Londra. Man mano che il concerto prende quota e il loro "muro del suono" assume forme compiute risulta evi– dente come il loro "sense of houmour" sia la ricetta per ricomporre nel futuro la risata matta e dadaista e il suono punk di questi ultimi anni. Il concerto arriva al migliore li– vello quando viene annunciata "Gun– boats". Dieci minuti di ritmo travolgente dove le due chitarre creano e distruggono temi rincorrendosi· alla velocità del suono: quando tutto è all'apice rimane lo scheletro del suono (basso e batteria) mentre le chi– tarre di Nikky Nelson e Biggles Brook suo– nano in completa dissonanza creando due piani di ascolto differenti e ugualmente sti– molanti. Una band interessante dove la "follia" elettrica dei quattro risulta la mi– gliore direzione mentale possibile: Swe// Maps potrebbe essere un nome per il futu– ro. Francesco Pacella Quattro chiacchiere con gli Swell Maps E' finito il concerto; I Maps sono alquanto stravolti. Ma accettano di buon grado di scambiare quattro parole: sono dei simpa- Ilei ragazzi Inglesi, senza pose delinquen– ziali o punk. O-Chi sono gli Swell Maps? R-Siamo un gruppo di Londra; abbiamo incominciato nel '72, ma non abbiamo combinato molto fino al '76: solo imparato a suonare e scrivere canzoni. Siamo in sei, noi che suoniamo e due amici che collabo– rano. Noi siamo: Nikky e Biggles alle citarre, Jowe al basso e Epic al/a batteria. D - Come vi è parto il pubblico? R - Non male, anzi! In Inghilterra si è capitato spesso di trovare gente statica, morta; stasera c'era vita, si muovevano be– ne, si godevano la musica. Peccato che l'audio non fosse gran che, facevamo fatica a sentirci anche noi. D -E dell'Italia, cosa ne dite? R - E' la prima volta che ci veniamo a suonare, ma c'eravamo già stati, in vacan– za. Sinceramente, Milano non è la vosta città migliore, comunque. D - Sapete qualcosa della nostra situa– zione musicale? R - Abbiamo sentito un paio di buoni gruppi: cominciate a fare cose interessanti anche voi, cose con delle idee. Soltanto, i gruppi dovrebbero decidersi a fare i dischi per conto proprio, come noi, senza aspet– tare le multinazionali. E poi, dovrebbero farsi conoscere un po' fuori d'Italia. Co– munque, anche in Inghilterra, negli ultimi due anni, dopo, la new wave, c'è stato un ristagno: solo adesso le cose ricominciano a muoversi. D - Che gruppi sentite di solito? R - Tanti. Ti faccio un elenco, così a caso: Public lmage, Can, Cramps, T. Rex, Slade, Johnny Trunders, Rezillos, Despe– rate Bicycles, Soft Machine, Raincoats, Pi– stols, Clash, Rolling Stones ... D - O.K.: è una bella scelta. Ma ditemi qualcosa della vostra musica ... R - Cosa vuoi che ti dica? Non c'è molto da parlare: noi facciamo la musica che ci va, come ci va. Non vale la pena di fare determ/nate cose perché "piacciono alla gente" ... vedi, noi abbiamo incominciato da zero, nel senso che avevamo le idee, tante, ma niente tecnica. Così abbiamo imparato a suonare per noi. senza obblighi. D - In effetti, fate spesso degli accordi strani, delle armonie molto particolari. R -Ce li siamo fatti noi, ce li siamç creati. E' più divertente suonare cosi che seguire le regole della buona musica. D - Quegli out-of-tune ricordavano va– gamente I primi Pink Floyd, quelli di Bar– rett. R - Lo pensi sul serio? Beh, ci va bene; Syd era O.K., era un bravo ragazzo ... Paolo Bertrando

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