RE NUDO - Anno XI - n. 86 - aprile 1980

!RENUD0/14 (L} 'è chi si stupisce di un Robert Fripp, a (]? suo tempo fondatore dei King Crim– son, che oggi passa la vita suonando una modesta chitarra di retroscena nei negozi di dischi. O di un Brian Eno, fondatore dei Roxy Music e produttore dei Talking Heads, che di suo produce semplici segmenti so– nori da mandare in onda negli aeroporti. E' musica d'ambiente. E' l'ultima forma (per ora) di rinuncia alla centralità artistica. Le basi, però, sono state poste già all'ini– zio del secolo, in piena epoca dada. Ma, tanto per cominciare, lasciamo la parola a Eno. I. Eno: musica e discrezione "Dato che ho sempre preferito fare progetti piuttosto che eseguirli, ho gravitato intor– no a sistemi che, una volta messi in opera, potessero creare musica con intervento scarso o nullo da parte mia. Questo per dire che tendo verso il ruolo di progettista e programmatore, per poi diventare ascolta– tore dei risultati. (...) Discreet Music è un apporccio tecnologico al problema. Se esi– ste una "partitura" per il pezzo, non può essere chhe il diagramma operativo del particolare apparato che ho usato per pro– durlo. La configurazione-chiave, qui, è il si– stema ad eco lungo su cui ho sperimentato fin da quando ho compreso le possibilità musicali dei registratori, nel 1964. Messo a punto l'apparato, il mio grado di partecipazione a quanto faceva si è limitato a 1) provveder un input (in questo caso, due linee melodiche, semplici e ben compatibili di durata differente, inserite in un sistema a richiamo digitale) e 2) alterare occasional– mente il timbro dell'output del sintetizzato– re, attraverso un equalizzatore. E' questione di disciplina,. l'accettare questo ruolo passivo e, per una volta, igno– rare la tendenza a fare l'artista, a gioche– rellare ed interferire. In questo caso era aiutato dall'idea che quello che facevo fos– se un semplice background per il mio amico Robert Fripp, in una serie di concetti che avevamo in progetto. Quest'idea del suo uso futuro, unita al mio piacere per i "processi graduali" mi ha impedito di cercare di creare sorprese e cambiamenti meno che prevedibili nel pez- zo. Cercavo di comporre un pezzo che po– tesse essere ascoltato e ciononostante potesse essere ignorato ... forse nello spirito di Satie, che voleva fare musica in grado di "confondersi col suono di coltelli e for– chette a cena". Nel gennaio di quest'anno (1975, ndr) ebbi un incidente. Non rimasi seriamente ferito, ma confinato a letto, in una posizione rigida e statica. La mia amica Judi Nylon venne a trovarmi e mi portò un disco di mu– sica per arpa del 18° secolo. Dopo che se ne fu andata, e con notevole difficoltà, misi su il disco. Tornato a letto, mi resi conto che l'amplificatore era regolato ad un livello estremamente basso, e che uno dei canali dello stereo era completamente fuori uso. Dato che non avevo la forza di alzarmi per sistemare le cose, il disco suonava ad un volume quasi inaudibile. Questo rivelò un modo per me nuovo di ascoltare musica come parte dell'atmosfera dell'ambiente, proprio come il colore della luce ed il suono della pioggia erano parte di quell'atmosfe– ra. Per questo motivo suggerisco di ascolta– re Disceet Music ad un volume relativa– mente basso, anche se più di una volta potrà cadere sotto il livello di udibilità" (1). Il. Da Satle a Cage Come ci notifica lo stesso Eno, il primo apostolo cosciente-di una musica che ri– nunci alla centralità tradizionale (in Occi– dente) è Erik Satie, dadaista convinto, ami– co di Tzara e Duchamp. Agire sul suono di base. Chi è stato il primo (almeno e teoriz– zarlo) Satie. E scriveva: "Nondimeno si deve giunge– re ad una musica che sia simile ad un arre– damento: una musica, cioè, che sia parte dei suoni dell'ambiente, che li prenda in considerazione. La penso melodiosa, che attenua i rumori dei coltelli e delle forchette, senza dominarli, senza imporsi. Riempireb– be quei pesanti silenzi che cadono talvolta tra amici che mangiano insieme. Rispar– mierebbe loro il fastìdio di badare alle ri– spettive banalissime osservazioni. E nello stesso tempo neutralizzerebbe i rumori del– la strada, che entrano, in modo tanto indi– screto, nel gioco della conversazione. fare musica come quella ambientale. Bisogna 1 accettare la morte dell'Artista. Cage, ideo– I logo radicale, tratteggia i connotati più pre– ' cisi di questa musica: anti-estetica, anti– una simile musica significherebbe rispon– dere ad una necessità". Voce nel deserto. I musicisti dell'avanguardia colta gli Schoenberg, gli Strawinski, non sono di– sposti a rinunciare tanto facilmente al gra– tificante ruolo di vati. Passa mezzo secolo prima che qualcuno scriva: "Per interessarsi di Satie si dev'es– sere, in primo luogo, disinteressati, accet– tare che un suono sia un suono e un uomo un uomo, abbandonare le illusioni circa le idee di ordine, le espansioni del sentimento, e tutto l'altro imbonimento estetico che ab– biamo ereditato". L'esegeta tanto lucido non è altri che John Cage, il distruttore di convenzioni per eccellenza. Attraverso di lui, la lenzione di Statie (almeno in certi aspetti) contagia quelli che diventeranno i minimali america– ni. Perché è necessaria molta umiltà e insie– me molta consapevolezza per scegliere una Erlk Satle espressiva, anti-individualista: il suono è suono. (Anche se, naturalmente, non tutta l'ope– ra di Cage va poi in questa direzione). Jhon Cage lii. D_opo il rock Fin qui l'evoluzione d'un'idea. ma la le– zione non penetra. I due folletti dada sono ancora isolati. La loro musica quotidiana rimane (paradossalmente) lontana dal no– stro quotidiano. Non basta. Devono arrivare, per l'appun– to, gli Eno i Fripp perché la concezione cominci ad interessare sul serio. La convenzione stupisce, a prima vista. Ma è semplicemente dovuta ad un processo non molto diverso da quello di Cage: pas– sare da una musica iperemotiva, centraliz– zata, come il rock, ad una prassi opposta. Laterale. Marginale. Trasversale. In sintesi, una musica senza star e senza palcosceni– co. Il palcoscenico stanca. L'influenza di Eno su questo processo è incalcolabile, anche se i presupposti erano latenti. L'ex non-musicista ha le mani in pa– sta dovunque, e naturalmente i suoi orien– tamenti sono ben altro che un cammino in– dividuale. Tanto è vero che sono ormai molti i gruppi post-rock che scelgono il suono decentrato. Però non tutti hanno veramente chiaro il concetto (sottile e sfuggente) di musica ambientale. IV. Il rumore di fondo Musica d'ambiente (d'arredamento se– condo Satie) è semplicemente un variare il rumore il fondo della vita. E' un silenzio ap– pena sopra tono. Centinaia d'anni di musica occidentale ci hanno spinto verso una musica sempre più separata, isolata, chiusa nei suoi luoghi di culto. La sala da concerto è il rovescio della medaglia, rispetto al caos di Woodstock: sono sempre spazi di separazione. Musica d'ambiente è appropriarsi di tutti gli spazi, penetrare quasi in silenzio negli angoli più nascosti; soprattutto, è rendere la musica disponibile per qualsiasi momento, integrarla nell'everyday lite. Che per questo sia necessaria una musi– ca diversa è chiaro. Meno chiaro è che l'uso continuato può (forse) portare verso una vita diversa. C'è chi paragona la musica d'ambiente alla musica di sottofondo. O comunque a tutte quelle forme musicali che non richiedono la concetrazione totale: dalle giullarate del mercato mediovale alla nostra filodiffusione. Ma musica d'ambiente è più e meno di tutto questo. è musica che non definisce più un tempo ma uno spazio.

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