RE NUDO - Anno XI - n. 86 - aprile 1980

RE NUD0/12 n ritratto di Dorian Gray intervista ai Gaz Nevada I I congegno è ben struttura– . to, senza dubbio. Nel sound duro e compresso gli strumenti ingranano con precisione, sax su chitarra, voce su voce. Dal punto di vista spettacolo (o immagine, per chi preferisce), sono ormai ol– tre la provocazione, come chi trovi inutile sprecarsi al punto di pro– vocare. Suonano quel che devo– no, in un certo senso. I Gaznevada sono decollati con inaspettata veemenza. Semisco– nosciuti (e misconosciuti) fino a pochi mesi fa, i cinque borghesi sono ormai gruppo di punta del nuovo rock, gruppo italiano di in– teressi ed aspirazioni internazio– nali. Andarli a trovare, accostarsi a loro, non è impresa facile: le per– sone sono scontrose, e il loro rapporto con la stampa in genera– le non è mai stato dei più idillici. Bisogna girare per soffitte e canti– ne, dove i Gaz si ritirano a montare la loro musica. Il colloquio è inter– rotto spesso, da puntualizzazioni, precisazioni, piccoli scontri; al piano di sotto c'è uno studio di registrazione, e spesso la musica sale a coprire le parole. Loro non sembrano a disagio: il chitarrista Ciro (alias Robert Squibb) è il più determinato ed aggressivo; anche Mauro (Bat Matic), il batterista, ama la pole– mica. Giorgio (Andy Nevada), cantante, si tiene in disparte, sva– gato: gli piace giocare ... (N. 8.: riportiamo l'intervista, in– tegra/e e senza commenti inter– polati, su esplicita richiesta dei Gaznevada). Ciro: -Non è facile trattare con i giornalisti. Vedi, spesso, quando ti fanno un'intervista, tendono a fare gli introdotti: ti fanno delle domande, ti registrano le risposte, e poi riportano solo le parti che interessano a loro, completamen– te fuori del contesto in cui tu le hai dette. Oppure nell'intervista ci in– seriscono le loro critiche, illustra– no i tuoi indirizzi, spiegano quello che volevi dire e stranzate del ge– nere. Non è facile trovare chi met– te giù l'intervista a botta-e– risposta, anche se tutti lo garanti– scono... /'Espresso, per esempio, non solo ci ha tirati dentro la lista rock, con cui non vogliamo aver niente a che fare, ma ha anche riportato una frase di Giorgio che era stata detta sei mesi prima in tutt'altro discorso! Mauro: - La sfiga più grossa della critica musicale italiana, ri– spetto a quella americana o ingle– se, è che si fa della musica un fatto sociale, di costume: se Panorama o /'Espresso parlano di musica, lo fanno nella rubrica di attualità. Mettono in vetrina i cretini che suonano. Quanto ai giornali specializzati, ti tirano giù delle gran pappardelle di critica, e perdono di vista la loro vera funzione, che per me è quella di dare informazioni: interviste, fotografie, dischi nuovi ... invece . no, sono la palestra degli ex-scri– bacchini politici, che siccome i volantini non usano più, sono passati a scrivere sparate musi– cali. Ciro: - Adesso è di moda la musica. Quindi loro cosa fanno? Le solite menate, però, in chiave musicale: rimettiamo insieme il movimento attraverso il rock. Queste son cazzate! Re nudo: -L'America, l'Inghil– terra,,. sono In tanti a dire che I Gaznevada sono esterofili, che vedonosolo l'America. Ciro: - Il fatto è capisci, che dall'America vengono le cose più nuove. Qui in Italia il pubblico fruisce di italiano, o musica leg– gera o cantautori. Per quanto ri– guarda il rock, e ci metto dentro anche la new wave, si ascolta solo roba che viene dall'estero: a parte che ce ne sono pochi, di gruppi che fanno rock italiano, resta il fatto che se vuoi sentire dei suoni nuovi devi guardare vero /'loghi/– terra o l'America. Per me, soprat– tutto verso l'America. Mauro: - Non è questione di esterofilia. lo sono stato a Londra, ai tempi della prima new wave, e mi sono reso conto che il pubblico è veramente diverso. Qui da noi ti trovi davanti ad un pubblico criti– co: che sta lì, ti sente, fa le sue valutazioni in base alle cose che conosce... è quasi impossibile trovare gente che vive semplice– mente i concerti, come succede sempre, invece, in Inghilterra. Ciro: - Tutti sentono il bisogno di clessificarci. Noi facciamo qualcosa di nuovo, ma tutti aspet– tano che venga qualcuno, qual– cuno "qualificato", a confermare, a dire che va bene, che i Gazne– vada si possono ascoltare. Mauro: -A Roma mi è succes- remmo fare uri specie di fotografia so, in un concerto, di battere un della reità, obiettiva quanto è pos- tempo disco su un paio di pezzi (ci sibile. sono pezzi in cui posso variare Giorgio: - Ti svelerò una cosa, molto la batteria). E la gente, che in tutta sincerità: io, non ho mes- prima stava ferma, ha incomincia- saggi da comunicare. Anzi, i testi to a muoversi, a ballare. Doveva in italiapo mi danno dei problemi: riconoscere il tempo familiare, la mia principale precauzione, capisci? quando faccio un testo e provo a Ciro: -Anche il suono demen- cantarlo, è che non risulti una co- zia/e non è sicuramente passato sa ridicola. Non vorrei dire delle perché il pubblico era preparato o cose precise, molto identificate, cose simili. Il rock demenziale ha per cui dopo tre mesi magari mi funzionato perchè faceva leva ~enta ridicolo a cantarle. Scrivo sulle vecchie riminiscenze goliar- cose ambigue, bado soprattutto diche, che per un certo periodo alla fonetica, che la voce ingrani erano state soppiantate dalla se- bene con gli altri strumenti. Stop. rietà movimentarista. lo, per me. farei anche i testi in Re Nudo: -Ma I Gaznevafa che inglese; Ciro è inchiodato con i discorso fanno, in effetti? testi in italiano, ma io preferisco /a Ciro: - Abbiamo completa- · sonorità dell'inglese. mente abbandonato la linea, di- Ciro: - Tra l'altro ne facciamo ciamo cosi, demenziale nel mo- anche, di canzoni in inglese, come mento in cui ci siamo chiamati Blue TV Set; ma la cosa che mi Gaznevada; prima suonavano da interessa di più sono i testi misti, dilettanti, con un altro nome, bla con parole inglesi miste a parole bla bla. Avevamo cominciato italiane ... ascoltando il punk inglese nel '77, : Mauro: - Comunque il nostro poi siamo passati alla new ware · inglese è l'inglese che consumia- americana, i Devo, i gruppi di No mo tutti i giorni. O.K., let's go, so- New York, i Cortortions... però no parole usate e strascurate an- non facciamo la loro musica. che in Italia, e che c'entrano, col A/l'interno del gruppo si muovono rock, più di qualsiasi parolaccia diverse tendenze: si parla ancora italiana che finisce in "etto" o di rock, però fatto in modo parti- "ino". colare, con suoni meno acidi, me- Ciro: - L'importante è che il no pieni. Comunque non esiste canto si inserisca bene nell'insie- una linea definita e conclusiva, me. L'insieme è la cosa centrale: Re Nudo: - E i vostri testi? non abbiamo più impostazione Ciro: - Sono importanti, certo. solista, gli assoli stanno scompa- Però abbiamo lasciato perdere la rendo dai nostri pezzi: gli stru- rima baciata, e anche i testi-va- menti funzionano insieme, forma- lantino: ci interessa il suono, la no insieme delle frasi. Non c'è più sonorità delle parole. Fondamen- la batteria che tiene il tempo, talmente non abbiamo delle dritte mentre la chitarra sostiene la voce da dare, anche se parliamo di crisi e il sax poi fa l'assolo. E' tutto un energetica o di innamorati che gioco a incastro, come in Neva– aspettano il walkie-talkie... vor- dagaz. Anche se Nevadagaz è già un pezzo vecchio, è una dei nostri primi esperimenti di questo gene– re. Re Nudo: - Pensate di rag– giungere un grande seguito, un seguito di massa? Giorgio: - Il grande pubblico è una categoria inesistente. Mille persone in ogni paese del mondo sono un grande pubblico, cin– quantamila in Italiano. Se tu vendi mille dischi in Italia, mille in Iran. mille in Afghanistan, mille in Ame– rica, mille in Russia, se fai la som– ma sono forse meno che cin– quantamila in Italia. Però è un 'al– tra coasa. Re Nudo: - Ma vi sentite del professionisti? Giorgio: - /o no, assolutamen– te. Semplice penso c.he nel mo– mento in cui decidi di fare una cosa. devi saperla fare bene, quindi in modo "professionale". Però devi lasciarti delle aperture. Vedi, il pericolo più grosso è di crearti un cliché, e poi sentirti in dovere di confrontare le cose che fai con il cliché e scartarle se non si adattano. Re Nudo: - Curate molto l'a– spetto scenico delle performan– ces? Giorgio: - La scenografia è importante, si. Però è più facile parlarne che realizzarla: noi, io al– meno, diamo partiti con molte idee riguardo alla presenza sceni– ca. Poi, quando si è trattato di mettere su uno spettacolo vero, ci si è scontrati con la mancanza di soldi e strutture. Cioè, per fare una cosa fatta bene, devk poter ripro– porre lo stesso spettacolo in tutti i posti dove vai, anche i più scalca– gnati. E' molto difficile. Vedi, c'è l'idea che il musicista si muova sulla scena istintivamente, mentre in realtà questo non esiste. Non esiste per nessuno; sono cose studiate, calcolate, professiona– lizzate. Niente è più professiona– lizzato dello spettacolo: non la musica, di sicuro. Re Nudo: - Come vi sentite sul palco? Giorgio: - Bene. Mi sento mol– to bene nel momento in cui sono sul palcoscenico. Mi sento molto male prima di salirci e quando so– no sceso. Re Nudo: - Ma è facile perce– pire le reazioni del pubblico nel momento In cui suonate? Mauro: ' Si, è una cosa imme– diata. C'è doppia comunicazione tra chi suona e chi ascolta. Ciro: - Sento subito se c'è ri– sposta o meno. Non mi importa tanto che mi applaudano o meno quando ho finito, però se non c'è rispondenza suonare è molto me– no eccitante. Re Nudo: - Pensate di poter uscire dall'Italia? Ciro: - Lo spero, più che altro. Abbiamo delle mire di ricerca mu– sicale, e Bologna ci va un po' stretta, da questo punto di vista. Ci servirebbe un ambiente più aper– to, con impianti tecnici più perfe– zionati. Il fatto è che le grosse ca– se, in Italia, non rischiano mai sul rock, ma affidano la ricerca alle piccole case ... Re Nudo: - Salvo poi arraffare il gruppo già affermato, e magari farlo sputtanare. SI spartiscono la torta. Giorgio: / Gaznevada non han- segue a pag. 25

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