RE NUDO - Anno XI - n. 84 - febbraio 1980

Pat Travers Banda Go for what you know Polydor distr. Polygram Un trascinante album dal vivo registrato nel Texas e in Florida per una scatenata band di rock'n'roll. Un Pat Travers sempre in forma, fresco come al primo disco, aggressivo quanto basta. Un nome nuovo per un genere sempre amato. Una sferzata di energia concepita per muo– vere il corpo, non certo la mente. Tre-accordi-tre base della musica più seguita dai giovani degli anni '60, '70 e chissà, forse 80. Che dire di più? Che il nostro Pat possie– de una bella chioma fluente? Molto meglio ascoltarlo. Airto: «Touching you ... Touching me» (Warner Bros). A.B. È difficile trovare un musi– cista con credenziali più fulgi– de di quelle che può vantare Airto Moreira. Le sue percus– sioni hanno baciato Miles Da– vis, Wather Report, John Mc Laughlin, Chick Corea, Mii– ton Nascimiento, Stanley Clarke, solo per citare i più importanti. Ed è anche difficile trovare un album che sappia rimboc– care le coperte ai ritmi più commerciali, pur acconten– tando le smanie degli intendi– tori più esigenti. Il temperamento Brasiliano di Airto azzecca la miscela, cucinandoci carezze Funky con la complicità di alcuni fra i più raffinati volti del girone Jazz-Rock. Soprattutto la pri– ma facciata scorre liscia come olio di palma, all'insegna del piacevole disimpegno. Se volete concedere una va– canza alle vostre orecchie, tra una vibrazione difficile e l'altra, affittate una camera nell'albergo di Airt·o. RE NUD0/44 M.8. TOUCH~ )(Jt.J. l'O\,J(lUNGME Charles Mingus Three or Four Shades of Blues (Atlantic - USA 1977) Lo ammetto, il ritardo con cui si recensisce questo disco è molto e imperdonabile, e al– cuni forse diranno che ormai è inutile farlo. È ormai noto che Mingus da un lato non ha mai fatto scuola, forse perché il suo di– scorso musicale era troppo personale e intimo per poter essere fatto proprio da artisti con una diversa sensibilità, e che dall'altro ha visitato, ri– manendo sempre fedele a se stesso, un po' tutte le scuole e tutti gli stili della musica ne– ra: Mingus ha rivisitato il go– spel, suonato il blues, antici– pato il free jazz, senza rima– nere troppo ancorato a nessu– no di questi. Lo dimostra questo Three or Four Shades of Blues, dove Mingus unisce con sapienza antica e saggezza moderna due suoi grandi amori: Duke Ellington e il blues. Il primo brano, Better Git Hit in Your Soul, è forse il più famoso di tutti, perché è servito da sigla alla trasmis– sione radiofonica «Il jazz - Improvvisazione e creatività nella musica» per la terza rete RAI. Ma il brano più interes– sante é quello che dà iTtitolo ali' intero album, contenuto nella seconda facciata. Un ca– polavoro di come Mingus riesca a trarre spunto da tra– dizioni e forme musicali di– verse ed anche molto lontane tra loro e a trasformarle, sot– to un comun denominatore blues, in una musica nuova e tipicamente sua. In questo brano si sentono influssi el– lingtoniani notevoli, l'ultimo omaggio di Mingus al musi– cista che forse ha più amato, strutture di base afro-cubane, musica popolare del Caucaso, linee melodiche bebop. Il tut– to suonato con due o tre chi– tarre elettriche (Philip Cathe– rine, Larry Corriell e J ohn Scofield che si avvicendano allo strumento) che, pur se– guendo le linee melodiche del blues, danno al tutto un sapo– re quasi «rock» che si avvici– na molto alla sensibilità musi– cale odierna. Gli assoli di chitarra si sus– seguono nella musica senza purtuttavia togliere nulla agli altri musicisti: innanzitutto lo stesso Mingus al basso, Geor– ge Coleman al sax alto e al sax tenore, Ricky Ford anco– ra al sax tenore, Jack Walrath alla tromba, Bob Neloms al piano, George Mraz ancora al basso e Dannie Richmond, eccezionale batterista, forse l'unico che abbia quasi sem– pre seguito il suo leader nelle sue peregrinazioni musicali. Anche se ascoltato dopo la scomparsa del suo autore, questo disco è fondamentale non solo per chi voglia avere una panoramica generale sul– la musica di Mingus, ma an– che per chi si accosta per la prima volta al grande bassista nero americano. Jethro Tull Stormwatch Chrysalis distr. Polygram C.A. Sembra proprio che i vec– chi Jethro Tull, o per meglio dire Ian Anderson, abbia ri– trovato l'ispirazione musica– le, la vena espressiva perduta negli ultimi album. La forma– zione è quella di sempre: Ian Anderson alla voce, flauto e basso; Martin Barre alla chi– tarra e mandolino; Barriemo– re Barlow alla batteria; John Evan al piano e David Palmer ali' organo e sintetizzatore. Una formula azzeccata, vista la qualità tecnica e la godibili– tà complessiva di questo di– sco. Brani come «North Sea Oil», «Orion», «Dark ages», «Dun ringill» richiamano ai vecchi tempi di «Aqualung» e «thick as a brick» ma in mo– do tutt'altro che celebrativo. L'antico vigore espressivo dei Jethro è piacevolmente pre– sente in tutto l'album e fa sì che ci si riavvicini a questo gruppo che ormai da dieci an– ni, con una formazione delle più stabili, ripropone un ge– nere che ha ancora molte frec– ce al suo arco. A.B. Here And now / Alternative TV What you see... is what you are L'underground inglese è morto? Fortunatamente pare di no e questo disco ne è la piacevole conferma. Registra– to dal vivo e totalmente auto– gestito è il «documento sono– ro» della tournèe effettuata lo scorso anno per l'Inghilterra da due gruppi della scena al– ternativa britannica. Le due bands, musicalmen– te parlando, si presentano in maniera molto diversa, appa– rentemente l'una opposto del– l'altra: da una parte il sound acido degli Here and Now, simpatico gruppo di hippies con ali' attivo due bellissimi quanto misconosciuti album (live Floating Anarchy con Daevid Allen e Give and Ta– ke); dall'altra gli Alternative TV che possiamo inserire sen– za difficoltà in una delle cate– gorie coniate dai «grandi cri– tici musicali»: quella new– wave (fino a poco tempo fa sarebbero certamente finiti sotto lo scaffale «punk» nel polveroso archivio pop– giovanilista). Al sottoscritto piacciono di più gli Here and Now, soprat– tutto per l'inalterata portata del loro messaggio pacifista– libertario oramai buttato a mare da tutti quegli impiegati del disco che non sanno più dove sbattere la testa per un pugno di dollari. · Anche gli Alternative TV non sono però male, anzi. È una piacevole sorpresa la mu– sica che sa esprimere questo gruppo formato da ragazzi che sembrano avére le idee molto chiare: il suono è quel– lo che ci si può aspettare dal classico line-up chitarre/ bas– so I batteria/ voce ma l'ener– gia che ne esce dà una buona dose di freschezza e simpatia al tutto (valga ad esempio il travolgente brano d' apertu– ra). Fa comunque piacere che un gruppo della «new wave», aldilà dei soliti luoghi comuni (incazzatura fine a se stessa, volumi assordanti, capelli viola, svastiche e ammennico– li vari) tenti la strada dell'au– togestione al di fuori dell'in– dustria musicale. Chiaramente si capisce al volo che questo LP non è del– la CBS o della Warner Bros: l'incisione è delle più povere

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