RE NUDO - Anno XI - n. 84 - febbraio 1980
Led Zeppelin/ In Through The Out Door/ Swan Songs The song remains the same: ottimo slogan e marchio di fabbrica per i Led Zeppelin. Valido anche per quest'ulti– ma prova. Dopo un Presence (1976) che denotava più che altro la loro assenza (creativa– mente parlando), e dopo il fa– moso film con relativo dop– pio, Page e compagni si erano dati alla latitanza. Con In Through The Out Door dimostrano, se non al– tro, di essere insensibili al cambiare delle mode: difficile trovare in commercio un sound più statico. La forma base dei pezzi è immarcescibi– le, Whole Lotta Love, per i rock duri, Stairway To Hea– ven per le pause più tranquil– le. Con un Jimmy Page ormai definitivamente rassegnato a vivere di rendita sul vigoroso passato ( e non vorrei essere inclemente, ma parlo degli Yardbirds). Qualche guizzo di rock ve– ro c'è ancora, tra il magnilo– quente sintetizzatore di J ones e la percussione scontata di Bonham, ma è un po' pochi– no... del resto, sarebbe in– giustizia scoprire che Out Door non aggiunge nulla agli Zeppelin: sarebbe come dire che i quattro hanno passato gli anni scorsi ad inseguire la freschezza e la novità. Cioè mentire. The Boomtown Rats The fine art of surfacing Mercury/P9lygram P.B. Questi topi (rats) delle città toccate dal boom economico (boom town) non sono di cer– to noti dalle nostre parti, do– ve impera lavoro nero e mise- · ria cronica, eppure esprimo– no un suono a noi ben noto, una musica cioè che sta nel– !' aria. Piacerà a chi amerebbe che David (Bowie) fosse un po' più rock, piacerà a chi ama quel suono svagato con tanto di Farfisa e coretti anni '60. Eppure non si tratta propria– mente di questo, anche se la presenza di the Knack, emuli californiani dei Beatles, lascia pensare che il revival è perfet– tamente in corso. E allora co– sa sono i Boomtown rats di questo «la fine arte del risali– re alla superficie» che ce li ri– trae immersi in ampie pisci– ne? Io non voglio dare defini– zioni d'alcun genere, che sa– rebbero comunque limitanti, e preferisco ricordarli come quelli che hanno scritto «Io non amo il lunedì»: «Un tru– ciolo di siÌicone nella sua me– moria (del calcolatore nd.r.) basta a mandarlo fuori fase, e così nessuno dovrà andare a scuola oggi» ... Tempi duri per Ms. Tatcher: visto che questo disco è andato in testa alle classifiche inglesi, il pia– no per l'aumento della produ– zione è seriamente minaccia– to! Orchestra Njervudarov Con le orecchie di Eros EMI italiana G.M. Orchestra Njervudarov so– no Bruno Mariani, Roberto Costa, Piergiorgio Bonfaè, Piero Baldassari e Adriano Pedini, bolognesi. E chi sono direte voi? Beh, se sforzate un po la vostra memoria e riusci– te a ricordarvi una certa coo– perativa la Cicala che ha col– laborato con Claudio Lolli al– la realizzazione di «Disoccu– pate le strade dai sogni», avrete ricostruito senz'altro in mente le angosciose musi– che di «Incubo Numero Ze– ro» e di «Alba meccanica», due pezzi molto belli, oltre che per ciò che dicevano in parole, anche per ciò che dice– vano in musica. Bene. Stavol– ta, sotto l'ala protettrice di Claudio Lolli, tornato alla EMI dopo tanti vituperi, han- no realizzato questo loro di– sco solo, senza nessuna paro– la. Il risultato è tutto da gu– stare: una baldoria verticale, tanto per dirla con uno dei lo– ro titoli. Leo Kottke B_alance Chrysalis / Pòlygram G.M. Dopo la sua unica data ita– liana, tenuta a Milano qual– che tempo fa, sarà forse arri– vato per Leo Kottke, uno dei migliori chitarristi in circola– zione, il momento di sfondare anche sul mercato italiano? A parere mio modesto, sarebbe proprio il caso, visto che an– che questo suo «bilancio» è più che positivo ed apprezza– bile. (debbo confessare che lo preferisco ali' acustica, dove sa compiere dei veri miracoli, che chi l'ha visto, ha avuto modo di verificare). Qui ci si presenta con volti elettrici altrettanto belli. Due episodi vanno citati: la spÌen– dida «Embryonic journey» del caro J orma Kaukoner., e la mitica «Learning the ga– me» del compianto Buddy Holly, magistralmente rein– terpretate dal nostro caro Leo. In nota si può aggiunge– re il saluto natalizio molto ironico del chitarrista agli ac– quirenti del suo disco, dove annuncia di far volentieri a meno dell'albero di natale in cambio di un vero albero vivo dell'Oklahoma. Voi che ne di– te? Fareste a cambio? G.M. Eagles: «The long run» (Asylum) Aprendo la copertina di questo disco troviamo i cin– que musi lunghi dei protago– nisti che sembrano dirci: «Scusateci, ma non siamo riusciti a fare di meglio». Tre anni di laboratorio per una provetta che poteva essere riempita in tre settimane; così non possiamo concedere l'at– tenuante della fretta. Il panico maggiore degli Aquilotti era quello di soste– nere il confronto con «Hotel California», ultima vendutis– sima loro gemma: la soluzio– ne, per accontentare tutti i compratori, si mangia tre stellette di personalità. Ed ec– co una California narcotizza– ta sulle ginocchia della fami– glia Bee Gees («Can't teli you why» è indecentemente simile a «How deep is your love») con panni smunti da intratte– nitrice in avaria. «Se Long Run incassa solo due milioni di dollari, siamo fregati» è l'esplicita ammis– sione del presidente della Asylum Records. Ebbene, le uniche aspettati– ve non deluse da questo al– bum saranno quelle econo– miche, visto che è già scattato in testa alle classifiche estere ed è ben piazzato anche nelle nostrane. Fortunatamente non tutti i solchi sono concime da giar– dinaggio auricolare, c'è anche qualche indizio masticato qua e la a ricordarci che il gruppo sa plasmare rock assolati e in– delebili. Qualche fan fedelis– simo riuscirà persino a farseli bastare... per i prossimi tre anni. M.B. RE NUD0/43
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