RE NUDO - Anno XI - n. 83 - gennaio 1980
pra del rock e soprattutto del rock di quel genere. Questa pater– nità lei non la nega, ma non la interpreta in senso letterale - faccio sempre delle parole con una musica in testa, e se ho già in testa una musica penso già ad un soggetto .. Questo è il modo di pensare caratteristico della scena. I suoi testi sono importanti ed intensi: è semplicissimo, leggendoli, trovare che il rock ci sta sopra in bilico, questo però è il sistema per non voler capire che il testo da solo non è pensato per dire tutto - come una poesia - e che la musica ha il suo ruolo e il suo messaggio per essere QUELLA musica e non un'altra. La strada battuta da M.B. (che non va magnificata per le sue doti di cantante e basta) è quella della ricerca di parole vive impo– state su qualcosa di diverso dalla musica contornante, secon– dante, appena piacevole, senza con ciò montare i paragoni e le origini, ad esempio con gli Stones. Con in mente la storia pas– sata le abbiamo chiesto se c'è rabbia nella sua musica se vuole rabbia nel pubblico, aggressività - no - decisissima - l'aggressività è contro il cielo: quello RE NU00/44 che voglio suscitare io è ben diverso. Abbiamo capito cosa vuol suscitare, ma la domanda d'obbli– go non gliela leva nessuno: - e il coinvolgimento politico nella tua musica? Tira un gran sospiro che la dice lunga sulla situazione dei cantanti di sinistra legalmente riconosciuti - io sono di sinistra, bene, secondo me la politica passa nella musica e nelle parole. Io sono politicamente impegnata ma non me la sento di prendermi un'etichetta, non me la sento di fare musica partigiana, per un partito, per un'organizzazione: di far questo sistematicamente non me la sento. Su questo siamo tutti concordi, anche sul fatto che la sua musica sia politica - politica nel modo di farla, s'intende, nel rapporto col pub– blico -si? -si. Il pubblico è un argomento irresistibile per lei: - allora forse è meglio dire che è qualcos 1 altro: più che politi– ca è una carica diversa. Non voglio l'etichetta di cantante poli– tica. Tante volte i giovani politicizzati ti vengono a sentire per– ché sei una cantante politica, ti stanno a sentite per questo, io invece voglio un rapporto differente, dove i giovani incomin– ciano a capire con e nello spettacolo. Non mi va il modo politi– co di fare spettacolo in cui tu ti metti li con la chitarra e dlin dlin dian dian ripeti le solite cose. Fa delle smorfie molto espressive accompagnandosi col torso di mela - è molto importante cantare sulle _cosedella vita, perché sei una persona, che lavora, che pensa, con le sue idee. Ti metti lì, non so, sulla Senna, e senti uno che canta: ma perché canta? perché è una persona con il suo modo di avere delle idee. - tra l'altro, fai una musica, delle canzoni, femminili? - si, si vede dai testi, in come li canto, mi viene dal cuore, nel rapporto col pubblico, e poi viene fuori dal modo di sentire la vita, basta vedere in strada, te la vivi sulla pelle l'immagine del– la donna, non si può non avere tematiche femminili quando basta uscire per trovare quello che ti guarda con una certa fac– cia, quelli che fanno i galli, addirittura quello che ti tocca - tutto ciò con la spiegazione plastica di come lei in questi casi si senta di ricorrere anche ai ceffoni, in un bel gergo avignonese. Ma naturalmente il femminile di Marna Bea non è solo quello, per nulla protestatario, di cui sta parlando, è in massima parte un sistema di comunicazione psicologico. - Che musica ascolti tu? - di tutto, ho incominciato con i cantanti francesi, americani, Janis Joplin, rock e poi finalmente musica classica, come mi sarebbe sempre piaciuto poter fare, ma ho ricevuto un'educa– zione in cui la musica classica non rientrava. Io vengo da un ambiente in cui la musica classica non si sentiva. Ha anche questo particolare orgoglio di essere non solo meri– dionale ma di chiamare, con tutta la desuetudine del termine, «popolana» la sua famiglia. - E la tua voce? - spero che si riesca a capire tutto quello che voglio dire con la voce, altrimenti le parole non bastano. E poi adesso è tardi e devono partire, lei, la sua manager, il marito, i bambini e la loro auto quasi pericolante. Si raggiusta ancora la sciarpa intorno alla gola, ha un bellissimo sorriso, efelidi, forse qualche ruga, uguale a quella vista cantare e mol– to diversa dalla signora del dopo spettacolo. Anche a Roma ha ricevuto una buona accoglienza, torna in Francia molto più co– nosciuta di quando è arrivata, sia pure in sordina. Ha parlato tanto, di pubblico, di origini, di incominciare, come se sempre dovesse far parte di lei confrontarsi con l'inizio, con la radice. E poi la Senna, sempre la Senna, una specie di immenso palco– scenico e di accolita umana, mezza vera, mezza immaginata o che forse non c'è più e probabilmente non c'è mai stata o ma– gari c'è sempre stata e c'è dovunque. Luisa Cunteri
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