RE NUDO - Anno XI - n. 83 - gennaio 1980
Pubblichiamo molto volentieri uno stimolante contributo sulla realtà metropolitana vista dall'interno in una delle più mefitiche città europee: Milano. Speriamo che serva a riflettere un po' sulla qualità della vita e ad aprire un dibattito su questo tema. Palalido di Milano, una fredda serata di novembre, su uno dei palchi «più famosi» di Milano sono di scena le nuove leve (le «promesse» di– rebbe CIAO 2001) del rock italiano. Francamente di nuo– vo c'è ben poco dal punto di vista musicale; quello che se– condo me rappresenta una grossa novità è invece la «ca– daverizzazione» del movi– mento, ovvero l'introduzione nell'ambiente giovanile di nuove«ragioni di vita». Stare insieme, fumo, acidi, creatività, fantasia? Via tut– to, ci siamo sbagliati; oggi per vivere nelle nostre puzzolenti città occorre violenza, ero, ambe, coca, musica dura co– me le vene di chi la suona. Ta– ke Four Doses, Gaz.Nevada, Vanadium etc. Da questo ge– nerale andazzo stanno un po' fuori (ma poi neanche trop– po) Windopen e Kaos Rock, mentre due metri al di sopra di tutti stanno gli Skiantos, se non altro simpatici e ironici al punto giusto con se stessi e con un pubblico che sappia– mo da sempre colonizzato dalle varie mode musicali. Tantissimi anni fa (quan- RE NUD0/4 ti?) in America c'erano i fiori, l'erba, la rivolta, Woodstock, la voglia di cambiare, tutte cose che molto tempo dopo sarebbero arrivate anche in Italia. Poi tutti in Oriente, ognuno pensi al proprio kar– ma e così anche qui (fatto sal– vo il ritardo storico del nostro paesello rispetto ai paesi «gui– da»). E cosi si è arrivati al punk: tre anni fa in Inghilter– ra e oggi (quando oramai è stato ben fagocitato e digerito dallo show-business) in Italia, colorato come al solito di ve– nature movimentistiche e metropolitane. L'impressione che ho avuto da questa serata milanese è stata quella di una gran scop– piatura che non risparmia or– mai più nessuno. Quattro ore di musica assordante sui soliti tre accordi (e passi anche) sui quali si involano dei testi dal mio punto di vista semplice– mente vomitevoli («... andia– mo a fare una rapina, ci ho già pronta la piantina ... » - «... stivali di cuoio, giubbotti di pelle, pugnale e coltelli. ..» - «... ehi! Voi! Che cazzo vo– lete, non ci rompete i coglio- ni!» e via rantolando), che ri– cordano, nella struttura me– trica, quello che anni fa can– tavano· a Sanremo i Rokes o i Giganti (cambiano i condi– menti è vero, ma la minestra è sempre la stessa, quella del- 1'«insoddisfazione giovanile» servita di volta in volta su ·piatti diversi). Ancora più preoccupante, aldilà di chi era sul palco, la «scena» in generale. Vi ricor– date qualche anno fa il Palali– do? Ci si trovava tutti, si fa– cevano i cerchi, fuori i joint si suonava, si ballava, si parla– va, ci si baciava... dimenti– chiamoci anche tutto questo. Il «comportamento giovanile degli anni '80» prevede un co– pione ben diverso con occhi rossi e ben sbarrati da «para dura», calzoni attillati, stivali e giubbotti di cuoio che met– tano bene in mostra la «po– tenza» di chi li indossa; vieta– to parlare con gente al di fuo– ri del proprio giro perché «... mollami che sono in pe- ra ... ». E se poi si dovesse fare una classifica per i discorsi più frequenti, state sicuri che la vincerebbero quelli tipo « ... passami la spada ... » «... ci ho l'epatite ... » «... ho le transaminasi alte, non te la posso dare ... » «... ci hai il cucchiaino ... ?» e alè!, sull'a- ria di uno sgangherato fune– ral blues. Anche sul fronte del fumo le cose si sono incancrenite non poco: gente che «deve» vendere.a tutti i costi, pacchi a non finire, cattive vibrazio– ni e consumismo sfrenato (il gioco è comunque a «chi si fa di più» e, giunti a questo pun– to, una roba vale l'altra). Ma, direte voi (e giusta– mente), queste cose le sappia– mo già tutti. Io invece non so– no ancora riuscito ad abituar– mi alla «cultura della morte» che spadroneggia nelle lande metropolitane. E, se posso es– sere sincero fino in fondo, de– vo anche dire che questo stato di cose mi fa veramente pau– ra. È chiaro che nulla deve ri– manere statico, di conseguen– za anche i fiori dovevano mo– rire (e sono morti) ma ultima– mente si rischia addirittura di arrivare, all'interno di quella stessa gente che nel '77 aveva ancora qualcosa da dire, ad un pericoloso cambiamento di segno: dall'amore alla vio- lenza, dall'egualitarismo al– l'individual~mo più bieco («... fatti i cazzi tuoi...»), dal fumo all'ero, dal servizio d'ordine agli infermieri (e al Palalido ce ne erano vera– mente tanti), dalla droga per «stare meglio insieme» a quella per crepare da soli, dalla musica per trascendere alla musica come carica per mandare a cagare tutto e tut– ti, magari anche quello che ti siede vicino; quasi un «muori e lascia morire» in luogo del vecchio «vivi e lascia vivere», che almeno sottendeva una tolleranza ed un'apertura ver– so tutto ciò che di buono po– teva succedere. E, dulcis in fundo (mi ero ripromesso di non fare il mo– ralista ma oramai ci sono ca– scato in pieno), i soldi che hanno oggi tra i giovani lo stesso valore (se non di più) che hanno sempre avuto nel famoso «sistema di merda». Si tirano pacchi agli amici più cari, si ruba ovunque capiti senza nessuna distinzione (quanto siamo lontani dagli «espropri»!), le botte e i col– telli sono oramai patrimonio anche di chi fino a poco tem– po fa cercava «amore». Si va bè sarà anche colpa della so– cietà ma io non sono un so– ciologo e quello che sto dice·n– do vuol solo essere uno spun– to per parlare, sulle pagine di un giornale dove i «compor– tamenti giovanili» sono sempre stati all'ordine del giorno, di come le cose vada– no imputridendosi in maniera sempre più insopportabile. La mercificazione di tutto è arrivata a livelli impensabili e spero sia chiaro che il caso «Palalido» è solo uno dei tan– ti punti di partenza per un di– scorso più generale su quello che ci sta crollando attorno. La situazione è già abba– stanza di merda e oltretutto ci sono anche i quagliotti che, imbracciate le chitarre, la esaltano, quasi ci fosse biso– gno di ulteriori incitamenti al– la pera, allo scippo, alla vio– lenza fine a se stessa. Cadaveri, cadaveri che sbarrano qualsiasi strada si voglia tentare per cambiare la vita, cadaveri che oramai non sono neanche più eccellenti, qui non si tira più «a campa– re», ci si tira per «morire». Va bene così? Gigi Marinoni
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