RE NUDO - Anno X - n. 82 - dicembre 1979

fanno intravvedere saltuariamente ìa possibilità di esprimersi e co– municare. E in questo c'è un?. ri– tualità, che ha sempre un carattere terapeutico. Anche nell'analisi c'è un rito: si deve andare 3-4 volte alla settimana da un certo signore, si devono fare delle cose e non farne altre. Ma io vorrei vedere un caso di seria nevrosi curato da un gruppo d'incontro. Il gruppo d'in– contro potrebbe invece essere utile per delle persone che stanno bene e hanno solo leggeri problemi di socializzazione. C'è anche un altro fatto da tenere presente: questi nuovi tipi di terapia non fanno fa– re il mm1mo passo avanti alla scienza psicologica. L'analisi, infat– ti, è soprattutto una ricerca, non solo una terapia: è il tentativo di conoscere sempre meglio i mecca– nismi mentali sottesi al nostro comportamento. Invece nell'ambi– to di queste altre terapie, compresa la Gestalt Therapy, non abbiamo alcuna ricerca, abbiamo soltanto una meccanica applicazione di tecni– che che non servono se non al sin– golo terapeuta e ai singoli poveret– ti che hanno scèlto quel tipo di terapia. Un altro problema attualmente molto dibattuto è quello dell'omo– sessualità. C'è tutto un movimen– to, quello di liberazione omoses– suale, che ha tentato di far uscire l'omosessualità dal ghetto in cui la società l'aveva rinchiusa, un ghetto sovente anche fisico, come in U– nione Sovietica e a Cuba. Il movi– mento di liberazione omosessuale ha trovato uno dei punti di riferi– mento negativo nella psicoanalisi freudiana che - a detta degli o– mosessuali - giudica l'omosessua– lità una forma di malattia o quan– tomeno una forma di devianza ne– gativa. Io volevo sapere qual è l'atteggiamento di Jung e dell'ana– lisi junghiana di fronte al problema del!' omosessualità. C'è un libro di Mario Mieli - edi– to da un editore prestigioso, Ei– naudi - che già dà una prima ri– sposta, vissuta diciamo così all 'in– terno, alla tua domanda. Mieli non risparmia critiche, anche aspre, a Freud e ai freudiani per il loro approccio teorico al problema del– l'omosessualità: mentre esamina con estremo rispetto l'approccio junghiano, perché in esso l'omo– sessualità si configura come un ten- tativo autentico di vivere a livello simbolico o di comportamento i propri problemi profondi. Proble– mi che riguardano la propria iden– tità sessuale e il rapporto con la figura interna dell'altro sesso: due facce della stessa medaglia, due momenti di un'unica vicenda. Per– ciò, per J ung, niente « malattie » e :niente « devianze negative ». È chi-aro però che se approfondiamo questo concetto e incastoniamo questi problemi nella complessa trama della nostra crescita interio– re, non potremo evitare di dire qualcosa che « suonerà male » a molte orecchie, visto che ormai si è arrivati a scambiare per « intolle– ranza » anche una diagnosi psico– logica. Non potremo evitare di dire che, almepo nell'ambito della no– stra civiltà, la cosiddetta « scelta » omosessuale è mondizionata da mec– canismi interiori perlomeno quan– to quella eterosessuale potrebbe essere condizionata da meccani– smi esterni. Intendo dire che è cabili » che la norma sociale pone all'eterosessuale, li pone all'omo– sessuale la sua struttura psichica. ,Se si crede, come io credo, alla va– lidità del discorso junghiano, bi– sogna ammettere che questa strut– tura è caratterizzata da un rappor– to non risolto con la figura interna dell'altro sesso. Quello che invece va detto con forza è che questo cattivo rapporto non è esclusivo dell'omosessuale: lo troviamo in tanti « eterosessuali », vissuto se– condo altre modalità che per essere meno « vistose » non sono meno rivelatrici per lo psicologo del pro– fondo. Sicché l'errore, diciamo pu– re l'ingiustizia,. consiste soprattutto nell'aver isolato in maniera così netta e discriminatoria i compor– tamenti omosessuali da tutti gli altri comportamenti che possono denotare un cattivo rapporto con la figura interna dell'altro sesso. Rispetto alle correnti più radicali del pensiero omosessuale, quelle che propongono per tutti l'omoses– sualità come una sorta di esperien– za liberatoria? Io posso dire che hanno ragione di dire « vivi la tua omosessualità » quando qualcuno ha questa reale esigenza, Non si può immaginare in quante analisi ci sia il confronto dell'individuo con una sua grossa tendenza all'omosessualità, che viene sempre coscientemente re- RE NUD0/11 pressa proprio per la paura dei giudizi sociali. In questo caso i movimenti radicali hanno piena– mente ragione di dire che bisogna vivere la propria omosessualtià. Hanno meno ragione quando non tengono conto che nella maggio– ranza delle persone l'omosessualità è assolutamente rimossa a livelli inconsc), e la rimozione ·è avvenuta così bene che non si sente alcuna spinta ad avere rapporti"' omoses– suali. Ma allora in che senso potremmo stabilire una distinzione nell'ap– proccio analitico all'omosessualità da un punto di vista junghiano in contrasto con quello freudiano? C'è un contrasto in questo senso, c'è un approccio diverso? Nell'accezione freudiana l'omoses– sualità è senz'altro paura della castrazione, è senz'altro un livello infantile. Nella visione ji,mghiana l'omosessualità è una possibilità di crescita. Cioè, l'individuo attraver– so l'omosessualità, vissuta a livello simbolico come un rito di inizia– zione, cerca di crescere e realizzar– si, mentre nell'ambito della conce– zione freudiana l'omosessualità è un livello regredito di modalit.à d'essere. La differenza è radicale. Ancora una volta ti chiederei di specificare questo concetto con al– cuni sogni o degli esempi. .Sono stato testimone del caso ab– bastanza recente di una donna che sin da bambina sentiva un bisogno estremo di avere rapporti omoses– suali. Quando è venuta da me, in– torno ai trent'anni, aveva avuto so– lo esperienze eterosessuali, con grande insoddisfazione. Con il pro– cedere dell'analisi questa sua esi– genza si fa sempre più evidente, fino a che trova il coraggio di affrontare delle esperienze omoses– sauli, che porta avanti per circa due anni. Durante questo periodo, stranamente, esaurisce il suo desi– derio, e torna poi ad avere dei rapporti eterosessuali, di gran lun– ga più soddisfacenti che in passatJ. Probabilmente la sua esigenza o– mosessuale la spingeva a vivere il suo essere donna attraverso un'al– tra donna, cioè era come se lei do– vesse ancora crescere all'interno di se stessa come donna, e doveva stare con una donna per conoscere questa dimensione.

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