RE NUDO - Anno X - n. 80 - settembre-ottobre 1979

HAIR di Milos Forman Questo film non è un revival de– gli hippies, ma dei beats: non confondiamo. Il -fl.ower power si affaccia timi– damente con le danze lunari de– gli Harry Krishna, con una sce– na di acido collettivo, ma è con– torno, non sostanza. L'impronta indelebile al film la dà il protagonista, il becero e sfronato capellone Burger (coine amburger), sempre pronto a pro– vocare lo scompiglio negli «squa– res » (come si diceva allora, cioè i quadrati, quelli che sono inse– riti nel quadro di valori della società consumistica), sempre di– sposto a sfidare il sistema e a di– mostrare l'assurdità delle con– venzioni che lo reggono (anche « sistema » è una parola venuta di moda negli anni '65/'66, poi stravolta nel '68 con il significato riduttivo di « sistema capitalisti– co»). Burger ha i capelli lunghi quan– do ancora nessuno li aveva, Bur– ger è sporco, non ha p,aura del proprio corpo e dell'uso che ne può fare. Burger va a simpatia, non a pre– concetti, si butta nelle situazio– ni a corpo morto, non si rispar– mia, finisce nello stagno inqui– nato, in galera, in Vietnam, e sempre ricomincia, irriducibile. Burger è una forza della natura scagliata contro la società per rigenerarla. Inventa, improvvisa sempre al di là del ragionevole, al di là del pensabile, al di là del buon sen– so. Burger è un sogno generoso, un sogno realizzato in una persona in carne e ossa, una sfida peren– ne all'ordinata convivenza civile, per cui viene emarginato metodi– camente, con ostinazione, con freddezza, senza entrare nel me– rito di quello che dice, perché le sue parole possono rivelare le contraddizioni del sistema, e il sistema reagisce tappandosi le o– recchie, ma soprattutto tappan– dogli la bocca. Questo è il prota– gonista. Debbo riconoscere che gli auto– ri della commedia e il regista del film questa volta hanno fatto cen– tro su un fenomeno di costume che non ha avuto sbocchi cine– matografici di rilievo (Chappa– qua era un film psichedelico, Easy Rider un film malinconico sulla fine del fenomeno). Quanti Burger c'erano sulle piaz– ze italiane nel '67! Dove sono fi– niti? In realtà si sono moltiplica– ti, hanno inciso nel costume, ma così facendo si sono anche dilui– ti, annacquati. La bella faccia to– sta dei pionieri, dove trovarla o– ra? Quella carica, quell'entusia– smo, quella sicurezza di essere nel giusto e che alla.Jìne le pro• prie idee trionferanno! Ecco, tutto questo lo si ritrova nel film. E per chi lo ha vissuto ai tempi, è addirittura struggente rivederselo davanti. Certo è che, giudicati dopo 12 RE NUD0/41 anni, i beats risultano a tutti mol– to simpatici. Rompipalle, ma simpatici. E in questo aggettivo « rompi– palle » c'è tutto il nostro momen– to di riflusso, le delusioni soprav– venute, la coscienza che non è facile cambiare alcunché volon– taristicamente, coi bei discorsi, e nemmeno con l'esempio. Allora invece c'era il senso di una crociata. Poi è venuto il '68 e si è andati a leggere Marx, poi è venuto il '77 e si è andati a guardare me– glio il socialismo realizzato, per– dendo ogni fiducia nell'ultima chiave della felicità. Adesso c'è il grande rifiuto, l'ironico rifiuto delle ideologie. A Burger allora, con la sua sem– plice ideologia di rompere i siste– mi, le abitudini mentali, i con– formismi... dove lo mettiamo og– gi? in soffitta tra i ricordi ingial– liti? No, mi rifiuto. Ogni volta che nella realtà incon– tro un Burger, io gli sono natu– ralmente amico é gli do solida– rietà. Forse, nei momenti migliori, an– ch'io sono un po' un Burger. Per dirla con una frase retorica, che in questo caso lo è meno del solito, Burger non è morto, Bur– ger è dentro di noi. w.p.

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