RE NUDO - Anno X - n. 77 - giugno 1979

DORIANA raccontodi Pino Franzosi La giovane ragazza nel suo sem– plice fodero di plastica trasparen– te stava agitando le piccole mani fumacchiando una sigaretta com– pletamente sdraiata nel lettino concavo seguendo distratta un programma ad ologrammi, i suo– natori saltellavano davanti agli strumenti a fotocellula traendone ritmi frenetici discordanti, esem– pio eccellente di paraschizomusi– ca, il cantante sulle mani a testa in giù lanciava i piedi in tutte le direzioni rotando gli occhi, le na– rici. lungamente allenate e cura– te uscivano fonemi intensi e vi– branti come l'Ornitorinco in amo– re secondo la nuova corrente mol– to in voga dei cantanti slavi, so– prattutto, certamente i più bravi, i siberiani. Distrattamente, per– ché anche si abbandonava a uno sciame scomposto di fantasie im– magini sogni idee personali, con– fusamente si rappresentava gli elettrochirurgh{ completamente sordi e muti, per lingua estirpata, in dedizione alla eletta missione più che professione volti ad acui– re l'abilità e agilità delle dita delle mani e dei piedi, gli esploratori spaziali stavano poi per scendere su Giove dopo averlo circumnavi– gato sette anni proprio quel gior– no e si domandava « che cosa fac– cio io, invece, per gli altri? ». Nel fodero, e_ssendosi alleggerita delle costole ed eliminati i gonfiori al petto da bambina e ricucita tra le gambe, naturalmente, (cose ovvie, non era una produttrice di ovuli, se un giorno avesse voluto dei bambi– ni sarebbe andata in farmacia co– me tutti) mostrando nella traspa– renza di plastica la più perfetta for– ma a maccherone allungato tutta liscia senza irregolari asperità e avvallamenti, la strozzatura irre– golare del torace provocando un maggiore flusso di sangue al capo le aveva determinato una crescita di capelli come una fontana da mattina a sera fino a terra, costret– ta a tagliarli tre volte dopo i pa– sti: « In fondo che cosa faccio io per gli altri? ». La trasmissione fu interrotta per portare al mondo intero la· discesa dei primi uomi– ni su Giove, la nuova tecnologia super.avanzata aveva eliminato i faticosi fastidiosi scafandri, gli in– gombranti equipaggiamenti tradi- zionali, i giovani cinesi apparvero in bikini dorato strettamente ade– rente e semplice mantello rosso svolazzante sulle spalle e scesero la sca!etta di corda terminando con un morbido saltello. - Si muove, respira! - mormorò il co– mandante, in realtà la magica qua– lità di riproduzione degli ologram– mi rendeva la cosa evidente a tutti. Il suolo del pianeta sobbalzava scosso da un profondo intimo mo– vimento, dai pori dilatati qua e là affioravano regolarmente grossi peli affusolati, il pianeta era vivo, il primo pianeta vivo conosciuto, la concezione e opinione di Gior– dano Bruno era dunque scientifi- _ camente valida, se alcuni pianeti erano morti, altri, indubbiamen– te, erano vivi. Lo spazio della olo– visione era animato anche dalla

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