RE NUDO - Anno X - n. 77 - giugno 1979

RE NUD0/44 Rock in Opposition nasce nel 1977, per iniziativa degli Henry Cow, al– lora gruppo leader di tutto il pop alternativo d'Europa. Associazio– ne di sostegno vicendevole e di au– togestione, per dèi musicisti che non hanno mai avuto vita facile, snobbati dalle case discografiche, e di conseguenza tagliati fuori dal circuito dei coflcerti. A Milano si sono presentati al completo: i belgi Universe Zero e Aksaak Maboul, i francesi Etron Fou Leboublan e Art Zoyd III, gli italiani Stormy Six, gli svedesi Samla Mammas Manna e gli ingle– si Art Beats. Proposte e stili di notevole varie– tà, dall'organico Rock (chitarra– tastiere-basso-batteria) dei Samla Mammas Manna, a quello decisa– mente insolito degli Art Zoyd (bas– so/violoncello, viola, violino e tromba), attt~verso il polistru– mentismo degli altri, da Universe Zero ad Art Bears. Una cronisto– ria completa finirebbe per essere dispersiva: mi limiterò alle fasi più interessanti. Gli Etron Fou non erano scono– sciuti, qui a Milano. Il trio, sasso– fono basso e' batteria, ci ha ripor– tato il suo humor noire inconfon– dibile, con poesie declamate sullo sfondo degli strumenti e lunghe improvvisazioni a base ripetitiva. I tre non sono uomini dalla tecni– ca eccelsa, ma fanno musica di ca– rattere, e sanno benissimo come tenere la scena, passandosi le par– ti vocali ed agitandosi per tutto il palco. E' il batterista il fucro dell'azione, con quel suo modo di suonare e di muoversi incredibil– mente slegato e convulso. Il contrario potrei dire degli Aksa– ak Maboul: padronanza perfetta dei molti strumenti usati, organo e piano e fagotto e varia fiateria oltre a batteria e basso, ma una struttura musicale con troppi de– biti verso gli Henry Cow (sempre loro!). :Sarà anche responsabilità di Fred Frith, che per l'occasione li accompagnava al bas$O. Comun– que il gruppo ha rivelato buone po– tenzialità, con l'atmosfera medita– tiva delle sue suites; c'era un cli– ma molto opportuno al concerto, pochi aficionados, ma tutti con le orecchie ritte. Tanto per riequilibrare la bilan– cia, i Samla Martlmas Manna sono invece sempre fedeli al buon vec– çhio rock, robustamente ,amplifi– cato. O perlomeno alla struttura base, perché all'occorrenza sono capaci di riservare delle (piacevo– li) sorprese. Come quando, sfot– tendo, si sono divertiti a rifare il reggae più vieto e l' easy listening più sputtanato. Sono stati proprio· questi nordici, tra tutti, i più ric– chi di calore umano: muniti di fi– sarmonica e xilofono, hanno coin– volto i presenti (non abbastanza, ahimè) in vecchi'e ballate e ritmi da taverna. Mancavano all'appello gli Henry Cow, ma solo perché dall'anno scorso si sono sciolti: Georgie Born e Lindsay Cooper sono con– flui te nel Feminist Iinprovising Group, mentre il chitarrista Fred Frith, il batterista Chris Cutler e la vocalista Dagmar hanno forma– to gli Art Bears, dove sono affian– cati da un tastierista e da un bas– sista, che nello specifico è Peter Blegvad, ex Slapp Happy e loro vecchio collaboratore. Il loro con– certo, il primo maggio, avrebbe dovuto essere il tocco finale. Lo è stato sì e no. Non proprio per col– pa loro, è partito col piede sba– gliato, noie al mixaggio, tutta l'a– custica squilibrata, e la voce che non riusciva ad emergere. Frith, incazzato, interrompeva il concerto per riordinare il mixing. E la classe veniva fuori alla di– stanza: non che i primi pezzi, e– spressionisti e tutti centrati sul canto, fossero senza suggestione; ma si sentiva la mancanza della varietà e degli impasti strumentali dei vecchi Henry Cow. Appena i Bears hanno accennato qualcosa di simile, si è creata la atmosfera giusta, con gli unisoni di organo e viola, e un lungo, so– gnante solo della chitarra di Frith. E alla fine, la musica quasi irlan– dese scandita dalla viola di Frith è riuscita a spegnere le ultime perplessità in un pubblico che era, forse per la ricorrenza, più folto che le altre sere. Però gli Art Bears non sono anco-

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