RE NUDO - Anno X - n. 76 - maggio 1979

RE NUD0/61 lettere - lettere - lettere - lettere - lettere - lettere Cari amici, Prometheus e la fine di un altro sogno. Sono stato a vedere il Living Theatre dopo anni che ne sentivo parlare. Indubbiamente uno spettacolo molto bello, ricco di significati e di va– lori. Ma, non si tratta for– se di un altro sogno che noi e lo stesso Living vivia– mo per tre ore per poi ac– cantonarlo in un angolo della nostra mente schizoi– de? E' vero, la linea ha un inizio e una fine, tanti pun– ti formano una linea, un punto a sé è come niente; ma la nostra linea dov'è? è mai iniziata o è già fini– ta prima di iniziare? Cri– sto, Internazionale, sociali– smo, anarchia, Resistenza, '68, Palack, '77 sono tutti punti morti, distaccati uno dall'altro. Nel Prometheus si dice di cambiare la Sto– ria (ed è giusto, solo cam– biando la Storia si può spe– rare in un'altra dimensio– ne) ma come si può cam– biarla se camminando per strada la gente ti schiva, ha dimenticato i valori dello spirito, dell'anima, dell'a– nima, dell'amore. Viviamo in un mondo privo d'amo– re, ed io senza amore non pos o credere nel cambiare la Storia. E, alla fine, an– che tra i « compagni » c'è il solito ghetto, ma questa è una storia vecchia. Però io non voglio ancora vivere la mia morte, ed è per questo che mi domando se Prometheus è la fine di un ~ltro sogno e se il Living Ormai è solo leggenda? Roberto Cade[ Via del Rivo, 9 Trieste ? ?; ??~ A T_.,.,.~,?~ l . - Cari amici, riscrivo a voi per appro– ·fondire il discorso sulla meditazione e la conoscen– za di se stessi. Lo spunto mi è stato dato da un articolo apparso su « Re Nudo» di marzo, do– ve si commenta il libro di Schumacher: « Una guida per i perplessi ». ell'arti– colo sta scritto: « L'alter– nativa che Schumacher propone all'umanità odier– na è quella di riscoprire le proprie migliori qualità lavorando al suo interno, compiendo un viaggio alla ricerca di una reale dimen– sione spirituale ». Persona!- mente penso che questa al– ternativa che propone Scu– macher sia l'unica alterna– tiva possibile per l'umani– tà odierna, se non vuole sprofondare nei caos e nel– la distruzione totale. Ve– diamo infatti quello che succede quotidianamente nella nostra società italia– na e nel mondo;- ognuno vive identificato con un centro vuole espandersi ed aggredisce, altre volte il centro si difende e ha pau– ra, in altre circostanze an– cora il centro conquista qualcosa, poi ha paura di perdere l'oggetto che pos– siede, e magari poi lo per– de veramente con suo grande dolore. Il centro è sempre alla ri– cerca avida del piacere e della sicurezza personale e separatoria e non gli im– porta se in questa sua ri– cerca fa male a qualcuno: insegue sesso, denaro po– tere, espansione di se stes– so. L'io agisce sia indivi– dualmente che collettiva– mente. sotto forma di par– tito, di ideologia, di ·nazio– ne; e non importa nean– che sotto quale etichetta si nasconda: è sempre una bruttura che lotta per esi– stere come entità separata, minacciando di distrugge– re gli altri o sentendosi minacciata di distruzione da parte degli altri. Fun– zione della meditazione profonda è quella di dis– solvere questo centro fat– to di paura, angoscia, dolo– re, piacere, gelosia, ambi– zione, ricerca del potere, affinché nasca in noi una dimensione senza centro, una coscienza non più i– dentificata con un io che crea il).evitabilmente il non io. Ma noi non conosciamo noi stessi. profondamente; conosciamo di noi stessi e degli altri solo il nome e la forma, solo la superfi– cie; inevitabilmente allora i rapporti umani avvengo– no tra immagini fisse. Lo uomo ha un'immagina cri– stallizzata della donna e la donna dell'uomo e così il padre del figlio e vicever– sa. Il rapporto tra gli es– seri umani avviene quindi tra l'immagine che uno ha dell'altro e quindi rima– ne un rapporto superficia– le, senza comprensione, cristallizzato, distruttivo. Se non conosciamo la no– stra vera identità, la no– stra anima che non ha no– me né forma non possia– mo comprendere l'altro, ma lo interpretiamo secon– do il nostro condiziona– mento; in verità sappiamo solo interpretare, perché il centro sa solo catalogare e giudicare, ma non può co– noscere l'amore. Così fin– ché la nostra vita sarà rac– chiusa in un centro ci sa– rà sofferenza in noi e nel mondo. Per superare questo cen– tro ci sarà sofferenza in noi e nel mondo. Per superare questo centro occorre da prima sentire interiormente l'insoddisfa– zione per quel che si è, e cominciare quindi a co– noscerci per quel che si è senza condanna né giustifi– cazione; occorre una con– tinu& consapevolezza di quel che si fa, si pensa, si dice, si sente, dell'immagi– ne che abbiamo di noi stes– si e degli altri. E' un la– voro durissimo, perché at– tualmente siamo ihconsa– pevoli; agiamo meccanica– mente, preda delle abitudi– ni passate, identificati con i vari contenuti mentali che si ripetono in hoi. Ma quando tutti i ~ottili mec– èanismi deli'io vengono portati alia luce e visti chiaramente, proprio que– sta chiarezza della limita– zione e bruttura dell'io po– ne fine all'io e ai suoi pro– ce i; e allora nascerà un altro tipo di vita.

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