RE NUDO - Anno X - n. 76 - maggio 1979
TE V I T A M u s I e A E B A T T E R I A D I R o B E R T w V A T T la voglia di rimescolare Je carte. iente proclami: o, se sfuggono, vengono subito negati, come la fe– d nel jazz in Team Spirit. Si può spiegare così l'attualità sconcertante che le sue opere in– sistono a conservare. La carica li– beratoria di una qualunque forma artistica sta nella sua logica inter– na, e in come si rapporta con chi ascolta. In questo senso una mu– sica che si basi su delle certezze per creare altre certezze è ingua– ribilmente conservatrice. Qui in Italia non abbiamo problemi a trovare degli esempi, vista la ple– tora di gente che negli anni scorsi appiccicava Gioie e Rivoluzioni so– pra al rock più trito ed alienante. Brandivano solo le loro bandiere rosse, direbbe Robert. Lui preferisce una musica che sa mettersi in discussione. E' il sas– so lanciato nello stagno della co– scienza. Barthes la classifichereb– be non come musica di godimento (in effetti non ho mai visto nes– suno abbandonarsi al flusso delle vibrazioni ascoltando The End of an Bar) ma di piacere, che richie– de partecipazione attiva per esse– re compresa. Meno gratificante sul momento, ma a lungo andare più costruttiva. In concreto, spesso il dubbio pren– de forma attraverso la destruttu– razione: fabbricare un sistema chiuso e solido per poi annientar– lo e lasciar andare gli strumenti per conto loro. E' verificato in molta sua produzione, da Moon in lune al secondo lato di Matching Mole, fino al dittico Alifib / Alifie di Rock Bottom. II Una voce e una batteria. E' la pri– ma immagine di Wyatt, come ce la fornisce The Soft Machine, che apre affidandosi esclusivamente al– la vocalità del cantante-percussio– nista. E' una voce inedita, acuta e sotti– le, senza sesso né età apparente. Distante dallo stereotipo del can– tante beneducato alla Paul McCar– tney, ma anche dallo stile maschi– lissimo di J agger o Morrison. Era soltanto un inizio, la vera di- RE NUD0/39 mensione vocale sarebbe stata tro– vata molto più tardi, al momento di abbandonare la Morbida Mac– china. « Credo di essere stato in– fluenzato dalle stesse motivazio– che mossero i dadaisti » dirà anni dopo; e, date le premesse, era lo– gico che il rock-jazz verso cui si o– rientavano i Softs finisse per an– noiarlo. Con il primo lavoro in proprio, The End of an Bar, dà libero sfogo alle sue tendenze di anarchico dada. In particolare, rie– sce a liberare il canto dai condizio– namenti semantici del testo, pas– sandolo a suono puro. Las vegas Tango, con il suo impianto di to– ni vocali sovrapposti e glissanti, percorre fino in fondo questa ri– scoperta/ appropriazione. Da questo punto fermo parte tut– to il lavoro seguente: ricercando però un'emotività diversa, più rac– colta, come nelle Instant Kitten e Instant Pussy di Matching Mole. Anche quando tornerà a servirsi di testi, o di canzoni in piena rego– la, lo farà con assoluta consapevo– lezza dei propri mezzi: è doveroso citare Muddy Mouse e Muddy Mo– uth, in Ruth is Stranger than Ri– chard, ma la misura delle possibi– lità di Robert è data anche meglio dai due brevi pezzi di Cage che esegue in un disco quasi scono– sciuto, Voices And Instruments. III La batteria: è un discorso molto diverso, e comunque interrotto troppo presto, dal giorno mai ab– bastanza maledetto in cui Wyatt è caduto da una finestra ed è ri– masto bloccato su una sedia aro– telle. « Non sono mai stato un batteri– sta puro e non ho mai pensato di diventare un virtuoso ... » c'è da crederci. Ma quando i Soft Machi– ne appaiono, nell'anno di grazia 1967, i batteristi pop sono appena usciti dalla tecnica rudimentale degli inizi, vedi Charlie Watts e Ringo Starr. Il percussionismo di Wyatt, ricco di influssi jazz una volta tanto bene assimilati, è un passo avanti a tutti. Anche perché non si accontenta di trasportare nel pop tempi e ritmi complessi,
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