RE NUDO - Anno X - n. 75 - aprile 1979

(continua da.pag. 17) che è appunto la logica del Potere) per offocarlo, castrarlo, etichettarlo come follia. Eliminiamo il manicomio? Ma ognuno di noi. in quell'edificio emble– matico del capitalismo individuale che si chiama Io. ha il suo manicomio pri– vato, le celle di sicurezza dove rinchiu– dere le idee pericolose, le pulsioni che danno fastidio. Solo ogni tanto quel pericoloso irrazionale che vien tenuto segregato come il sottoproletàriato del pensiero può uscire allo scoperto, nei canali di sfogo istituzionalizzati, per esempio l'arte, il comico, il paradosso. Un passo più in là, se il sottoproletario non rientra nei ranghi o non si sublima vestendo i panni del giullare (il poeta, l'artista), ed è subito follia. Che farà dunque il territorio. questa creatura-feticcio abitata da feticci per– bene, di fronte a quello che si definisce il matto in libertà? Recepirà il suo di– scorso? Riuscirà ad elaborare una ri– sposta adeguata e a stabilire un dialo– go? Abbandonerà la sintassi? Capirà l'altra lingua e la farà propria oppure la imparerà come il buon padrone bianco biascicava qualche parola di linguaggi indigeni per colonizzare meglio, oppu- ~ re ancora manderà a studiare l'indige– no più bravo (il matto meno matto e recup.erabile) a una Oxford, una Sor– bona per usarlo come strumento di po– tere? Forse offrirà tolleranza. Cercherà di essere un territorio fatto di case abi– tate da persone che praticheranno la tolleranza. Case di tolleranza. Il problema non è né clinico, né uma– nitario. ne tecnologico. E' soltanto un problema politico. D'accordo, lo sap– piamo, è già stato detto che il matto di per sè non è automaticamente un rivo– luzionario, che la pazzia non è rivolu– zion:e. Forse non lo è, materialmente parlando, nell'accezione convenzionale che abbiamo di rivoluzione. Quindi, dicono in tanti, non è un soggetto poli– tico. E' un soggetto assurdo, che può fare pena, rabbia o divertire. Attenzio– ne, lo si è detto (lo si dice) anche della donna, lo si dice del suo linguaggio, il linguaggio dell'irrazionale. Anche la donna circola nel territorio, quando non è rinchiusa nel carcere speciale che si chiama casa-famiglia. Eppure, poli– ticamente parlando, finiremo per ac– corgerci che di là, da quell'altro !in- RE NUD0/:35 guaggio, può (deve) partire la rivo lu– zione. Ma forse il sistema lo ha sempre saputo: per questo ha sempre cercaw e cerca tuttora di psichiatrizzare, clini– cizzare, criminalizzare la donna e co– munque tutti gli "altri". Oggi sta sem– plicemente cambiando tattica. Via i le– gacci, via le tetre mura, via le unii ormi della detenzione. Escogiterà altri le- · gacci. Non raperà più le teste. Le farà cadere. O cercherà di cambiark (la ghigliottina pedagogica). Perciò queste immagini non sono archeologiche. Se le sappiamo leggere come simboli, ap– partengono all'oggi e (temo) anche al domani. Dino Oriiglia

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