RE NUDO - Anno X - n. 74 - marzo 1979
RE NUD0/44 costei?). Dalla "Fame" insoddisfatta e sofferta che lo conduce al furto e quindi alla prigione ("Veleno all'auto grill"), fino al tributo alla terra natale ("Taglia la testa al gallo", trascrizione di un ri– tornello dialettale), ed alle sto– rie di amorazzi sparsi per la pe– rùsola ("Canzone per Susy", "Agnese dolce Agnese"). La musica è perloppiù un bel roc– kaccio sanguigno e pulsante, sul . quale si impone il falsetto di Graziani, con a tratti alcuni ce- . dimenti per dare spazio alle pa– role dei testi. Particolare non secondario: la grafica ed i conturbanti dise– gnini interni sono opera di Gaetano Liberatore ("CanAfJ bale" in libertà). Franco Battiato Juke-box Ricordi g.m. Contemporaneo a L'Egitto pri– ma delle sabbie, questo Juke– box è .sfaccettato quanto il pri– mo era monolitico. Anche qui. comunque. Battiato ha limitato al minimo le esecuzioni perso– nali. affidando quasi tutto il la– voro ai suoi collaboratori: Gigi Ballista, Roberto Cacciapaglia. l'ottimo Juri Camisasca come voce solista. Alcuni dei brani (Hiver e Cam– pane), con l'uso· di pianoforte e soprano, appartengono al Bat– tiato più conservatoristico. con un certo tono un po' aulico. Forse il massimo dell'equilibrio è raggiunto da Agnus Dei, con la sua aria chiesastica perfetta– mente sfottuta e destrutturata dalla voce svogliata di Camisa– sca e dalle dissonanze degli ar– chi. Una sorptesa è Martyre Celeste, per due violini, delicato e contemplativo, mentre su sca– le, -dove compare fina_lment~ l'.autore in persona a suonare due pianoforti e fare coro, ri– corda molto dell& esperienze passate' (pensiamo soprattutto a Che). Una valutazione complessiva? · Impossibile. Come suggerisce il tit0lo, Juke-box non a caso, · questa non è un'opera unitaria, mà piuttosto un collage di mu– siche che rimandano a momenti diversi della ricerca di Battiato. Certo punti, come Hiver, sanno troppo di accademia per con– vincere veramente; altri sono tra le cose migliori di questo suo ultimo periodo. Anche se non è facile e richiede applicazione da parte di chi ascolta, Juke-box rimane uri disco da sentire, un momento di una difficile presa di coscienza. Sapremo solo tra un po' di tempo verso quali ter- .re Battiato si sta avventuran– do... Hawklors Charisma Records p.b Ed ecco a Voi gli eredi ufficiali degli Hawkwind! Infatti. questi Hawklords altro non sono che Dave Brock e Bob Calvert (in alcuni pezzi ci sono ancora la batteria di. Simon King ed il violino di'· Simon House che pare sia entrato nel giro di David Bowie). Hawk– wind di vecchia data in compa– gnia di nuovi suonatori: Martin Griffith alla batteria. Steve Swindells alle tastiere e Harvey Bainbridge al basso. Già che ci siamo qualche noti– zia sugli altri ''.ex": il primo bassista "Lemmy" ha formato un gruppazzo piuttosto punk · denominato Motorhead. men– tre il vecchio drummer Andy Powell suona coi Tanz Der Yòuth dell'ex Damned Brian James. Beh. torniamo a questo disco: cambia il nome ma la musica è sempre la stessa.Trattandosi di Hawklords' (Wind) ciò sottin– tende alcune considerazioni: - fa piacere sentire il vecchio sound sempre sintonizzato sulla lunghezza d'onda "giusta": - si rimane in po'. male quando 'in molti pezzi fa capolino un fastidioso "già sentito" (e que– sto purtroppo capitava già nei precedenti lavori). Comunque. il ritorno sul mer– cato discografico di questa gen– te (l'ultimo "Quark. Strange– ness and Charm" era datato 1977) non può che farci piacere anche perché, tutto sommato. pure nella musica Hawklords le cose si evolvono. I riff chitarri– stici ripetuti ad libitum lasciano molto più spazio alla costruzio– ne di una musica a tratti /'ar– monica" e a volte rockeggiante, sempre ben _sostenuta da una sezione ritmica compatta e ben amalgamata. In alcuni pezzi rispuntano "de– lizie cosmiche" che ricordano i Pink Floyd e addirittura i Jef– ferson (si veda l'iniziale "PSI . I power" dove questa sorta di fu- sione risulta evidente nonché ben riuscita). Dunque. i due ex-Hawkwind sopra citati finiti nell'area punk o quasi. il bravissimo Simon House (già High Tide) si è dato al professionismo; la copertina di questo Hawklords (scritta in spray viola sullo sfondo bianco e nero di un muscoloso uomo che maneggia un fascio di luce) potrebbe sembrare quella di un gruppo di ragazzotti dediti alla cosiddetta new wawe se non addirittura all'after punk. Che cosa stia succedendo non lo so. spero solo che i vecchi e glo– riosi Hawkwind non abbiano venduto pure loro l'anima al diavolo. Lo vedremo in.seguito. Cei;to che almeno Bettino Craxi sarà contento. il pezzo di aper– tura si intitola nientemeno che "PSI power" ("potere PSI". ha. ha....). Lucio Dalla Lucio Dalla RCA g.m. Un berretto di lana 'stretto sul capo. gli occhialetti di metallo. una barba né lunga. né corta. uno sguardo tenero: dalle pro– fondità del mare sulla spuma delle onde è nato "Lucio Dal– la". nuovo Lp del cantant/mu– sicist/aiutore. che qui suona an– che sax alto. clarinetto e tastie– re. L'esperienza con Roversi è sempre più lontana. Dalla ha preso gusto a riscoprirsi can– tautore. a scriversi da sè i te~ti. Da questa nuova scrittura resta un po' fuori l'impegno. il sociale 1 cosiddetto, ma vi si trova invece la vita vissuta da un uomo, che non è un burattino dello show businnes, ma due lucidi occhi, una sensibilità diversa e pro– fonda. "L'ultima luna", una ballata coinvolgente che parla della fi– ne dell'umanità, è il pezzo più bello dell'album, insieme con "Cosa sarà", cantata in doppio con Francesco de Gregari (eh si proprio lui): un piccolo rias– sunto di tutti i perchè esisten– ziali irrisolti. Impossibile espri– mere un giudizio serio sul resto delle canzoni: sono troppo sommerse da accompagnamen– ti di violini per potere ben gu– starle. Rahsaan Roland Kirk Other Folks' Music (WEA) g.m. Uscito quasi tre anni fa. questo disco è in parte sfuggito all'at– tenzione sia della critica che del pubblico. Non sono un gran competente per quanto riguarda la musica nera. o afro-americana o jazz che dir si voglia. ma per me questo album è stato una sor– presa piacevole. Roland Kirk riesce a darmi una visione del jazz completamente lontana da ogni artificio intellettualistico. un jazz suonato con molta maestria. ma anche in modo da riuscire a coinvolgere chi lo ascolta senza che sia costretto ad un continuo lavorio mentale per capire quello che il musici– sta vuole comunicare. E' forse la comunicativa ciò che più colpisce in questo disco. il riuscire a suonare una musica .anche complessa senza affati– carsi e soprattutto senza affati– care. Kirk si mette in luce ampia– mente col suo strumento prefe– rito. il sax tenore. rivistando un brano di Charlie Parker. Donna Lee. e soprattutto nell'ultimo brano della prima facciata. Si– mone. il più lungo dell'album (nove minuti). Oltre al sax. Kirk suona con abilità molti altri strumenti. mentre si distinguono. tra gli altri musicisti. Mattathias Pear– son al basso e Roy Haynes e Sonny Brown alla batteria. che insieme a Arthur Jenkins e Ha-
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