RE NUDO - Anno IX - n. 71 - dicembre 1978

tture, interpretata te da Ronnie Ja– 'ta da una vibrante hi; Kill the king, o la "band" più che enea (Ronnie dà il é grazie ad una inter– molto viva e Black– allegramente con il ento, seguito da una ecisa). e infine Rain– pezzo un pò triste, e, una piacevole oasi rock'n'roll. mento nasce spontaneo: i Rainbow, Blaèkmore è a prolungare la felice ·ema Deep Purple, arric– di un indefinibile "qualco– più... ascoltare per crede- e: lunga vita al rock! t.t. tre mesi dalla sua ultima discografica, il vecchio si ripresenta sul mercato, per un'improbabile 1 creativa, ma ·per ben più banali di con- , n la casa discografica. 4 • come succede per tutti ·di Zappa, non è affatto liquidare questo al– . due piedi, storcendo il fronte a una sua presun- n:ialità. Certamente i ridi Zappa di lunga hieranno citazioni a migliore, pur con– da) gusto facilone e · e" che l'uomo ha fualcbe anno a questa invece è ancora di– "fantasia" zappiana che rimanerç sorpreso vitalità che in fon– a ancoroggi questa tra mille con- come Greggery peccary, "storia di un piccolo maiale rosa", non potrà che stupirsi del continuo ribollire di situazioni musicali diverse, dei continui mutamenti di tempo che sottolineano l'e– volversi della storiella. Ovvia– mente, il tutto non è alieno alle sbavature dello Zappa odierno, così una batteria basata pretta– mente sulle sonorità "oscure", o la fastidiosa presenza del sinte– tizzatore sempre e comunque, o la troppa invadenza delle parti recitate, che risultano noiose e chi non ha troppa dimestichezza con l'inglese zappiano. Il piatto forte dell'album lo si trova co– munque nella suite che occupa il secondo lato e che maggior– mente farà crescere il calore nei cuori dei vecchi amanti di Frank. Una musica che "finge" di ritrovare l'antica creatività e la freschezza dei giorni migliori con puntate nella contempora– nea o nel jazz sempre filtrate, con gusto, attraverso l'impre– scindibile coscienza rock del no– stro. In sostanza, un album con occhi e orecchie rivolte all'in– dietro, con un quasi tentativo di recuperare una dignità musicale che più volte era stata messa in forse dai prodotti più recenti del nostro. Se non sapessimo che è quasi completamente un'opera– zione commerciale, saremmo tentati di dare una patente di sincerità a costui. Ma, se non as– solviamo il personaggio, salvia– mo la sua musica e ne consiglia– mo l'ascolto a chiunque, anche a partire da quest'ultimo disco. a.l.s. Vincenzo Maolucci Barbarie bar Dischi dello Zodiaco 1978 Non so se siamo in tanti a ~ono– scere questo musicista tonnese da tempo sulla scena. _c~m~n~ que, uno dei su?i a~pett1m1gho~ è quello di nuscire a fare il "cantautore" su una solida base rock. Si può insomma avvicina– re più a Finardi (ma Maolucci non pretende di insegnare nien– te a nessuno) che non certo a De Gregori. Maolucci mette in musica la metropoli cosi com'è, senza sot– tintesi né falsi sentimentalismi. Così troviamo in questo album– concept una serie di pezzi sulla vita che la città offre a chi di , questa società non sa che farse– ne: bar, casa, lavoro, politica, eroina e ancora bar. Si, perché il · centro del suo discorso sta pro– prio nei bar("Al bardi Vasco" o "Al bar Elena") dove si-trovano tutti i generi di scoppiati: da chi "ha fatto il''68", all'intellettuale, al poeta, al drogato, ecc., situa– zione questa abbastanza comu– ne in tutta la penìsola. Molto bella la canzone "Il bar– baro Ulisse" dove viene esposta in modo arrabbiato e sofferto la giornata media del nostro Mao– lucci che dice a chiare lettere tutto ciò che si sente dentro, senza paura di ironizzare sia sui "fricchettoni" che sui "politici". D'altra parte Maolucci certe co– se le conosce molto bene, dalla sinistra extraparlamentare agli ambienti più freak fino al P.C.I.. Questo Maolucci le ha già fatte proprio tutte: dall'ins~gnante in una scuola media (il suo primo disco conteneva una canzone poi rinnegata da lui stesso che poteva essere l'inno ufficiale della CGIL-scuola) a collabora– tore di un giornalino uscito a Torino qualche tempo fa ("Se– wer-la voce della fogna", un po' la versione torinese del POGO di Milano); tempo fa ('72) ha pure scritto un libro- "Pop-un– der-Rock" estratto dalla sua tesi di laurea sui Beatiès. La musica è puro rock t, a mio parere, del.,migliore (non di– mentichiamo che in Italia è quasi "vietato" fare rock). Mao– lucci e il suo gruppo ·riescono a costruire una musica corposa senza particolari finezze da "primadonna", ~a t~ascinant~ ed adattissima a1 testi pungenti che vogliono celebrare il "de– cennale del '68" in modo del tutto particolare. Basta vedere la fascetta che accompagna il di– sco: "'68 IN PIAZZA - '78 CI SI AMMAZZA. Dopo 10 anni di canzoni "di lotta" le canzoni del "disagio". . Discografia: L'industria de/l'ob- RE NUD0/47 bligo barbari e bar l.m ---------- .... JACKSON BROWNE Runningon empty Asylum•. Questo disco di Jackson Browne è abbastanza diverso da quelli cui ci hanno fin qui abituato la maggior parte dei "cantautori" americani. Diverso perlomeno per un aspetto: che finalmente la musica viene suonata con gioia, si sente cioè la voglia di suonare che il musicista comu– nica al pubblico. Questo soprat– tutto nei brani "live' ()a maggior parte). mentre ci sono pure un paio di pezzi che ci riportano al Jackson Browne di sempre, a quel sottile poeta con le sue can– zoni delicatissime e a volte an– goscianti sostenute da pochi limpidi accordi e, in questo caso, da un bellissimo violino. Sono appunto queste le canzoni scrit– te tra una tappa e l'altra della tournée dalla quale il disco è stato tratto e i testi relativi par: !ano dei problemi di un musici– sta "on the road" (molto nomi– nata la coca). Ma lasciamo perdere le canzoni "tristi"; come dicevo prima sono molte di più quelle piene di vita e di voglia di suonare. Valgano per tutte l'iniziale "Running on empty" (correndo nel vuoto) e poi "Shaky Town" ed il bellissi– mo pezzo conclusivo "Stay". Insomma, fa piacere un Jackson Browne finalmente un po' su di giri (anche _se non al 100%). Inoltre, i musicisti che lo accom– pagnano lo aiutano magistral– mente a creare quel suono che a molti di noi piace ancora nono– stante i Sex Pistols: quello della California. Quello che Jackson Brow_ne ci vuole dire sta secondo me nel ritornello dell'ultima canzone del disco: "People stay, just a little bit oflonger, wé want to play just a little bit of longer " , l.m.

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