RE NUDO - Anno IX - n. 71 - dicembre 1978

Breuker & Leo Cuypers ovo gioiello ci arriva dalle per moltissimi ancora sco– te. della musica ·'creati– ordeuropea. Ormai da pa– . anni. i mus1c1st1 di 'area portano avànti coe– ente il proprio discorso aie fatto di ricerca. anche le ma mai estetistica. e di opriazione. in modo mol-· onale. di una certa tradi– di tipo jazzistico e di ele– . più propriamente legati ltura europea (Weill. Ei– uesto album. che racco– a serie di esibizioni dal · due tra.i maggiori prota– i dell'area ·'creativa" eu– è un esempio tangibile e o di quanta falsa co– accompagni i discorsi di che sentenziano sulla ta difficoltà e incom– Uità di queste forme mu– Oià il titolo dell'album in maniera molto ironica. condizione di emargina– cui vengono lasciati IJ5icisti dai circuiti uffi– l'industria culturale e tanto che da qual- sono numerose le eti- Qlogestite dagli stessi. al disco. vi emerge rtanza può avere i\ blico/artista in un poliedrica e fan– ella di re k r e Cuypers. Senz'altro, un pezzo di vinile non può farci assaporare appieno le delizie umoristiche di There's no rusiness con i s·uoiin– termezzi cantati e le frequenti citazioni di musichette da pub– blicità. o gli scherzi mu ico-tea– trali di Breuker in The house. so– vrastati pésso dalle risate del pubblico. Tuttavia. non si può rimanere insensibili al calore di una musica creata per divertirsi e far divertire. per coinvolgere in una relazione biunivoca pubbli– co e musicista. il cui strumento non è più il simbolo della sua condizione di potere. ma un mezzo in più che egli adotta per comunicare. quasi un'estensio– ne del suo corpo. E' difficile de– scrivere e quindi costringere en– tro schemi una musica. che per sua natura. travalica ogni sche– ma ed è libera da qualsiasi peri– colo di riproduzione piatta e mi– <;tificante.perché legata ad ogni minima goccia di suono (ascol– tate Deto~urlumwego Hey I love rou). Per cui rimando tutti all'a– ·scolto di questo Superstars. il quale non è che la tessera di un mosaico di cui. per ora. non si intravvedono i confini. NeilYoung ComesaTime a.l.s. (Reprise) _ . . Circolavano strane voci d1com- doio ·secondo cui Nei! Young 011CHI U0L~nTI non era più tra noi. Fortunata– mente, Young ci informa di es– sere ben vivo, con una nuova opera, nella sua vena più acusti– ca e country. Per la verità, alla vasta "Gone with the Wind Or– chestra" che qui lo accompagna preferivamo i buoni vecchi Cra– zy Horse, quelli di Zuma. E in– fatti i pochi pezzi registrati in– sieme a questi ultimi sono tra i più convincenti, almeno dal punto di vista musicale. L'or– chestra, invece, risulta a tratti sovrabbondante: a che cosa ser– vono tanti archi in un pezzo co– me Going Back? E' che questo Young è un po' troppo autoindulgente, qualche volta lascia che la musica si im– pigrisca nei solchi, mentre i testi rimeditano situazioni scontate. Certo, non è arrivato alla pura celebrazione, tutt'altro, e lo di– mostrano cose come Human Highway e Motorcycle Marna. Ma il rischio c'è. Così in Comes a Time i rilassa– menti si alternano a riprese im– provvise: forse Young è arrivato al bivio di tanti artisti pop logo– .rati dal lungo successo. L'alter– nativa è tra il rimettere molto in discussione e scivolare nell'i– gnavia, diventando una stanca copia di se stesso. Per adesso, comunque, non è il caso di allarmarsi troppo: Neil Young è ancora Nei! Young. La fase rispecchiata in Comes a Ti– me è un po' quella del Dylan di Planet Waves. Dopo Dylan è riuscito a fare un Blood on the Tracks. Non vorrai essere da meno, vero Nei!? p.b. ·oavid Gilmour (EMI) RE NUD0/45 Sembra che anche i Pink Floyd vogliano imboccare la strada degli Yes, cimentandosi in espe– rimenti solistici. Per primo ci prova il serafico David Gil– mour, mentre è già in lavorazio– ne l'album di Richard Wright. Diciamo subito che David Gil– mour è molto lontai:io dallo stile ultimo del complesso: è una musica essenzialmente chitarri– stica, sostenuta qua e là da spar– se tastiere; un rock tranquillo, senza le inquietudini di un Ani– mals. Possiamo sentire di nuovo· in piena libertà gli accordi lun– ghi e distesi che fecero la fortuna di David agli esordi. L'unica altra sua prova solistica fu The Narrow Way, nel lontano Ummagumma, una delle quattro geniali suites che segnarono l'acme dei Pink Floyd, gremita di chitarre fuori da ogni logica. Ma altri erano i tempi, altre le strade: il sound gilmouriano di oggi si avvicina piuttosto, con le sue voci esili, la chitarra so– gnante, a quel Meddle dove per la prima volta fu dato spazio al suo naturale intimismo. E intimistico suona David Gil– mour, in brani come l'ottimo Mihalis o Short and Sweet: la chitarra non ha perso il suo fa– scino, anche se ha abbandonato l'antica audacia. Del resto David è sempre stato un'anima votata al rock più che

RkJQdWJsaXNoZXIy