RE NUDO - Anno IX - n. 71 - dicembre 1978

RE NUDO/20 ottenere). Il secondo giorno avvenne una cosa commovente. Ero nella corsia quando tutte le dodici donne mi venne– ro incontro ballando e saltando, e si ri– versarono felici nella «loro» stanza. Al– lora non era vero che erano deteriorate, impassibili, insensibili! Queste donne non hanno cessato di es– sere «strane» da un giorno all'altro, ma nel giro di un anno molte di loro erano in grado, se aiutate, di vivere fuori dall'o– spedale. Alcune di loro, una volta di~ messe, vennero poi ricoverate di nuovo. Ma non c'è da stupirsi, viste le concÙzio– ni di durezza della sopravvivenza all'e– sterno. Pazzia è non potersi fare un tè Ero anche riuscito a ottenere che tutte le donne del reparto potessero usare un fornello per fare il tè, sotto· 1a mia re– sponsabilità, perché le autorità dell'o– spedale lo ritenevano pericoloso. Una cosa così piccola diventava impor– tantissima: arrivar<;>noad organizzarsi facendo delle brioches, che tramite me, offrirono a tutti i medici. Nessuno ac– cettò: e mi fu chiaro il netto· rifiuto da parte del mondo sano verso la persona malata. Era lo psichiatra che era fuori dal rap'– porto col paziente, non solo l'inverso. Oggi Foucault e altri hanno spiegato a fondo quali sono i rapporti in uno spr,izio sociale costretto, carcerario, gerarchico e accettato come tale: rapporti separati e verticali, nessuno spazio per rapporti orizzontali e paritari, se non a volte tra le persone che stanno in fordo al mucchiu. La catastrofe della famiglia Dopo aver «scoperto» quanto influisce la condizione dell'ospedale nelraggra– varsi e cronicizzarsi della malattia, cosa oggi ben più chiara di allora, ho cercato negli anni successivi di scoprire che cosa può provocare il rifiuto della realtà in molte persone. Ho quindi indagato e la– vorato nelle famiglie di persone «psico– tiche». Lo studio di ogni famiglia era co– me un «giallo». Entri in una casa e sem– pre c'è qualcuno o un gruppetto che «siede sopra», comanda~ guida. La cata– strofe della famiglia: nelle vite di ogni persona «psicotica»,non è mai stata,un bel posto per viverci. Vergogna, colpa, rifiuto, confusione, imbarazzo, spesso paura stanno sotto ai rapporti formali. Molti avrebbero voluto andarsene sen- za riuscirci. Quando la crisi scoppia, si finisce in ospedale, l'ultimo posto dove io vorr.ei finire se mi trovassi in una situa– zione del genere. Li oltre alla costrizione di orari, formalità, impersonalità, anche nelle condizioni migliorate di oggi, si è imprigionati nella malattia come viene vista e descritta da chi «cura». Ho prima sospettato e poi verificato che molte psicosi descritte nei libri non sono che una costruzione «artefatta», provo– cata dalle condizioni di vita negli ospe– dali e da come si pongono gli psichiatri nei confronti del paziente. Cercando un'alternativa Per assurdo, ma purtroppo è vero, ad alcune persone che attraversano una crisi psicotica il ricovero, soprattutto ,in un reparto psichiatrico moderno come ce ne sono oggi, dà sicurezza. Trovano confortante, rassicurante proprio la ste– rilizzata formalità e regolarità della vita all'interno dell'ospedale. Ma ci sono molte altre persone, e io stesso per esempio, a cui questa prospet– tiva fa orrore e terrore, soprattutto nel caso attraversassi uno stato simile. Non che mi sia successo ... (arrossisce, bal– betta), anzi proprio perché ... (sospen– sione, un attimo di silenzio, poi si ri– prende). · Le comunità di Laing Cosi dalle prime esperienze a oggi non è che io abbia abdicato alle mie respon– sabilità mediche, ma ho tentato di cam– biare le condizioni in cui affrontare e superare, insieme, una simile crisi. Dal· 1965~ abbiamo trovato due posti dove persone psicotiche potevano venire li– beramente, e andar via quando voleva– no. Nessuno era nella posizione is~itu– zionalizzata dal paziente o del medico. Eravamo insieme. Da allora negli ultimi 13 anni a Londra abbiamo sviluppato questo metodo. Adesso abbiamo otto ' «case» dove 500 persone in questi anni hanno vissuto e superato la loro crisi. L'85% di queste persone erano psicotici con precedenti ricoveri in ospedale. Il . 65% aveva_subito elettrochoc o «cure• analoghe. Di queste 500 persone, circa il 10%,cioè 40 o 50 sono tornati in ospe– dale psichiatrico per un_certo tempo. Gli ·altri, oggi, riescono a vivere autonoma– mente la loro vita. Attualmente in queste «case» vivono circa 70 persone.

RkJQdWJsaXNoZXIy