RE NUDO - Anno IX - n. 70 - novemre 1978

RE NUD0/18 Immaginazione, che .genera realtà, qui_ndi: nelle parole, nei gesti, negli og– getti. Ne confermano il carattere di assoluta concretezza, la spontaneità e immedia– tezza inventivi: senza teorizzazioni, senza programmi, né organizzazioni, né tattiche. Appropriazione non inediata,, imme– diata. Si tratta dunque, per quel che riguarda la mela, di un oggetto nuovo: e di un. vero oggetto; a petto degli oggetti ine– sistenti di proprietà dei morti ... E perché? Perché quel qualcuno del '77 ha mventato una nuova giustificazione al diritto di proprietà. Come sappiamo la giustificazione pre– cedente era fondata sulla vittoria del più bravo: e modi di es~ere bravi ce ne sono molti, che vanno dalla violenza alla furberia passando per "la vita de– dicata al lavoro e alle opere di bene". Questa giustificazione ha fatto il suo tempo: tanto è vero che le proteste dei morti al gesto del '77 sono state scarse e poco convinte, a conferma dell'avve– nuto collasso delle motivazioni di tipo sia razionale che morale su cui fondava il precedente diritto di proprietà. Diciamo dunque, che l'invenzione di un gesto umano, quando è genuina, determina la presenza reale di un ter– reno nuovo: di un terreno preparato in modo naturale da un processo rivolu– zionario fatto di azioni transeunti, che però contenevano potenzialmente un oggetto: il punto d'arrivo. Un oggetto, quindi, n·on transeunte, ma definitivo: che nascosto entro l'involu– cro degli oggetti provvisori di un mon– do provvisorio, aspettava solo il mo-, mento giusto per nascere. E qual è il momento giusto? quello in cui qualcuno non sa più cosa farsene di un oggetto transeunte, non lo accetta più come tale, nè accetta più se stesso nel suo rapporto con lui, nè accetta più le regole e i modi attraverso i quali ap– propriarsene. Il mo~ento di una crisi totale del rap– porto fra il soggetto e l'oggetto, di una' evidente improprietà dei meccanismi di appropriazione e di impiego. Questa la teoria, s'intende: ma qui ab– biamo adesso qualcosa di più: il tipo :lei '77, che ha realmente mangiato la .m~la, cogliendola oltre un interdetto elem~ntare nella sua provvisorietà. E qui è nato dunque un oggetto non più provvisorio, e insieme a quest'oggetto il soggetto oggettivo, una persona alla· quale dobbiamo riconoscere un carat- t~re di ciPfinitività di compiut~zza. · Una persona che istituita all'origme col crisma della soggettività coglie, nel momento "fine", il proprio essere og– getto, cioè proprietà, di se stessa. E' su questo dato di autoappropriazio– ne p'ersonale che noi possiamo ora va– lutare pulitamente l'accaduto: diciamo che dove e quando l'oggetto immagi– nativo nasce, identificandosi di fatto con la persona che Io inv~nta nasce una nuova gmstificazione al diritto di pro– .prietà: fondata, questa volta, sulla stes– sa proprietà che la persona assume· di sè, inventandosi come tale. E questo mi sembra proprio oltre la ri– voluzione: che l'oggetto, e l'intero mondo, acquistino definitiva realta là dove siano riconosciuti di proprietà della persona umana in quanto tale: indipendentemente dalla sua bravura, violenza o furberia. E questo mi sembra anche un segno di definitiva, cioè reale, libertà, là dove la persona essendo proprietà di sè non è ' più proprietà di, altri; e dove ogni og– getto indentificandosi con la persona, vive nella medesima sfera di libertà. Proprietà, quindi, nel senso di identità, in quanto l'oggetto è in me stesso; e in quanto io, dunque, non sono soltanto io ma l'altro, e sono insieme la mela, l'a– ria, i sassi, i televisori, il mondo. Perché non definire questo nuovo tipo· di proprietà e di identità il prodotto di– retto della nostra immaginazione? Un'immaginazione non più rappr'esen– tativa, voglio dire, ma concreta, reale: un reale prodotto inventivo. Ed ecco che noi potremmo dire, noi del 78: "Al potere il prodotto dell'imma– ginazione". Qui un'altra breve sosta esplicativa: · sulla differenza fra la proposta del '68 e questa del '78. E' la differenza fra il desiderio e l'og-, getto del desiderio: importanti sia il primo che il secondo per i tempi e le forme in cui si sono espressi. Il '68 infatti ci illumina sulla reale na– tura del desiderio che non è l'originario enunciato mentale, l'atto di v0lontà, e nemmeno l'invocazione etica che so– stanzia le operazioni religiose e rivolu– zionarie . Il desiderio si identifica col suo stesso oggetto: oltre l'intenzione che Io ordina e l'operazione che lo persegue, è, come l'oggetto, il dato nascosto entro le rap– presentazioni provvisorie che conduco– no al suo svelamento. Il '68, dunque, allestisce l'ultima fap– presentazione; e dà l'annuncio della prossima nascita: della concreta defi– nizione del desiderio come fatto nuovo per l'individuo e per la società. A noi del '78 la facoltà di una sempre più chiara consapevolezza di questo f!ltto nuovo: il desiderio _chesi sta rea– lizzando universalmente nel segno del puro atto immagmauvo. Qualcuno ha persmo detto che la rivo– luzione è fallita: un altro modo pl!r dire è finita. Per noi, tuttavia, non è fallita: nella misrtra in cui ci rendiamo consapevoli· della nostra compiutezza', in quanto si sommano nella nostra nuova identità il progetto dell'origine, l'esperienza rivo– luzionaria e il prodotto che nasce in .noi: il nostro nuovo potere. Quali sono. i caratteri di questd potere concreto e definitvo? quelli della pura creatività, della bellezza della sincerità oltre l'ipocrisia, della certezza, della gioia. Il potere dell'ultimo traguardo. Quali i suoi limiti? gli stessi del terreno post-rivoluzionario, che non ha confini: dunque una "materia prima" infinita– mente disponibile al nostro impulso immaginativo. Un impulso s'intende, che nasce da tutto quel che essendo stato prima di noi resta incarnato in noi. Ma all'ordine del passato noi aggiun– giamo il nostro disordine imprevedibi– le. mentre le passioni e le sofferenze che ci hanno formato noi traduciamo i11al– legrezza. Mi sembra chiaro che nessuno possa ostacolarci nello sviluppo della nostra creatività; non ne conosciamo nè vo– gliamo conoscerne i tempi e le forme. ma nessuno può dirci che questo nuovo mondo non sia nostro, dal momento che tutti gli uomini che ci precedono l'hanno preparato proprio per noi. Almeno, cosi dicono. Chi potrebbe d'altronde impedirci la libertà immaginativa di pensare che la rivoluzione è finita. che c'è stato un salto di snecie e che ~oi rappresentiamo una nuova forma·dell'essere in natura? Nuova mela, nuovo Adamo. gaetano besana

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