RE NUDO - Anno IX - n. 69 - ottobre 1978

RE NU00/34 L'ULTIMO VAI-ZER cli Martin Scorzese Sembra un film-concerto, e così natural– mente è nato, ma un maledetto regista ha voluto dire la sua, e con la semplice e precisa arma del montaggio ha cambiato le carte in tavola. Anzi le ha rimesse al !_oroposto. Facendo vedere dei pezzi di concerto, un concerto d'addio, l'ultimo del gruppo The Band, alternato con brani di un'intervista fatta alla buona in una : generica stanza americana, il regista Scorsese demistifica con semplicità alcuni esseri che per professione devono compa– rire tutte le sere fantastici, favolosi. li rende finalmente alla loro realtà, che è più squallida e meno variopinta forse, ma decisamente più interessante, e con quell'appetitoso sapore di vero. Li fa scadere dall'empireo dei . miti giovanili (The Band, per chi ancora non lo sapesse, è l'orchestra con cui si esibiva Bob Dylan) per coglierli dietro la maschera di professionisti dello spettaco– lo, con la loro svuotata stanchezza dovuta al lungo consumo del pubblico. Non sono molto diversi da onesti venditori, commessi viaggiatori, piazzisti, rappresentanti, che girano l'America · accorrendo lì dove c'è richiesta, dove il mercato spinge. Solo che loro si muovo– no sul palcoscenico, sorridono a migliaia di coetanei eccitati dalla musica, e vivono in un'aura di suoni e di flirt fulminei, probabilmente aiutati da droghe non troppo distruttive (il loro ospite Nei] Young ha invece un J:>eHissimomusq_da eroina e lo sguardo duro come ·un macigno). E' un film sulla mediocrità aurea: la loro musica non è geniale, tutti lavorano con impegno, ci danno proprio dentro con la serietà degli onesti manovali. Ma alla fine sono stanchi, éome dopo troppe ubriaca– ture, tutto ·perde di senso, e alla domanda: cosa farai dopo? uno di loro risponde rassegnato: farò della musica, come al solito, tanto per ammazzare il tempo ... Oppure si confidano, e dicono: se abbiamo viaggiato tanto è stato soprattutto per le bambine... quando sull'onda del successo siamo arrivati a Manhattan: tutti quei pezzi di figliola che si dimenavano su e giù... roba da non crederci... a me piace la musica, ma la cosina però... Provinciali al cubo che non riuscivano a credere al loro successo, che pensavano di aver toccato il cielo con un dito, e invece eccoli qua, dopo 8 anni di notorietà, celebrità, prosperità, ecco il loro gigioni– smo ormai stereotipo e così a lungo ripetuto, troppo a lungo. E Robbie Robertson, col suo sorriso di vacca, sempre pronto a mimare l'allegria, l'entusiasmo, l'ebbrezza della musica, che lavoro terribile! Difficile tirarsi indietro da quella macchi– na che è la loro vita ... è la musica che ci ha portato dove ha voluto ... se siamo qui è perchè lo ha voluto lei... ora non c'èpiù molto che possiamo ancora avere dalla strada... è ora di ritirarci... è una vitaccia... sul serio! E suonano un ultimo patetico valzer. Ma il patetico non sta nel fatto che finiscono, ma al contrario: nel fatto che duravano. w.p. PRETTYBABY cli Louis-Malle La pubblicità la lancia così: "Nel 1917 nel quartiere delle luci rosse di New Orleans ...". Malle è un regista finissimo nel ricreare le atmosfere, specialmente quelle raffinate e malinconiche, un po' struggenti: in fondo è un vero d;mdy del cinema francese, basta ricordare Jule e Jirn e Fuoco fatuo. Solo che fino adesso ha sempre amato personaggi robusti e vicende significative. Qui c'è il personaggio della prostituta bambina che lo affascina, e infatti la insegue nei meandri più impervi della psicologia infantile, intrecciati con quelli non meno ambigui e tortuosi dell'antiéo mestierç di puttana. Ma p~r la bambu'ia non c'è dramma, il dramma è di partenza, nella sua situazione, nel suo ambiente: un bordello di lusso nella New Orleans del 1917 ... e giù una sviolinata di old jazz d'altri tempi! Io non ci credo più a questi filma di confezione dove mille effetti tutti d'epo– ca sono studiati per sedurti, e il pubblico sta al gioco e poi pensa di aver visto un film denso e affascinante. Chi si accon– tenta gode, e chi si diverte ha sempre ·ragione, alcuni però sono stufi di questa abbuffata di pellicole avvolte nel cello– phan e servite con una goccia di profumo francese. ,Ho provato una intensa voglia di entrare 'in quella scena sontuosa per strappare le foglie succulente delle piante da salotto, arrostire il pappagallo, e infine aprire le finestre per far uscire quel tanfo di stanze da letto di prima classe. Il protagonista maschile è un fotografo, diverso dagli altri clienti, che possiede le donne fotografandole e poi si innamora della leziosa e perversa prostitutina, fino a sposarla. Che inutile conoscenza, per noi. L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI cli Ermanno Ol~i w.p. E' lo stesso film di prima, solo che è cambiata l'epoca e la zona: siamo a Ber– gamo nel 1890 ... e qui c'è Bach e i canti di filanda a dare "un tono" all'affresco. Si tratta più precisamente dell'ambiente contadino padano, visto nei suoi valori di umile religiosità e di ricca umanità. E' un film destinato ai cittadini che, da sempre, si sono divertiti alla semplicità dei rozzi di campagna; la riprova è che a Milano la sala risuonava di allegre risate a ogni goffaggine degli interpreti presi dal vero (e che quindi fanno ridere ancora di più). E i cittadini si commuovono anche, per– chè nel film questa gente così semplice e pia che ha tanta fiducia nella provviden• za, ha proprio il sapore delle "buone cose di una volta" che oggi viene ricercato anche nei caroselli. E poi è pieno di , bambini contadini che fanno tanta tene– rezza (ma anche il casotto di Pretty Baby pullulava di bebè: è evidente che i mecca– nismi sono gli stessi). E' un film della nostalgia, del rimpianto di un mondo· ormai irrimediabilmente scomparso assieme alle lucciole, alle Jan. terne e ad altre balle del genere. Ci sono anche gli sposini casti e timidi di · stampo manzoniano, che potrebbero ben figurare nei libri di testo della scuola riformata. Ripensamento delle proprie origini? No. Immaginette edificanti. w.p.

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