RE NUDO - Anno IX - n. 69 - ottobre 1978
tenuta con la forza da Carlo Ma– gno; inf~e le schiere predatrici e omicide dei crociati. Con una fitta segreta mi resi conto della vuotezza del tradizionale romanticismo in– torno alle Crociate. Poi seguirono Colombo, Cortés, e gli altri con– quistadores che con il fuoco, la .spada, la tortura e il cristianesimo atterrirono persino questi remoti Pueblos, che sognavano pacifica– mente, al sole, loro padre. Vidi le isole dei Mari del Sud, con la loro popolazione decimata dall'acquavi– te, dalla sifilide, dalla scarlattina; conteggio mutuato dai panni che erano stati costretti a indossare. Era abbastanza. Ciò che dal nostro punto di vista chiamiamo coloniz– zazione, missioni per la conversione dei pagani, diffusione della civiltà e via dicendo, ha anche un'altra fac– cia,. la faccia di un uccello da preda, crudelmente intento a spiare una preda lontana, una faccia degna di una razza di pirati e di predoni. Tutteleaquileelealtrefierecheador– nano i nostri stemmi mi parvero gli adatti rappresentanti psicologici della nostta vera natura. Anche qualche altra cosa, dettami da Ochwia Biano, mi rimase im– pressa. Ciò che mi disse mi sembra così intimamente connesso con la caratteristica atmosfera della nostra intervista, che il mio racconto sa– rebbe incompleto se non ne facessi parola. La nostra conversazione eb– be luogo sul tetto del quinto piano dell'edificio principale. Di tanto in. tanto, con frequenza, altre figure di indiani si potevano vedere sui tetti, avvolte da coperte di lana, e immerse nella contempl~– zione del sole errate, che si levava ogni giorno in un cielo limpido. Intorno à noi erano raggruppati gli edifici quadrati, bassi, di mattoni seccati all'aria ('adobé), con le ca– ratteristiche scale che portavano dal. suolo fino al tetto, o da un tetto all'altro ai piani superiori. (Nei tempi passati, turbolenti, l'en– trata era di solito dal tetto). Innan– zi a noi l'ondulato altopiano .di Taos (a circa 2300 metri sul livello del mare) si stendeva all'orizzonte, dove parecchie' cime coniche (anti– chi vulcani) si innalzavano fino ai 4000 metri. Alle nostre spalle, al di là delle case, scorreva mormorando un chiaro ruscello, e sulla sua riva opposta c'era un secondo Pueblo con le sue case di adobé rossicci, costruite l'una sull'altra verso il centro della colonia, anticipando così stranamente la vista di una metropoli americana con i gratta– cieli al centro. A monte del ruscel– lo, forse a mezz'ora di distanza, si innalzava un imponente montagna isolata, la montagna che non ha nome. Secondo una leggenda, nei giorni i cui è avvolta dalle nuvole, gli uomini scompaiono in quella direzione per compiervi strani riti. Gli indiani Pueblos sono estrema– mente chiusi, e, per ciò riguarda la loro religione, addirittura inaccessi– bili. Conservano segrete le loro pra– tiche religiose, e il segreto è mante– nuto così gelosamente che io ab– bandonai, ritenendolo infruttuoso, qualsiasi tentativo di fare domande dirette. Mai prima mi ero trovato in un simile atmosfera di segretezza; le religioni dei popoli civili oggi sono tutte accessibili, i loro sacra– menti da molto tempo non sono più misteri. Qui invece avvertivo nell'aria la presenza di un segreto noto a tutti, ma rigorosamente inaccessibile per i bianchi. Questa strana situazione si diede un'idea di Eleusi, il cui segreto era noto a un'intera nazionale eppure non venne mai tradito. Capii ciò che doveva avere ·provato Pausania, e Erodoto, quando scrisse: "Non mi è permesso di nominare quel dio". Ero sicuro che non si trattava di artificio, ma di un mistero vitale la cui violazione avrebbe significato la rovina sia dell'individuo sia della comunità. Custodire questo segreto dà ai Pueblos l'orgoglio e la forza di re– sistere al soverchiante uomo bian– co, dà loro coesione e unità, e si avverte con certezza che essi come comunità singola continueranno ad esistere fin quando i loro misteri non saranno traditi. Fu per me sorprendente vedere co– me muti l'espressione di un indiano quando parla delle sue concezioni religiose. Mentre abitualmente mo– stra un grado di autocontrollo e di dignità che confina con un'apatica indifferenza, quando parla di cose che riguardano i suoi misteri si lascia dominare dall'erpozione, e non riesce a nasconderla, fatto che contribuì moltissimo a soddisfare la mia curiosità. Come ho già detto, dovetti rinun– ciare alle domande dirette; perciò, quando volevo sapere qualcosa di · . ....__ ----- · 1 RE NUD0/25 \ - ;) 1 ) ~ '::~-~ ~ i ~- _,d. ~- - essenziale, facevo delle osservazioni per tastare il terreno, e scrutavo il viso del mio interlocutore, cercan– dovi quei moti dell'animo che ben conosco. Se avevo toccato qualcosa di essen– ziale o dava una risposta ·eversiva, ma mostrando i segni di una pro– fonda emozione, con gli occhi pieni di lacrime, Per lui, come per la sua gente, le concezioni religiose non erano teorie (che sarebbero ben strane se riuscissero a provocare il pianto di un uomo) ma fatti, tanto importanti e commoventi quanto le corrispondenti realtà esterne. Mentre sedevo sul tetto con O– chwia Biano, e il sole saliva sempre più alto, radioso, indicandolo mi disse: "Non è forse egli, . che si muove là, il padre nostro? Chi potrebbe dire diversamente? Come potrebbe esserci un altro dio? Nul– la può esistere senza il sole! " La sua eccitazione, che era già notevo– le, aumentò: "Che farebbe- un uo– mo solo tra i monti? Senza di lui non si potrebbe nemmeno accende– re il fuoco"! Gli chiesi se non pensasse che il sole potesse essere una palla infuo– cata plasmata da un dio invisibile. La mia domanda non suscitò n·ep– pure stupore, e tanto meno sdegno: non vi fu da parte sua alcuna rea– zione. Non pensò nemmeno che la mia domanda fosse stupida, ma ri-
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