RE NUDO - Anno IX - n. 69 - ottobre 1978

RE NUD0/16 in Germania e in due settimane tagliai tutti i ponti col mio passato: vendetti casa, macchina, stereo, tutto quello che avevo. Dopo appe– na 24 ore che ero tornato a Poona mi trovavo a condurre un gruppo, perchè il leader era malato. Questo gruppo era "Tathatta" e che guidai per molti mesi, solo che dopo otto settimane me ne fu affidato un altro parallelamente, così mi ritro– vai a guidare quattro gruppi in ven– ti giorni: due "Maratone" e due "Tao _group", tipo "Encounter", e questa situazione andò avanti per nove mesi, ed in un certo senso fu li periodo più difficile della mia vita: era una richiesta fisica totale e continua che mi portò in uno stato di pazzia, perchè tutte le mie con– cezioni sulla terapia salute-follia che un terapista si porta dietro dall'occidente, entrarono rapida– mente in crisi. • E cosa subentrò a questo vuoto, a questa "crisi d'identità"? Assolutamente nulla: ogni terapista qui passa attraverso un periodo più o meno lungo di confusione, e questo stato di confusione è lo spazio tra il perdere le certezze di prima, e qualcosa d'altro che non è ancora arrivato, ed in questo perio– do di oscurità, di confusione, molta gente diventa pazza, non importa se sono terapisti o no, si sentono senza radici, come se molte cose vengono strappate da loro, ed io mi sentivo a volte, cominciando un gruppo, che non sapevo cosa stavo , facendo, perchè ero lì, che cosa avrei fatto il prossimo minuto, che cosa avrei dovuto fare e questo è molto diverso dalla condizione dell'analista in occidente: dove il terapista è l'autorità, quello che sa, che capisce, che guida, qui è quasi il contrario. Qui il terapista è quel– lo che ti· crea ulteriore confusione, che ti intriga ancora di più. Ed ogni volta che scrivevo a Bhagwan par-, landogli della mia insicurezza come terapista, della mia incompetenza come group-leader, lui mi risponde– va che il mio lavoro era meraviglio– so, di continuarlo. Il mio ricordo di quel periodo è questo: stressante fisicamente, e molto duro psicolo– gicamente, ed in più massacrante perchè un group-leader è- molto "esposto" come posizione psicolo– gica nell'ashram, ed in più questa sensazione di assoluta incompeten– za che è totalmente estenuante. Ma tenevo duro, non mollavo, mentre c'era gente che nelle stesse condi– zioni aveva proprio "lasciato perde– re", infatti il Tao, prima di me era stato condotto da mezza dozzina di persone in un anno. Ed io resistevo, resistevo: era come essere sulla gri– glia, arrostito a fuoco lento, come un pesce. Finchè dopo un anno, Bhagwan cancellò Tathatta dalla lista dei' grupp_i e un terapista di ritorno dall'America si prese cura del Tao, così fui incaricato di "in– ventare" un altro gruppo: Bhagwan, mi dette alcune istruzioni per un gruppo chiamato Shunjam che durò solo due mesi, fino a quando Bhagwan mi richiamò e mi disse, basta col Shunjam e di cominciare il Centering. E quali furono le istruzioni di Bhagwan per questo gruppo; fu lui a disegnarne la struttura? Mi disse il nome e poi mi lasciò completamente libero di inventarlo e crearlo come mi sentivo. I primi Centering durarono tre giorni, era– no nella fase sperimentale per sco– prire che cosa dovesse essere usato, poi diventarono di quattro giorni, via via fino ad oggi che durano una settimana. Ma tu pensavi al Centering come ad una cosa seria di "strutture", qual– cosa che dovesse avere una sua. "direzione" o cosa? E' stato un processo puramente intuitivo: giorno per giorno, in rela– zione al gruppo che era in corso in quel momento io decidevo che cosa fare, quali esercizi, e come farli. Ci sono esercizi che faccio sempre,· altri che con un certo tipo di situa– zione non avrebbero senso, puoi solo farli con un altro tipo di grup– po, è come scorrere, scivolare intui– tivamente col tipo di persone con cui hai a che fare, è come dipinge– re: guardi dov'è il gruppo in questo momento e 11 decidi i tempi da dare alla struttura. Per me due gruppi non sono mai gli stessi, asso– lutamente. Posso capire che non ci sono parti– colari attese da questo gruppo, non è un gruppo "catartico" e pertanto non ci si aspetta che la gente dia fuori di matto, ma qual è allora la tua personale aspettativa, come ti • riprometti che i partecipanti tragga– no dal Centering, se mai ti aspetti qualcosa? Il solo interesse nel Centering è la consapevolezza, e questa è la parola più significativa che io sento da Bhagwan ancora adesso. Ci sono gruppi qui che ti dirigono verso la consapevolezza del tuo corpo, altri verso la consapevolezza della tua sessualità, o delle tue emozioni,, altri verso la consapevolezza dei tuoi pensieri ecc. ecc. Il Centering non è limitato a nessuna area parti– colarmente, è costruito per far di-

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