RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

to dei membri dell'orchestra. Con disinvoltura si passa da brani enigmatici, in aroma di classica contemporanea, a un' impeccabile musica bandistica (che poi viene riplasmata per mezzo di tecniche ripetitive), al pezzo ellingtoniano, che riesce a contrapporre la tradi– zione alla novità senza auto– distruggersi. L'ultima parte del disco è so– prattutto un trampolino di lancio per due bei assoli, uno dello stesso Braxton, l'altro di Roscoe Mitchell. I musicisti: Braxton sottolinea come que– sta gente sia arrivata a com– prendere ed eseguire la non semplice musica in poche ore. Ci sono un po' di tutti i suoi vecchi collaboratori: Holland, · Wheler, Leo Smith, Mitchell, e poi il leader che si produce al sax sopr~nino, alto e contrab– basso, al clarinetto e clarinet– to basso, ed al flauto. "E' difficile per me scrivere del mio lavoro nella musica creativa, perché non ho mai pensato che le parole siano significative se applicate alla creatività - eppure qualcosa dev'essere scritto: molte delle incomprensioni che hanno cir– condato la musica creativa ci accompagnano ancora og– gL.". (Anthony Braxton). p.b. giustificati, anche se questo disco rivela l'ennesimo ripen– samento gucciniano, un nuovo ripiegare su se stesso; dopo la decisa svolta dell'opera prece– dente. Paradossalmente, mentre Guc– cini dirada la prima persona addirittura esaperata che ave– va caratterizzato Paolo Fab– bri, il suo discorso si fa ancora più intimo e personale. Per la verità, lui non è mai stato uomo di canzoni sociali (ma neanche di facile populismo): ora però il disincanto ironico sembra lasciare il posto ad una malinconia sottile, ad una tra– ma di ricordi e di pensieri che si perde molto lontano dal!' anno 1978 (a parte la rilevan– te eccezione dell'aggressiva Li– bera nos, Domine). Comunque, il disco non è di certo confezionato su misura per vendere, e il fatto che sembri nato in sintonia con la disillusione di molti dimostra solo che è figlio di uno stato d'animo (troppo) diffuso. Anche gli arrangiamenti, for– tunatamente più sobri dell' usuale, rincorrono un_ po' il passato, affiorano qua e là mo– tivi già noti, ricordi di Piccola città o dell'Avvelenata. Ma è Le cinque anatre, con la sua essenzialità di ballata popola– re, l'acme del disco, al di là di tutte le incertezze: anche se lo stesso autore, nelle note di · copertina, ammonisce a consi– derarla "per quello che vale". In generale, la materia verbale è trattata con maestria, senza quella letteratura che qualche volta si era fatta sentire: Guc– cini è ormai orientato verso un linguaggio estremamente quotidiano, anche se l'imme– diatezza nasconde spesso sot- Francesco Guccini Amerigo . tintesi più fini, che gli esegeti si sbizzarriranno certamente ad a_nalizzare. EMI La prima metà del 1978 ha r---- visto un ritorno in massa dei 1 1 cantautori; all'appello manca– va soltanto Guccini, che si fa vivo adesso con questo Ameri– go. Son.o passati due anni da Via Paolo Fabbri 43, due anni che per Guccini hanno voluto dire molto: C'era già chi pensava che la definitiva scelta "pro– fessionistica" avesse ucciso la sua vena creativa. Sospetti in- p.b. Nico The End Island In tempi avari di novità entu– siasmanti, perché non andare a ripescare nel passato? Tanto· più che a volte si può fare giustizia di incomprensioni ir– ragionevoli. Pochi, negli anni scorsi, hanno fatto caso a Ni– co, dimenticando (anche nella generale riscoperta della crea– tività femminile) che già nel '66 quest'intrepida berlinese si univa ai Velvet Underground. Lasciato il complesso di Lou Reed, la Nostra ha cominciato a produrre in proprio, senza però mai raggiungere il gran– de pubblico. Ed è un peccato, perché la sua è stata una ricer– ca coerente: per Nico, il ri– chiamo alla cultura tedesca non significa citare Brecht o Weil, o magari Stockhausen (secondo il triste costume dei profeti elettronici) ma saper ricreare una certa espressività. Qui in The End (1974) ha richiamato, in appoggio alla sua voce e al suo armonium, l'ex-Velvet John Cale, mentre al VCS3 dà prova di sè l'inef– fabile Brian Eno. La musica riesce a fare a meno de li e tradizionali ritmiche pop, centrata com'è sugli ac– cordi lunghi dell'armonium; i rumori elettronici contrap– puntano con inquietudine la voce cupa, splendidamente e– spressiva della leader. Alla len– ta solennità della prima faccia– ta si contrappone nettamente la seconda, con le sue basi dissonanti, e ancora la voce come unico filo di connessio– ne fra gli accordi in contrasto. La canzone The End è una citazione dai Doors di Jim– Morrison, ma la sorpresa mag– giore, in coda, è un'inaspetta– ta interpretazione di Das Lie– d e des Deutschen (Deut– schland Uber Alles) che, persa la prosapopea germanica, è ri- RE NUD0/49 condotta alle sue origini di canto quasi chiesistico. La ma– gia di questo disco è difficil– mente spiegabile in poche pa– role. Quello che conquista non è solo il rifiuto dell'ov– vietà oppure la raffinatezza strumentale: è il senso di mi– stero e di predestinazione a colpire, il qualche cosa di ar– caico e gotico che sta alla base della musica quanto dei testi. Purtroppo non abbiamo più recenti notizie di Nico, ma un suo ritorno sarebbe certamen– te da accogliere a braccia aper– te. Between. Dharana Wergo 77 importazione p.b. Dharana è nella filosofia india– na il più profondo stadio di unione interiore e concentra– zione mentale, il sesto ·anga dello. Yoga classico. Questo il senso della musica dei Bet– ween, uno dei tanti gruppi tedeschi purtroppo sconosciu– ti al grosso pubblico. Between nasce a Monaco nel 70 ad opera di musicisti pro– venienti da esperienze diverse, come Robert Eliscu, primo oboe dell'orchestra filarmoni– ca di Monaco, apprezzato per le sue fertili collaborazioni con i Popol Vuh: P. Michael Hamel proveniente pure da studi classici ma allievo più tardi dei musicisti indiani 1- mrat Khan e Pandit Patekar; il chitarrista argentino Robert Detree e il percussionista Cot– ch Black. Fin dalle prime note di Dharana (che risale al 74 ma è stato recentemente ri– pubblicato dalla Wergo) tra– spare la capacità dei Between nel creare situazioni musicali che sembrano nate per far background sonoro ai racconti di Hermann Hesse - non a caso gli hanno dedicato un

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