RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978

RE NOD0/48 occhiata a tutti i libri di canti di questa fornita Milano, mi ricordo ogni disco antropolo– gico che c'è in commercio. Con ciò non capisco niente. O meglio capisco a modo mio, con i miei menestrelli e la filologia, fin dove arrivo con questa cultura e queste abitu– dini. E' un avvertimento sini– stro: non ascoltate le musiche popolari con un'orecchio di– verso dal vostro, sono, signori miei, documenti che respira– no, non una madre da cui nascere di nuovo. Con ciò mi sento nel giusto. Per il fatto che noi, all'ultimo stadio di intossicazione, che sarebbe ap– punto fare recensioni, abbia– mo bisQgno di queste cose. Non solo. Anche chi ne sente parlare ha presto bisogno, per inquadrare meglio il tutto nel nostro sistema di valori. C'è un posto per ogni cosa, vuoto, che aspetta, e lì bisogna met– tere i canti marchigiani, con ogni ardore. Solo che quel tal posto; giusto, per chi canta non esiste. Sembra però che abbiamo ragione tutti, noi e loro. Siamo due utopie parallele, rassegnamoci dunque a capire cose vere che in un luogo di– verso sono vento. Un'aporia affascinante. Con questo non ho recensito il disco, ma cosa devo dire? Che ho visto il riverbero seco– lare dei fuochi? Che sono sta– ta nelle cappelle tra i voti d'argento; ho visto madri in abiti vecchi e culle di legno, è vero, ma altri avranno altre immagini ,e anch'esse saranno vere. Che'a me sono piaciuti, questo si, perchè ti riempiono una stanza di vita. Tuttavia la verità semplice e remota di questo disco apparirà solo a chi si è nutrito di tali canti e li ha per storia. Noi non la ve– dremo mai. Senza dire che non aiuta nean– che la bibliografia, Marche troppo povere per culturizzare e troppo ricche per essere stu– diate. Esistono una quindicina di pubblicazioni per la Sicilia, per le Marche solo questa, e altre due fuori commercio. Perciò ascoltate bene e strug– getevi quanto potete, che ne vale la pena, e arriverete come me, con un brillio, ad aspetta– re che pubblichipo anche il secondo volume. I.e. no Alberto Radius Carta straccia CGD Alberto Radius fu il fondato- . re, in anni lontani, della "for– mula 3". Terminata nell'igna– via la formazione, il nostro chitarrista si ritrova con que– sta "Carta Straccia", disco confezionato con tutte le car– te in regola per accontentare chi desidera un po' di sana musica leggera, però con quel tanto di personale - politico - che calma le coscienze. Leggiamo i testi, che non sono opera di Radius ma dei soliti "onesti professionisti": ci so– no gli ingredienti del caso: il ghetto, il palazzo, il Dio che è morto, la riconversione indu– striale e le bandiere, tutto condito con l'immancabile· do– se d'amore e di politica disillu– sione (da cosa? dalle illusioni politiche della "formula 3"' :Mistero! ). Ma il gioco si scopre ascoltan– do attentamente la musica, un'equilibrato . prodotto alla Mogol & Battisti. Non c'è al– tro che la strategia di vendita dietro alle scoperte politiche di Radius. Unite musiche commerciali, ritmi da dis_cote– ca, un pizzico di politica, quel tanto di disperazione esisten– ziale, ed ecco fabbricato il Lu– cio Battisti delle nuove gene– razioni. E' logico, Battisti cantava il luogo comune che non sem– brava luogo comune. Ora che certe parole d'ordine, testuali e musicali, sono diventate scontatissime, vengono ripro– poste da un esperto cantante di consumo,che le vende tran– quillamente cercando però (come molti altri, oggi) alme– no una minima copertura a sinistra. Intendiamoci, la confezione è piacevole, con grafiche inap– puntabili e buoni strumentisti; non manca neppure qualche ,guizzo nei testi: è un vero peccato che al centro di tutti questi ornamenti · il vuoto creativo risulti tanto più deso– lante. Stomu Yamashta Go... · lsland p.b. ·Chi pensa che l'epoca dei su– pergruppi pop sia definitiva– niente tramontata, riceverà un brusco richiamo alla rèalt;à nell'apprendere che è stato pubblicato il doppio album "Go ..." di Stomu Yamashta, registrato dal vivo a Parigi nel Giugno 1976. I nomi dei musicisti sono no– tissimi: a parte Stomu rama– shta, autore di tutti i brani, abbiamo alle tastiere e al can– to Steve Winwood, provenien– te dai Traffic e poi nel super– gruppo dei Blind Faith, Mi– chael Shrieve alla batteria, il ".tedesco" Klaus Schulze ai sintetizzatori. "Go ..." è uno di quegli album che si vorrebbe non terminas– sero mai: la mu~ica scivola via. serena, veloce come un ruscel– lo, fresca e piacevole all'ascol– to: la chitarra di Al di Meola rip<;>rtaad atmosfe-re mai di– menticate alla Carlo Santana prima maniera, la voce di·Ste– ve Winwood s'inserisce senza strappi nel contesto musicale, riportandoci ad epoche ormai trascorse del rock injlese, con i Traffic all'avanguardia del connubio tra pop, blues e mu– sica s_udamericana. La batteria ed il basso condu– cono un dialogo ininterrotto, a pulsare il ritmò vitale di questa musica tipica del perio– do tra il '70 e il '74. E' un disco completo, in cui la linea musicale senza cesure procede fino alla fine, ogni facciata sembra seguire la precedente e precedere la seguente, come una circonferenza infinita sen- za sbalzi, senza ritorni indie– tro o intrepide fughe in avan– ti. Senza aperture. E' una pic– cola perla, qualcuno potrebbe definirlo una pietra miliare, l'unione di tanti musicisti, di tante e diverse esperienze, per suonare una musica così compatta e totale, ma, come tutte le pietre miliari, è desti– nato a rimanere isolato dal contesto vivo della musica, ed ha un valore solo ed esclusiva– \lllente estetico e formale. Il suo contenuto mi sembra in definitiva la staticità. Cioè il movimento, che sembra pre– dominante in questo disco, è solo apparente. e.a. Anthony Braxton ·creative Orchestra, Music 1976 Arista Records Dieci anni dopo la mistica A– scension coltraniana, la new thing acquista la sua orchestra più valida, condotta con mano salda dal laicissimo Anthony Braxton. Il talento del nostro ha qui modo di sbizzarrisrsi, alter– nando parti . completamente notate a parti della massimà libertà improvvisativa. Mai co– me qui Braxton _si è riappro– priato, a modo suo, della tra– dizione jazz: la prima facciata inizia con uno swing, mentre parte della seconda è ispirata a · Duke Ellington. Per un jazzman che come An– thony ha abbandonato le uto– pie dell'improvvisazione totale e collettiva, il problema, in queste composizioni per venti e più musicisti, è mantenere una certa unità strutturale senza sacrificare nessuno a ruoli di semplice appoggio. Naturalmente in questi p·ezzi le parti composte sono preva– lenti, ma il difficile equilibrio non va mai perduto, grazie anche al notevole affiatamen-

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