RE NUDO - Anno IX - n. 68 - agosto-settembre 1978
The R.olling Stones Some Girls EMI Che cosa dice la critica recen– te di Mick Jagger e soci? Se– condo gli ultimi orientamenti, sarebbero il malinconico resi– duo della grande stagione rock dei '60, avviati su di un più o meno confortevole viale del tramonto. E, per ia verità, con certi non lontani exploit di simil-reggae,avevano tranquil– lamente avallato queste tesi. E adesso, con inaspettata pro– lificità, sfornano un nuovo disco, il secondo in meno di un anno. Ebbene, il vecchio complesso nonostante tutto tiene: resterebbe deluso chi vi cercasse un rinnovamento glo– bale, oppure orizzonti inediti, ma dentro questa ennesima opera degli Stones qualcosa c'è. Pezzi come Wen the whip co– mes down o Respectable sono dei veri gioielli di sano, robu– sto rock, ed anche puntate strutturalmente più impegna– tive, come Shattered o lo stes– so Some girls, mantengono. tutto (o quasi) il vecchio smal– to. D'accordo, •Ron Wood non è un genio della chitarra, e i suoi assoli fanno rimpiangere ancora una volta l'indimenti– cato Brian Jones; ma c'è la potente sezione ritmica, quel- la che seppe stupire la Londra degli anni eroici. E c'è anche il signor Jagger, che anche con i suoi pezzi di avanspettacolo è pur sempre una voce solista di tutto rispetto. Intendiamoci, la musica contenuta in questo disco non cambia di una virgo– la l'immagine, per non dire la . sostanza, degli Stones. Però...c'è sempre un però: è rock vitale, vegeto, che sa tro– vare comunicazione anche con chi non si è mai lasciato am– maliare dalle amplificazioni troppo spinte. Può anche darsi che sia una danza di fantasmi: ma allora significa soltanto che basta l' ombra di Mick Jagger ad eclis– sare la ben carnale presenza dei vari Johnny Rotten. Art Ensemble of Chicago The Spiritual Jazz Idea Ricordi p.b. Tutto il rispetto alle esplora– zioni interstellari deu Sun Ra e dei Coltrane; ma è salutare che ci sia ancora qualche mu– sicista che rimane tra noi, con i piedi ben piantati sulla terra. I quattro (poi cinque) dell' A.E.e., nel. loro proposito di riportare il jazz alle sue origini · ludiche, hanno sempre optato per le strade, lasciando da par– te gli spazi (troppo) infiniti. -L'Art Ensemble è composto di filosofi negativi della musi- RE NUD0/47 01SCHI U0L~nTI ca: piuttosto che costruire ambiziosi edifici, preferiscono smantellare le costruzioni al– trui. Smantellamento, però, che non è mai fine a se stesso; il loro è. un tentativo di libe– rarsi da.tutte le sovrastrutture che po!1$ono ostacolare l'e– spressione. Ecco perchè nega– no il 'fm;e jazz', e addirittura il 'fare musica' e basta, atteg– giamento che giudicano pre– concetto e limitativo. Da questo deriva il loro pre– sentarsi in scena con il viso dipinto, il coinvolgimento del pubblico, la sostanza non-mu– sicale dei loro spettacoli. In disco, naturalmente, è im– possibile gustarsi tutto l'Art Ensemble, ma ci si può accon– tentare della sola parte sono– ra, quando, come in quest'ora, i sarcasmi raggiungono pun– tualmente il bersaglio, ed il ludismo riesce a mantenere la sua efficacia anche attraverso gli altoparlanti. La prima facciata, più imm~– diata, è facilmente apprezzabi– le anche dai non addetti ai lavori, piena com'è di sberleffi ai ritmi sudamericani (da far vergognare Carlos Santana). The Spiritual, il lungo pezzo che occupa per intero il secon– do lato, è invece complesso, con inseriti recitativi e rumori; ~ volte, forse, il gioco è un po' tirato, come accadeva incerto– Frank Zappa, ma lo stile dei quattro è tale da superare con facilità anche queste secche. A parziale compensazione del– le deficienze del mezzo, Jar– man Favors Bowie & Mitchell fanno ripetuto uso delle regi– strazioni sovrapposte, otte– nendo in certi punti un vero caos sonoro. Un Art Ensemble D'annata, Parigi 1969, ulte– riormente impreziosito dal prezzo (3.500 lire). p.b. Marche: canti e musiche popolari Ed. Albatros Reparto popolare, terza fila dall'alto a sinistra. Conoscete i morbosetti che vanno a dischi due volte la settimana? Siamo noj. Gli occhi che brillano di avidità mai sazia, "hai sentito il disco tale? Noo? Non sai cosa perdi: è 'molto' interes– sante, l'uso del ritmo poi, e lì ·cant!lflo ancora cose uguali. Certo che sarebbe bello farci ·1evacanze con il registratore" tutti etnologhi. Proprio così, sto esattamente per dire cose del genere. Stessi strumenti e stessi ritmi del nostro medioe-. vo angioino, il dialetto porta i· solchi di tutte le ruote dalla Puglia all'Emilia, i toni, arcaici e puri. E i curatori non sono endati in archivio a documen– tlµ'si, perchè nelle Marche si canta e s'inventa ancora così. Ma credete che queste cose siano ·tutte nei brani? Nem– meno per sogno, ce le ho mes– se io, altre ne metterete voi. Solo due anni di menestrelli francesi mi fanno riconoscere i ritmi del '200, un altro anno d! letture e di conservazioni mi ha istruita delle basi arabe della musica occidentale. E mi sento nel giusto sacrosanto. Ho ascoltato questo disco, poi l'ho risentito e l'ho messo di nuovo, credo di aver dato un'
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